testo integrale con note e bibliografia

Il legislatore è intervenuto sulla normativa sanzionatoria attualmente in vigore, contenuta nell’art. 116 della legge 388/2000, per potenziare il contrasto all’evasione contributiva. Sono state così introdotte alcune modifiche con riguardo al sistema delle sanzioni civili collegate all’inadempimento dell’obbligo contributivo e alcune novità per agevolare i rapporti tra gli uffici degli enti previdenziali e i contribuenti nell’ottica di facilitare gli adempimenti e stimolare l’emersione spontanea di basi retributive imponibili.
E’ noto che i contributi previdenziali obbligatori devono essere versati entro i termini e con le modalità di calcolo stabilite dalla legge e se questa regola non viene rispettata si determina un'inadempienza contributiva che deve essere regolarizzata. In assenza del tempestivo pagamento dei contributi e in relazione alla gravità dell'inadempienza la legge prevede sanzioni diverse di tipo civile, penale e amministrativo.
In particolare, la sanzioni civili in materia di inadempimento delle obbligazioni contributive nei confronti di enti previdenziali, hanno la funzione di rafforzamento dell'obbligo contributivo e di risarcimento del danno subito dagli enti per il mancato tempestivo pagamento di contributi.
Su questo fronte è intervenuto di recente il legislatore con l’art. 30 del D.L. 02/03/2024, n. 19, convertito in Legge 56/2024, a modifica e integrazione del sistema disciplinato dall’art 116 della Legge n. 388/2000.

Sanzioni civili in caso di inadempimento contributivo
Un primo intervento attiene al sistema delle sanzioni civili nei casi di omesso o tardivo versamento dei contributi previdenziali che vengono così rimodulate.
Nello specifico sono previste due ipotesi di base, quella di cui alla lettera a) del comma 8 dell’art 116 della Legge n. 388/2000 in tema di omissioni contributive quella di cui alla lettera b) del medesimo comma 8 in tema di evasione contributiva.

Omissione contributiva
Nel primo caso, relativo al mancato e/o al ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è rilevabile dalla denuncia e/o registrazione obbligatorie, il contribuente è tenuto al pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti. Se poi il pagamento avviene entro 120 giorni in unica soluzione, spontaneamente prima di contestazioni o richieste da parte degli enti impositori, la maggiorazione non trova applicazione.
In ogni caso, la sanzione civile non può essere superiore al 40% dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge.
La novità rispetto al previgente sistema è rappresentata dal fatto che, a decorrere dal 1 settembre 2024, se il pagamento avviene entro 120 giorni in un'unica soluzione, spontaneamente e prima di contestazioni da parte degli enti impositori, Il contribuente sarà tenuto al pagamento di una sanzione pari al tasso ufficiale di riferimento, senza alcuna maggiorazione ulteriore.
Si tratta di una ipotesi di ravvedimento operoso da parte del contribuente che ne premia i comportamenti virtuosi con una sostanziosa riduzione delle sanzioni civili (in pratica si paga il 2,5 % all’anno anziché l’8%).

Evasione contributiva
Nella seconda ipotesi di evasione contributiva connessa a registrazioni, denunce o dichiarazioni omesse o non conformi al vero, poste in essere con l'intenzione specifica di non versare i contributi o premi mediante l'occultamento di rapporti di lavoro, retribuzioni erogate o redditi prodotti, ovvero di fatti o notizie rilevanti per la determinazione dell'obbligo contributivo, è previsto il pagamento di una sanzione civile in ragione d'anno pari al 30%, fermo restando che la sanzione non potrà comunque essere superiore al 60% dell'importo dei contributi o premi non versati entro la scadenza di legge.
Anche in tale ipotesi sono previste riduzioni in caso di ravvedimento operoso.
Se la denuncia della situazione debitoria è effettuata spontaneamente prima di contestazioni o richieste da parte degli enti impositori e comunque entro 12 mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o premi e il relativo versamento in unica soluzione sarà effettuato entro 30 giorni dalla denuncia, il contribuente sarà tenuto al pagamento di una sanzione civile pari, in ragione d'anno, al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti.
Se il versamento non avviene nei 30 giorni, ma in unica soluzione entro 90 giorni dalla denuncia, il tasso ufficiale di riferimento sarà maggiorato di 7,5 punti.
In entrambe le ipotesi è posibile accedere al ravvedimento operoso mediante rientro rateale, nel qual caso la riduzione delle sanzioni si applicherà subordinatamente al versamento della prima rata.
Ovviamente in caso di mancato pagamento delle rate successive riprenderanno vigore le sanzioni nella misura originaria prevista dalle lettere a) e b).

