TESTO INTEGRALE CON NOTE E BIBLIOGRAFIA

1. I CONCETTI DI OCCUPABILITÁ ED APPRENDIMENTO CONTINUO SECONDO I’OIL
Dopo la prima rivoluzione industriale (motore a vapore), la seconda (elettricità), la terza (internet, comunicazioni, robotica) e ora, la quarta rivoluzione industriale (digitalizzazione, intelligenza artificiale, internet delle cose, stampa 3D, ecc), autori, ricercatori, studiosi e organizzazioni mondiali come l'Organizzazione Internazionale del Lavoro - OIL avvertono una situazione sociale dirompente dovuta alla riduzione strutturale dei posti di lavoro e all'aumento sproporzionato dell'informalità. Questa situazione emerge nel quadro di tre cambiamenti - della tecnologia, della divisione del lavoro e dei centri di potere - in un mondo in cui solo il 27% della popolazione gode di protezione sociale. Ecco perché è urgente pensare pure ad una transizione per le alterazioni strutturali dell’“esercito industriale di riserva” di quello che è stato designato come il "futuro del lavoro" .
L'OIL ha fatto di questa urgenza il tema della sua Dichiarazione del Centenario: da un lato, mettendo in discussione il proprio ruolo e il ruolo del diritto del lavoro nella promozione della giustizia sociale – di fronte all'escalation delle disuguaglianze – e, dall'altro, chiamando non solo i Paesi, ma anche le organizzazioni sociali e le università a riflettere sul problema e a trovare soluzioni per la transizione già in atto .
Questa pretesa transizione si concentra principalmente sull'occupabilità, l'apprendimento continuo e la transizione dall'economia informale a quella formale. Le Dichiarazioni OIL, come è noto, contribuiscono alla creazione di principi generali di diritto internazionale.
Tra i 18 perni essenziali della Dichiarazione del Centenario sul Futuro del Lavoro , evidenziamo quanto segue: “ i) assicurare una giusta transizione verso un futuro del lavoro che contribuisca allo sviluppo sostenibile nelle sue dimensioni economica, sociale e ambientale; ii) promuovere l'acquisizione di competenze, abilità e qualifiche per tutti i lavoratori durante la loro vita lavorativa come responsabilità condivisa tra i governi e le parti sociali al fine di: - colmare le lacune di competenze esistenti e previste; - prestare particolare attenzione a garantire che i sistemi di istruzione e formazione rispondano alle esigenze del mercato del lavoro, tenendo conto degli sviluppi occupazionali, e - migliorare la capacità dei lavoratori di trarre vantaggio da opportunità di lavoro dignitoso; iii) formulare politiche efficaci volte a creare occupazione piena, produttiva e liberamente scelta e opportunità di lavoro dignitoso per tutti e in particolare facilitare la transizione dall'istruzione e dalla formazione al lavoro, con un accento sull'effettiva integrazione dei giovani nel mondo del lavoro”.
I concetti di competenze, abilità e qualifiche, così come apprendimento continuo e occupabilità erano già stati forniti dalla Raccomandazione 195, del 2004, sullo "Sviluppo delle risorse umane: istruzione, formazione e apprendimento continuo". Ai fini della raccomandazione: “a) l’espressione “apprendimento continuo” include tutte le attività di acquisizione delle conoscenze intraprese nel corso dell’intera esistenza per sviluppare competenze e qualifiche; b) il termine “competenze” comprende le conoscenze, le attitudini professionali e il know-how applicabili in un contesto specifico; c) il termine “qualifiche” si riferisce all’espressione formale delle attitudini professionali di un lavoratore riconosciuta a livello internazionale, nazionale o settoriale; d) il termine “occupabilità” rinvia alle competenze e alle qualifiche trasferibili che aumentano la capacità di un individuo di beneficiare delle possibilità di educazione e di formazione disponibili per trovare un lavoro dignitoso e mantenerlo, far carriera nell’impresa oppure cambiando impiego nonché per adattarsi ai mutamenti tecnologici e alle modifiche delle condizioni del mercato del lavoro.”
Inoltre, l'idea di occupabilità abbracciata nella Dichiarazione del 2004, nel senso di correggere i deficit o ottenere un lavoro, viene applicata anche nel senso di essere qualcosa in grado di attrarre posti di lavoro di qualità come si vedrà più avanti.

