Testo integrale con note e bibliografia
1. L’esigenza di intervenire sull’organizzazione della SNA.
L’art. 5 del decreto legge n. 80 del 2021, convertito dalla legge n. 113 del 2021, introduce alcune modifiche nell’organizzazione e funzionamento della Scuola Nazionale dell’Amministrazione, nata e disciplinata dal testo unico n. 3 del 1957 sullo statuto degli impiegati civili dello Stato che l’ha collocata nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri . Si tratta di un punto di arrivo di un percorso abbastanza travagliato che – per stare soltanto agli ultimi anni – prende le mosse dalla soppressione delle altre cinque scuole centrali di formazione con l’attribuzione delle loro funzioni alla SNA e dalla successiva legge Madia, dove, nell’ambito della più ampia riforma della dirigenza pubblica, si delegava il Governo a rivedere anche l’assetto della SNA verso un modello organizzativo simile a quello delle agenzie governative tecniche . E’ noto che quest’ultimo tentativo è naufragato a seguito della nota sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittima la procedura prevista per l’adozione dei decreti legislativi delegati, nella parte in cui si prevedeva il parere della Conferenza unificata anziché l’intesa . In vista di questa riforma si era disposto il commissariamento della SNA con la conseguente decadenza immediata degli organi allora in carica , ma anche tale fase, in quanto legata alla precedente, si è interrotta e all’inizio del 2017 è stato nominato di nuovo il Presidente secondo le “vecchie” regole e quindi si è ripreso da allora il “normale” corso delle attività come se nulla fosse successo.
Il fatto che fosse necessario un intervento di riorganizzazione della principale istituzione nazionale deputata al reclutamento e alla formazione dei dirigenti pubblici era sotto gli occhi di tutti, studiosi e operatori, e derivava dalle molte incongruenze dell’assetto strutturale pur in presenza del pressoché unanime riconoscimento della bontà dell’offerta formativa sia in termini qualitativi che quantitativi raggiunta soprattutto negli ultimi anni. Per tracciare brevemente tali incongruenze è sufficiente far riferimento ad alcune disposizioni del d.lgs. n. 178 del 2009, ultima riforma organica promossa dallo stesso Ministro per la pubblica amministrazione Brunetta, artefice dell’attuale riforma . Il primo punto da mettere in evidenza è la doppia linea di direzione esterna. Infatti, la SNA svolge la propria attività nell’ambito della “funzione pubblica”, tant’è che il Ministro che ora è denominato per la pubblica amministrazione è titolare di specifici compiti previsti dalla norma primaria. Ciò vale per le indicazioni sulle attività di valutazione, validazione e monitoraggio relative alle offerte formative delle amministrazioni; per la nomina di alcuni componenti del Comitato di gestione; per la proposta della nomina del Presidente; per la nomina del Comitato scientifico consultivo; per la nomina del Dirigente amministrativo (ora Segretario Generale); per l’approvazione delle delibere organizzative e degli atti di bilancio . A ciò si aggiunge che lo stesso Ministro è delegato dal Presidente del Consiglio allo svolgimento di tutte le funzioni che fanno riferimento alla SNA . Nel contempo però la SNA fa parte dell’amministrazione della Presidenza del Consiglio dei ministri. Basti considerare che il contingente di personale non docente rientra nella dotazione organica, dirigenziale e non, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e segue lo stesso comparto di contrattazione collettiva; il controllo di regolarità amministrativo contabile sugli atti comportanti spesa è esercitato dall’Ufficio di bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri; lo stanziamento finanziario annuale, disposto con la legge di approvazione del bilancio dello Stato, per approdare nel bilancio autonomo della Scuola “transita” prima in un capitolo dello stato di previsione delle entrate della Presidenza del Consiglio poi in un capitolo del centro di responsabilità del Dipartimento della funzione pubblica, che provvede al progressivo trasferimento delle risorse con cadenza trimestrale.
