Grande Sezione del 2 marzo 2021, causa C-824/18, avente ad oggetto la controversia tra A.B., C.D., E.F., G.H. e I.J. e la Krajowa Rada Sądownictwa (Consiglio nazionale della magistratura, Polonia) (la «KRS») in merito a delibere con le quali quest’ultima ha deciso di non proporre al presidente della Repubblica di Polonia la nomina degli interessati a posti di giudice presso il Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia) e di proporre la nomina di altri candidati a tali posti.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia).
Rinvio pregiudiziale – Articolo 2 e articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE – Stato di diritto – Tutela giurisdizionale effettiva – Principio dell’indipendenza dei giudici – Procedura di nomina a un posto di giudice al Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia) – Nomina da parte del presidente della Repubblica di Polonia sulla base di una delibera emessa dal Consiglio nazionale della magistratura – Mancanza d’indipendenza di tale Consiglio – Mancanza di effettività del ricorso giurisdizionale esperibile avverso una simile delibera – Sentenza del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale, Polonia) che abroga la disposizione su cui si fonda la competenza del giudice del rinvio – Adozione di una normativa che dispone un non luogo ipso iure a provvedere in cause pendenti e che esclude per il futuro qualsiasi ricorso giurisdizionale in simili cause – Articolo 267 TFUE – Facoltà e/o obbligo per i giudici nazionali di procedere a un rinvio pregiudiziale e di mantenerlo – Articolo 4, paragrafo 3, TUE – Principio di leale cooperazione – Primato del diritto dell’Unione – Potere di disapplicare le disposizioni nazionali non conformi al diritto dell’Unione.
1) In presenza di modifiche dell’ordinamento giuridico nazionale che, in primo luogo, privano un giudice nazionale della propria competenza a decidere in prima e ultima istanza su ricorsi proposti da candidati a posti di giudice presso un organo giurisdizionale come il Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia) avverso le decisioni con cui un organo come la Krajowa Rada Sądownictwa (Consiglio nazionale della magistratura, Polonia) non ha presentato la loro candidatura, ma ha sottoposto quella di altri candidati al Presidente della Repubblica di Polonia in vista della nomina a tali posti, che, in secondo luogo, dispongono un non luogo ipso iure a provvedere su detti ricorsi quando essi sono ancora pendenti, escludendo la prosecuzione dell’esame dei medesimi o la possibilità di riproporli, e che, in terzo luogo, così facendo, privano tale giudice nazionale della possibilità di ottenere una risposta alle questioni pregiudiziali da esso sottoposte alla Corte:
– l’articolo 267 TFUE e l’articolo 4, paragrafo 3, TUE devono essere interpretati nel senso che essi ostano a modifiche siffatte qualora risulti – circostanza che spetta al giudice del rinvio valutare sulla base dell’insieme degli elementi pertinenti – che tali modifiche hanno avuto lo specifico effetto di impedire alla Corte di pronunciarsi su questioni pregiudiziali come quelle che le sono state sottoposte da tale giudice e di escludere qualsiasi possibilità che un giudice nazionale ripresenti in futuro questioni analoghe;
– l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE dev’essere interpretato nel senso che esso osta a modifiche siffatte qualora risulti – circostanza che spetta al giudice del rinvio valutare sulla base dell’insieme degli elementi pertinenti – che tali modifiche sono idonee a suscitare dubbi legittimi nei singoli quanto all’impermeabilità dei giudici nominati dal presidente della Repubblica di Polonia, sulla base delle suddette decisioni della Krajowa Rada Sądownictwa (Consiglio nazionale della magistratura), rispetto a elementi esterni, in particolare rispetto a influenze dirette o indirette dei poteri legislativo ed esecutivo, e quanto alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti, e possono quindi condurre a una mancanza di apparenza d’indipendenza o di imparzialità di detti giudici tale da ledere la fiducia che la giustizia deve ispirare ai singoli in una società democratica e in uno Stato di diritto.
In caso di accertata violazione di detti articoli, il principio del primato del diritto dell’Unione dev’essere interpretato nel senso che esso impone al giudice del rinvio di disapplicare le modifiche di cui trattasi, siano esse di origine legislativa o costituzionale, e di continuare, di conseguenza, ad esercitare la competenza, di cui era titolare, a pronunciarsi sulle controversie di cui era investito prima dell’intervento di tali modifiche.
