TESTO INTEGRALE CON NOTE E BIBLIOGRAFIA

Genesi storica dell’economia delle piattaforme digitali
A partire dagli inizi degli anni 2000, durante la seconda rivoluzione digitale, l’affermazione dell’organizzazione algoritmica della produzione ha cominciato a rendere più forte il processo di esternalizzazione e la contingenza dei modelli di produzione del capitalismo legati ai principi lean. In quegli anni vi è una radicalizzazione evolutiva delle tecnologie digitali interconnessa ad una riformulazione della cultura lean, determinando una sempre più forte affermazione di quella che potremmo definire produzione digitale agile. Un modello di business capitalistico che può essere definito come potente combinazione dei principi lean (produzione just in time e utilizzo della forza lavoro on demand) e tecnologie digitali algoritmiche, per ridurre le eccedenze, le irregolarità, i costi della produzione aumentando la qualità, l’esternalizzazione di parti della produzione di un prodotto con il coinvolgimento sempre più intenso nei processi di produzione del cliente finale (Garibaldo, Rinaldini, 2022 - Jones, Womack 1990). Subappalto, catene del valore, coordinamento digitale delle imprese subordinate (pull system), fessurizzazione del posto di lavoro, utilizzo di lavoro indipendente e informale, uso di una forza lavoro Just in time sono diverse strategie di gestione di tale forma organizzativa che impattano sui mercati e sulla organizzazione della produzione (Weil, 2017). Queste tendenze, da decenni, stanno rimodellando la divisione del lavoro e della produzione tra ciò che deve essere svolto all'interno dei confini dell'azienda madre e ciò che può essere allocato all'esterno prima ad altre aziende, successivamente, grazie all’affermazione del web e della tecnologia algoritmica, direttamente negli spazi esterni alle imprese. Con la realizzazione di un post-fordismo sempre più digitalizzato tutte le operazioni che non sono al centro della redditività dell’azienda tendono, infatti, ad essere esternalizzate (Srnicek, 2017), in alcuni casi, durante il periodo di massima affermazione della cultura lean nel settore manufatturiero industriale, l’unico elemento centralizzato nella fase di produzione trattenuto dall’azienda madre era il marchio e la progettazione del prodotto, indicativo il caso del cambiamento della strategia di mercato e di organizzazione della produzione su scala globale della Nike, che nel settore manufatturiero plasmava e plasma le sue forme organizzative su una radicalizzazione dei principi lean. Così, mentre la prima fase della tecnologizzazione della produzione (fordismo) ha spinto la meccanizzazione industriale al suo apice, creando conglomerati industriali e fabbriche che concentravano moltitudini di lavoratori negli stessi luoghi e tempi con una completa internalizzazione del processo di produzione, il modello postfordista digitalizzato sta generando un profondo cambiamento, dando alle imprese una nuova prospettiva, libera da vincoli geografici e da tempi predefiniti (Frey, Osborne, 2015 De Stefano, 2016 De Minicis, Lauande 2021). Una nuova organizzazione aziendale che si allontana dalla centralizzazione dei mezzi di produzione, fisici e materiali, e utilizza la forza lavoro ovunque e in qualsiasi momento offrendo nuovi e continui momenti di estrazione di valore dalla produzione e dal lavoro umano per offrirli alle nuove forme organizzative del capitalismo finanziario (Frey, Osborne, 2013 Butollo, Luthji 2017). Con l’evoluzione della tecnologia algoritmica si è sviluppata un’economia di condivisione di beni e servizi che ha permesso di estrarre valore dalle informazioni, dalla conoscenza e dalle attività intellettuali umane, prima nelle imprese industriali post-fordiste poi direttamente negli spazi sociali fisici e virtuali esterni ai tradizionali luoghi lavorativi mediante l’utilizzo dei big data (Srnicek, 2017) e della potenza algoritmica. Fenomeno rinvenibile nelle prime forme di produzione lean interconnesse con la tecnologia cibernetica presente nelle aziende industriali (IBM, Olivetti…) degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Così alcuni sociologi economici e del lavoro in quegli anni, analizzando scientificamente il processo produttivo nelle prime grandi industrie tecnologiche italiane e internazionali che integravano cibernetica e lean production per la produzione di strumenti informatici (calcolatori) o di telefonia, definivano la finalità principale di tale nuova riconfigurazione produttiva l’estrazione delle conoscenze e delle informazioni operaie (informazione operativa operaia) e non più solo le prestazione fisiche presenti nel meat-space degli operai. Definendo tale processo organizzativo guidato dall’intelligenza cibernetica come un insieme di bit che saldano l’atomo operaio al piano datoriale centrale (Alquati, 1975) o come un processo produttivo che massimizza la valorizzazione del capitale impiegato nell’estrazione delle conoscenze, informazioni relazioni socializzanti operaie formali e informali, codificate in schede magnetiche digitali costituenti tramite calcolatori cibernetici il processo produttivo del bene materiale. Una primordiale centralità nella estrazione e valorizzazione dei dati nell’ambito industriale (Accornero, 2001 Gallino, 2007 Alquati, 1975). In questo scenario si genera l'origine del modello di business denominato Economia delle Piattaforme digitali. Ma cos’è realmente una piattaforma di lavoro digitalizzata? Che tipo di azione determina la creazione e l'estrazione di valore dal controllo e dalla conquista dello spazio virtuale? Il termine 'piattaforma' è, sì, ovunque, ma non è chiaro se si tratti di un'indicazione puramente virtuale o di un'organizzazione reale, di una nuova condizione nell'era digitale per l'organizzazione della produzione di mezzi e servizi o di un camuffamento semantico di una naturale evoluzione del business del capitalismo taylorista post - fordista. In effetti, quando le piattaforme erano contenute dietro gli schermi dei personal computer e bloccate in infrastrutture fisiche, questo fenomeno non sembrava rischioso. Ma ora che la produzione e la distribuzione digitale di beni e servizi collegano il mondo fisico e gli spazi virtuali, l’analisi del fenomeno diventa certamente più complessa. Quindi, per comprendere il valore di una piattaforma, è opportuno innanzitutto descrivere le dinamiche con cui si è sviluppato questo modello di business. Se, infatti, analizziamo il processo di creazione di una delle prime piattaforme digitali, Amazon Mechanical Turk, osserviamo come questo modello produttivo sia cresciuto inizialmente entro i confini di un’impresa profondamente caratterizzata da una cultura di produzione Lean e poi con l’avanzamento della tecnologia algoritmica si sia spostato esternamente ai luoghi aziendali, attraverso gli spazi offerti dal cloud computing (Callison, Dredze , 2010 – Onetto , 2014). Il programma AMTurk è stato originariamente formulato come un processo per l'assegnazione di compiti specifici per unità produttive indipendenti all'interno dell'azienda (Isole di produzione). In relazione ai processi di automazione delle attività dell'azienda, erano, infatti, stati riscontrati problemi critici nel completamento di attività relativamente semplici, difficili da eseguire per un computer. Si decise quindi di sviluppare un software che richiedesse ai dipendenti interni di svolgere compiti, in questo caso era la macchina digitale a assegnava i compiti per le unità produttive interne e non le svolgeva per esse. Con lo sviluppo di software e algoritmi più efficienti, nel 2005, Amazon fece un passo fondamentale, rendendosi conto che il programma di divisione del lavoro funzionava in modo più efficiente quanto più aumentava il numero di compiti da distribuire, Bezos decise di renderlo liberamente disponibile sul web. Esternalizzando parti del ciclo produttivo non all'interno della sua impresa o ad altre aziende ma ad una platea sconosciuta di utenti della rete . Nacque così il Turk Meccanico, chiamato come un robot degli scacchi del Settecento, che aveva al suo interno un uomo, un'intelligenza artificiale artificiale . Amazon Mechanical Turk ha così definito il primo servizio per integrare l'Intelligenza Artificiale direttamente nelle applicazioni aziendali mediante la rete (Bezos, 2014). Amazon ha successivamente esteso questo processo ad attività diversificate. Con Mechanical Turk l'algoritmo è al centro del processo produttivo con due caratteristiche innovative, la prima, come abbiamo visto, è che fornisce lavoro alle persone e non lo realizza per loro, lo scopo successivo è nella sua capacità di aumentare il ciclo produttivo del sistema pull , incontrando e radicalizzando così concetti del toyotismo ( Bergvall-Kåreborn , Howcroft, 2013).