Il secondo punto di criticità riguardava l’assetto interno, soprattutto in riferimento alle figure del Presidente e del Dirigente amministrativo. Il primo, vertice dell’istituzione e responsabile diretto della linea didattico scientifica; il secondo, vertice dell’amministrazione e responsabile diretto della linea gestionale e delle attività strumentali alla didattica. Ciò nelle dinamiche fattuali si traduceva in un potenziale conflitto organizzativo dal momento che il processo decisionale e le relative responsabilità non erano delineati in modo chiaro e preciso, con la conseguenza che a fronte delle indicazioni presidenziali potevano opporsi veti dirigenziali, rischiando così la burocratizzazione del sistema. In effetti, già dalla semplice lettura delle disposizioni emergeva chiaramente che dal punto di vista della “provvista” la figura del Presidente a quella del Dirigente amministrativo seguivano procedure parallele e non connesse in modo forte. Infatti, il Presidente era (ed è) nominato dal Presidente del Consiglio su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione; il Dirigente amministrativo era nominato, per delega, dal Ministro della pubblica amministrazione, sentito il Presidente della Scuola. Pertanto, dalla semplice lettura delle disposizioni sulle modalità di nomina, si evinceva che le due figure di vertice della SNA fossero più legate dalla medesima relazione con il Ministro della pubblica amministrazione, che non dalla reciproca dipendenza organizzativa e ciò è oggi accentuato, come poi si vedrà, dall’introduzione della figura del Segretario Generale. Nelle dinamiche reali è esistito finora un ulteriore dato da segnalare: il Presidente è comunque “esterno” all’apparato essendo stato negli ultimi vent’anni un professore universitario, mentre il Dirigente amministrativo è “interno”, in quanto dirigente di prima fascia dei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri (ciò che si è verificato anche qui negli ultimi vent’anni). Questa ulteriore caratteristica si rifletteva potenzialmente sulle dinamiche organizzative fattuali sia in termini positivi (massimizzare i benefici delle diverse appartenenze per far funzionare meglio l’organizzazione) sia in termini negativi (operare per se stessi, nei rispettivi “mondi” di provenienza, in funzione di ulteriori sviluppi della propria carriera). Sul versante strettamente amministrativo esisteva poi una situazione organizzativa formale che scontava una duplice criticità: da una parte, l’assenza di potere di firma decisionale posto direttamente dalle norme organizzative in capo ai dirigenti, che potevano operare solo su delega formale del Dirigente amministrativo (dalla firma dei contratti, alla firma degli atti di gestione contabile, alla firma degli altri provvedimenti che impegna(va)no l’amministrazione verso l’esterno); dall’altra il necessario collegamento funzionale dell’Ufficio formazione - e dei tre servizi in questo incardinati - con il Presidente, che ne comportava l’avvalimento di fatto, con il rischio di duplicare anche qui la “linea di comando”. In sostanza, il modello organizzativo della Scuola era di fatto percepito, come una sorta di caleidoscopio che rifletteva la luce a seconda dell’angolo visuale di osservazione. Poteva venire in risalto a volte l’anima didattico scientifica, in altre occasioni (soprattutto nei rapporti con l’apparato della Presidenza del consiglio) quella amministrativa; poi, nell’ambito dell’anima amministrativa, l’ufficio affari generali, concorsi e personale e i tre servizi in esso incardinati erano collegati esclusivamente al Dirigente amministrativo, mentre l’ufficio formazione dipendeva funzionalmente anche, a volte soprattutto, dal Presidente con il conseguente rischio di sviluppare cortocircuiti decisionali e conflitti nell’ambito della struttura . Alla luce della descritta situazione da più parti si riteneva che si dovesse intervenire sul modello organizzativo della SNA per superare le ricordate criticità. Si consideri che il tentativo di riforma precedente a quello già ricordato promosso dalla ministra Madia, è stato tentato a metà degli anni Duemila dall’allora ministro della funzione pubblica Bassanini sempre nell’ottica di trasformare la SNA in una agenzia tecnica collegata alla Presidenza del Consiglio, anche lì senza ottenere esiti positivi .
