Testo integrale con note e bibliografia
1. Introduzione
L’impiego delle nuove tecnologie e la digitalizzazione sta cambiando in profondità l’organizzazione produttiva e di mercato nonché il modo stesso di lavorare, mettendo in discussione concetti giuridici consolidati per descrivere i sistemi produttivi ed i rapporti di lavoro.
Il 9 dicembre 2021, la Commissione europea ha pubblicato la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali .
La Commissione evidenzia come siano stimate in oltre 28 milioni le persone nell'UE che già lavorano attraverso piattaforme di lavoro digitali e nel 2025 il numero dovrebbe raggiungere i 43 milioni (9 piattaforme su 10 classificano i loro lavoratori come autonomi). Secondo stime della Commissione fino a 5,5 milioni di lavoratori potrebbero essere a rischio di errata classificazione occupazionale, e di conseguenza scarsamente tutelati.
Le forme di lavoro su piattaforme digitali riguardano sia attività dell’economia reale, come ad esempio servizi di trasporto a chiamata, consegna di merci, servizi di pulizia o di assistenza, sia attività esclusivamente on line, quali la codifica di dati, la traduzione o il disegn.
Il lavoro su piattaforma digitale vede una forte eterogeneità dei lavoratori coinvolti, con interessi differenziati a seconda se l'attività tramite piattaforma digitale sia unica o prevalente, oppure, viceversa, secondaria.
Da una recente indagine dell’INAPP i lavoratori su piattaforma digitale in Italia sono circa 570.000, di cui circa 274.000 lo svolgono come principale attività, 139.000 come attività secondaria, e 157.000 in via occasionale .
Nel nostro paese l’attenzione fino ad oggi si è concentrata prevalentemente sulla attività di consegna di cibo a domicilio nei centri urbani (cd. riders; secondo Assodelivery, associazione datoriale che rappresenta in Italia le maggiori imprese del settore, sono circa 30.000 i riders che prestano tele attività, prevalentemente con un contratto di lavoro autonomo), ma il fenomeno del lavoro tramite piattaforme digitali è assai più ampio e merita di essere regolato.
2. La proposta di direttiva: innovazioni e limiti
Tra le disposizioni contenute nella proposta di direttiva relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali, che si articola in 24 articoli e 6 capi, ci concentreremo in questa sede su quelle volte a garantire la corretta determinazione della situazione occupazionale (capo II) e su quelle volte a promuovere la trasparenza, l’equità e la responsabilità nella gestione algoritmica (capo III), con particolare riferimento ai profili legati alla salute e sicurezza.
La presunzione legale di subordinazione
Per assicurare la corretta determinazione della situazione occupazionale si prevede l’introduzione di una presunzione legale di rapporto di lavoro subordinato per le persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali, in presenza di determinati elementi (art. 4) , con possibilità peraltro di confutare tale presunzione in sede giudiziaria e amministrativa sia da parte della piattaforma di lavoro digitale sia da parte dello stesso lavoratore (art. 5).
Attraverso tale meccanismo si vengono dunque ad estendere alle persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali le tutele proprie del lavoro subordinato.
E’ da evidenziare che, diversamente dalla relazione di accompagnamento e dai considerando, in cui si parla espressamente di “subordinazione” e di “lavoratori subordinati” , nel testo della proposta di direttiva il riferimento è più genericamente al “contratto di lavoro” o al “rapporto di lavoro quali definiti dal diritto, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore negli Stati membri, tenuto conto della giurisprudenza della Corte di Giustizia” . D’altro lato si precisa che la determinazione dell’esistenza di un rapporto di lavoro deve basarsi principalmente “sui fatti relativi all’effettiva esecuzione del lavoro, tenuto conto dell’uso di algoritmi nell’organizzazione del lavoro mediante piattaforme digitali, indipendentemente dal modo in cui il rapporto è classificato in un eventuale accordo contrattuale tra le parti interessate” (art. 3, par. 2), secondo peraltro il principio dell’ indisponibilità del tipo negoziale da tempo affermato nel nostro ordinamento (a partire da Corte cost. 31 marzo 1994, n. 115).