- l’adattabilità della forza lavoro
- la costante acquisizione di dati
- la condivisione delle informazioni come incentivo per il progresso permanente
- la distruzione del flusso produttivo
- controllo e valutazione persistenti delle attività produttive
- la fine della separazione tra produzione e mercati, tra azienda e consumatore

L’economia della piattaforma è un nuovo modello di business evidentemente diverso dal modello del fordismo che aveva i seguenti tratti:
- Produzione di massa
- Consumo di massa
- Integrazione verticale
- Internalizzazione radicale
- Massima standardizzazione dei prodotti

Ma all’interno di questo modello di business digitale c’è anche una distinzione dal modello postfordista ( Lean production ):
- Produzione on demand
- Consumo individualizzato
- Produzione agile
- Forza lavoro just in time
- Eliminazione di qualsiasi processo non remunerativo
- Utilizzo della forza lavoro Just in time
- Diversificazione dei prodotti
- Acquisizione di informazioni da lavoratori e clienti mediante tecnologia digitale
- Esternalizzazione radicale
L’economia delle piatteforme rappresenta una radicalizzazione dei principi della Lean Production ma allo stesso tempo una lacerazione con quel modello (Srniceck, 2017). Le piattaforme si spostano da questi modelli storici di business per diversi motivi. In primo luogo, le piattaforme digitali sono entità aziendali che possono essere definite allo stesso tempo come un intermediario virtuale e un’infrastruttura fisica (Launde, De Minicis 2021). La piattaforma media sul web tra diversi gruppi di interessi: utenti, inserzionisti, conducenti, rider, clienti, aziende ma allo stesso tempo è anche un’infrastruttura che garantisce valore a tali relazioni. Le piattaforme forniscono una serie di tecnologie, strumenti e interfacce condivise da un ampio gruppo di utenti che possono costruire ciò che desiderano su un'infrastruttura stabile. Alcune piattaforme digitali agiscono mediante l’utilizzo di altre piattaforme. Molte delle piattaforme odierne utilizzano Amazon Web Services, il cloud di Amazon. La stessa Uber per la gestione dei big data non utilizza un cloud proprio ma quello di Amazon. Queste due dimensioni della piattaforma digitale (Intermediazione – Infrastruttura), interazione e produzione di diversi strumenti si realizzano con i big data. Come vedremo, il data mining e la profilazione non sono nelle piattaforme digitali uno strumento per migliorare e aumentare il valore della produzione, ma l’obiettivo stesso del business e un modo per standardizzare, controllare nuovi e vecchi mercati di beni e servizi e far progredire le funzionalità algoritmiche. Anche l’uso degli algoritmi non è finalizzato a supportare il management interno ma è esso stesso il management e racchiude in sé il piano datoriale dell’azienda (Vallas, Schor 2020). Pertanto, appare importante definire alcune caratteristiche dell’economia delle piattaforme per comprendere esattamente quando uno spazio virtuale di intermediazione, un insieme di software e hardware si presenta come un nuovo modello capitalistico definibile come una economia delle piatteforme digitali, e quando invece rappresenta unicamente uno spazio di interazione on line tra gruppi diversificati.

Caratteristiche delle piattaforme digitali
Uno Spazio Digitale composto da software e hardware per essere definito come un modello di business capitalista specificato sotto la denominazione di Piattaforma Digitale deve mostrare i seguenti effetti e caratteristiche che incidono sulla produzione, sui consumatori, sui lavoratori e sui mercati:
Effetti di rete: più persone utilizzano una piattaforma, maggiore è il valore che la piattaforma assume. Ciò determina una tendenza delle piattaforme ad assumere un ruolo monopolistico nei mercati in cui operano. La loro tendenza naturale è quella di assumere la totalità del mercato aumentando l’acquisizione e la profilazione dei dati degli utenti. Questa dinamica si estende fino all'acquisizione di altre piattaforme per aumentare i dati e i margini di profitto. Facebook, ad esempio, è diventata la piattaforma di social networking preferita a livello globale in virtù del superamento di una soglia critica di utenti. Un discorso simile si può fare per Google: più gli utenti cercano su google, migliori saranno i risultati prodotti dagli algoritmi di ricerca e più utile diventerà il motore di ricerca per tutti gli utenti on line. Tale circostanza produce un ulteriore ciclo di feedback positivo per le piattaforme per cui più utenti generano più utenti. La stessa dinamica offre alle piattaforme la possibilità di analizzare sempre più interazioni online producendo sempre più dati. La capacità di espandere rapidamente molte delle attività della piattaforma (inclusa l'analisi dei dati) sfruttando tecnologie e infrastrutture preesistenti con costi marginali molto bassi (software, hardware) significa che ci sono pochi limiti naturali a questo tipo di sviluppo. Uno dei motivi della rapida crescita di Uber, ad esempio, è che non ha bisogno di costruire nuove unità materiali (stabilimenti, ricoveri per le autovetture) per ingrandirsi, ma ha solo bisogno di affittare più server. Microsoft nel 2016 ha acquistato Linkedin per 22 miliardi di dollari per espandere il suo processo e la sua rete di data mining , caso simile per l'acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk .
Effetto di sovvenzione incrociata - Questo aspetto è molto importante nell’economia delle piattaforme perché varia notevolmente il modello di produzione post-fordista lean. Nella produzione snella ogni processo produttivo che non produce profitto per l'azienda viene tagliato, le piattaforme non si discostano da questo concetto. Una tipica piattaforma come Google, ad esempio, offre servizi di posta elettronica gratuitamente ma genera ricavi come piattaforma pubblicitaria vendendo spazi digitali profilati per il tipo di impresa in cui le aziende inseriscono i propri annunci pubblicitari. Quindi, nel sistema di produzione delle piattaforme per estrarre valore, alcuni servizi sono gratuiti, altri hanno prezzi che crescono costantemente. L'idea di queste aziende digitali è quella di riuscire a bilanciare questi aspetti, attirando gli utenti con l'offerta di alcuni servizi e facendoli poi pagare per altri. In questo modo la piattaforma cerca di raggiungere il suo scopo primario estraendo quanti più dati possibile e rafforzando l’effetto rete.
Effetto Design core architecture – Questa caratteristica caratterizza le piattaforme come infrastrutture non neutrali ma contraddistinte da una precisa politica datoriale che condiziona e produce forme di controllo e potere nei mercati, nelle aziende e negli utenti (clienti e forza lavoro) che interagiscono con essa. Ciò significa che l’intermediazione della piattaforma contiene elementi politici. Ad esempio, in alcuni casi Uber mostra sulla sua app più autisti e auto di quanti siano disponibili, dimostrando una maggiore offerta rispetto a quella disponibile. Questa strategia determina un effetto definibile aumento dei prezzi, creando più domanda per l’offerta disponibile, e più utenti che richiedono il servizio attraverso un sistema creato artificialmente (Srniceck, 2017). Facebook consente solo alcuni argomenti e attività nelle sue piattaforme un altro esempio del contenuto politico delle infrastrutture delle piattaforme, Airbnb adegua nel tempo le tariffe e la qualità dei servizi offerti dagli host attraverso continui messaggi e consigli (Bruni, Esposito, 2019), penalizzando e punendo chi dopo un periodo di tempo non si adegua. In questo modo condiziona, standardizza e cambia i mercati in cui opera. Ad esempio, i criteri di valutazione di booking sono stabiliti sui livelli di eccellenza di grandi strutture alberghiere, penalizzando le piccole strutture a conduzione familiare. In questo modo il mercato viene ridefinito tra inclusi - premiati ed esclusi - marginalizzati attraverso il sistema di rating e ranking elaborato dall’algoritmo che ora tratteremo.
Effetto della gestione algoritmica - Nell'economia della piattaforma, la gestione algoritmica è definita come un sistema di controllo intelligente in cui gli algoritmi di apprendimento automatico (machine learning) vengono utilizzati per organizzare, dirigere, coordinare e monitorare il processo di produzione con poco o in alcuni casi senza coinvolgimento o supervisione umana (Kellogg et al., 2020). Pertanto, la gestione algoritmica può essere vista come una combinazione di controllo informatico e normativo. Nel modello della economia di piattaforma, un insieme di regole, norme, specifiche e regolamenti sono incorporati in programmi dominati da algoritmi nelle app (Ashford et al., 2018). Di conseguenza, la piattaforma agisce come un sistema virtuale in cui i processi aziendali sono coordinati e istruiti da algoritmi avanzati passo dopo passo con un attento monitoraggio (Gandini, 2019). Alcuni autori sostengono che nell’economia delle piattaforme le attività di gestione vengono trasferite dagli esseri umani a sofisticati sistemi tecnologici ( Curchod et al., 2019; Schildt, 2017), la gestione non è più una pratica umana, ma un processo incorporato nella tecnologia, algoritmi specifici sono stati deliberatamente progettati per rimanere oscuri e misteriosi nelle loro azioni e funzioni. Questa dinamica della produzione digitale è determinata dalla trasformazione globale della tecnologia digitale, sintesi di intelligenza artificiale, apprendimento automatico e big data (Schildt, 2017). La gestione digitale non utilizza semplicemente algoritmi per il controllo, ma confida negli algoritmi per incorporare altri metodi gestionali convenzionali nell’ecosistema manageriale (Duggan et al., 2020).
Gestione da parte di più stakeholder - In contrasto con la strategia di gestione datore di lavoro a dipendente tipica di un one side market, le piattaforme hanno sviluppato un modello di governance originale in base al quale diversi stakeholder chiave del processo produttivo sono coinvolti nel controllo gestionale della produzione e del lavoro, inclusi i clienti, la società di fornitura di manodopera, le imprese i ristoranti e in alcuni casi le stesse istituzioni. Le piattaforme utilizzano le loro app per introdurre gli stakeholder a partecipare ad attività manageriali e le piattaforme stesse svolgono un ruolo dominante nel coordinare i diversi aspetti del controllo multiforme, creando una rete di supervisione multidimensionale su aziende, utenti, clienti e forza lavoro (Duggan et al., 2020).
Effetto Carrots and Sticks - i premi e le punizioni incorporati nel controllo algoritmico sono una parte indispensabile dell'infrastruttura tecnologica per la gestione delle prestazioni della piattaforma. Ad esempio, nella piattaforma digitale lean o labour, oltre alle ricompense monetarie, vengono concessi più privilegi agli autisti o rider con un ranking più elevato. Quanto più alto è il posizionamento di un conducente o un fattorino, tanto prima la piattaforma risponderà ai loro appelli relativi ai reclami dei clienti e maggiori saranno le opportunità che i lavoratori avranno per filtrare gli ordini non redditizi e acquisire nuovi ordini. Pertanto, questo sistema favorisce i conducenti veterani, che da più tempo operano con continuità nella piattaforma. I punti per il ranking vengono raccolti in base alla valutazione algoritmica, che si basa su fattori quali il carico di lavoro (numero di task portate a termine), le recensioni dei clienti e il lavoro svolto in condizioni meteorologiche avverse. Pertanto, i conducenti si impegnano spontaneamente a mantenere un posizionamento elevato in una incessante competizione interna. Questo sistema mostra come le piattaforme incoraggiano volontariamente i conducenti ad aderire all’espansione degli sforzi lavorativi attraverso un controllo costante a lungo termine, in un certo senso deliberatamente accettano un certo tipo di sfruttamento mediante il sistema carota e bastone, definibile come impredicariato (Marrone, 2021). Nel regime di lavoro a cottimo del lavoro su piattaforma, le punizioni severe imposte ai lavoratori sono più efficaci degli incentivi (Kellogg et al. , 2020).
Effetti planetari – Questa dinamica, grazie alla gestione algoritmica in combinazione con la possibilità di accedere alla piattaforma da qualsiasi luogo con una connessione Internet stabile, consente l'inclusione di un'ampia gamma di lavoratori, aziende, clienti, inserzionisti, sostenitori nello spazio virtuale nel sistema produttivo della piattaforma. Questo accesso avviene da casa, da internet café, da cellulare…. Questo processo apre nuove forme di produzione di valore per il business del capitalismo digitale (Jones, 2021).
