Testo integrale con note e bibliografia

1. L ’istituto della prescrizione, funzionale alla tutela dell’interesse generale alla certezza del diritto , derivante dal diritto comune e recepito dalla codificazione napoleonica, è stato mutuato dal codice unitario italiano del 1865 e, sulla base dei medesimi presupposti dell’essere espressione di un principio di ordine pubblico, dal codice civile del 1942 .
Per alcune tipologie di crediti, con gli artt. 2954, 2955 e 2956 c.c., trova applicazione la cd. prescrizione presuntiva, attraverso la quale con termini di molto abbreviati rispetto alla prescrizione estintiva, ordinaria o breve, il decorso del temine non comporta l’estinzione del diritto di credito ma la presunzione che esso sia stato soddisfatto: si tratta di crediti “…che normalmente non vengono (e più spesso non venivano) documentati né quando sorgono né quando vengono estinti” .
Il presupposto delle prescrizioni presuntive, che come è stato ben rilevato , è reso ormai obsoleto dagli interventi normativi in materia tributaria e di disciplina dei rapporti di lavoro, è costituito dall’obiettivo di fornire certezza al traffico giuridico attraverso la tutela dell’affidamento del debitore a fronte di pagamenti effettuati senza formalità, in primo luogo senza il rilascio di quietanze, sì che - come detto - detti rapporti obbligatori non risultano essere - nella prassi - documentati nella fase genetica e dell’adempimento.
Per tali categorie di crediti la cd. prescrizione presuntiva non determina l’estinzione dell’obbligazione (da cui la definizione di impropria), ma introduce una presunzione legale juris tantum , con limitata possibilità di prova contraria, disciplinata dagli artt. 2959 e 2960 c.c. , che espone colui che la oppone al rigetto non solo se ammette di non aver estinto l’obbligazione, ma anche se ne contesta la stessa insorgenza .
La terminologia prescelta dal legislatore risulta quindi poco coerente in quanto con l’istituto in esame non è la prescrizione del diritto ad essere presunta, ma l’estinzione dell’obbligazione .
Le prescrizioni presuntive sono applicabili ad una parte rilevante del lavoro autonomo, e per effetto della specifica indicazione di determinate categorie, per il lavoro professionale intellettuale in genere. Appare opportuno, quindi, tratteggiare sinteticamente i presupposti oggettivi e soggettivi di applicabilità della normativa codicistica prima di affrontare il tema della coerenza del citato istituto con l’attuale assetto normativo che regolamenta tali tipologie di prestazioni. Tanto al fine di verificare se l’istituto da presidio del superiore interesse pubblico , finisca nell’attuale stato dei rapporti economico giuridici per salvaguardare il solo interesse del debitore, il più delle volte inadempiente.
Tale verifica muove anche dall’esigenza di tenere in debito conto l’evoluzione in essere dei sistemi normativi nel senso dell’estensione di tutele già proprie del lavoro dipendente a quella parte del lavoro autonomo la cui attività esponga il prestatore d’opera a rischi reddituali e sociali analoghi a quelli propri del rapporto di lavoro dipendente .
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2. A differenza del legislatore del 1865 che disciplinava le prescrizioni presuntive nella medesima sezione di quelle estintive brevi , il legislatore del 1942 – ferma la tassatività delle fattispecie previste - dedica alle presuntive un apposito paragrafo , non mutando tuttavia la pregressa suddivisione delle stesse in base al termine di prescrizione in luogo dei più razionali criteri della natura del credito o della qualità del creditore.
Per l’oggetto del presente scritto non è possibile entrare nel merito della ratio sottesa alla previsione normativa degli specifici rapporti economici destinatari delle prescrizioni presuntive e alla relativa durata, rispettivamente di 6 mesi (art. 2954 c.c.), un anno (art. 2954 c.c.) e tre anni (art. 2954 c.c.), individuati come detto con elencazione tassativa perché oggetto di normativa speciale.
Inoltre, per delimitare l’ambito delle riflessioni che seguono è necessario rilevare come sia pacifico in dottrina ed in giurisprudenza che gli artt. 2955, n. 2 e 2956, n. 1, c.c. operino esclusivamente per il lavoro subordinato , con esclusione – quindi – di quello autonomo.
Ancora, l’art. 2956, n. 2, che viceversa opera per i professionisti, a differenza dell’art. 2140 del codice del 1865 che dettava un elenco tassativo, deve intendersi in termini soggettivamente omnicomprensivi di tutti coloro che svolgano una professione intellettuale , a prescindere dalla necessaria iscrizione ad albo professionale o elenco .