Al di là di capire se l’insieme degli indici presuntivi sopra menzionati, ulteriori rispetto al solo elemento della etero-direzione, comporti o meno una evoluzione più inclusiva della nozione di subordinazione, secondo i principi indicati dalla Corte di Giustizia , rimane il fatto che la presunzione legale può risultare utile per garantire la protezione dei diritti dei lavoratori erroneamente o abusivamente qualificati come autonomi. Restano tuttavia escluse tutte quelle fattispecie intermedie o attività di lavoro genuinamente autonomo, non estranee a situazioni di sfruttamento o di auto-sfruttamento, che necessitano anch’esse di tutela, quanto meno sul piano dei diritti fondamentali. Al riguardo si è osservato come tale dicotomia tra subordinati e “altri” sembri “poco coerente non solo con molte scelte nazionali che offrono, almeno in certi settori come il food delivery o la logistica, alcune protezioni ad hoc ma anche con lo spirito del Pilastro sociale che guarda invece ad una ricomposizione del sistema delle tutele, anche di quelle welfaristiche, in chiave universalistica” .
Su questo aspetto, tranne quanto diremo più avanti circa i diritti di trasparenza algoritmica, purtroppo la proposta di direttiva non interviene.
In Italia per quanto riguarda le collaborazioni coordinate e continuative una protezione è prevista relativamente a maternità, congedi parentali, indennità di disoccupazione, sicurezza sul lavoro; molto meno per quanto riguarda le politiche attive e la previdenza. Quasi del tutto assente è invece la tutela per le collaborazioni occasionali.
D’altro lato la logica a cui si ispira la proposta di direttiva sembra essere quella di assicurare una protezione prevalentemente di tipo individuale, sia con riguardo al riconoscimento sul piano giudiziario e amministrativo di diritti connessi alla qualifica di lavoro subordinato, sia laddove si stabiliscano, come vedremo, diritti di informazione e di trasparenza relativi a sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati basati su algoritmi.
La presunzione legale, operando solo nel contesto giudiziale (o amministrativo), presuppone peraltro l’instaurazione di un processo tra lavoratore e piattaforma digitale, con i tempi lunghi che ciò comporta; sarà peraltro difficile che il semplice lavoratore (pur con il sostegno di suoi rappresentanti, cfr. art. 14) possa rapportarsi direttamente con le multinazionali proprietarie delle piattaforme digitali per far valere i propri diritti.
La gestione algoritmica dei rapporti di lavoro
Più moderna ed innovativa è la parte, contenuta nel capo III sulla gestione algoritmica dei rapporti di lavoro.
In raccordo con la disciplina posta dal regolamento UE 2016/679 sulla protezione dei dati personali e fatto salvo quanto stabilita dalla direttiva (UE) 2019/1152, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea , si stabilisce innanzitutto l’obbligo per le piattaforme di lavoro digitali di informare i lavoratori in merito alle caratteristiche dei sistemi automatizzati utilizzati per monitorare, supervisionare o valutare l’esecuzione del lavoro nonché per prendere o sostenere decisioni che incidano significativamente sulle condizioni di lavoro dei lavoratori delle piattaforme digitali .
Si specifica inoltre la forma ed il momento in cui tali informazioni devono essere fornite, dovendo essere messe a disposizione, su richiesta, anche delle autorità nazionali del lavoro e dei rappresentanti dei lavoratori delle piattaforme digitali. Non si devono peraltro trattare dati personali che non siano strettamente necessari all’esecuzione del contratto di lavoro (art. 6).
Si prevede poi un monitoraggio umano ed una valutazione periodica dell’impatto delle decisioni prese o sostenute dai sistemi automatizzati sulle condizioni di lavoro, con particolare riguardo ai rischi per la sicurezza e la salute, fisica e mentale, dei lavoratori delle piattaforme digitali (art. 7).