Lavoro forzato invisibile - Questo meccanismo riguarda un tipo specifico di piattaforma: la piattaforma di lavoro. L'effetto si ottiene attraverso l'assegnazione dei turni di lavoro in base alla disponibilità, alla velocità e all'accettazione/rifiuto degli ordini dei lavoratori; nel crowdwork location e web-based, si ottiene attraverso la creazione di reputazioni online basate sulla velocità, sull'abilità e sulla qualità del raggiungimento dei compiti da parte dei lavoratori (De Groen, Maselli, 2016). Nel lavoro on-demand tramite app, ogni scelta operata dalle piattaforme, dall'assegnazione delle giornate alla gestione dei turni è stabilita da un algoritmo, pensato per ottimizzare tempi e risorse nell'erogazione del lavoro. Piattaforme come Uber, UberEats, Glovo o Delivero massimizzano la flessibilità e minimizzano i costi del lavoro chiamando e pagando i lavoratori solo per il periodo di tempo specifico necessario per svolgere l’attività (Tassinari, Maccarrone, 2020). Deliveroo non paga nel momento in cui il lavoratore si logga, non paga nel momento in cui il lavoratore accetta l’ordine, non paga i tempi di attesa al ristorante, ma la vera prestazione lavorativa salariata inizia quando il rider prende il pasto e finisce quando lo consegna nelle mani del cliente.

La centralità dei dati
Il controllo e la disponibilità delle informazioni è ciò che consente alle piattaforme di mantenere una posizione monopolistica su un dato mercato grazie alla capacità di coordinare domanda e offerta; nonché di estendere le proprie dimensioni aumentando l’efficienza e riducendo i costi dei beni e dei servizi offerti. La natura e le caratteristiche delle reti che la piattaforma genera e controlla, nonché la quantità e la qualità dei dati detenuti e utilizzati a fini economici sono una componente vitale per riconoscere le relazioni gerarchiche tra le diverse piattaforme, tra le piattaforme e le imprese e tra queste e i lavoratori. Anche le piattaforme che controllano reti relativamente meno strategiche e più circoscritte o che dipendono da piattaforme sottostanti, come nel caso di Uber o altre piattaforme che forniscono microservizi offline (De Stefano, 2016) sfruttano i dati contenuti nelle reti che controllano per massimizzare le vendite e i profitti. Questo tipo di piattaforma tende a dipendere dal fatto che le piattaforme sottostanti debbano pagare affitti il cui importo è legato al potere di mercato detenuto dalla piattaforma sottostante. Questa dinamica è ben descritta da Srnicek nel libro Platform Capitalism. Questo autore sottolinea la tendenza delle grandi piattaforme che hanno tra le loro attività la concessione di segmenti delle reti che controllano o la fornitura di servizi che si concentrano su di loro – vale a dire, i servizi cloud offerti da piattaforme come Google o Amazon – a incorporare i consumatori e imprese monopolizzando i mercati. Zuboff, 2015 ha evidenziato il cambiamento di stato a cui sono sottoposti i dati nel processo di valorizzazione e gestione della rete che le piattaforme mettono in atto. I dati personali inizialmente estratti vengono detti dati di esaurimento, indicando il fatto che come tali, al momento della loro prima estrazione, non avrebbero alcun valore. Il valore si acquisisce quando sommando queste informazioni vanno a costituire profili digitali che possono essere trasformati in valore economico, attraverso la funzione algoritmica e i diversi sistemi di profilazione ed elaborazione dei dati (data mining, big data, machine learning, deep learning…). Da questo potere derivano tutte le diverse caratteristiche e finalità del panorama delle piattaforme: la regolamentazione dei mercati, i prezzi, il controllo del lavoro, la standardizzazione dei servizi delle imprese e i clienti che confidano nella loro intermediazione, la produzione dell’Internet delle cose e le nuove innovazioni delle piattaforme di apprendimento permanente e fornitura di contenuti, non solo il riconoscimento di immagini, ma tramite processi di deep learning la fornitura di contenuti e informazioni strutturate (Chat GPT, Open AI…) . La vera rivoluzione nel business del capitalismo contemporaneo è stata la capacità di estrarre e quindi determinare valore dai dati attraverso lo sviluppo di algoritmi di lavorazione sempre più evoluti. Le tendenze future delle piattaforme ipotizzate dalla letteratura internazionale hanno evidenziato tre diversi scenari: 1) il rafforzamento delle dinamiche monopolistiche ( Srniceck , 2017) 2) la costruzione di piattaforme cooperative (esperienze simili sono state sperimentate in alcuni settori delle piattaforme di localizzazione in Francia e Italia (Martinelli, 2019 – Le Lay, Lemozy , 2023). In questo caso il limite è la mancanza di una massa importante di dati e conseguentemente di effetti di rete e infine 3) un’ipotesi, immaginata dalla crescita che le piattaforme hanno avuto durante la fase pandemica, creando una sorta di ecosistema pubblica, un controllo pubblico delle piattaforme (Srnicek, 2019), ma anche in questo caso il limite maggiore sta nell’acquisizione di consistenti big-data e nella disponibilità di strumenti sviluppati di data-mining e machine learning.