2) L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a disposizioni che modificano lo stato del diritto nazionale in vigore e in forza delle quali:
– da un lato, nonostante la proposizione, da parte di un candidato ad un posto di giudice ad un organo come il Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia), di un ricorso avverso la decisione con cui un organo quale la Krajowa Rada Sądownictwa (Consiglio nazionale della magistratura, Polonia) non ha accolto la sua candidatura, ma ha presentato quella di altri candidati al presidente della Repubblica di Polonia, tale decisione ha carattere definitivo nella parte in cui presenta tali altri candidati, con la conseguenza che il suddetto ricorso non osta alla nomina di questi ultimi da parte del presidente della Repubblica di Polonia e che l’eventuale annullamento di detta decisione, nella parte in cui non ha presentato il ricorrente alla nomina, non può condurre a una nuova valutazione della situazione di quest’ultimo ai fini dell’eventuale attribuzione del posto interessato, e
– dall’altro lato, un simile ricorso non può fondarsi su un motivo vertente su un’erronea valutazione del rispetto, da parte dei candidati, dei criteri presi in considerazione in sede di adozione della decisione sulla presentazione della proposta di nomina,
qualora risulti – circostanza che spetta al giudice del rinvio valutare sulla base dell’insieme degli elementi pertinenti – che tali disposizioni sono idonee a suscitare dubbi legittimi nei singoli quanto all’impermeabilità dei giudici così nominati dal presidente della Repubblica di Polonia, sulla base delle decisioni di un organo quale la Krajowa Rada Sądownictwa (Consiglio nazionale della magistratura), rispetto a elementi esterni, in particolare rispetto a influenze dirette o indirette dei poteri legislativo ed esecutivo, e quanto alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti, e possono quindi condurre a una mancanza di apparenza d’indipendenza o di imparzialità di detti giudici tale da ledere la fiducia che la giustizia deve ispirare ai singoli in una società democratica e in uno Stato di diritto.
In caso di violazione accertata dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, il principio del primato del diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che esso impone al giudice del rinvio di disapplicare queste stesse disposizioni a favore dell’applicazione delle disposizioni nazionali precedentemente in vigore, e di esercitare, al contempo, esso stesso il controllo giurisdizionale previsto da queste ultime disposizioni.
Sentenza:
https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=238382&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=8553764
Conclusioni dell’Avvocato Generale:
https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=235732&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=8553764
Grande Sezione 20 aprile 2021, nella causa C 896/19, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Prim’Awla tal-Qorti Ċivili – Ġurisdizzjoni Kostituzzjonali (Prima Sezione del tribunale civile, in veste di giudice costituzionale, Malta), con decisione del 25 novembre 2019, pervenuta in cancelleria il 5 dicembre 2019, nel procedimento Repubblika contro Il-Prim Ministru, con l’intervento di WY
Rinvio pregiudiziale – Articolo 2 TUE – Valori dell’Unione europea – Stato di diritto – Articolo 49 TUE – Adesione all’Unione – Non regressione del livello di tutela dei valori dell’Unione – Tutela giurisdizionale effettiva – Articolo 19 TUE – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Ambito di applicazione – Indipendenza dei giudici di uno Stato membro – Procedura di nomina – Potere del Primo Ministro – Partecipazione di un Comitato per le nomine in magistratura.
1) L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE deve essere interpretato nel senso che esso è applicabile in una causa in cui un giudice nazionale sia investito di un ricorso previsto dal diritto nazionale e diretto a che tale giudice si pronunci sulla conformità al diritto dell’Unione di disposizioni nazionali che disciplinano la procedura di nomina dei giudici dello Stato membro cui detto giudice appartiene. Ai fini dell’interpretazione di tale disposizione, deve essere debitamente preso in considerazione l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
2) L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta a disposizioni nazionali che conferiscono al Primo ministro dello Stato membro interessato un potere decisivo nel processo di nomina dei giudici, prevedendo al contempo l’intervento, in tale processo, di un organo indipendente incaricato, segnatamente, di valutare i candidati ad un posto di giudice e di fornire un parere a tale Primo ministro.