I lavoratori delle piattaforme digitali hanno altresì diritto ad ottenere una spiegazione da parte delle piattaforme digitali in merito alle decisioni prese o sostenute dai sistemi automatizzati che incidano significativamente sulle loro condizioni di lavoro, quali ad esempio quelle di limitare, sospendere o chiudere l’account del lavoratore o di non retribuire il lavoro svolto. In particolare ai lavoratori delle piattaforme digitali deve essere garantita la possibilità di rivolgersi ad una persona di contatto designata dalla piattaforma di lavoro digitale per discutere e chiarire i fatti, le circostanze e i motivi di tale decisione, con diritto, qualora la spiegazione non sia soddisfacente o si ritengano violati i propri diritti, di chiedere un riesame (art. 8). La previsione viene ad interessare una delle questioni più frequenti, legate alla mancata trasparenza circa l’esclusione dei lavoratori dall’utilizzo delle piattaforme, che il diritto al contraddittorio potrebbe contribuire a risolvere .
Sul piano della tutela collettiva si richiede alle piattaforme di lavoro digitali di informare e consultare i rappresentanti dei lavoratori (da intendere come le organizzazioni sindacali ?) , o, in loro mancanza, i lavoratori stessi, riguardo i meccanismi decisionali algoritmici alla base delle piattaforme, in particolare qualora si intendano introdurre nuovi sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati o apportare modifiche sostanziali a tali sistemi. Stante la complessità della materia, i rappresentanti dei lavoratori o i lavoratori delle piattaforme interessati possono farsi assistere da un esperto, di loro scelta (a spese della piattaforma di lavoro digitale qualora questa conti più di 500 lavoratori in uno Stato membro) (art. 9).
Si precisa infine che gli obblighi concernenti l’informazione, il monitoraggio ed il riesame umano di decisioni significative, si applicano, tranne che per le disposizioni in materia di salute e sicurezza, anche alle “persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali e che non hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro” (art. 10) .
La disciplina sommariamente esposta si presta ad alcune considerazioni.
La limitata apertura in materia di informazione e consultazione delle rappresentanze dei lavoratori andrebbe più ampiamente sviluppata prevedendo un pieno riconoscimento delle organizzazioni sindacali relativamente all’introduzione e all’utilizzo dei sistemi di decisione o di monitoraggio. Oltre a rafforzare le tutele del rapporto individuale di lavoro occorre infatti intervenire “a monte”, cioè nella fase di predisposizione e di successivo controllo dei sistemi di decisione e monitoraggio automatizzati che hanno effetti sulle condizioni di lavoro.
Sul punto, come ben evidenziato dal Cnel , che richiama tra l’altro quanto disposto dall’Accordo quadro europeo sul lavoro digitale del 2020, “manca…una prospettiva di supporto affidata alla contrattazione collettiva e alla partecipazione strategica nella materia delle piattaforme” digitali. Quanto meno, a nostro avviso, si potrebbe valorizzare una partecipazione organizzativa, prevedendo sedi e momenti di esame congiunto (impresa/rappresentanti sindacali), al fine di migliorare l’impatto delle tecnologie digitali sulla qualità del lavoro e sulla competitività delle imprese.
Più propriamente si è sottolineato come serva “un cambiamento di approccio, volto ad integrare -se non sostituire- le norme imperative statiche con procedure partecipative dinamiche, in grado di verificare in anticipo i criteri di funzionamento degli strumenti digitali al fine di accertare che essi non ledano interessi e diritti fondamentali dei lavoratori” .
Del resto tale nuovo approccio dovrebbe valere non solo per le persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali, ma più in generale anche per i lavoratori che operano all’interno di aziende, dove le funzioni di supervisione e controllo non sono più effettuate da persone fisiche ma da sistemi automatizzati basati su algoritmi .
