Il 21 agosto 2020 è scomparso Renato Scognamiglio, Professore emerito dell’Università “La Sapienza” di Roma, accademico dei Lincei, avvocato, una delle figure più prestigiose tra i giuristi del Novecento, che ha lasciato tracce profonde nella cultura giuridica del diritto civile (basta ricordare, a titolo esemplificativo, la monografia sul negozio giuridico, nonché i numerosi studi in materia di responsabilità civile e risarcimento del danno) e del diritto del lavoro, con soluzioni anticipatrici del successivo dibattito scientifico e dei percorsi giurisprudenziali.
Moltissimi sono gli esempi che possiamo ricordare e, da allievo formatosi alla Sua Scuola di diritto del lavoro, mi piace rammentare la costante attenzione dedicata dal Professore ai profili strutturali della subordinazione a fronte anche delle successive e diverse evoluzioni legislative. Infatti l’emersione di “nuovi lavori” a seguito dell’innovazione tecnologica e delle profonde trasformazioni dell’organizzazione produttiva non mettono in discussione il “nocciolo duro” del lavoro subordinato delineato, in molteplici saggi e nelle trattazioni manualistiche, dal Professore, senza trascurare, sotto altro profilo, la necessità di tutela e protezione per il lavoro autonomo e professionale.
Sotto un altro versante il rilievo costituzionale dell’autonomia collettiva e del conflitto collettivo hanno consentito al Professore di sviluppare pagine fondamentali sul “ruolo” del sindacato nella dinamica evolutiva della contrattazione collettiva, in ordine al profilo dell’inderogabilità e dell’efficacia del contratto collettivo, nonché sullo sciopero, nella sua dimensione storica e normativa.
Nel dettaglio, in uno studio del 1971 su autonomia sindacale ed efficacia del contratto collettivo di lavoro, il Professore, con acuta sensibilità ed aderenza al dato fenomenologico dell’autonomia collettiva, per un verso sgombra definitivamente il campo dalle impostazioni civilistiche non predicabili in tema di ricostruzione della medesima e per altro verso, la riconduzione sistematica dell’autonomia sindacale all’interno del precetto costituzionale dell’art. 39, gli consente di valorizzarne la dimensione di “cerniera” e di riconoscimento dell’ordinamento intersindacale nell’ambito del diritto statuale.
Tale chiave interpretativa consente al Professore di risolvere due profili, oggetto di ampio dibattito. Innanzitutto interviene sul dibattuto tema dell’inderogabilità del contratto collettivo a fronte dell’autonomia dispositiva, riconosciuta dalla legge al sindacato, in ordine all’esclusiva titolarità degli interessi collettivi. Im secondo luogo, sul tema - sempre più urgente- dell’attuazione costituzionale dell’art.39 della Costituzione, in merito al conferimento dell’efficacia erga omnes al contratto collettivo nazionale di categoria, la conclusione accolta dal Professore si salda, con proiezione anticipatrice, con le più recenti acquisizioni, fatte proprie dalle stesse parti sociali nel Patto delle fabbrica del 9 aprile 2018, laddove le stesse hanno auspicato una trasposizione, in via legislativa, delle determinazioni assunte con il Testo unico sulla misurazione della rappresentanza sindacale del 10 gennaio 2014. Infatti il Professore – nel ricordato studio del 1971 - aveva concluso che il ricorso alla fonte legale eteronoma – eccezionalmente sperimentata allora, nel nostro ordinamento giuridico, con legge Vigorelli n.741 del 1959 - doveva comunque poggiarsi sugli strumenti forgiati dalla stessa autonomia collettiva.
Nel contempo le riflessioni del Professore aprono altri scenari alla riflessione scientifica, in tema di categoria professionale e di conflitto collettivo, estremamente utili al dibattito in corso. Sotto il primo versante, in uno scritto del 1990 su categorie professionali e contratti collettivi, il Professore mette in guardia sulla “manipolazione contrattuale della categoria”, con la divaricazione tra la configurazione contrattuale e i dati fenomenici ad essa sottostanti e, a fortiori e con la consueta concretezza, non può non manifestare perplessità su quel complesso ed insidioso fenomeno del c.d. shopping contrattuale, che può consentire al datore di lavoro, in nome del principio di libertà sindacale, di “scegliere” il trattamento collettivo applicabile secondo le proprie convenienze economiche.