2. ECONOMIA FORMALE E INFORMALE
Non meno importante è stata la Raccomandazione 204 (2015), sulla transizione dal lavoro informale a quello formale, che è stata approvata dalla Conferenza nello stesso anno, e che ha invitato gli Stati membri a promuovere l'inserimento nella formalità dei lavoratori informali, estendendo a loro le protezioni previdenziali.
Ai fini della Raccomandazione in parola, il termine «economia informale»: “ a) si riferisce ad ogni attività economica dei lavoratori e delle unità economiche che — nel diritto o nella prassi — non sono coperti o sono insufficientemente coperti da disposizioni formali; b) non si riferisce ad attività illecite, in particolare la fornitura di servizi o la produzione, la vendita, il possesso o il consumo di beni vietati per legge, come la produzione e il traffico illecito di stupefacenti, la fabbricazione e il traffico illecito di armi da fuoco, la tratta delle persone e il riciclaggio di denaro, così come definiti dalle rilevanti convenzioni internazionali.
Ai fini della Raccomandazione, le unità economiche dell’economia informale comprendono: a) le unità che impiegano manodopera; b) le unità possedute da privati che lavorano in conto proprio, da soli o con il concorso di lavoratori familiari non remunerati; c) le cooperative e le unità dell’economia sociale e solidale.
La presente Raccomandazione si applica a tutti i lavoratori e a tutte le unità economiche dell’economia informale — che comprendono le imprese, gli imprenditori e le famiglie — in particolare: a) alle persone che operano nell’economia informale e che possiedono e gestiscono unità economiche, come: i. i lavoratori in conto proprio; ii. i datori di lavoro; iii. i membri delle cooperative e delle unità dell’economia sociale e solidale; b) ai lavoratori familiari non remunerati che lavorano nelle unità economiche dell’economia formale o dell’economia informale; c) ai dipendenti che hanno un posto di lavoro informale in una impresa formale o in una unità economica dell’economia informale, o che lavorano per tali imprese, in particolare nel quadro dei subappalti e delle catene di fornitura, o in quanto lavoratori domestici remunerati assunti da una famiglia; d) ai lavoratori il cui rapporto di lavoro non sia riconosciuto o regolamentato”.
Secondo il rapporto delle Nazioni Unite, la popolazione mondiale è di 7,8 miliardi nell'ottobre 2020 e si stima che si avvicinerà ai 9 miliardi nel 2050 e agli 11 miliardi nel 2100 . Secondo il rapporto del 2018 dell'OIL , la popolazione mondiale economicamente attiva (PEA), quindi quella sopra i 14 anni di età, è di 3,27 miliardi di persone, di cui il 61%, circa 2 miliardi, svolge un lavoro informale, con una tendenza all'aumento del tasso di informalità, mentre solo il 27% della popolazione mondiale ha la protezione sociale dello Stato .
Il lavoro informale è il lavoro predominante nel mondo. Il diritto del lavoro non influenza l'aumento o la diminuzione della disoccupazione, ma non si può dire il contrario, ossia, che la disoccupazione e l'economia informale non interferiscano nella stabilità dei diritti del lavoro, fornendo mano d’opera abbondante che esercita una forte pressione sul mercato alla precarietà contrattuale.
Tuttavia, il mondo non ha ancora alcun ente internazionale o sovranazionale che studia o propone politiche per l’economia informale. Anche se la disuguaglianza è la più grande sfida sociale del pianeta, l'OIL si occupa soltanto del diritto del lavoro, ossia, del lavoro formale, quindi le sue Convenzioni si applicano unicamente in questo campo rigoroso, che raggiunge solo circa 800 milioni di persone su un totale di 3,27 miliardi della popolazione mondiale economicamente attiva. Tale distopia si riflette nella struttura istituzionale degli Stati membri, che ripete il modello tripartito del lavoro formale, indifferenti ai problemi sociali della disoccupazione o dell'informalità. L’inesistenza di istituzioni che promuovano l'integrazione di questa immensa massa di lavoratori nella protezione sociale e formale dello Stato apre solo un crescente divario sociale tra la classe operaia occupata e la classe operaia informale, precaria.
L'inesistenza di un'organizzazione di questi lavoratori intorno ai loro interessi é dovuta anche ad un sistema formale di inquadramento delle categorie che non riconosce la legittimità di una classe di lavoratori se essa non è legata ad una azienda.