Per tale ultimo aspetto, per quello che qui interessa, nella relazione del Guardasigilli al Re Imperatore, n. 1210, si specifica “…..L’elencazione che, disciplinando la prescrizione di tre anni, il codice del 1865, art. 2140) faceva della varie categorie di professionisti scompare nell’art. 2956 assorbita da una formula di più ampio contenuto, con la quale si assoggetta alla prescrizione triennale il diritto dei professionisti in genere, per l’opera prestata e per il rimborso delle spese correlative. …omissis…”.
Come è stato rilevato, “…. si è associata la prescrizione presuntiva triennale a coloro che esercitano una professione intellettuale di antica o recente tradizione (Cass., 29.6.1985, n. 3886) nei cui confronti è ravvisabile il presupposto della prassi del pagamento senza dilazione per l’agevole determinabilità del credito ai sensi dell’art. 2233 c.c.” .
Altra rilevante (almeno potenzialmente) differenza tra i due testi normativi, è rinvenibile nella mancata riproduzione, nel codice del 1942, del disposto dell’art. 2141, 2 comma, del codice del 1865, norma che espressamente prevedeva l’interruzione della prescrizione presuntiva in ogni caso di riconoscimento per iscritto del debito.
Tanto ha determinato che parte predominante della dottrina abbia sostenuto, sulla scorta del principio ubi lex voluit dixit, la sopravvenuta irrilevanza - per l’applicabilità della prescrizione presuntiva - del presupposto dell’oralità quale modalità di assunzione dell’obbligazione .
Viceversa, la giurisprudenza, con orientamento costante, anche di recente ribadito, afferma che “le prescrizioni presuntive, trovando ragione unicamente nei rapporti che si svolgono senza formalità, dove il pagamento suole avvenire senza dilazione né rilascio di quietanza, non operano per il credito che trae origine da un contratto stipulato in forma scritta, mentre riprendono la loro ordinaria operatività per la parte di credito derivante dall’esecuzione di prestazioni che non hanno fondamento nel documento contrattuale” .
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3. Alla luce di tali sintetiche premesse, ci si può ora interrogare sulla compatibilità delle regole codicistiche in esame e i relativi consolidati approdi giurisprudenziali, con gli obblighi e le prassi che contraddistinguono l’operare di quel segmento di lavoro autonomo che delle regole richiamate risulta essere destinatario.
A titolo esemplificativo, quindi, può prendersi le mosse dall’applicazione dell’istituto in esame nell’ambito dell’attività professionale di una delle categorie sicuramente oggetto della normativa in tema di prescrizioni presuntive, non a caso con maggiore frequenza citata nei repertori con riferimento a questioni connesse al nostro tema, ovvero quella degli avvocati .
La giurisprudenza, in linea generale, ritiene applicabile la prescrizione presuntiva ai crediti dei professionisti perché derivanti da contratto d’opera intellettuale “ ….nel quale l’adempimento del cliente suole avvenire senza dilazione e senza quietanza scritta” .
Con riferimento agli avvocati la giurisprudenza ha escluso che la procura ad litem, negozio unilaterale volto ad investire il difensore della rappresentanza processuale, possa integrare contratto scritto di incarico professionale che – come visto – escluderebbe l’operatività della prescrizione presuntiva, attenendo quest’ultimo al rapporto interno tra il professionista ed il cliente e potendo essere stipulato anche da soggetto diverso da colui che rilascia la procura ad litem.
Secondo la stessa giurisprudenza, poi, la fattura di acconto non è incompatibile con la volontà delle parti di non attribuire veste formale al rapporto, poiché il documento contabile assumerebbe rilievo ai soli fini fiscali.
L’insieme delle regole enucleate, tuttavia, incontestabilmente riconducono a modalità di esercizio della professione risalenti e, in ogni caso, incompatibili con i complessivi obblighi e gli adempimenti, che sia pure modulati in relazione alle peculiarità proprie di ogni categoria, oggi le attraversano orizzontalmente.