Sentenza: https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=240084&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=9610378
Conclusioni dell’Avvocato Generale
Presentate il 17 dicembre 2020:
https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=235729&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=9610378
Terza Sezione 15 aprile 2021, causa C 511/19, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Areios Pagos (Corte di cassazione, Grecia), con decisione dell’11 giugno 2019, pervenuta in cancelleria il 4 luglio 2019, nel procedimento AB contro Olympiako Athlitiko Kentro Athinon – Spyros Louis
Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2000/78/CE – Principio di parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Divieto di discriminazione fondata sull’età – Lavoratori collocati in riserva di manodopera fino alla risoluzione del loro contratto di lavoro – Riduzione retributiva e riduzione o perdita dell’indennità di licenziamento – Regime applicabile ai lavoratori del settore pubblico prossimi al pensionamento a tasso intero – Riduzione delle spese retributive del settore pubblico – Articolo 6, paragrafo 1 – Finalità legittima di politica sociale – Situazione di crisi economica.
L’articolo 2 e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale in forza della quale i lavoratori del settore pubblico che soddisfano, nel corso di un determinato periodo, le condizioni per percepire una pensione a tasso intero sono collocati in un regime di riserva di manodopera fino alla risoluzione del loro contratto di lavoro, il che comporta una riduzione della loro retribuzione, una perdita del loro eventuale avanzamento di carriera, nonché una riduzione, o addirittura la soppressione, dell’indennità di licenziamento alla quale avrebbero avuto diritto al momento della cessazione del loro rapporto di lavoro, purché tale normativa persegua un giustificato obiettivo di politica del lavoro e i mezzi per il conseguimento di tale obiettivo siano appropriati e necessari.
Sentenza: https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=239889&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=9926458
Conclusioni dell’avvocato generale Jean Richard de la Tour, presentate il 19 novembre 2020: https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=233943&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=9926458
Sentenza della Corte del 25 febbraio 2021, causa C 129/20,
domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation du Grand-Duché de Luxembourg (Corte di cassazione del Granducato di Lussemburgo, Lussemburgo)
XI
contro
Caisse pour l’avenir des enfants,
Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2010/18/UE – Accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale – Normativa nazionale che subordina il riconoscimento del diritto al congedo parentale alla condizione di occupazione di un impiego e all’iscrizione obbligatoria a tale titolo del lavoratore al regime previdenziale pertinente alla data della nascita del figlio
Le clausole 1.1, 1.2 e 2.1, nonché la clausola 3.1, lettera b), dell’accordo quadro sul congedo parentale (riveduto), del 18 giugno 2009, che figura in allegato alla direttiva 2010/18/UE del Consiglio, dell’8 marzo 2010, che attua l’accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE, devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a una normativa nazionale che subordina il riconoscimento del diritto al congedo parentale alla condizione che il genitore interessato abbia occupato un impiego senza interruzione per un periodo di almeno dodici mesi immediatamente precedente l’inizio del congedo parentale. Per contro, dette clausole ostano a una normativa nazionale che subordina il riconoscimento del diritto al congedo parentale allo status di lavoratore del genitore al momento della nascita o dell’adozione del figlio
https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale&docid=238165&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=6428982#ctx1
Quarta Sezione dell’11 febbraio 2021
cause riunite C 407/19 e C 471/19
Katoen Natie Bulk Terminals NV,
General Services Antwerp NV
contro
Belgische Staat (C 407/19),
e
Middlegate Europe NV
contro
Ministerraad (C 471/19),
con l’intervento di:
Katoen Natie Bulk Terminals NV,
General Services Antwerp NV,
Koninklijk Verbond der Beheerders van Goederenstromen (KVBG) CVBA,
MVH Logistics en Stuwadoring BV,
Rinvio pregiudiziale – Articolo 45 TFUE – Libera circolazione dei lavoratori – Articolo 49 TFUE – Libertà di stabilimento – Articolo 56 TFUE – Libera prestazione dei servizi – Esercizio di attività portuali – Lavoratori portuali – Accesso alla professione e assunzione – Modalità di riconoscimento dei lavoratori portuali – Lavoratori portuali che non fanno parte del contingente di lavoratori previsto dalla normativa nazionale – Limitazione della durata del contratto di lavoro – Mobilità dei lavoratori portuali tra diverse zone portuali – Lavoratori che svolgono un lavoro logistico – Certificato di sicurezza – Motivi imperativi di interesse generale – Sicurezza nelle zone portuali – Tutela dei lavoratori – Proporzionalità
1) Gli articoli 49 e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che obbliga persone o imprese che intendano esercitare attività portuali in una zona portuale, comprese attività estranee al carico e allo scarico di navi in senso stretto, a ricorrere esclusivamente a lavoratori portuali riconosciuti come tali conformemente alle condizioni e alle modalità fissate in applicazione di tale normativa, purché dette condizioni e modalità, da un lato, si basino su criteri oggettivi, non discriminatori, predeterminati e che consentano ai lavoratori portuali di altri Stati membri di dimostrare di soddisfare, nel loro Stato di origine, requisiti equivalenti a quelli applicati ai lavoratori portuali nazionali e, dall’altro, non stabiliscano un contingente limitato di lavoratori che possono essere oggetto di un simile riconoscimento.