Questo immenso precariato , composto da lavoratori formali poveri e lavoratori informali, influenzerà negativamente il diritto del lavoro, così che non sembra produttivo o efficiente, guardare solo i lavoratori formali, se la stragrande maggioranza vive in balia di garanzie sempre più ridotte. La servitù nel lavoro formale finisce per essere vista come un'isola di privilegi in un mare di miserabili lavoratori informali .
La lotta contro l'informalità e la mancanza di protezione sociale può anche ridurre un grave problema, soprattutto per i paesi sviluppati, che è l’immigrazione. Sono infatti 272 milioni le persone che ogni giorno si recano nei paesi sviluppati, e, a parte i 70 milioni di rifugiati, sono persone in età lavorativa che cercano migliori opportunità di lavoro .
Va notato che la relazione tra il livello di istruzione e l'occupabilità si trova nel rapporto dell'OIL sull'informalità: “Su scala globale, più il livello di istruzione aumenta, minore è l'informalità, secondo il rapporto. Pertanto, le persone che hanno completato l'istruzione secondaria e superiore hanno meno probabilità di avere un impiego informale rispetto ai lavoratori che non hanno un'istruzione o che hanno completato solo l'istruzione di base” .
E va notato anche che la Raccomandazione OIL n. 204 , che prevede, appunto, il passaggio dall'informalità alla formalità, riconoscendo l’esistenza delle persone con buono livello di istruzione nell’esercito industriale di riserva, afferma che "i lavoratori e le unità economiche dell'economia informale possono costituire un buon potenziale imprenditoriale" perché, secondo gli studi che hanno corroborato detta Raccomandazione , questi lavoratori hanno qualifiche varie, molti hanno un senso di filtraggio per il business, creatività e capacità innovativa, che consentirebbe di portarli per esperienze in un incubatore di imprese utilizzato come mezzo di accesso e transizione all'economia formale.
Pertanto, il concetto di occupabilità utilizzato nel 2004 dall'OIL è stato sostanzialmente ampliato, per includere l’imprenditorialità, cioé la capacitá di creare e mantenere un'impresa. Il passaggio dal lavoro informale a quello formale potrebbe avere luogo, quindi, non solo con l'inserimento di un lavoratore informale in un impiego formale, ma anche attraverso la sua trasformazione in “imprenditore”. Ci sono però delle situazioni in cui il presunto datore di lavoro è più povero dei suoi stessi dipendenti: questa é una realtá tipica dell’imprenditoria informale.
I lavoratori formali, a causa della precarietà dei salari e delle condizioni di lavoro, viaggiano anche nell'economia informale, cercando di complementare il reddito familiare. Un altro fattore che spinge i lavoratori formali verso l'economia informale è la mancanza di politiche per il mantenimento del lavoro, il che significa che con ogni crisi economica o cambiamento di tecnologia, l'economia informale s’incrementa. Ma non solo in questi momenti. Ogni anno abbiamo migliaia di studenti in meno e.... altrettanti disoccupati di piu. Come bene ci ricorda Pani, “Il termine “precario” viene dal latino precor, che significa domandare, supplicare, impetrare, scongiurare, elemosinare. Si tratta di un verbo deponente, e quindi non ha il passivo. Il soggetto deve essere sempre attivo: il precario è solo nella ricerca di un lavoro, nessuno gliene offre; come chi chiede elemosina per necessità, e non perché è pigro e non vuole lavorare. E una situazione di dipendenza e di umiliazione, perché si è alla mercé di altri e si e costretti a dichiarare la propria necessità vitale; e per di piú non si è di supporto alla propria famiglia di origine, magari quando ce n’é bisogno perché gli anni dei genitori aumentano. Un giorno uno studente mi ha detto che “cercare lavoro” significa lavorare otto ore al giorno gratis...” .
Ma il precariato é anche una sfida per gli adulti maturi. Se queste persone incontrano troppe difficoltà o impiegano molto tempo per entrare o tornare sul mercato del lavoro, possono perdere la speranza, entrare in un'attività imprenditoriale clandestina, diventare un'entità legale per vendere il proprio lavoro come servizio a un cliente, nel caso un datore di lavoro, corrodendo il costo del lavoro formale. La lotta dei sindacati contro il lavoro sommerso è una strategia di soppravivenza .