L'algoritmo di gestione dell'organizzazione della forza lavoro nella Lean Location Platform di food delivery
Nell'ultimo decennio è stata condotta una quantità crescente di ricerche per comprendere il processo lavorativo del management algoritmico, comprese le tecniche di controllo (Shapiro, 2018; Veen et al., 2020; Wood et al., 2019). Le implicazioni precarie sul lavoro ( Petriglieri et al., 2019; Rahman, 2021) e la resistenza algoritmica dei lavoratori (Heiland, 2021; Tassinari & Maccarrone, 2020). Tuttavia, il processo lavorativo algoritmico non può essere studiato interamente senza un’analisi scientifica dei processi manageriali progettati per l’organizzazione del lavoro. Come sostenuto da Vallas e Schor (2020), poiché le piattaforme rappresentano un tipo distinto di organizzazione del lavoro e un meccanismo di governance che riflette il panorama istituzionale, è essenziale chiarire il processo di progettazione algoritmica. Nell’economia delle piattaforme, la gestione algoritmica è definita come un sistema di controllo intelligente, in cui gli algoritmi di apprendimento automatico (machine learning) vengono utilizzati per organizzare, dirigere, coordinare e monitorare il processo lavorativo senza coinvolgimento umano (Kellogg et al., 2020). Pertanto, la gestione algoritmica può essere vista come una combinazione di controllo informatico e normativo che necessita di una enorme di quantità di dati su cui operare. Influenzati dal taylorismo, alcuni studiosi come Braverman sostengono che nell’organizzazione del lavoro vengono introdotte due strategie principali che fanno perno sulla tecnologia di produzione: 1) la dissociazione del processo lavorativo dalle competenze dei lavoratori 2) la separazione della comprensione dall’esecuzione della azione lavorativa e l’uso del monopolio sulla conoscenza per controllare ogni fase del processo lavorativo e la sua modalità di esecuzione. Per molti studiosi la gestione algoritmica rappresenta una nuova forma di Taylorismo (Howcroft, Bergvall 2019, in cui il punto focale sta nell’autorganizzare il lavoro su piattaforma. Per alcuni la gestione algoritmica è concettualizzata teoricamente come uno strumento utilizzato dal capitalismo (Srnicek, 2017) per massimizzare il controllo manageriale e il depauperamento del lavoro, il che fiacca le promesse della sharing economy da cui le piattaforme inizialmente prendono vita da un punto di vista della narrazione della loro attività e struttura organizzativa. Una economia della condivisione che avrebbe dovuto conferire maggiore autonomia e flessibilità al lavoro (Schor et al., 2020; Shapiro, 2018). Approfondendo tale dimensione narrativa la cultura e i principi della sharing economy (lavora dove vuoi, quando vuoi, senza un capo), presenti in molti siti e pagine on line delle piattaforme per l’assunzione dei rider, non vengono utilizzati soltanto in termini negativi. Una narrazione negativa per evidenziare la distanza da qualsiasi modello taylorista finalizzata però a eclissare un lavoro fortemente controllato, occultando fenomeni di misclassification, ma c’è qualcosa di più profondo nell’uso di tale narrativa. La retorica del lavoro indipendente delle piattaforme, dell’autoimprenditorialità individuale, di una forma nuova di produzione basata sullo scambio tra diversi gruppi di tempi, beni, servizi cela la volontà delle piattaforme di creare una nuova soggettività lavorativa plasmata ideologicamente sul suo modello produttivo. Un lavoratore fragile, giovane, migrante, disoccupato inoccupato, che tende a identificarsi come un microimprenditore, un falso lavoratore libero capace di produrre massimo valore quanto massimo è il suo sforza lavorativo e competitivo rispetto agli altri, inaugurando in realtà una figura professionale definibile come un praciario inconsapevole , allargando quel mondo del lavoro definibile come gig economy, economia della singola prestazione, che non a caso usa la parola gig che in inglese è riferibile alle singole prestazioni musicali (concerti), appunto per contornare di fascinazione un mondo del lavoro semplificabile nella realtà nel concetto di precariato, un rider non è una popstar (Crouch, 2019). Di conseguenza, la piattaforma agisce come un manager virtuale automatizzato (Duggan et al., 2020) su soggettività lavorative plasmate dai concetti dello sharing economy, per cui i processi lavorativi basati su app sono in realtà coordinati e istruiti da algoritmi avanzati, con un attento monitoraggio e valutazione di ogni fase lavorativa della singola prestazione. In tale contesto culturale di organizzazione della produzione e del lavoro, l'adozione di algoritmi consente alle piattaforme non solo di selezionare i lavoratori e assegnare il lavoro, ma anche di valutare le prestazioni dei lavoratori in base agli strumenti di sorveglianza digitale in tempo reale del processo lavorativo (Gandini, 2019). Le forme di controllo nel lavoro su piattaforma sono sistematicamente integrate con la tecnologia algoritmica, che sembra essere esercitata in modo più stringente che mai dall’età dell’oro dell’automazione (Spencer, 2018). Nello specifico, la gestione algoritmica cattura una trasformazione nel processo lavorativo. Alcuni studiosi del diritto del lavoro sostengono, così, che le attività di gestione vengono trasferite dagli esseri umani a sofisticati sistemi tecnologici ( Curchod et al., 2019; Schildt, 2017). Quindi Schildt (2017) ha evidenziato come la gestione non è più una pratica umana ma un processo incorporato nella tecnologia.

Potere algoritmo, mercati, migranti
Le piattaforme di localizzazione utilizzano app per mettere in rete la forza lavoro esternalizzata. Libere dalla gerarchia manageriale subordinata del supervisore umano, le app rappresentano un punto di produzione e svolgono il ruolo di manager. In questo modello di gestione da algoritmo a umano, i rider che consegnano il cibo lavorano come addetti ad una catena di montaggio virtuale e seguono la routine delle operazioni algoritmiche. In tal senso la Figura 1 fornisce una panoramica dell’intero processo di produzione delle piattaforme di food delivery. In particolare, la figura rappresenta in chiave tayloristica, quindi mediante una scomposizione in fasi scientificamente organizzate del processo lavorativo la prestazione lavorativa di un singolo task, dall’affidamento dell’incarico dopo il log-in del rider alla consegna del pasto al cliente finale.
Fig.1 Analisi organizzativa e scomposizione in fasi nella realizzazione di un task nelle piattaforme Lean delivery

Fonte: Huang, 2021