2) Gli articoli 45, 49 e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale:
– il riconoscimento dei lavoratori portuali è di competenza di una commissione amministrativa paritetica, composta da membri designati dalle organizzazioni di datori di lavoro e dalle organizzazioni di lavoratori;
– tale commissione decide anche, in funzione del fabbisogno di manodopera, se i lavoratori riconosciuti debbano o meno essere inseriti in un contingente di lavoratori portuali, fermo restando che, per i lavoratori portuali non inseriti in tale contingente, la durata del loro riconoscimento è limitata alla durata del loro contratto di lavoro, di modo che per ogni nuovo contratto da essi concluso deve essere avviata una nuova procedura di riconoscimento; e
– non è previsto alcun termine massimo entro il quale detta commissione deve deliberare.
3) Gli articoli 45, 49 e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale ai sensi della quale un lavoratore, a meno che non possa dimostrare di soddisfare in un altro Stato membro condizioni equivalenti, per essere riconosciuto come lavoratore portuale deve:
– essere dichiarato idoneo al lavoro portuale dal punto di vista medico da un servizio esterno per la prevenzione e la protezione sul lavoro a cui aderisce un’organizzazione a cui tutti i datori di lavoro attivi nella zona portuale interessata sono obbligati ad aderire;
– superare i test psicotecnici realizzati dall’organo a tal fine designato da tale organizzazione di datori di lavoro;
– seguire per tre settimane corsi preparatori relativi alla sicurezza sul lavoro e diretti all’acquisizione di una qualifica professionale, e
– superare la prova finale,
nei limiti in cui l’incarico affidato all’organizzazione di datori di lavoro – e, se del caso, ai sindacati dei lavoratori portuali riconosciuti – nella designazione degli organi incaricati di effettuare simili esami, test o prove non sia tale da rimettere in discussione il carattere trasparente, obiettivo e imparziale dei medesimi.
4) Gli articoli 45, 49 e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale in forza della quale i lavoratori portuali, riconosciuti come tali conformemente al regime legale loro applicabile prima dell’entrata in vigore di tale normativa, conservano, in applicazione di quest’ultima, la qualità di lavoratori portuali riconosciuti e sono inseriti nel contingente di lavoratori portuali previsto dalla suddetta normativa.
5) Gli articoli 45, 49 e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che prevede che il trasferimento di un lavoratore portuale nel contingente di lavoratori di una zona portuale diversa da quella in cui ha ottenuto il suo riconoscimento sia soggetto a condizioni e modalità stabilite da un contratto collettivo di lavoro, purché queste ultime risultino necessarie e proporzionate tenuto conto dell’obiettivo di garantire la sicurezza in ogni zona portuale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
6) Gli articoli 45, 49 e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che prevede che i lavoratori logistici devono possedere un «certificato di sicurezza», emesso su presentazione della loro carta d’identità e del loro contratto di lavoro e le cui modalità di emissione, nonché la procedura da seguire per il suo ottenimento, siano stabilite da un contratto collettivo di lavoro, purché le condizioni per il rilascio di un simile certificato siano necessarie e proporzionate rispetto all’obiettivo di garantire la sicurezza nelle zone portuali e la procedura prevista per il suo ottenimento non imponga oneri amministrativi irragionevoli e sproporzionati.