Insomma, è presumibile che alla luce delle ricordate esperienze negative con la riforma in commento si sia preferito assicurare maggiore funzionalità alla SNA operando una sorta di restyling organizzativo, evitando trasformazioni più radicali che avrebbero potuto suscitare resistenze e scontrarsi con veti incrociati, in particolare da parte sindacale .
2. Le nuove funzioni attribuite.
La riorganizzazione del 2021, ferma restando l’opzione strutturale di fondo, amplia le finalità e i compiti della SNA caratterizzandone in modo più netto il ruolo di “agente interno dell’innovazione amministrativa” . Infatti, si specifica che essa debba promuovere e sostenere, durante tutto il percorso di carriera, la qualificazione, la riqualificazione, la crescita e l’aggiornamento professionale anche del personale che opera negli uffici di diretta collaborazione, in modo tale da rafforzare le competenze e le capacità di chi opera a sostegno e supporto dell’indirizzo politico. Questa statuizione sembra volta a migliorare indirettamente il processo decisionale primario, quindi la definizione di obiettivi, priorità, piani e programmi e l’adozione delle conseguenti direttive generali per l’attività amministrativa e per la gestione. La finalità sottesa alla nuova disposizione è di grande interesse, soprattutto perché nelle esperienze concrete delle dinamiche relazionali tra organi di vertice e amministrazione, il tema della traduzione dell’indirizzo politico in atti programmatici di qualità, con la definizione di obiettivi chiari, fattibili e misurabili costituisce, a partire dalle prime riforme degli anni Novanta, una criticità mai del tutto superata .
Un altro importante compito aggiunto dalla riforma a quelli già svolti riguarda l’attività di ricerca e di studio per l’individuazione di specifiche tipologie di formazione per il personale delle pubbliche amministrazioni preposto allo sviluppo e all’attuazione delle azioni contenute nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Si tratta di affrontare un tema di carattere generale che solo di recente è stato posto all’attenzione con forza nell’ambito della SNA. In effetti, se qualche anno fa l’interrogativo era incentrato su a che cosa servisse la formazione , oggi - partendo dal presupposto che essa debba accompagnare l’intero corso della vita lavorativa dei funzionari pubblici - la domanda risiede proprio su quale debba essere la formazione più efficace e quali siano le metodologie didattiche più appropriate, che vanno legati ovviamente anche alla possibilità di utilizzare la formazione a distanza con gli strumenti digitali. Non è questa la sede per approfondire le possibili soluzioni, ma molto si può attingere dagli studi e dalle esperienze straniere, a cominciare dal filone dell’andragogia , e dagli organismi di formazione privati che operano sul mercato delle aziende. In sostanza, occorre evitare di replicare alla SNA insegnamenti di tipo universitario classico, puntando in modo massiccio sullo studio di casi, sul racconto di esperienze, sulle simulazioni situazionali, sulla prospettazione di scenari inediti e così via. C’è da dire che questo percorso di aggiornamento metodologico è già stato avviato a partire dal 2018; si tratta ora di sostenerlo, rilanciarlo in modo tale da accrescere la competenza didattica così ispirata di tutti i professionisti che sono chiamati a svolgere le attività di formazione nella SNA (professori universitari, magistrati, alti dirigenti, esperti, ecc.).