La figura riguarda il processo lavorativo di un rider sottoposto ad un regime di cottimo (free login) o di turni. Nei due casi il legame tra prestazione nella realizzazione del task e pagamento salariale differisce. Nel primo caso questo corrisponde alla presa in carico del pasto presso il ristorante (picking up order time) nel secondo all’inizio dell’attesa dell’ordine (waiting request time). Nei rider a cottimo il tempo di attesa della consegna del pasto non è pagato, nei rider a turni sì. Ma in generale, in entrambi i casi, ogni fase del processo lavorativo ruota strettamente attorno all’app e si basa sulla meccanizzazione algoritmica. Il processo di reclutamento della forza lavoro viene eseguita tramite un modulo online. Le persone in cerca di lavoro devono prima scaricare una app designata, registrarsi e quindi caricare sul sistema una copia scannerizzata della propria carta d’identità nazionale, certificato di residenza o permesso di soggiorno. È importante notare che questo passaggio implica una indiretta collaborazione tra la piattaforma e il governo, in cui il controllo del processo è interamente gestito e custodito nelle informazioni unicamente dalla piattaforma. Non vi è infatti, una app di accesso intermediata da una identità digitale pubblica. Inoltre in alcuni contesti internazionali la piattaforma è autorizzata ad accedere al potente sistema di sorveglianza civica del governo (Cina, India), basato su big-data demografici, per stabilire se il candidato è qualificato per il lavoro, in particolare per quanto riguarda la sua storia criminale e la sua salute, in alcuni casi questo avviene anche per le imprese che accedono all’intermediazione e all’infrastruttura della piattaforma, cioè nei casi in cui non sia direttamente la piattaforma a reclutare i rider. Gli algoritmi utilizzano altri software come google maps per indicare il tragitto, il rider in molti casi deve seguire le indicazioni del management algoritmo rispetto al percorso da seguire e ai tempi di arrivo nelle diverse zone che compongono il processo produttivo. In alcuni casi le indicazioni vengono date tramite auricolari il che permette al rider di guidare liberamente seguendo gli ordini del processo lavorativo (velocizzazione del processo, cambio di direzione) o di consegna di più ordini in uno stesso task. Prima di accedere alle prestazioni lavorative tutte le piattaforme delivery impongono ai rider la frequenza di un corso di formazione professionale online nelle app, che prevede circa 15 minuti di video riguardanti gli standard e le regole relative ai servizi di consegna di cibo. I risultati delle analisi internazionali (De Minicis, 2023) indicano come il rapporto di lavoro digitale, il log out forzato dei rider sulla base di game based tatics, un salario cottimale di sussistenza e l'opacità delle sanzioni possono essere considerati come fenomeni più ampi di una deregolamentazione dell'occupazione nell’economia delle piattaforme, con un diritto del lavoro che oggettivamente fatica e deve inseguire le forme di evoluzione della organizzazione del lavoro esercitate dal capitalismo digitale (Shapiro, 2018; Vallas & Schor, 2020). Tra l’altro neanche normative e sentenze frenano questa estensione dell’economia gig e le piattaforme riescono a adattare i loro algoritmi per evadere nuove forme di regolazione, anche radicalizzando sempre più la tipologia di fragilità sociale della forza lavoro assunta, da studenti o soggetti con storie di lunga disoccupazione a migranti. Anche nel contesto italiano dopo anni di dibattiti e discussioni tra diverse prospettive di regolamentazione del settore, con la riproposizione nella legge del 2019 di una estensione del concetto di eterorganizzazione per la regolazione del lavoro dei rider (De Minicis et al., 2019), il contratto di categoria attualmente in vigore prevede uno status di lavoro autonomo a cottimo orario dove le piattaforme appaiono non datori di lavoro ma unicamente intermediari tecnologici tra differenti gruppi di interesse, ristoratori, cliente, forza lavoro. Un altro elemento da evidenziare anche dove le forme di regolazione pubbliche prevedono il riconoscimento dei rider come lavoro dipendente, legge rider 2021 in Spagna, è l’enorme utilizzo di una forza lavoro migrante (De Minicis,2023a), che considerano il gig work digitale come una unicità nel mercato del lavoro formale per creare minimi mezzi di sussistenza o per ottenere permessi di soggiorno, minime forme di cittadinanza. Tale dinamica viene sapientemente utilizzata dal capitalismo delle piattaforme per insidiare il potere contrattuale dei rider e delle tradizionali organizzazioni sindacali (Huang, 2021), trasformando la popolazione migrante, o rurale in Cina in un bacino di manodopera a basso costo (Pun, 2015). Inoltre, la debolezza dei sindacati nel proteggere i diritti dei lavoratori digitali, coincide con il potente sistema di sorveglianza delle piattaforme che frena la mobilitazione dei lavoratori, consolidando così la forza del capitalismo digitale (Meiutan, 2019). Malgrado mobilitazioni spontanee dei lavoratori (Marrone, 2021). Infine, aspetto centrale del capitalismo delle piattaforme sta nell’utilizzare il management algoritmico non solo nella riorganizzazione del lavoro, ma nel definire regimi di standardizzazione dei mercati e delle imprese che si combinano nel suo processo di produzione, mediante un complesso e costante sistema di ranking e comunicazione social con i soggetti imprenditoriali che entrano nella sua infrastruttura di intermediazione.

Tentativi e fallimenti nelle proposte di regolamentazione
Ora in riferimento ai tentativi di regolarizzare e umanizzare la tecnologia algoritmica applicata alle piattaforme di lavoro, le strade intraprese sono diverse, alcune più avanzate e tradizionali altre meno esplorate, alcune che si concentrano ad una regolamentazione del fenomeno nel mercato del lavoro altre ad una riorganizzazione dei sistemi di protezione sociale dei lavoratori. In primo luogo, in riferimento alla prima prospettiva l’esperienza più netta è la legge spagnola rider del 2021, con l’introduzione della presunzione di subordinazione, oltre alla proposta di direttiva del 9 dicembre 2021, che riprendeva essenzialmente l’impianto della legge spagnola con una presunzione di subordinazione su indici riguardanti il ruolo del management algoritmico e la trasparenza di tale sistema. Secondo la commissione con la presenza di un numero minimo di indicatori, i lavoratori potevano presentare istanza di riclassificazione se considerati come indipendenti e l’onere di dimostrare il contrario era affidato alla piattaforma. Tale presunzione si verificava, come noto, con la presenza di due indicatori su cinque fra quelli stabiliti (tetto massimo alla retribuzione, monitoraggio tramite app, controllo degli incarichi, imposizione di un orario di lavoro e obbligo di indossare una divisa): sulla base del principio del Primacy of Facts (De Minicis, Marocco, 2022). Secondo stime della Commissione, il cambiamento di status avrebbe potuto interessare fino a 5,5 milioni dei 28 milioni di lavoratori delle piattaforme attivi nei Paesi dell'Ue. Secondo la direttiva, autisti, rider e fattorini di piattaforme come Uber o Deliveroo oggi considerati lavoratori autonomi avrebbero potuto più facilmente essere riclassificati come dipendenti, avendo quindi accesso a tutte le tutele connesse a tale status professionale. L'accordo sulla direttiva tra il Parlamento europeo e il Consiglio era stato raggiunto il 13 dicembre 2023 dopo complessi negoziati. L’accordo stabiliva che, se una piattaforma riclassificava un lavoratore come indipendente, allora gli ispettorati del lavoro avevano l’obbligo di verificare la validità contrattuale di tutti i lavoratori all'interno di quella piattaforma. L’accordo escludeva i lavoratori delle piattaforme di lavoro web based, a differenza della proposta di direttiva, e spettava agli Stati membri decidere se infliggere multe alle piattaforme se in essere processi di errata classificazione. Gli ambasciatori dei Paesi dell'Ue avrebbero dovuto ratificare il testo emerso dai negoziati. Ma durante i preliminari della riunione del Coreper del 20 dicembre 2023, alcuni Stati si sono opposti formalmente alla ratifica. Evidentemente le ragioni della contrarietà sono riferibili alla presenza di indicatori sulla presunzione del rapporto di lavoro nei termini della subordinazione. Non a caso un rapporto pubblicato nel 2022 da Corporate Europe Observatory ha rilevato come le grandi piattaforme come Uber, Deliveroo, Bolt e Wolt hanno aumentato prontamente i loro sforzi per influenzare la legislazione su tale questione nelle