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
MANUEL CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA
https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale&docid=230881&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=6444837#ctx1
Ottava Sezione, 21 gennaio 2021, causa C 843/19, Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS) contro BT
domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Corte superiore di giustizia della Catalogna, Spagna), con decisione del 12 novembre 2019
«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di previdenza sociale – Direttiva 79/7/CEE – Articolo 4, paragrafo 1 – Pensionamento anticipato volontario – Pensione anticipata – Ammissibilità – Importo della pensione da percepire che deve essere almeno pari all’importo minimo legale – Percentuale dei lavoratori di ciascun sesso esclusi dal beneficio di una pensione anticipata – Giustificazione di un eventuale svantaggio particolare per le lavoratrici – Obiettivi di politica sociale dello Stato membro interessato»
L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che, in caso di pensionamento volontario e anticipato di un lavoratore affiliato al regime generale di previdenza sociale, subordina il suo diritto a una pensione anticipata alla condizione che l’importo di quest’ultima sia almeno pari all’importo minimo di pensione al quale tale lavoratore avrebbe diritto all’età di 65 anni, quand’anche tale normativa ponga in una posizione di particolare svantaggio le lavoratrici rispetto ai lavoratori, circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare, purché tuttavia tale conseguenza sia giustificata da obiettivi legittimi di politica sociale che sono estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso.
Grande Sezione 15 aprile 2021, nella causa C 30/19, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Högsta domstolen (Corte suprema, Svezia), con decisione del 20 dicembre 2018, pervenuta in cancelleria il 10 gennaio 2019, nel procedimento Diskrimineringsombudsmannen contro Braathens Regional Aviation AB
Rinvio pregiudiziale – Parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica – Direttiva 2000/43/CE – Articolo 7 – Difesa dei diritti – Articolo 15 – Sanzioni – Ricorso per risarcimento fondato su un’asserita discriminazione – Ottemperanza del convenuto alla domanda di risarcimento, senza riconoscimento, da parte del medesimo, della sussistenza dell’asserita discriminazione – Nesso tra il risarcimento versato e l’asserita discriminazione – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Norme processuali nazionali che impediscono al giudice investito del ricorso di pronunciarsi sulla sussistenza dell’asserita discriminazione malgrado la domanda espressa del ricorrente.
Gli articoli 7 e 15 della direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica, letti alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che impedisce a un giudice investito di un ricorso per risarcimento fondato su un’asserita discriminazione vietata da tale direttiva di esaminare la domanda diretta a far constatare la sussistenza di tale discriminazione, qualora il convenuto accetti di versare il risarcimento richiesto senza tuttavia riconoscere la sussistenza di detta discriminazione. Il giudice nazionale, investito di una controversia tra privati, è tenuto a garantire, nell’ambito delle sue competenze, la tutela giuridica spettante ai singoli in forza dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali disapplicando, all’occorrenza, qualsiasi disposizione contrastante della normativa nazionale.
Sentenza: https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=239882&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=10127394
Conclusioni dell’avvocato generale Henrik Saugmandsgaard Øe presentate il 14 maggio 2020:
https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=226498&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=10127394
Rinvio pregiudiziale – Articolo 53, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte – Rinvio pregiudiziale vertente sulla validità di una disposizione del Trattato FUE – Manifesta incompetenza della Corte – Libera circolazione dei lavoratori – Parità di trattamento – Articolo 45 TFUE – Differenza di status e di retribuzione tra docenti universitari e docenti appartenenti al sistema nazionale di alta formazione artistica e musicale – Situazione puramente interna – Irricevibilità manifesta»
Nella causa C 571/20,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Potenza (Italia), con ordinanza del 30 gennaio 2020, pervenuta in cancelleria il 31 ottobre 2020, nel procedimento
OM
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – MIUR,
Ministero dell’Economia e delle Finanze,
Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Conservatorio di Musica «E.R. Duni» di Matera,
le disposizioni del Trattato FUE in materia di libera circolazione dei lavoratori non trovano applicazione in una situazione del genere (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2015, Brouillard, C 298/14, EU:C:2015:652, punto 26). La Corte, adita da un giudice nazionale nel contesto di una situazione in cui tutti gli elementi si collocano all’interno di un solo Stato membro, non può, senza indicazioni da parte di tale giudice diverse dal fatto che la normativa nazionale in discussione è applicabile indistintamente ai cittadini dello Stato membro interessato e ai cittadini di altri Stati membri, considerare che la domanda di interpretazione in via pregiudiziale vertente sulle disposizioni del trattato FUE relative alle libertà fondamentali sia necessaria a detto giudice ai fini della soluzione della controversia pendente dinanzi ad esso. Gli elementi concreti che consentono di stabilire un collegamento fra l’oggetto o le circostanze di una controversia, i cui elementi sono tutti collocati all’interno dello Stato membro interessato, e l’articolo 45 TFUE devono infatti risultare dalla decisione di rinvio (v., per analogia, sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C 268/15, EU:C:2016:874, punto 54).