La salute e sicurezza
Si è detto come le piattaforme di lavoro digitali debbano valutare i rischi dei sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati per la sicurezza e la salute dei lavoratori delle piattaforme digitali e garantire altresì che tali sistemi non esercitino in alcun modo una pressione indebita sui lavoratori o mettano altrimenti a rischio la loro salute fisica e mentale .
Tali disposizioni non si applicano tuttavia alle “persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali e che non hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro” (art. 10, par. 1). L’espressione è riferibile solo in senso atecnico ai lavoratori autonomi , dal momento che alla base di una prestazione di lavoro autonomo vi è comunque un contratto.
Tutto ciò sul presupposto che le direttive comunitarie in materia di salute e sicurezza del lavoro riguardino il solo lavoro subordinato .
L’interpretazione è assai opinabile , alla luce in primo luogo della definizione di “lavoratore”, di cui all’art. 3, lett. a), della direttiva-quadro n. 89/391/CEE, che si applica a “qualsiasi persona impiegata da un datore di lavoro, compresi i tirocinanti e gli apprendisti, ad esclusione dei domestici”. Per la protezione della salute e della sicurezza sul lavoro dei lavoratori autonomi si veda anche la raccomandazione del Consiglio europeo del 18 febbraio 2003, n. 2003/134/CEE.
E’ da sottolineare peraltro che tale esclusione pare del tutto ingiustificata. Specie per i lavoratori in cui l’attività su piattaforma digitale rappresenti la principale fonte di guadagno, l’instabilità economica spesso genera una sorta di “circolo vizioso”, che si estende alle altre condizioni di lavoro fino a comprendere anche i profili legati alla salute e sicurezza . La preoccupazione di trovare nuove occasioni di lavoro ha effetti diretti sul benessere psico-fisico del lavoratore. I lavoratori potrebbero inoltre essere portati a ridurre i costi per le strumentazioni da utilizzare, esponendosi di conseguenza a maggiori rischi. D’altro lato la mancanza di limiti massimi di orario e la variabilità dei tempi di lavoro possono spingere verso un “auto-sfruttamento”, per eccesso di lavoro, con ricadute per la salute del lavoratore, oltre che sulla sicurezza dei clienti e dei terzi.
Nel nostro ordinamento sul piano dei soggetti tutelati, il d. lgs. n. 81/2008 e s. m. i. contiene, come noto, una nozione ampia di “lavoratore” , estendendo, tra l’altro, la sua applicazione anche alle collaborazioni coordinate e continuative, qualora la prestazione di lavoro si svolga nei luoghi di lavoro del committente (art. 3, comma 7) ed, almeno in parte, al lavoro autonomo (artt. 21 e 26).
Con specifico riferimento ai lavoratori delle piattaforme digitali la legge n. 128/2019 da un lato ricomprende espressamente nell’area delle collaborazioni etero-organizzate, con applicazione della disciplina del lavoro subordinato, tutte le prestazioni che presentino i caratteri richiesti realizzate mediante piattaforme anche digitali, dall’altro introduce livelli minimi di tutela, con specifico riguardo, tra l’altro, alla salute e sicurezza ed alla copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, per “i lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore….attraverso piattaforme anche digitali” (art. 47-bis, comma 1, d. lgs. n. 81/2015).
Con riguardo a quest’ultimi l’art. 47-septies, comma 3, stabilisce che “il committente che utilizza la piattaforma anche digitale è tenuto nei confronti dei lavoratori di cui al comma 1, a propria cura e spese, al rispetto del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”. Come evidenziato da una parte della giurisprudenza il rinvio al d. lgs. n. 81/2008, contenuto nel comma 3, dell’art. 47-septies “non potrebbe considerarsi circoscritto alla sola tutela accordata per i lavoratori autonomi contenuta negli artt. 21 e 26 del d. lgs. n. 81/2008” perché se così fosse “la norma risulterebbe inutile e, soprattutto, contraria alla stessa espressa esigenza della legge di assicurare ai lavoratori “livelli minimi di tutela” in un’ottica di rafforzamento della tutela degli stessi” .