Sotto il secondo versante, in una relazione svolta presso la Fondazione Giulio Pastore nel 1972 sulla disciplina negoziale del diritto di sciopero, il Professore sottolinea l’efficacia, tutta “interna” all’ordinamento intersindacale, delle clausole di tregua sindacale – anche sul piano della loro “giustiziabilità” – contro i tentativi, ricorrenti nella riflessione dottrinale, di collocarle nella “parte normativa” del contratto collettivo, con una ricaduta diretta sul piano degli obblighi posti in capo ai singoli lavoratori; su tale linea interpretativa si pongono ora le stesse parti sociali nel Testo unico sulla rappresentanza sindacale del 2014. Il contributo più significativo, contenuto nella stessa relazione, può collocarsi sul piano della realistica rilevazione della distanza che corre tra il contratto collettivo, quale tipica fonte di regolamentazione di diritti ed obblighi inerenti al rapporto di lavoro e il diritto di sciopero, quale strumento di pressione in mano al sindacato per ottenere migliori condizioni di trattamento per i lavoratori, rilevazione che preclude indebite sovrapposizioni e preclusioni.
Questi sono solo alcuni e pochi esempi tratti della sua sterminata produzione scientifica, che denota sempre profondità di analisi e soluzioni interpretative di straordinaria acutezza e modernità, sulla quale non è mia intenzione intrattenermi ulteriormente. Piuttosto occorre ricordare che il possesso di un’articolata e multidisciplinare cultura giuridica ha avuto un riflesso diretto sulla Sua carriera anche accademica, laddove ha condotto il Professore ad insegnare, in diverse sedi universitarie, il diritto privato, il diritto privato comparato ed il diritto commerciale, a dimostrazione della vastità dei suoi interessi di studio e di ricerca.
Mi piace qui sottolineare il tratto del Maestro, di tanti allievi (di varie generazioni), da parte di chi è stato uno dei suoi ultimi allievi, che ha iniziato a frequentare la cattedra di diritto del lavoro del Professore, presso L’Università “La Sapienza”, dal lontano 1980.
Ricordo con affetto gli appuntamenti con il Maestro, che spesso riceveva i suoi allievi, nel primo pomeriggio della domenica, presso la Sua bella casa romana, affacciata sulla Basilica di San Pietro. L’appuntamento era vissuto con trepidazione, in quanto venivano sottoposti al Suo giudizio i lavori in svolgimento, unita ad un notevole sforzo di attenzione e di concentrazione, al fine di riuscire a cogliere le Sue valutazioni, a fronte di una non comune velocità di pensiero e di parola, che imponevano l’esercizio di una rapida capacità di memorizzazione.
In quelle occasioni, sempre stimolanti, il Maestro si rapportava sempre con la massima disponibilità e, con lo sguardo penetrante e nella sintesi veloce del discorso, consegnava ai Suoi allievi uno spunto, un’idea, una prospettiva, che poi questi ultimi potevano autonomamente sviluppare.
Sotto quest’ultimo profilo si può cogliere il significato più profondo del Suo insegnamento, che, per parte mia, cerco di trasmettere alle più giovani generazioni di studiosi. Il Maestro, nell’approccio “liberale” con i suoi allievi, non individuava una linea di pensiero, ma con estrema magnanimità, assecondava, sul presupposto di un controllato rigore metodologico, lo sviluppo autonomo dei percorsi individuali, nella consapevolezza, sempre coltivata, che la pluralità e molteplicità delle idee costituiscano la ricchezza di una Scuola. La ricaduta di questo insegnamento è stata estremamente significativa, laddove, infatti, i Suoi tanti allievi hanno abbracciato diverse prospettive di politica del diritto.
Infine la convivialità, tra Maestro ed allievi, condivisa con reciproca soddisfazione di tutti, spesso vissuta a margine degli annuali congressi Aidlass, nella quale il Maestro sfoggiava la sua arguzia e la sua fine ironia.
Anche negli ultimi anni, nei quali le frequentazioni con il Maestro, per forza di cose, si sono diradate, non è mai mancata la visita per festeggiarlo nei giorni dell’onomastico o del compleanno; allora si saliva insieme ai familiari, amici e colleghi e si poteva apprezzare il Suo sguardo sempre vigile ed affettuoso rivolto agli allievi.
Grazie Maestro !!!!
Renato Scognamiglio, un ricordo
- Di : Pietro Lambertucci
- Categoria: Uncategorised