3. OCCUPAZIONE PER FISSARE I DEFICIT: UN'IDEA ZOMBIE?
Krugman definisce la questione dell’"occupabilità" come un'idea "zombie", cioè un'idea che "tutti sanno che è vera solo perché ne hanno sentito parlare, ma non perché è effettivamente provata", poiché non ci sarebbe "deficit di occupabilità nella forza lavoro”, o almeno nessuno avrebbe fatto ricerche su cosa sarebbe l'occupabilità e quali sarebbero state le sue carenze nel proprio Paese, gli Stati Uniti d'America .
Inoltre, l'autore afferma che addossare la colpa della disoccupazione alla mancanza di formazione dei lavoratori è far ricadere sulle loro spalle la responsabilità di un problema che è generale nel mondo, che è la mancanza di lavoro .
Se il patto sociale strutturante della società di classe si sta diluendo, non è giusto dare la colpa al lavoratore, la parte più debole dell'intero sistema.
L'idea “zombie” domanda: se il problema fosse l’insuccesso dell'occupabilità, questa, una volta rifornita, genererebbe da sola tanti posti di lavoro quanti sarebbero sufficienti per raggiungere l'intera massa lavoratrice? Non ci sono ragione per crederci. “Brynjolfsson-McAfee dimostra, dati alla mano, che, a partire dal 2000, negli Stati Uniti, la curva della produttività ha continuato a crescere mentre quella dell`occupazione ha cominciato a calare.”
Il punto è che i cambiamenti sul mondo del lavoro hanno fatto che l’esercito di riserva industriale, composto principalmente di lavoratori manuali, e perció obsoleto per l'economia del 21º secolo, é alimentato sempre di più dai lavoratori intellettuali in uno qualsiasi dei settori, principalmente nel terziario. Ed è anche nel terziario che si approfondisce lo scenario del lavoro atipico . Anche le opportunità di lavoro tipico nel settore terziario sono ogni giorni piú scarse dato che anche il lavoro intellettuale ripetitivo viene progressivamente sostituito dall'intelligenza artificiale . Secondo l’ISFOL: “Dal punto di vista professionale, la flessibilità interessa soprattutto le professioni tecniche (42,6%) e quelle intellettuali e scientifiche (28,8%). Parallelamente, le professioni amministrative (33,9%) e quelle apicali (14,1%) tendono ad inserirsi in uno schema di lavoro standardizzato. Sono, infatti, soprattutto i tecnici specializzati (20,6%), i professionisti ad elevata specializzazione (17,3%) ed i professionisti non qualificati (13%), cioè quelli che non rientrano in particolari albi professionali, ad essere coinvolti in una prospettiva di flessibilità. D’altro canto, impiegati (46,1%), quadri (8,8%), dirigenti e funzionari (14,2%) si muovono all’interno di un inquadramento standard .”
E qui si pone una situazione molto curiosa, quella dell'inesistenza di un esercito industriale di riserva con un nuovo profilo idealizzato dalla nuova era capitalista: il lavoro della conoscenza creativa, del “tempo libero” produttivo, che fa ciò che la macchina non può fare. Ma come si produce questo uomo nuovo, laborioso e creativo che produce idee brillanti e milioni di dollari per i suoi datori di lavoro? Come fare crescere i numeri di uomini e donne cosí, capace di vendere l’essenza dell’anima, di convertire l’altruismo in soldi per i suoi clienti/potenziali datori di lavoro? Questo nuovo lavoratore deve essere capace di abituarsi a un intenso sforzo emotivo, creativo ed intellettuale per lunghe ore, transformando idee in qualcosa utile che si possa vendere. Per quanti anni quest'uomo riuscirà ad avere una vita professionale attiva con questo consumo mentale di dedizione quotidiana al lavoro intellettuale subordinato ad una produzione sistematicamente creativa di capitale e direzionata alla dissociazione tra mezzi di produzione e produto del lavoro? L’imprenditorialitá é, quindi, un prodotto dell’ideologia neoliberal.
L'idea di occupabilità zombie, inoltre, pone un grosso problema per il lavoratore che sta spendendo tempo e denaro cercando di acquisire nuove qualifiche e competenze finchè l'agenzia di collocamento lo informa che il suo inserimento non è possibile.
Le risposte più comuni alle situazioni descritte finora sono state: investimenti in occupabilità ed apprendistato permanente o reddito di cittadinanza. Come una forbice che dividerà il mondo in due parti, probabilmente.