istituzioni comunitarie. Se approvato il quadro regolatorio descritto infatti, secondo le lean Platform avrebbe prodotto una situazione catastrofica. Le piattaforme avrebbero dovuto fronteggiare un consistente aumento dei costi su milioni di lavoratori, introducendo in molti contesti, un salario minimo, la contrattazione collettiva, i limiti dell'orario di lavoro, l’assicurazione sanitaria, i congedi per malattia, i versamenti per i sussidi di disoccupazione e i contributi pensionistici. La direttiva avrebbe introdotto anche regole sull'utilizzo degli algoritmi per la gestione delle risorse umane, impedendo alle piattaforme di trattare alcuni tipi di dati personali, tra cui lo stato emotivo e psicologico dei lavoratori, le loro conversazioni private e la loro attività sindacale. La direttiva non è stata quindi sottoposta al voto formale del Coreper e si è rimandata la sua discussione alla prossima presidenza belga per continuare i negoziati dopo la fase della presidenza spagnola, in un contesto decisamente meno favorevole e più permeabile a drastiche modifiche della direttiva. Infine, la proposta della presidenza belga approvata, come era presumibile, riprende la proposta di direttiva, venendo però incontro alle obiezioni francesi, limitando, così, fortemente gli indicatori di subordinazione, e rimandando la classificazione dello status professionale dei lavoratori ai singoli paesi. Allo stato attuale possiamo quindi affermare come le forme di regolamentazione basate su un riordino del mercato del lavoro hanno fallito, sia quelle incentrate su una presunzione di dipendenza, che quelle che vertono su una autonomia mitigata dal concetto di eterorganizzazione, espressione di una terza via, tra autonomia e subordinazione, propria di alcuni paesi come l’Italia e per un certo periodo del Regno Unito. Anche i risultati delle forme di regolamentazione che si orientano verso la dipendenza del lavoratore considerano la piattaforma come concreto datore di lavoro non sono di semplice applicazione. Malgrado l’inserimento dei rider nello statuto dei lavoratori, con tutti le forme di garanzia e i diritti che ne conseguono, in Spagna alcune piattaforme, come Glovo, quella che sta entrando in uno stato di quasi monopolio del mercato iberico, continuano a non contrattualizzare i rider come dipendenti, pagando multe agli ispettorati del lavoro e acquisendo sempre più forza lavoro migrante meno propensa nel far valere la sua presunzione di subordinazione . L’altra via quella di riformare e rendere più inclusivo il sistema di protezione sociale dei lavoratori, con nuove specifiche indennità contro la disoccupazione non assicurative che includano tutto l’universo del lavoro gig, fatica ad affermarsi come nuovo modello di protezione reddituale internazionalmente riconosciuto, molti paesi rimangono ancorati ad una concezione unicamente assicurativa, categoriale del sistema di protezione sociale della forza lavoro, applicando un universalismo puro (unicamente indennità assicurative in costanza o meno de rapporto di lavoro) e non differenziato (integrazione nel mercato del lavoro tra indennità assicurative e assitenziali) (De Minicis, Bernhofer, Molina , 2023 ). Andiamo allora ad esplorare nel paragrafo finale una interessante proposta presentata da Colin Crouch nel 2019 nel suo studio più recente sulle forme di lavoro gig, una proposta che attraversa la narrativa delle piattaforme, richiamandole, però, a nuove obbligazioni.

La sicurezza sociale dei gig workers: la Proposta Crouch
C’è da precisare come la proposta Crouch parta da lontano, affermando come il fenomeno dei Platform workers si inserisce in una dimensione più generale di diffusione del lavoro gig, definibile senza la enfasi del termine, lavoro precario. In tal senso due importanti documenti di politica pubblica, usciti a quindici anni di distanza l’uno dall’altro, descritti da Crouch, presentavano approcci diversificati ai problemi del declino dell’occupazione standard: il Rapporto Supiot del 1999, preparato da una commissione presieduta dal giuslavorista francese Alain Supiot per la Commissione europea (Supiot 1999), e il Rapporto Taylor del 2016, elaborato per il governo inglese da un gruppo guidato dall’esperto di politiche pubbliche Matthew Taylor (2016). Entrambi i documenti riconoscevano come la frammentazione del lavoro nelle forme produttive post-fordiste digitalizzate presentava delle sfide alle forme giuridiche di regolazione del lavoro esistenti, giungendo però a conclusioni diverse. Supiot riteneva che il predominio dei concetti dell’occupazione standard in senso fordista con la presenza di protezione categoriali ancorate a tale modello produttivo, nel diritto del lavoro, avrebbe reso difficile andare incontro alle nuove soggettività lavorative prodotte dal post o neo-fordismo. Il contributo di Taylor era più limitato e riguardava unicamente la tematica della gig economy digitale. Il rapporto Taylor vedeva nel lavoro contingente digitale uno sviluppo positivo, orientando i mercati del lavoro verso la modernità (uno dei membri della sua commissione era un noto sponsor iniziale di Deliveroo). Il titolo del Rapporto Taylor era Good Work, e faceva intendere come l’economia gig fosse non un ritorno ad un lavoro cottimale prefordista, ma una forma nuova di lavoro creata dall’evoluzione tecnologica non regolabile dai sistemi tradizionali. Il rapporto Supiot aveva ben altra ambizione. Lo studioso francese era preoccupato che il diritto del lavoro ignorasse il lavoro informale e relegasse molte nuove forme di lavoro occasionale in una zona d’ombra, perdendo la sua funzione di umanizzazione delle forme tecnologiche applicate alla produzione capitalistica. Supiot affermava quindi, il concetto di un nuovo status occupazionale (état professionnel), analogo all’idea di cittadinanza nella società civile (état civil), estendendolo oltre l’attività di mercato, per abbracciare tutti i tipi di occupazione e comprendervi anche i momenti di transizione come i periodi di disoccupazione e di riqualificazione, una nuova affermazione di diritti dei lavoratori demercificata dalle logiche di mercato. Per Supiot, questo approccio richiedeva un sistema di «diritti speciali di prelievo» non solo assicurativi, in modo che gli individui conservassero il diritto a un reddito e ad altri benefici anche se impegnati in attività non di mercato. Rendendo i diritti dei lavoratori meno dipendenti dal lavoro svolto in termini di accumulazione capitalistico. Uno status professionale universale, con sistemi di protezione assistenziali e assicurativi, per tutte le relazioni lavorative (indipendenti e dipendenti), avrebbe reso più accettabile per i lavoratori i rischi connessi all’occupazione a breve termine o a chiamata, in cui l’impresa non necessitava di prendere in considerazione i livelli di sussistenza della forza lavoro impiegata. L’idea di Supiot dell’«indipendenza» dei lavoratori era molto diversa da quella implicita nella maggior parte delle definizioni e descrizioni del nuovo lavoro autonomo. Anticipando gli sviluppi dell’organizzazione del lavoro in Danimarca e in altre realtà nordiche (Kristensen e Lilja 2011), Supiot sosteneva che i nuovi tipi di organizzazione capitalistica maggiormente produttiva ed efficiente non dovevano essere basati sull’idea, tipica dell’occupazione standard taylorista fordista (controllo e gerarchizzazione), piuttosto, le imprese avrebbero dovuto essere capaci di trarre vantaggio dalla creatività dei lavoratori, e questo implicava reale autonomia. Oggi a distanza da più di vent’anni dai lavori di Supiot la situazione rimane ancora