Accertamenti d’ufficio
Una prima novità mira a deflazionare il contenzioso ed è contenuta alla lettera b-bis), aggiunta dopo la lettera b) all’art 116, comma 10, della della Legge n. 388/2000. La disposizione prevede in caso di accertamento d’uffficio o di verbale ispettivo la riduzione, nella misura del 50%, delle sanzioni civili, se il pagamento dei contributi e premi è effettuato in unica soluzione entro 30 giorni dalla notifica della contestazione.
Anche in questo caso sarà possibile un rientro rateale e l'applicazione della misura premiale sarà subordinata, anche in questo caso, al versamento della prima rata.

Casi particolari di riduzione delle sanzioni civili
Ai sensi del comma 10 della Legge n. 388/2000, art. 116, nei casi di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo, successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa, sempreché il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro il termine fissato dagli enti impositori, sono dovuti gli interessi legali di cui all’art. 1284 del Codice civile, in luogo della previgente sanzione pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti in ragione d’anno.
Ai sensi del successivo comma 15 del medesimo articolo sono previsti ulteriori casi di riduzione delle sanzioni civili.
Fermo restando l'integrale pagamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali, i consigli di amministrazione degli enti impositori, sulla base di apposite direttive emanate dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze fissano criteri e modalità per la riduzione delle sanzioni civili di cui al comma 8 fino alla misura degli interessi legali, in caso di :
a) oggettive incertezze connesse a contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o determinazioni amministrative sulla ricorrenza dell'obbligo contributivo successivamente riconosciuto in sede giurisdizionale o amministrativa in relazione alla particolare rilevanza delle incertezze interpretative che hanno dato luogo alla inadempienza.
La fattispecie non si realizza quando su questioni controverse si sia formato un orientamento giurisprudenziale costante, applicato anche nella prassi amministrativa, ma occorre che se ne consolidi uno diverso e contrastante con quello precedentemente affermatosi sia in sede amministrativa che in sede giudiziaria, come ad esempio quando sulla materia esistono sentenze della Corte di Cassazione discordanti e successivamente interviene una pronuncia delle Sezioni Unite che afferma un diverso principio tale da rendere necessario anche un adeguamento della prassi amministrativa. La riduzione è possibile anche quando vengono emanate norme su materie nuove per fattispecie particolarmente complesse, quando la difficoltà di interpretazione delle norme di settore sia obiettivamente esistente ed infine quando, a causa di indicazioni o avvertenze fuorvianti degli uffici competenti, si sia formato l’obiettivo ed inesatto convincimento di non essere obbligati al pagamento, ma successivamente tale obbligo sia stato invece riconfermato, in via definitiva, in sede giurisdizionale o amministrativa.
b) mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, derivanti da fatto doloso del terzo denunciato, entro il termine di cui all'articolo 124, primo comma, del codice penale, all'autorità giudiziaria;
c) crisi, riconversione o ristrutturazione aziendale per i quali siano stati adottati i provvedimenti di concessione del trattamento di integrazione salariale straordinario e comunque in tutti i casi di crisi che presentino particolare rilevanza sociale ed economica in relazione alla situazione occupazionale locale ed alla situazione produttiva del settore e che rendono probabile l'insolvenza;
Con deliberazione n.1 dell'8.1.2002, del Consiglio di amministrazione INPS, qualora ricorrano le condizioni sopra illustrate ed in base ad una valutazione complessiva del comportamento aziendale pregresso, le sanzioni possono essere ridotte :
1) fino alla misura degli interessi legali, vigenti alla data di presentazione dell’istanza;
2) fino alla misura dei predetti interessi legali, vigenti alla data di presentazione dell’istanza, maggiorati del 50%.
La citata Delibera del C.d.A. individua i seguenti specifici indicatori sui quali va valutato il debitore e quindi l’opportunità di definire positivamente la richiesta:
- comportamento pregresso dell’azienda in relazione al rispetto degli obblighi contributivi;
- correntezza dei versamenti contributivi;
- situazione patrimoniale complessiva;
- rilevanza delle cause che hanno determinato il mancato o ritardato pagamento dei contributi;
- riflessi sul mantenimento dei livelli occupazionali, ovvero sulla ripresa dell’attività produttiva;
- importo delle somme da recuperare;
- incidenza della concessione del beneficio sul recupero del credito.
La massima riduzione della sanzione potrà essere concessa sulla base del comportamento del richiedente nei confronti degli obblighi contributivi mediante una valutazione complessiva della situazione aziendale che tenga conto dei suddetti indicatori.