Pertanto anche a tali lavoratori dovranno essere assicurate, pur con i necessari adattamenti, anche le altre tutele previste dal d. lgs. n. 81/2008 .
L’organizzazione aziendale sottostante la piattaforma digitale così come stabilisce le regole d’ingaggio, predetermina le consegne e fissa i prezzi, deve di conseguenza anche valutare in via preliminare i rischi per la salute e la sicurezza che tale attività comporta per i lavoratori, secondo quanto disposto dall’art. 28, comma 1, d. .lgs. n. 81/2008. La valutazione dei rischi viene infatti ad interessare tutte le persone di cui si avvale l’organizzazione aziendale, a prescindere dalla natura del rapporto di lavoro.
Per tale valutazione dovrà prendersi in considerazione l’organizzazione dei turni di lavoro ed i tempi di consegna, tramite anche la determinazione di una retribuzione minima oraria, al fine di evitare che un compenso esclusivamente a cottimo possa esporre i lavoratori a maggiori rischi.
Già oggi le piattaforme digitali che operano nel campo della distribuzione alimentare forniscono ai propri ciclo-fattorini un kit, che di norma comprende dispositivi di protezione individuale (casco, giubbotto ecc..) contro urti e cadute nonché l’attrezzatura per il trasporto del cibo. Lo stesso può affermarsi per i requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro (biciclette) e la loro manutenzione.
Altro profilo da considerare, ma non per questo di minor rilevanza, è quello della rappresentanza dei lavoratori, anche in materia di sicurezza. Dal momento che la nozione di lavoratore contemplata nel d.lgs. n. 81/2008, come detto, è assai ampia, e non necessariamente ancorata ad un rapporto di lavoro subordinato, è da ritenere che anche i ciclo-fattorini debbano potersi avvalere di propri Rls. Circa le modalità di elezione/designazione e di esercizio delle funzioni, ferma restando l’applicazione della disciplina generale, contenuta negli articoli 47/50, d. lgs. n. 81/2008, sarà opportuna una regolamentazione specifica, da affidare alla contrattazione collettiva, secondo quanto disposto dallo stesso decreto. La forma di rappresentanza territoriale pare essere quella più adatta al tipo di attività considerata. Molte funzioni sindacali potranno d’altro lato essere svolte in forma digitale (ad esempio: assemblee, informative, bacheca elettronica).
Si tratta dunque di definire un sistema di tutele e di rappresentanza per le nuove forme di lavoro connesse alla digitalizzazione, che abbiano, tra l’altro, specifico riguardo alla salute e sicurezza del lavoro.
3. I lavoratori delle piattaforme digitali tra tutele individuali e tutele collettive
In tale contesto occorre domandarsi come rappresentare, sul piano collettivo, le nuove forme di lavoro connesse alla digitalizzazione.
Un primo possibile intervento è quello di una maggiore presenza delle organizzazioni sindacali sulle reti informatiche. L’esperienza internazionale mostra l’importanza delle azioni di supporto ai lavoratori che operano su piattaforma digitale (si pensi ad esempio alle attività poste in essere negli Stati Uniti dalla Freelancer’s Union e da Peers, volte a rendere accessibili alcuni benefit collegati allo status di lavoratore dipendente o ad agevolare la ricerca di lavoro; si veda anche la piattaforma Dinamo per sostenere i partecipanti a Amazon Mechanical Turk, il portale di Amazon che utilizza il crowdsourcing come modalità di incontro tra domanda ed offerta di lavoro) . Analoghe iniziative si stanno diffondendo anche in Europa (IG Metal, il sindacato tedesco della metallurgia e della elettronica, ha creato un’apposita piattaforma sindacale – FairCrowdWork Watch- per il controllo del lavoro sul web; in Francia la Cfdt F3C, che organizza i lavoratori dell’informatica e i quadri in diversi settori, ha lanciato un’iniziativa per la creazione di una piattaforma sindacale per freelance e lavoratori indipendenti, proponendo servizi quali copertura assicurativa, previdenziale, sanitaria e consulenza giuridica) .