24 Spetta quindi al giudice nazionale indicare alla Corte, in conformità a quanto richiesto dall’articolo 94 del regolamento di procedura, sotto quale profilo, malgrado il suo carattere puramente interno, la controversia pendente dinanzi ad esso presenti un elemento di collegamento con le disposizioni del diritto dell’Unione relative alle libertà fondamentali che rende l’interpretazione in via pregiudiziale richiesta necessaria alla soluzione di tale controversia (sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C 268/15, EU:C:2016:874, punto 55).
25 Ciò tuttavia non avviene nella presente causa. Infatti, il giudice del rinvio si limita ad affermare, senza dimostrarlo, da un lato, che la normativa nazionale penalizza i cittadini di taluni Stati membri rispetto a quelli di altri Stati membri e, dall’altro, che il principio della parità di trattamento garantito dal diritto dell’Unione consente di superare il «vuoto normativo» esistente nel diritto nazionale nonché «una palese situazione di ingiustizia normativa che favorisce una discriminazione di diritto e di fatto sia a livello interno che a livello dell’Unione».
26 Ne consegue che la terza questione deve essere considerata manifestamente irricevibile.
SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
8 luglio 2021 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Riconoscimento delle qualifiche professionali – Direttiva 2005/36/CE – Articolo 1 e articolo 10, lettera b) – Qualifiche professionali ottenute in più Stati membri – Condizioni per il conseguimento – Mancanza di titolo di formazione – Articoli 45 e 49 TFUE – Lavoratori – Libertà di stabilimento»
Nella causa C 166/20,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Lietuvos vyriausiasis administracinis teismas (Corte amministrativa suprema di Lituania), con decisione dell’8 aprile 2020, pervenuta in cancelleria il 22 aprile 2020, nel procedimento
BB
contro
Lietuvos Respublikos sveikatos apsaugos ministerija,
LA CORTE (Sesta Sezione),
composta da L. Bay Larsen (relatore), presidente di sezione, C. Toader e M. Safjan, giudici,
avvocato generale: G. Hogan
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per il governo lituano, da V. Kazlauskaitė-Švenčionienė, in qualità di agente;
– per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e J. Langer, in qualità di agenti;
– per il governo austriaco, da A. Posch, J. Schmoll ed E. Samoilova, in qualità di agenti;
– per il governo norvegese, da I. Meinich e K.S. Borge, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, inizialmente da L. Armati, A. Steiblytė, S.L. Kalėda e H. Støvlbæk, successivamente da L. Armati, A. Steiblytė, S.L. Kalėda, in qualità di agenti,
1) La direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, come modificata dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, in particolare il suo articolo 1 e il suo articolo 10, lettera b), deve essere interpretata nel senso che essa non si applica a una situazione in cui una persona che chiede il riconoscimento delle sue qualifiche professionali non ha ottenuto un titolo di formazione che la qualifichi, nello Stato membro d’origine, per esercitarvi una professione regolamentata.
2) Gli articoli 45 e 49 TFUE devono essere interpretati nel senso che, in una situazione in cui l’interessato non possiede il titolo che attesta la sua qualifica professionale di farmacista, ai sensi dell’allegato V, punto 5.6.2, della direttiva 2005/36, come modificata dalla direttiva 2013/55, ma ha acquisito competenze professionali relative a tale professione tanto nello Stato membro d’origine quanto nello Stato membro ospitante, le autorità competenti di quest’ultimo sono tenute, quando ricevono una domanda di riconoscimento di qualifiche professionali, a valutare tali competenze e a confrontarle con quelle richieste nello Stato membro ospitante ai fini dell’accesso alla professione di farmacista. Se tali competenze corrispondono a quelle richieste dalle disposizioni nazionali dello Stato membro ospitante, quest’ultimo è tenuto a riconoscerle. Se da tale esame comparativo emerge una corrispondenza solo parziale tra queste competenze, lo Stato membro ospitante ha il diritto di esigere che l’interessato dimostri di aver acquisito le conoscenze e le qualifiche mancanti. Spetta alle autorità nazionali competenti valutare, se del caso, se le conoscenze acquisite nello Stato membro ospitante, nell’ambito, in particolare, di un’esperienza pratica, siano valide ai fini dell’accertamento del possesso delle conoscenze mancanti. Se detto esame comparativo evidenzia differenze sostanziali tra la formazione seguita dal richiedente e la formazione richiesta nello Stato membro ospitante, le autorità competenti possono fissare misure di compensazione per colmare tali differenze.
SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
12 maggio 2021 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di previdenza sociale – Direttiva 79/7/CEE – Articolo 4, paragrafo 1 – Discriminazione fondata sul sesso – Normativa nazionale che prevede il riconoscimento di un’integrazione della pensione per le donne che abbiano avuto un certo numero di figli – Esclusione dal beneficio di tale integrazione della pensione per le donne che abbiano chiesto il pensionamento anticipato – Ambito di applicazione della direttiva 79/7/CEE»
Nella causa C 130/20,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Juzgado de lo Social n. 3 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 3 di Barcellona, Spagna), con decisione del 4 marzo 2020, pervenuta in cancelleria il 9 marzo 2020, nel procedimento
YJ
contro
Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS),
LA CORTE (Sesta Sezione),
composta da L. Bay Larsen, presidente di sezione, C. Toader e M. Safjan (relatore), giudici,
avvocato generale: J. Kokott
cancelliere: Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per YJ, da L. Ripoll Sans, abogada;
– per l’Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS), da A.R. Trillo García e P. García Perea, in qualità di agenti;
– per il governo spagnolo, da M.J. Ruiz Sánchez, in qualità di agente;
– per la Commissione europea, da C. Valero e I. Galindo Martín, in qualità di agenti,
La direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, non trova applicazione nel caso di una normativa nazionale che prevede, a favore delle donne che abbiano avuto almeno due figli biologici oppure adottati, un’integrazione della pensione per maternità nei casi di pensionamento all’età prevista dalla legge oppure di pensionamento anticipato per taluni motivi previsti dalla legge, ma non nel caso di pensionamento anticipato volontario dell’interessata.
SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)
12 maggio 2021 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione dei lavoratori – Parità di trattamento – Vantaggi sociali – Tetti massimi collegati alle risorse – Presa in considerazione delle risorse percepite il penultimo anno precedente il periodo di pagamento di assegni – Lavoratore che ritorna nel suo Stato membro di origine – Riduzione dei diritti agli assegni familiari»
Nella causa C 27/20,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal tribunal de grande instance de Rennes (Tribunale di primo grado di Rennes, Francia), con decisione del 7 giugno 2019, pervenuta in cancelleria il 21 gennaio 2020, nel procedimento
PF,
QG
L’articolo 45 TFUE e l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una normativa di uno Stato membro che considera come anno di riferimento per il calcolo delle prestazioni familiari da attribuire il penultimo anno precedente il periodo di pagamento, di modo che, in caso di aumento sostanziale dei redditi percepiti da un funzionario nazionale in occasione di un distacco presso un’istituzione dell’Unione europea situata in un altro Stato membro, l’importo degli assegni familiari si trova, al ritorno di tale funzionario nello Stato membro di origine, notevolmente ridotto per due anni.
SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)
3 giugno 2021 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Clausola 4 – Principio di non discriminazione – Rigetto di una domanda di concessione di un distacco per svolgere un impiego nel settore pubblico previsto per il personale statutario permanente – Normativa nazionale che esclude il beneficio di tale distacco in caso di svolgimento di un impiego temporaneo – Ambito di applicazione – Inapplicabilità della clausola 4 – Incompetenza della Corte»
Nella causa C 942/19,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal Superior de Justicia de Aragón (Corte superiore di giustizia di Aragona, Spagna), con decisione del 17 dicembre 2019, pervenuta in cancelleria il 31 dicembre 2019, nel procedimento
Servicio Aragonés de Salud
contro
LB,
La Corte di giustizia dell’Unione europea non è competente a rispondere alle questioni sollevate dal Tribunal Superior de Justicia de Aragón (Corte superiore di giustizia di Aragona, Spagna), con decisione del 17 dicembre 2019.