Così, per tornare all’esercizio della professione forense quale paradigma del tema trattato, delimitando il discorso al rapporto con il cliente, ovvero il potenziale beneficiario della prescrizione presuntiva, diversi sono gli elementi che rendono sostanzialmente superata la disciplina delle prescrizioni presuntive:
- il professionista è tenuto a verificare la sussistenza, sulla scorta degli indici normativi e della prassi amministrativa, di obblighi connessi alla Legge antiriciclaggio , ovvero: a) identificazione del cliente; b) identificazione del titolare effettivo; c) valutazione delle informazioni sullo scopo e la natura del rapporto continuativo; d) cd. profilatura del rischio; e) adeguata verifica (semplificata o rafforzata); e) cd. “controllo continuo” rispetto ai clienti abituali ;
- l’avvocato, ai sensi dell’art. 13, comma 5, Legge 247/2012, deve assolvere ad una serie di obblighi informativi (che è opportuno comunicare per iscritto per provare l’intervenuto adempimento):
a) informare il cliente sul grado di complessità della causa;
b) informare il cliente circa gli oneri ipotizzabili;
c) comunicare al cliente gli estremi della polizza professionale;
- per la determinazione delle competenze professionali, a valle dell’abrogazione delle Tariffe intervenuta con il DL n. 1/2012, l’art. 2233 c.c. pone tra le fonti, nell’ordine: a) la convenzione tra le parti; gli usi; il giudice. Il contratto d’opera professionale, quindi, costituisce la fonte primaria della determinazione del compenso. Ai sensi dell’art. 13, comma 3, L. n. 247/2012 esso – ove pattuito - “di regola” deve essere formalizzato per iscritto, ancorché non a pena di nullità;
- se richiesto dal cliente, ai sensi dell’art. 13, comma 5, Legge 247/2012, l’avvocato ha l’obbligo di fornire il preventivo di massima dei compensi professionali.
A tali elementi possono aggiungersi:
a) l’obbligo di fatturazione elettronica per imprese e possessori di partita IVA, da emettersi anche ai privati entro 10 giorni dalla prestazione, introdotta in Italia dal 2019 per effetto del recepimento della Direttiva 2014/55/UE;
b) l’obbligo – allo stato non sanzionato - per i professionisti di dotarsi di POS, dispositivo elettronico di pagamento per carte di credito o di debito, che risale all’art. 15, comma 4, DL. 179/2012 (Governo Monti).
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4. Come si vede, già de jure condito, le modalità di erogazione della prestazione non collimano con i presupposti di applicabilità delle prescrizioni presuntive, ovvero agevole determinabilità del credito ed assenza di forma scritta del contratto d’opera professionale, poiché il complesso degli obblighi imposti dalla normativa regolante l’attività e quella di natura fiscale finiscono per l’imporre una regolamentazione formale delle prestazioni. Inoltre, nella prassi commerciale le modalità di pagamento delle prestazioni di servizi di entità anche solo apprezzabile sono regolate mediante transazioni bancarie dalla facile prova, sì che viene meno anche la ratio di tutelare il debitore con una presunzione di pagamento.
De jure condendo, poi, nell’ambito di una auspicabile generale rivisitazione ad opera del legislatore nazionale dell’istituto della prescrizione nell’ottica dell’armonizzazione del nostro ordinamento con i sistemi dei maggiori Paesi UE , può esaminarsi quanto accaduto in Francia e Germania, che – sia pure nell’ambito di più estese riforme quanto ad oggetto - hanno introdotto incisive novità volte all’ammodernamento e razionalizzazione dell’istituto sulla scorta delle linee guida di tendenza internazionali :
“termini di prescrizione uguali per tutti i diritti di credito, quanto meno in materia contrattuale; un termine di prescrizione “generale” piuttosto breve (3 o 4 anni al massimo), che decorre dal momento in cui il creditore sapeva o avrebbe potuto avere conoscenza dell’esistenza del proprio diritto; un termine massimo o assoluto di prescrizione (normalmente 10 anni), che decorre dal momento in cui il diritto viene ad esistenza, e decorso il quale il diritto è in ogni caso prescritto; infine, un ampio potere di autonomia riconosciuto alle parti di modificare consensualmente il regime di prescrizione” .
Formulata sulla scorta di tali principi, la riforma tedesca è entrata in vigore nel 2002 per effetto della legge del 26.11.2001 .
Il termine ordinario di prescrizione è stato ridotto a tre anni (§195 del BGB), con conseguente abrogazione delle prescrizioni brevi precedentemente previste. Al termine ordinario triennale, il legislatore tedesco affianca due ulteriori termini, l’uno decennale l’altro trentennale (§196 e §197), ma per specifiche materie.
Il termine di prescrizione decorre dalle ore 24 del 31 dicembre dell’anno in cui è venuto in essere il diritto oggetto di prescrizione e il titolare abbia acquisito conoscenza dello stesso e della persona del debitore. Poiché tale principio potrebbe condurre ad un differimento sine die della decorrenza, è stato previsto il sistema del doppio termine sì che, a quello ordinario, si affianca il termine cd. “massimo”, decorrente su basi oggettive e non soggettive come quello triennale. Le eccezioni alla prescrizione ordinaria sono disciplinate nei §§196 e 197 del BGB . Non sono previste prescrizioni presuntive.