Di rilievo può inoltre essere un intervento sugli aspetti reputazionali delle imprese. In tal senso è l’esperienza statunitense del National Day Laborer Organizing Network (NDLON, rete organizzativa nazionale dei lavoratori giornalieri), diffuso in numerosi Stati, con gruppo centrale in California, che fornisce ai lavoratori temporanei le informazioni necessarie per distinguere tra “buoni” e “cattivi” datori di lavoro, indirizzandoli verso quelli che offrano condizioni retributive e normative migliori. A forme di accreditamento delle piattaforme che rispettino determinati criteri sociali si ispira anche l’azione di FairCrowdWork Watch.
Si è tuttavia messo in evidenza come i modelli organizzativi più interessanti di rappresentanza dei lavoratori del web siano quelli capaci di abbinare le potenzialità di internet con la predisposizione di una rete di servizi di assistenza a livello territoriale .
Ancor più il diritto del lavoro è chiamato ad individuare nuove categorie interpretative e strumenti operativi per assicurare ai lavoratori digitali un’occupazione dignitosa, e ciò a partire dalle tutele fondamentali concernenti il corrispettivo della prestazione, il riposo minimo giornaliero, il rispetto della privacy, la salute mentale, la sicurezza sociale, dando concreta attuazione ai principi costituzionali (in particolare l’art. 35, comma 1, della Cost. sulla “tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni”). In tale ambito connotati di forte attualità viene ad assumere il dovere di sicurezza di cui all’art. 2087, c.c., soprattutto nella parte relativa alla tutela della “personalità morale” del lavoratore, la cui portata si estende oltre i confini del lavoro subordinato , ponendosi come condizione per il legittimo svolgersi dell’iniziativa economica privata.
Parte della dottrina ha peraltro invocato, in alternativa alla incerta protezione lavoristica, la disciplina di tutela del consumatore, osservando come accanto ai diritti della persona, a partire da quello della salute, “altri diritti riconosciuti come “fondamentali” nel rapporto di consumo potrebbero acquistare un particolare rilievo per il lavoratore digitale: come la pretesa a un’adeguata informazione sui contenuti dello scambio e il rispetto delle regole di “correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali” . Il lavoratore digitale, al pari del consumatore, si trova infatti ad essere destinatario di condizioni contrattuali già definite e unilateralmente predisposte. Ulteriori garanzie derivano peraltro, in un’ottica multisciplinare, dalla normativa (europea ed italiana) sulla protezione dei dati personali e sulla proprietà intellettuale.
Un diverso approccio, più pragmatico, è infine quello di affrontare la questione “dalla parte delle tutele” piuttosto che della qualificazione del rapporto (di lavoro subordinato, autonomo o parasubordinato), attraverso una modulazione delle stesse, richiamando la proposta di Statuto dei lavori , solo in parte realizzata nel nostro Paese con la “legge Biagi”, del 2003. In merito si tratterebbe di distinguere tra un nucleo essenziale di diritti inderogabili, di specificazione di principi internazionali e costituzionali, applicabili a tutte le forme di prestazione rese a favore di terzi, e diritti, più limitati, a favore dei soli lavoratori subordinati. Oltre alla soglia minima di tutela ampio spazio dovrebbe peraltro essere attribuito all’autonomia collettiva e individuale. A ciò dovrebbe accompagnarsi un corrispondente riassetto delle prestazioni previdenziali.
La stessa contrattazione collettiva nazionale, per determinati comparti, potrebbe prevedere sezioni differenziate per lavoratori subordinati, per le collaborazioni coordinate e continuative e finanche per il lavoro autonomo.
In conclusione una nuova stagione di tutele fondamentali, da sostenere anche per via contrattuale, una maggiore presenza delle organizzazioni di rappresentanza collettiva sulle piattaforme digitali, insieme ad una diffusa rete di servizi di assistenza a livello territoriale, rappresentano le principali linee di intervento a sostegno dei lavoratori dell’era della digitalizzazione.