3. L’istituzione della figura del Segretario Generale e la revisione dei compiti del Presidente.
Tra le novità che si riscontrano nella recente riforma, di sicuro rilievo è l’introduzione della figura del Segretario Generale. Non si tratta del semplice cambio di denominazione al Dirigente amministrativo, ma, come si vedrà, della revisione dello stesso assetto organizzativo. In effetti, se si esaminano le nuove disposizioni, appare chiaro che il Segretario Generale è destinato a diventare una sorta di comprimario, chiamato a gestire la SNA insieme con il Presidente e non più a svolgere soltanto funzioni di supporto, così come si era portati a configurare il Dirigente amministrativo, funzioni che vengono comunque confermate e ampliate. Prima di analizzare punto per punto le principali caratteristiche funzionali della nuova figura, diciamo subito che dal punto di vista del grado di funzione, essa viene esplicitamente equiparata ai capi dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri, strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali anche se, a differenza di questi, non è soggetta a spoil system secco (cessazione dell’incarico al giuramento del nuovo governo), ma come in precedenza ad una durata prestabilita di quattro anni con possibilità di conferma. Inoltre, il Segretario Generale viene inserito tra gli organi della SNA (art. 4, d.lgs. n. 178 del 2009) e tra i componenti effettivi del Comitato di gestione, mentre il Dirigente amministrativo non costituiva un organo e partecipava alla sedute del Comitato, ma senza diritto di voto. Ed ancora, mentre per la nomina del Dirigente amministrativo doveva essere “sentito” il Presidente, per il Segretario Generale questa statuizione non è più prevista.
A questo punto, se si volessero classificare i compiti del Segretario Generale, secondo la sfera di autonomia decisionale stabilita dalla normativa, si potrebbe dire che essi sono riconducibili a tre tipologie: a) compiti propri ed esclusivi; b) compiti di codecisione; c) compiti di proposta e consultivi. Iniziando dall’indicazione dei compiti propri, vanno considerati innanzi tutto quelli relativi alla titolarità del centro di responsabilità amministrativa e della gestione dell’apparato (e in ciò non si discosta dalla posizione del Dirigente amministrativo); di maggiore interesse organizzativo sono i compiti nuovi relativi alla definizione con proprie delibere dell’organizzazione interna della Scuola e all’adozione delle disposizioni occorrenti al suo funzionamento, alla “nomina dei dirigenti della Scuola”, alla proposta al Comitato di gestione del bilancio di previsione, delle variazioni e del rendiconto consuntivo annuale, alla predisposizione di progetti di sviluppo attraverso accordi per la formazione manageriale, alla proposta del regolamento contabile e finanziario per l’approvazione del Comitato di gestione (regolamento previsto già nella riforma del 2009 e finora non approvato); tutte attività che in precedenza facevano capo al Presidente. Pertanto, si può constatare che nel disegno organizzativo che si va costruendo, il dominus della struttura amministrativa diventa il Segretario Generale, con il conseguente ridimensionamento della posizione del Presidente, il quale su alcune questioni non deve essere neanche sentito. In alcuni casi, l’attribuzione di compiti al Segretario Generale sembra essersi spinta troppo in là. Ad esempio, a chi si occupa di dirigenza pubblica, balza subito agli occhi una evidente questione legata al tema della nomina dei dirigenti. La disposizione così come è stata scritta sembra attribuire la nomina di tutti i dirigenti della SNA, compresi quindi i due dirigenti generali, al Segretario Generale. Se così fosse ci troveremmo di fronte ad una rilevante deroga alla procedura usuale e consolidata, prevista dall’art. 19, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001, dove per le amministrazioni statali si stabilisce che “gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente…”. Occorre pertanto procedere ad una interpretazione della disposizione orientata a salvaguardare l’integrità dell’ordinamento del lavoro pubblico. La soluzione potrebbe essere la seguente: per quanto riguarda i dirigenti preposti agli uffici di livello generale della SNA, il Segretario Generale si limita a firmare il contratto individuale accessivo al d.P.C.M. di conferimento dell’incarico, mentre per i dirigenti dei servizi non generali egli firma sia il decreto di conferimento dell’incarico sia il contratto individuale con il dirigente. Un ulteriore tema legato al conferimento degli incarichi dirigenziali, riguarda il ricorso o meno alle usuali procedure di “interpello”, in un contesto dove i posti di funzione e la dotazione organica sono per legge dentro l’amministrazione della Presidenza del Consiglio. Qui è facile intuire che anche per la SNA si dovranno continuare ad applicare le usuali procedure seguite dalla Presidenza, con tutte le conseguenze relative alla programmazione dell’affidamento degli incarichi, ai contingenti da rispettare e così via.