irrisolta, con una radicalizzazione del lavoro gig determinata dall’evoluzione algoritmica e dall’affermazione di un capitalismo delle piattaforme in cui il management algoritmico mantiene, come abbiamo visto, notevoli poteri di controllo e gerarchizzazione delle prestazioni, con consistenti gruppi di lavoratori esclusi da protezioni sociali e reddituali. A livello concreto naufragata la proposta di direttiva, tutto rimane ancorato attorno a due punti fermi 1) il lavoro dei Platform workers è indipendente 2) la piattaforma è unicamente un intermediario tecnologico. Come abbiamo visto anche i tentativi regolatori passando attraverso il concetto di eterorganizzazione, un lavoro autonomo affermato ma non autonomo nella sua realizzazione, una sorta di antinomia dichiarata, sembra essersi, al momento, dispersa. La digitalizzazione algoritmica ha evidentemente prodotto un modello aziendale radicalmente esternalizzato, senza nessuna localizzazione fisica, di personale, perfino tecnologica, gli algoritmi ormai vengono esternalizzati ad altre aziende informatiche che li progettano per più piattaforme. Delle grandi piattaforme rimane spesso solo il marchio. Dobbiamo assumere come questa struttura produttiva rompa irrimediabilmente la continuità di sistemi fondati sulla convinzione di affermare che si accerti un datore di lavoro e spetti a questo l’obbligo dei i costi non salariali, come i contributi per le pensioni, la sicurezza sociale. Ormai ci troviamo di fronte a contesti produttivi dove oggettivamente il datore di lavoro si nega e la forza lavoro è ovunque, con milioni di lavoratori salariati senza nessuna forma di protezione sociale (Spasova, 2022). La proposta Crouch ha il merito di addentrarsi in questa contraddizione del capitalismo delle piattaforme, dove diversi soggetti datoriali (imprese e piattaforme) si auto qualificano come clienti e intermediatori. Così se il valore estratto dal lavoro, non è più legato permanentemente agli interessi dell’organizzazione aziendale che lo estrae mediante un diretto accrescimento del capitale investito, ma viene venduto nello spazio digitale ad altre imprese, non assume nessuna importanza la forma di riproduzione sociale della forza lavoro e della sua famiglia (De Minicis, 2019a). In effetti in tale logica maggiore estrazione di valore si realizza da ogni singola prestazione, diminuendo il costo salariale non più legato a livelli minimi di sussistenza, maggiore è il ricavo per le piattaforme, tale logica trova la sua maggiore applicazione del pagamento cottimale, dove i costi di sussistenza della forza lavoro dipendente sono azzerati. Per tali ragioni si comprende l’avversione delle grandi Labour Platform nel classificare i lavoratori come dipendenti. Se questo avvenisse le piattaforme perderebbero la loro natura e genesi imprenditoriale, realizzare quote massime di profitto dalla vendita di prestazioni lavorative on demand grazie al suo macchinario algoritmico. Nelle forme di riconoscimento della subordinazione, infatti, oltre ai costi maggiori, una parte del valore estratto dal lavoro sarebbe necessariamente assorbito nel capitale dell’organizzazione che detiene i mezzi della produzione, la piattaforma, diminuendo il suo valore di vendita e classificandola come una struttura datoriale. Allora per Crouch, in tale logica, va definito un quadro regolatorio diverso, in cui sia prevista un’assicurazione sociale finanziata non più da chi è formalmente responsabile della forza lavoro, ma da tutti i suoi utilizzatori, da chi acquisisce forza lavoro, chi ne estrae valore chi lo vende nella rete, chi acquista tali prestazioni. In tal modo i versamenti per la protezione sociale e previdenziale dei lavoratori digitali non sarebbero più a carico di un datore di lavoro ombra, ma di tutti gli utilizzatori dei Platform workers attraverso una trattenuta della quota versata alle piattaforme per tutte le prestazioni lavorative richieste. In particolare la posizione di Crouch appare così dettagliata: tutte le imprese e le altre organizzazioni definite come utilizzatrici di prestazioni lavorative digitali, o in generale gig, che si situino al di sopra di una certa soglia di utilizzazione della forza lavoro offerta dalla piattaforma, sarebbero tenute a versare oltre al pagamento delle prestazioni realizzate anche una quota di contributi sociali basati sul numero di ore di utilizzo delle singole prestazioni di cui fanno uso, a prescindere dalla forma contrattuale dei Platform workers. Un certo numero di importanti riduzioni degli oneri contributivi sarebbe, poi, a disposizione degli utilizzatori di attività lavorative o di intermediari (piattaforme) o soggetti terzi che intermediano formalmente per le piattaforme la forza lavoro, che dimostrino di avere accettato determinati obblighi nei confronti dei prestatori di forza lavoro (forme contrattuali più rigide, autonome e libere dinamiche di rappresentanza sindacale…). Nella proposta di Crouch i piccoli utilizzatori di prestazioni mediate da piattaforme, clienti o piccole imprese che le utilizzano sotto una certa soglia (ore annue o numero di prestazioni annue) sarebbero esclusi da tali versamenti. Interessante notare come gli oneri contributivi e sociali versati da chi si definisce intermediario tecnologico e chi si definisce utilizzatore di tali prestazioni comprenderebbero anche le prestazioni lavorative realizzate dalle soggettività lavorative migranti, spesso escluse da forme minime di protezione sociale della forza lavoro (assicurazione contro la disoccupazione, trattamenti di fine rapporti, previdenza). Infine, un elemento che non affronta Crouch, ma che potrebbe arricchire la realizzazione di tale proposta è rintracciabile nelle dinamiche della sua attuazione. Come calcolare, infatti, le soglie delle singole prestazioni e l’effettivo versamento dei contributi degli utilizzatori di forza lavoro in un mercato virtuale? In tal senso una proposta di tecnoregolazione (De Minicis, 2019, De Minicis et al., 2019) potrebbe essere la soluzione. Definire una app pubblica, utilizzare ad esempio le identità digitali di pubblica rilevanza già presenti (es. SPID), per accedere al lavoro su piattaforma e per contenere un conto personalizzato di attività lavorativa digitalizzato (sul modello francese del compte personell de activitè - CPA). Una app pubblica dove registrare tutte le prestazioni realizzate, i versamenti accumulati, i diritti acquisiti in termini assicurativi, previdenziali e formativi. In questo modo chi entra nel mercato del lavoro digitale accederebbe, non in modo semi-informale o con sottoscrizioni di relazioni lavorative difficili da reperire e ricostruire, il sistema delle cob per le piattaforme, previsto nel 2022, rimane altamente poco popolato proprio perché la maggior parte delle piattaforme nega la fornitura di dati definendosi appunto un intermediatore digitale e non un soggetto datoriale. Se è allora impossibile riconoscere il cliente finale, l’intermediario o la piattaforma come un tradizionale datore di lavoro con tutte i carichi e le responsabilità che ne derivano, con la proposta di Crouch attuata digitalmente è possibile però riconoscere chi trae valore, profitto dall’utilizzo di una forza lavoro digitale, e su quell’utilizzo ed estrazione di valore determinare gli obblighi sociali che ne derivano verso tutte le soggettività lavorative coinvolte comunque si manifesti la relazione lavorativa, non scaricando tali costi sulla collettività.

Questo sito utilizza cookie necessari al funzionamento e per migliorarne la fruizione.
Proseguendo nella navigazione acconsenti all’uso dei cookie.