In effetti, soluzioni come il reddito minimo vitale, reddito di cittadinanza o basic income sono importanti e si possono realizzare in una società basata su un sistema duale tra lavoro e solidarietà, peró funzionante come palliativo posticipato del patto sociale forgiato nelle rivoluzioni borghesi, specialmente nella Rivoluzione francese, che fino a tempi recenti ha incorporato la lotta dei lavoratori per godere del progresso economico e tecnologico raggiunto dalla civiltà .
La mancanza di una identità globale di classe nel settore terziario fa di questo un collettivo vulnerabile dal punto di vista della protezione del lavoro.
Ció che viene pubblicizzato come reddito di cittadinanza, sarebbe, quindi, un modo per fornire un livello minimo di consumo e comfort a coloro che non riescono o non possono trovare un lavoro dignitoso o crearsi il proprio lavoro. Il reddito di cittadinanza potrebbe anche raggiungere il lavoratore il cui stipendio non è sufficiente per una vita dignitosa. Infatti, si ha un spostamento del diritto del lavoro in direzione al diritto previdenziale, come un rapporto in cui lo Stato è chiamato a partecipare non solo per regolare ma anche come l’attore che lo sostiene e lo spinge a essere piú competitivo. Nel settore terziario lo Stato è richiamato a spingere l’esercito industriale di riserva ad inventare una sua propria economia o a entrare nel reddito di cittadinanza.

4. LAVORO INFORMALE O AUTONOMO: ATTRAZIONE O SPINTA?
Il lavoro non ha sempre occupato una posizione centrale nella vita delle persone. È nel regime capitalista che il lavoro assume questo posto. Allontanate dalla possibilità di sopravvivenza dallo sfruttamento della terra, le persone migreranno verso le città, dove il flusso naturale della vita non troverà più posto. Con il duro lavoro in giornate faticose, le persone perderanno la loro vivacità, il loro fisico, il loro vigore, la loro gioia e daranno il loro corpo, così come quello di tutta la loro famiglia, a più di 12 ore di lavoro al giorno in luoghi freddi e malsani delle fabbriche capitaliste, trasformandosi interamente in una vita miserabile.
Schiavi dell'orologio, della routine quotidiana, della debolezza del corpo, della mente umiliata e dello spirito scoraggiato, i lavoratori cercheranno spazi per condividere le loro miserie, e li troveranno nel sindacato, nella festa o in chiesa.
Il sistema capitalista e il suo modo di estrarre valore dal lavoro umano saranno descritti quando Marx ed Engels sveleranno finalmente il concetto di lotta di classe, di classe dominante e di classe dominata nella società borghese, che è in piena espansione fino ad oggi è completamente globalizzata. .
Per il momento, ci interessa analizzare il posto dell’"esercito di riserva industriale" in questo sistema: “La popolazione attiva in eccesso è un prodotto necessario dell'accumulazione o dello sviluppo della ricchezza su base capitalistica, questa sovrappopolazione diventa, in cambio, una leva per l'accumulazione capitalistica e persino una condizione di esistenza del modo di produzione capitalistica. Costituisce un esercito industriale di riserva disponibile, appartenente al capitale come se l'avesse creato da solo. Fornisce materiale umano sempre pronto per essere esplorato per le sue variabili esigenze di valorizzazione, indipendentemente dai limiti della vera crescita demografica” .
Chi fa parte dell'esercito di riserva cerca un'opportunità per entrare nel mondo del lavoro formale. Ma, in attesa che si presenti questa opportunità, cerca anche lavoro nell'economia informale.
Fatta eccezione per alcuni Paesi europei che condizionano la ricezione di un'assicurazione contro la disoccupazione al completamento di corsi di perfezionamento professionale per il loro più rapido rientro nel mercato del lavoro, negli altri Paesi, in attesa di un'opportunità nel mercato formale, il lavoro viene svolto nell’economia informale, tanto più oggi nella cosiddetta “economia collaborativa”, che sa meglio di chiunque altro come trarre vantaggio da questo esercito di disoccupati.
Sfortunatamente, il lavoro nell'economia informale va oltre le regole sociali dello stato contemporaneo. Non ci sono molte indagini o istituzioni internazionali che se ne interessano, nonostante la Raccomandazione OIL 204 e l'Agenda 2030 . Alla mancanza di altre mezzi di studi del lavoro informale, si usa il lavoro autonomo come misura alternativa per analizzare il lavoro informale. Diamo un'occhiata alle teorie di attrazione e spinta, a questo proposito.