Passando ai compiti di codecisione, occorre far riferimento all’introduzione delle “intese” tra Presidente e Segretario Generale in ordine ai più importanti atti programmatici della Scuola. Si tratta della elaborazione delle strategie di sviluppo relative alle attività di formazione, della redazione del programma triennale e del programma annuale e della disciplina dei diritti di proprietà intellettuale e delle attività per conto terzi. Dalla lettura delle disposizioni sembra emergere che questo tipo di intese siano da ascrivere alla versione forte, dove è necessario che i soggetti interessati si mettano d’accordo; in pratica, l’intesa c’è o non c’è, non essendo stati previsti meccanismi di superamento delle eventuali discordanze di vedute secondo forme per così dire di seconda istanza. Allo stesso tipo di compiti di codecisione è ascrivibile quello relativo all’attuazione delle delibere del Comitato di gestione (del quale è componente effettivo il Segretario Generale), anch’esso affidato in precedenza al Presidente.
Compiti più tradizionali da porre in capo al vertice amministrativo, sono quelli di proposta e consultivi che vengono confermati e ampliati. In effetti, il Segretario Generale viene sentito dal Presidente in occasione di qualsiasi decisione che impatta sulla gestione finanziaria e sull’organizzazione nonché per la nomina delle commissioni esaminatrici per i concorsi e i corsi.
4. La soluzione del contenzioso con i docenti a tempo indeterminato.
In sede di conversione del decreto legge n. 80 del 2021, all’articolo 5 è stato aggiunto un comma, il 3-bis, dove si stabilisce che “fino al 31 dicembre 2026, nell’ipotesi in cui i docenti esercitino l’opzione per il regime a tempo definito, il trattamento economico ad essi spettante è corrispondentemente ridotto e nei confronti degli stessi non si applica la disposizione di cui all’art. 2, comma 4, secondo periodo del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 novembre 2015, n. 202” . La disposizione pone fine a un contenzioso promosso dai docenti appartenenti al ruolo ad esaurimento dell’ex Scuola superiore dell’economia e delle finanze (SSEF) che si trascinava da anni e, pur essendo arrivato a sentenza definitiva, non sembrava essere del tutto concluso. Per dare un’idea di che cosa si tratti, basti considerare che nell’attuale assetto della SNA operano tre categorie di docenti: i docenti a tempo indeterminato appartenenti al ruolo ad esaurimento ex SSEF, divenuti dipendenti della SNA in seguito della riforma del 2014; i docenti a tempo pieno incaricati dal Presidente per un periodo in genere di un anno e posti in posizione di comando, aspettativa o fuori ruolo; i docenti a tempo parziale (detti temporanei) che mantengono il rapporto di lavoro con l’amministrazione, con l’impresa di appartenenza o l’attività libero professionale, sempre con incarico annuale. Il regolamento del 2015 ha disposto che ai docenti a tempo indeterminato e a tempo pieno (scelti tra dirigenti di amministrazioni pubbliche, magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati dello Stato e consiglieri parlamentari) si applica il trattamento economico annuo lordo dei professori universitari di prima fascia a tempo pieno; ad essi si applica inoltre la disciplina delle incompatibilità e delle autorizzazioni previste dalla legge per i docenti a tempo pieno delle università. Di conseguenza, senza prevedere alcun periodo transitorio, la norma ha avuto un immediato duplice effetto negativo: ha ridotto di molto lo stipendio in essere (in quanto secondo il precedente regime i docenti della SNA conservavano il trattamento economico proprio della carriera e della posizione di provenienza, in genere ben più elevato di quello dei professori universitari); ha precluso inoltre agli stessi docenti SNA di svolgere attività libero professionali, in quanto non si prevede(va) il regime di impegno a tempo definito, così come avviene negli atenei. Di conseguenza, quasi tutti i docenti a tempo pieno allora presenti sono rientrati nelle amministrazioni di appartenenza, mentre i docenti a tempo indeterminato hanno intrapreso un’azione legale, che è sfociata in una serie di sentenze: in prima istanza favorevoli del TAR, interlocutorie del Consigli di Stato con remissione della questione di costituzionalità della disposizione primaria alla base del regolamento (art. 21, decreto legge n. 90 del 2014, convertito in legge n. 114 del 2014), definitive sfavorevoli del Consiglio di Stato , che ha riassunto le cause dopo la pronuncia della Corte costituzionale . Quest’ultima ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità prospettate soprattutto per violazione del principio di uguaglianza e del legittimo affidamento, in quanto la SNA non può essere considerata una sorta di università né possono essere considerati a pieno titolo professori universitari di ruolo i docenti che in essa svolgono attività didattiche.