Ottava Sezione 20 maggio 2021
«Rinvio pregiudiziale – Previdenza sociale – Determinazione della normativa applicabile – Regolamento (CEE) n. 1408/71 – Articolo 13, paragrafo 2, lettera a) – Articolo 14, paragrafo 2 – Persona che esercita di norma un’attività subordinata nel territorio di due o più Stati membri – Contratto di lavoro unico – Datore di lavoro stabilito nello Stato membro di residenza del lavoratore – Attività subordinata esercitata esclusivamente in altri Stati membri – Lavoro effettuato in diversi Stati membri durante periodi consecutivi – Presupposti»
Nella causa C 879/19,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia), con decisione del 19 settembre 2019, pervenuta in cancelleria il 2 dicembre 2019, nel procedimento
FORMAT Urządzenia i Montaże Przemysłowe
contro
Zakład Ubezpieczeń Społecznych I Oddział w Warszawie,
con l’intervento di:
UA,
L’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nella sua versione modificata e aggiornata dal regolamento (CE) n. 118/97 del Consiglio, del 2 dicembre 1996, come modificato dal regolamento (CE) n. 1606/98 del Consiglio, del 29 giugno 1998, deve essere interpretato nel senso che esso non si applica a una persona che, nell’ambito di un solo contratto di lavoro concluso con un solo datore di lavoro che preveda l’esercizio di un’attività professionale in più Stati membri, lavora, per diversi mesi consecutivi, unicamente nel territorio di ciascuno di tali Stati membri, quando la durata dei periodi ininterrotti di lavoro effettuati da tale persona in ciascuno di tali Stati membri è superiore a dodici mesi, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
Sentenza della Corte, 3 giugno 2021 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Lavoratori migranti – Sicurezza sociale – Legislazione applicabile – Regolamento (CE) n. 883/2004 – Articolo 12, paragrafo 1 – Distacco – Lavoratori interinali – Regolamento (CE) n. 987/2009 – Articolo 14, paragrafo 2 – Certificato A 1 – Determinazione dello Stato membro in cui il datore di lavoro esercita abitualmente le sue attività – Nozione di “attività sostanziali, diverse dalle mere attività di gestione interna” – Insussistenza della messa a disposizione di lavoratori interinali nel territorio dello Stato membro in cui è stabilito il datore di lavoro»
Nella causa C 784/19,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Administrativen sad – Varna (Tribunale amministrativo di Varna, Bulgaria), con decisione del 4 ottobre 2019, pervenuta in cancelleria il 22 ottobre 2019, nel procedimento
«TEAM POWER EUROPE» EOOD
contro
Direktor na Teritorialna direktsia na Natsionalna agentsia za prihodite – Varna,
L’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, deve essere interpretato nel senso che, affinché si possa ritenere che un’agenzia interinale stabilita in uno Stato membro «esercit[i] abitualmente le sue attività» – ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, come modificato dal regolamento (UE) n. 465/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012 – in tale Stato membro, essa deve svolgere una parte significativa delle sue attività di messa a disposizione di lavoratori interinali in favore di imprese utilizzatrici che sono stabilite ed esercitano le loro attività nel territorio di detto Stato membro.
Sentenza della Corte, 3 giugno 2021 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 1999/70/CE – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Clausola 5 – Applicabilità – Nozione di “successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato” – Contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico – Misure dirette a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato – Nozione di “ragioni obiettive” che giustificano tali contratti – Norme equivalenti – Obbligo d’interpretazione conforme del diritto nazionale – Crisi economica»
Nella causa C 726/19,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal Superior de Justicia de Madrid (Corte superiore di giustizia di Madrid, Spagna), con decisione del 23 settembre 2019, pervenuta in cancelleria il 1° ottobre 2019, nel procedimento
Instituto Madrileño de Investigación y Desarrollo Rural, Agrario y Alimentario
contro
JN,
) La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, come interpretata dalla giurisprudenza nazionale, la quale, da un lato, consente, in attesa dell’espletamento delle procedure di assunzione avviate al fine di coprire definitivamente posti vacanti di lavoratori nel settore pubblico, il rinnovo di contratti a tempo determinato senza indicare un termine preciso per l’espletamento di tali procedure e, dall’altro, vieta sia l’equiparazione di detti lavoratori a «lavoratori a tempo indeterminato non permanenti» sia la concessione di un’indennità agli stessi lavoratori. Appare, infatti, che detta normativa nazionale, fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, non preveda alcuna misura diretta a prevenire e, se del caso, a sanzionare il ricorso abusivo a una successione di contratti a tempo determinato.
2) La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE, deve essere interpretata nel senso che considerazioni puramente economiche, legate alla crisi economica del 2008, non possono giustificare l’assenza, nel diritto nazionale, di qualsiasi misura destinata a prevenire e a sanzionare il ricorso a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.