Due teorie tradizionali tentano di spiegare il reddito da lavoro autonomo in termini di vantaggio economico per il lavoratore. Una di esse, quella di attrazione, afferma che i lavoratori sono portati al lavoro autonomo per le proprie conoscenze e competenze e anche per la necessità di benefici qualitativi come autonomia e flessibilità .
La principale teoria avuta come concorrente – quella della mancanza o della spinta - sostiene che i lavoratori sono spinti al lavoro autonomo quando non trovano opportunità adeguate nel mercato del lavoro salariato .
Pertanto, questa teoria ipotizza che i lavoratori che hanno opzioni più limitate per il lavoro salariato “o che incontrano barriere specifiche che impediscono loro di ottenere un lavoro salariato”, sarebbero i più inclini al lavoro autonomo .
La prima osservazione è che le teorie del push and pull di Knight e di Shumpeter non sembrano, oggi, in alcun modo, essere concorrenti o opposte. Al contrario, sono complementari.
Nella teoria dell'attrazione abbiamo i lavoratori della conoscenza, o i liberi profesionisti con buon “capitale sociale”, quelli che in generale possono davvero essere autonomi perché hanno qualifiche, abilità e conoscenza sociale che li qualificano per così tanto. E il caso di molti professionisti liberali o veri artisti nelle loro aree di azione.
Ma sfortunatamente, questa è una minoranza. La maggior parte di coloro che sono stati licenziati e successivamente riassunti come entità giuridica (ci sono paesi in cui una persona giuridica può essere creata senza soci), non hanno l’autonomia necessaria per poter essere considerati imprenditori. Continuano con lo stesso grado di dipendenza e subordinazione, che genera la classificazione della frode del diritto del lavoro. Ai fini del quadro concettuale dell'OIL, rientrano nel concetto di lavoratori informali.
Nella teoria push, abbiamo il grande contingente dell'esercito di riserva industriale, composto da tutti gli altri tipi di professionisti che furono spinte del mercato del lavoro o addirittura non vi sono entrati. Di questo contingente sale la maggiore parte dei destinatari del reddito di cittadinanza.
In tutti i casi, studi sulla durata del lavoro mostrano che la giornata lavorativa è intensiva sia per chi entra nel lavoro autonomo per attrazione che per spinta.
Il Prof. Daniel Innerarity, Professore di Filosofia Politica presso il Politecnico di Valencia, insegna quanto segue sulle catene del valore: C'è un misto di tecnologia del XXI secolo e condizioni di lavoro del XIX secolo [...] ogni volta che chiediamo ad Alexa di suonare la nostra musica preferita, entriamo in una catena di processi estrattivi che vanno dalle miniere di litio in Bolivia ai proletari del clic nel sud-est asiatico [...] .
Un tassello fondamentale in questa catena del valore sono i professionisti della Tecnologia della Informazione (TI) che lavorano nella creazione di software. Possono trovarsi in qualsiasi posizione nella catena di produzione operaia intellettuale. Possono avere un contratto di lavoro formale, cioè essere dipendenti; possono essere assunti come ditta individuale; possono essere un vero o un falso lavoratore autonomo, a seconda della loro qualifica e autonomia; possono entrare a far parte di questa catena informale anche attraverso qualsiasi azienda assunta da un progetto di cui non sono proprietari. La loro posizione nella catena richiede un'analisi individuale.
Uno studio sul campo pertinente su questo argomento è stato sviluppato presso l'Università Federale del Minas Gerais - Brasile, da cui estraiamo: “Il software integra un ampio settore noto come ICT - Information and Communication Technologies. Questo settore implica una conoscenza intensiva e immateriale, da un lato, e dall'altro il lavoro ripetitivo e non specializzato dei Call Center, ovvero la produzione di hardware, le apparecchiature dove scorrono i software che vengono prodotti nelle fabbriche tradizionali del settore elettroelettronico. [...] In comune, questi lavoratori sono in balia di una lunga precarietà rappresentata da forme di lavoro intensivo, tipologie di orario di lavoro, scomparsa dello schema lavoro-riposo, instabilità continua, contratti temporanei o addirittura inesistenza di un contratto in alcune situazioni .