La riforma francese è successiva essendo stata introdotta con la Legge 17 giugno 2008, n. 581, ed è entrata in vigore il 18 giugno 2008. La stessa intende semplificare un istituto che, finalizzato alla certezza del traffico giuridico, per la molteplicità dei termini e per le incertezze in tema di decorrenza, era divenuto esso stesso foriero di contenzioso. Il legislatore francese ha comunque potuto prendere spunto dalla citata riforma tedesca, nonchè dai progetti di uniformazione della prescrizione proposti a livello europeo, i Principles of European Contract Law e i Principi Unidroit.
L’art. 2224 del Codice civile francese così come l’art. L110-4 del Codice del Commercio prevedono oggi un termine ordinario di prescrizione quinquennale.
Anche il legislatore francese ha introdotto con la riforma del 2008 il sistema del doppio termine di prescrizione: il primo - più breve – con decorrenza determinata in maniera soggettiva in relazione alla conoscenza (anche se solo astratta) del titolare del diritto; il secondo, più lungo, la cui decorrenza è determinata in maniera oggettiva.
Nell’ambito della riforma generale il legislatore francese ha abrogato le prescrizioni brevi e le prescrizioni presuntive (prescriptions présomptives) che prevedevano termini più brevi (sei mesi, uno, due anni) dell’ordinario termine trentennale sulla base di una presunzione di pagamento per le azioni di insegnanti, albergatori, ufficiali giudiziari, medici, farmacisti, avvocati, ovvero le categorie che il legislatore italiano già nel 1865 aveva mutuato nelle previsioni del codice civile. Con la riforma del 2008, nell’ordinamento francese l’unica prescrizione che oggi potrebbe essere assimilata alla presuntiva risulta essere la prescrizione biennale dell’azione dei professionisti nei confronti dei consumatori. E’ tuttavia evidente che si sia al cospetto del concetto, moderno e comunitario, di tutela del consumatore rispetto al professionista, assunto come detentore di maggiore potere contrattuale, non di tutela della presunzione di pagamento . Coerentemente, pur avendo la riforma introdotto nell’ordinamento francese la facoltà per le parti di concordare un termine di prescrizione più breve (non inferiore ad un anno), ovvero più lungo (non superiore a 10 anni) rispetto al termine di prescrizione previsto per legge, con le eccezioni di cui all’ art. 2254, e per quello che qui interessa, all’art. L. 137-1 del Codice del Consumo. Tale ultima norma, a tutela del consumatore, fissa il divieto per il professionista e consumatore di modificare convenzionalmente la durata della prescrizione, ovvero di modificare le cause di sospensione e interruzione.
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5. Concludendo sussistono, quindi, ragioni a sostegno di un auspicabile intervento da parte del nostro legislatore che, prendendo spunto dalle modifiche intervenute negli altri Paesi europei, come visto ispirate – a prescindere dalle differenze di dettaglio – dal comune intento di offrire un quadro regolativo dell’istituto coerente con i principi propri dell’odierno traffico giuridico in tema di obbligazioni e qualità dei relativi contraenti, ponga mano alla razionalizzazione dell’istituto.
Nell’ambito di tale intervento sussistono le evidenziate ragioni in favore dell’adozione di un termine di prescrizione generale che conduca, contestualmente, all’ abrogazione delle prescrizioni brevi e presuntive. E’ auspicabile, infatti, la reductio ad unum del termine di prescrizione per i crediti di lavoro, a prescindere dalla natura del rapporto sostanziale sottostante, risultando ad esempio quello triennale un termine di sufficiente garanzia in relazione alle modalità attuali di svolgimento dei rapporti.
Nelle ipotesi di opportuno collegamento della decorrenza alla consapevolezza dell’insorgere del diritto, potrebbe prevedersi ulteriore termine connesso ad elementi oggettivi, a vantaggio della certezza del traffico giuridico e con quantificazione temporale modulata in relazione alla natura del diritto (es. retributivo o risarcitorio).
Un auspicabile intervento riformatore potrebbe quindi, nel settore dei rapporti di lavoro autonomo e dipendente, porsi gli obiettivi di:
- superare le problematiche connesse a termini di prescrizione oggi eccessivi rispetto agli ordinari tempi di gestione delle posizioni giuridiche attive e passive dei contraenti (10 anni per i diritti derivanti da contratto d’opera e 5 per i diritti retributivi del lavoratore dipendente);
- eliminare i dubbi connessi alla decorrenza della prescrizione nell’ambito del rapporto subordinato e presenti anche in tema di prestazioni di lavoro autonomo;
- abrogare, infine, nell’ambito della complessiva razionalizzazione, le prescrizioni presuntive, ormai anacronistiche per ratio e obiettivi originari di tutela, come si è cercato qui di dimostrare.

 

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