Testo integrale con note e bibliografia
Dunque, l’introduzione del salario minimo legale sembra avvicinarsi.
Infatti, dopo il via libera della Commissione, anche il Consiglio dell’Unione europea ha dato il suo benestare alla proposta presentata dai ministri Ue del Lavoro e delle Politiche sociali, che mira a garantire una retribuzione equa del lavoro e un tenore di vita dignitoso.
1. Il salario minimo in Europa
Il salario minimo legale è un istituto che esiste in ventuno Paesi dell’Unione europea su ventisette, che hanno un sistema legale di fissazione dei minimi retributivi. Alla più antica tradizione francese risalente al 1950 dello SMIG, si sono uniti altri Stati introducendo il salario minimo per legge, da ultima la Germania con la legge approvata nel 2014, tema affrontato nel novembre 2017, a Göteborg in Svezia, dove i capi di Stato e premier dei paesi aderenti all’Ue hanno discusso di “Europa sociale” e di contrasto al dumping sociale.
L’Unione europea, anche a seguito della pandemia, sembra liberarsi del dogma dell’austerity e del rigorismo, per percorrere la strada dell’Europa sociale , partendo dalla promozione di livelli adeguati di salari minimi, sostenendo la contrattazione collettiva e migliorando l’accesso effettivo alla protezione sociale dei lavoratori , come, su di un altro versante, si muove l’ipotesi di direttiva che inquadra i rider e, più in generale, i lavoratori in piattaforma, nel perimetro del lavoro subordinato.
2. Lo studio dell’INPS sui salari
Nel nostro Paese, sul tema, il presidente dell’INPS ha formulato di recente una proposta, fondata su di uno studio dell’istituto sui salari: su una platea di oltre 5 milioni di lavoratori dipendenti sulla base delle dichiarazioni contributive dell’ottobre 2017 (lavoratori che hanno lavorato a full time per tutto il mese) il 22% dei lavoratori del settore privato (eccezion fatta per i settori agricolo e domestico), si trova sotto una soglia di retribuzione oraria lorda di 9 euro. Sulla base di queste stime una platea del 9% è al di sotto anche degli 8 euro di salario orario; il 40% della platea si pone sotto 10 euro.
3. Il salario minimo legale in Italia
Alla luce di questi dati il salario minimo legale appare vieppiù necessario nel nostro Paese , in quanto finalizzato a garantire a tutti i lavoratori italiani un minimo salariale inderogabile, prevedendo anche che la copertura riguardi quelle figure di lavoro che non rientrano nella nozione tradizionale di subordinazione e che subiscono gravi fenomeni di sfruttamento e che sono, quindi, meritevoli di tutele sul piano retributivo oltre che su quelli della sicurezza sul lavoro e sul welfare.
A fronte dell’introduzione del salario minimo legale i sindacati confederali hanno sempre alzato gli scudi e qualche esponente ha affermato lapidariamente ”fateci fare il nostro mestiere”, sottintendendo che devono essere i contratti collettivi da loro sottoscritti a garantire i minimi salariali, senza però, alcuna motivazione giuridica considerata l’inesistenza di riserve di competenza fra legge e contratto, in quanto destinatari di un medesimo sostegno costituzionale, con l’esclusione che i rapporti fra le fonti si possano definire sulla base di schematiche delimitazioni di sfere di intervento.
Niente autorizza a sostenere che l’intervento legislativo debba operare solo in via sussidiaria alla contrattazione, secondo la configurazione tradizionale della normativa sui minimi, cioè limitatamente alle categorie dove i salari siano eccezionalmente bassi per l’assenza o per la particolare debolezza della contrattazione e che, comunque, se la grande parte del lavoro subordinato è formalmente coperta dall’autonomia collettiva, un’area significativa ne è esclusa proprio per la pratica del dumping sociale, specie nel Mezzogiorno e a danno delle donne e degli immigrati.
4. L’efficacia erga omnes dei contratti collettivi
D’altronde, se non si ritiene sufficiente la fissazione di minimi salariali per legge, che è invero coerente con la previsione dell’art. 36 della Costituzione , allora si segua l’indicazione dell’Unione europea di conferire alla contrattazione collettiva efficacia generale, senza però il richiamo ad ordinamenti intersindacali che in realtà sottintende la difesa di vecchi monopoli rappresentativi, attraverso il richiamo alla nozione del “sindacato comparativamente rappresentativo”, non rispondenti al diffuso pluralismo sindacale e dell’associazionismo datoriale, ma attraverso una legge di attuazione dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 39 della nostra Carta fondamentale , ovviamente attraverso il diritto vivente .