Cosí, il lavoro sul software può essere considerato il tipo ideale di ciò che chiameremmo lavoro con lavoratori flessibili. Il lavoro è dato dai progetti, dipende dal rapporto che si instaura tra il cliente , chi stabilisce ciò di cui ha bisogno nel software, e lo sviluppatore, che, sulla base dei parametri forniti dall'acquirente, crea il software da linguaggi selezionati.
Emblematico è lo studio del caso dei lavoratori dell'area informatica perché indica dove devono camminare tutte le altre categorie: all'apprendimento continuo e al lavoro concomitante o simultaneo, perché in fondo tutte le aziende saranno aziende tecnologiche, vale a dire che applicheranno la tecnologia nei loro processi di produzione di beni o servizi. Vediamo allora cosa si aspetta da questo apprendimento continuo del lavoratore ideale il capitalismo del lavoro operaio intellettuale nel 21° secolo.

5. APPRENDIMENTO CONTINUO E AUTOSFRUTTAMENTO NELLA SOCIETÁ DELLA STANCHEZZA
L’apprendimento tecnologico continuo non è qualcosa che può essere acquisito esclusivamente con il trasferimento di conoscenze teoriche.
L'insieme di qualifiche e abilità richieste dalla tecnologia richiede "tempo sullo schermo", che si ottiene solo attraverso la pratica, la ripetizione, l '"intuizione", la curiosità e l'autoapprendimento.
Imparare a imparare e condividere sono componenti della motivazione e dell'integrazione di gruppo inerenti al tipo di abilità attualmente richiesta, che è l'abilità tecnologica in qualsiasi area scientifica o settore economico. Padroneggiare altri linguaggi informatici, così come le lingue e saper parlare in pubblico esponendo chiaramente, sono altre delle abilità più comuni tra quelle menzionate.
Questo nuovo modo di apprendere richiede qualità sottostanti come l'autodisciplina, il controllo del tempo, la piena attenzione (consapevolezza), la gestione dello stress, il tutto nel bel mezzo di un lavoro intenso e vasto, cioè intellettualmente concentrato e lunghe ore extra di giorni di fila. Il controllo sul proprio lavoro appartiene al dipendente, cioè dove l'appaltatore è spesso il suo cliente e non il suo capo.
Il datore di lavoro, considerato quindi quasi una sorta di cliente che riceve servizi, non ha più bisogno di preoccuparsi di offrire le condizioni e il tempo necessari per il lavoro, semplicemente si deve preocupare del risultato atteso entro il periodo concordato, perchè anche lui avrá un contratto con un cliente e cosí via. Il risultato di questo lavoro comprende anche un processo costruttivo, cioè un processo concomitante di costruzione del prodotto e apprendimento simultaneo. Questa costruzione di un prodotto per mezzo di un apprendistato ed invenzione continua contiene essa stessa un know-how che può o non, essere trasmesso al compratore-capo-cliente, ma sarà sempre loro lo sfruttamento del risultato. Il plusvalore, in questo modo diventa esponenziale. È molto comune calcolare il costo di un dipendente, ma molto raro calcolare il profitto che un dipendente genera. Un dipendente delle grandi aziende GAFAM genera quanto di profitti per queste società? Secondo De Masi, “You Tube, quando venne comprata da Google per 1,65 miliardi, aveva solo 65 dipendenti che, quindi, valevano 25 miglioni ciascuno. Facendo un calcolo analogo, un dipendente di Facebook vale anch’egli 25 milioni, quello di Apple 7 milioni, quello di Google 6, quello di Microsoft 2,5 e quello di Amazon 2. Quando poi Zuckebberg comprò WhatsApp per 19 milioni di dollari, ognuno dei 55 dipendenti valeva 345 milioni di dollari. Il giochino Candy Crush per smartphone della King Digital Entertrainment con i suoi seicento dipendenti è arrivato a valere quanto la Finmeccanica, que ha 75.000 dipendenti.”
Il lavoro tradizionale, e perciò anche l’esercito industriale di riserva tradizionale, attende comandi, ordini, aspetta che gli venga detto cosa, quando, come e dove fare questo o quello.
Già il lavoro del futuro sará sempre di piú tecnologico. E tanto più qualificato quanto più riesce ad aggiungere creativitá all’impiego o alla creazione delle tecnologie. La creatività non è qualcosa che si possa imparare da un’altra persona. L'esercito di riserva del lavoro del futuro, ha nell'operaio il proprio carnefice e sarà preparato e disponibile ad autosfruttarsi un giorno e l'altro, senza tregua, fino al raggiungimento del risultato voluto dal suo cliente . Il transito da un esercito all'altro è la preoccupazione dell'attuale capitalismo. Questo è forse il motivo per cui si parla così tanto di occupabilità, transizione ed redditto di cittadinanza.