5. Un lungo periodo di transizione.
Il nuovo disegno organizzativo della SNA non scaturisce direttamente dalla disposizione primaria, ma necessita di una serie di nomine e di atti in corso di adozione. Il che lascia presagire che il periodo di transizione verso il nuovo modello non sarà breve, anche perché negli ultimi mesi il piglio decisionale di funzione pubblica è apparso un po’ appannato. Si consideri infatti che: il Presidente uscente ha concluso il suo mandato quadriennale il 15 febbraio 2021 e il nuovo Presidente è stato nominato con d.P.C.M. del 23 settembre 2021 (registrato dalla Corte dei conti il 5 ottobre 2021); il posto di dirigente amministrativo si è reso vacante il 1° marzo 2021 con il pensionamento del titolare e solo il 15 aprile 2021 è stato nominato ad interim – “nelle more del perfezionamento dell’intervento legislativo di riordino della Scuola” - un dirigente generale che conserva il proprio incarico presso il Dipartimento della funzione pubblica. Ma vi è di più. Il decreto legge, nella versione originaria, non prevedeva un regime transitorio, pertanto nella legge di conversione si è dovuto aggiungere che: “il dirigente amministrativo della Scuola nazionale dell’amministrazione permane in carica per il disbrigo degli affari strettamente attinenti all’ordinaria amministrazione fino alla nomina del Segretario generale della Scuola medesima”. In questo modo si è prodotta una strana situazione organizzativa dove, al momento, il Presidente, seppur ridimensionato, assume le decisioni di competenza e svolge le proprie attività pleno iure, ma l’implementazione delle stesse trova ostacolo nel ruolo minimale affidato in questo periodo al Dirigente amministrativo, il che lascia intravedere un modo di procedere lento e difficoltoso, almeno fino alla nomina del Segretario generale. Solo per fare un esempio, si pensi alla necessaria predisposizione del bilancio 2022-2024 prima della fine dell’anno (per la SNA non è previsto l’esercizio provvisorio), che sicuramente sottende a scelte strategiche non riconducibili agli affari strettamente ordinari e allo svolgimento di altri analoghi compiti che rientrano tra quelli ormai di competenza esclusiva del Segretario Generale, per i quali non è stata prevista una gestione transitoria. Inoltre, dopo la nomina del Segretario Generale non sarà tutto risolto se non altro perché la disposizione stabilisce che egli dovrà innanzi tutto ridefinire l’organizzazione interna della Scuola (entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge, ormai già abbondantemente trascorsi) ed elaborare il nuovo regolamento contabile.
In definitiva, dall’analisi che precede sembra emergere in modo chiaro che questo ennesimo tentativo di riforma della SNA non sarà né rapido né semplice, in quanto i molti nodi problematici ricordati all’inizio rischiano di essere sciolti se non attraverso un lungo cammino di progressiva revisione delle modalità di funzionamento della struttura, la quale mentre prima era sbilanciata verso la figura del Presidente, ora sembra sbilanciata verso la figura del Segretario Generale. Come spesso succede, ed è già successo, il tutto si risolverà nel migliore di modi se le persone chiamate a svolgere i due ruoli chiave saranno propense ad andare d’accordo ed a portare avanti in sintonia i propri compiti. Così, la SNA continuerà a programmare, organizzare ed erogare la formazione mentre, in parallelo, si avvierà in concreto la fase di riorganizzazione: in tutte le riforme precedenti questa è la situazione che si è verificata ed è facile prevedere che ciò si ripeterà nel prossimo futuro.