E sebbene il livello di istruzione più elevato aumenti le opportunità di lavoro formale, questo sarà vantaggioso quando il rapporto tra il risultato del lavoro e il plusvalore è esponenziale. Altrimenti, meglio essere un cliente del potenziale dipendente. Sarebbe un ritorno al contrato civile di servizi, quelo di prima del diritto del lavoro?
L'alterazione del profilo di questo esercito di riserva deve essere accentuata quanto più si riduce l'occupazione non tecnologica e quanto più aumentano le richieste di qualifiche, creatività e abilità, la cui acquisizione dipende di fattore diversi dalla conoscenza tradizionale.
Aquisire il “capitale sociale” è sempre stato molto importante in qualsiasi società per accedere alle opportunità di lavoro. Peró adesso ancora di piú. Questo capitale proviene del “capitale culturale” , dalle abitudini coltivate in casa, come lo studio e la lettura, dalle relazioni sociali in occasione di eventi festivi, che finiscono per portare alla conoscenza di persone che possono aprire le porte al mercato del lavoro. Il capitale sociale è responsabile, in larga misura, dell'immobilità delle classi sociali. In questo quadro, la teoria della scolarizzazione o dell'occupabilità non è più sufficiente se una certa classe è più facilmente in grado di ottenere opportunità di un'altra.
L'opportunità per un lavoratore adulto di rimanere competitivo nell'esercito di riserva industriale è discutibile, poiché se non è originario dell'autosfruttamento e non sa cosa fare del suo tempo nella leadership autodidatta, difficilmente competerà con i voraci e i giovani concorrenti, cresciuti in questa cultura dell'autosfruttamento del lavoro e di Internet. In effetti, questa stessa Internet per la quale tutti gli utenti lavorano, direttamente o indirettamente. Si potrebbe fare uno studio per inserire i consumatori nel ruolo dei precari, poiché chi entra in rete lavora già per qualcuno, anche se non lo sa .
La questione cruciale, quindi, è sapere come organizzare questo contingente di lavoratori con il profilo desiderato dal capitalismo di oggi, per il suo futuro. Una classe operaia che si autosfrutta non pensa ancora ad organizzarsi.
Infine, nessuno sa come viene impartita la formazione della qualificazione continua. Studiare non è naturale. Fino a poco tempo fa, gli studi si concludevano con la laurea. Oggi la laurea è solo uno degli infiniti gradini da salire. È una salita burrascosa e ardua, anche perché non si tratta semplicemente di conoscenze trasferite da terzi, ma sviluppate dallo stesso apprendista, per la sua capacità di sviluppare le proprie qualifiche, poiché avere abilità implica praticare una serie di controlli fisici e mentali finchè non vengono automaticamente assimilati dal cervello e diventino parte del soggetto. Questo è ciò che viene chiamato "allenare il cervello". Così come ci sono molte persone che vanno sempre in palestra per allenare i muscoli, il cervello ha bisogno di essere allenato a comportarsi in questo nuovo modo. Ma allenare il cervello richiede molte ore e non genera gli ormoni del piacere che lo sforzo fisico può fornire. Trovare il modo per allenare il cervello con piacere sarà la chiave per assorbire sempre più abilità.
Resta da notare che questa formazione si svolgerà per tutta la vita e non sarà necessariamente intorno alla stessa carriera, tanto più se il mercato del lavoro impone un diverso tipo di abilità in ogni momento. La definizione di questa carriera è più complicata e con essa la definizione del proprio essere. Le qualifiche si acquistano o dentro di ogni azienda dove si lavora, o como stage o apprendistato, o sviluppando abilità necessarie per presentarse ad un specifico lavoro. Ci sono, infatti, specialisti molto ricercati per aiutare a ottenere lavoro: i coaching . Tra i corsi offerte sul web si possono trovare quegli con maggiore probabilità di impatto sul futuro del lavoro sui seguenti perni: cambiamento tecnologico, globalizzazione, cambiamento demografico, sostenibilità ambientale, urbanizzazione, crescente disuguaglianza e incertezza politica.

 

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