Una nuova forma di comunicazione con gli uffici dell’Inps
I commi 5, 6, 7, 8 e 9 dell’art. 30 del DL 19/2024 introducono un vero e proprio procedimento amministrativo da svolgersi in contraddittorio tra gli uffici degli enti e il contribuente.
A far data dal 1° settembre 2024 e con la finalità di incentivare la regolarizzazione contributiva, l’INPS sarà tenuta a comunicare in via preventiva agli interessati e agli intermediari “le informazioni in proprio possesso relative alla posizione del contribuente, affinché quest’ultimo possa segnalare all’Istituto eventuali fatti, elementi e circostanze da quest’ultimo non conosciuti oppure provvedere alla correzione di eventuali anomalie derivanti da inadempimenti”.
Sarà una deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’INPS ad individuare i criteri e le modalità con cui gli elementi e le informazioni saranno messi a disposizione del contribuente.
Tale deliberazione entrerà in vigore solo dopo l’approvazione da parte del MInistero del lavoro da adottarsi nel termine di 60 giorni dal ricevimento della stessa.
La finalità perseguita dal legislatore è quella di introdurre una sorta di principio di buona fede contributiva al fine assicurare il rispetto delle scadenze contributive, semplificare gli adempimenti, stimolare l’assolvimento degli obblighi contributivi e favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili.
Per assicurare il raggiungimento di tale obiettivo gli uffici dell’Inps metteranno a disposizione del contribuente tutte le informazioni in loro possesso, anche quelle acquisite da terzi, relative ai rapporti di lavoro, agli imponibili e agli altri elementi rilevanti ai fini della determinazione degli obblighi contributivi.
Dal canto suo il contribuente potrà segnalare eventuali fatti , elementi e circostanze di cui l’Inps non è a conoscenza.

Il contribuente che provvede alla regolarizzazione nel termine che verrà stabilito dal Consiglio di amministrazione dell’Inps , delle anomalie, omissioni ed errori sarà destinatario di una sanzione civile in ragione d’anno:
-in caso di omissione contributiva, pari al tasso ufficiale di riferimento e, in ogni caso, non superiore al 40% dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge;
-in caso di evasione contributiva, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti e, in ogni caso, non superiore al 40% dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge.
In caso di pagamento rateale, l’applicazione della misura agevolata è subordinata al versamento della prima rata. In caso di mancato ovvero di insufficiente o tardivo versamento di una delle successive rate accordate, si ritorna all’applicazione delle sanzioni civili ordinariamente previste nelle ipotesi di omissione od evasione contributiva.
Qualora la regolarizzazione non avvenga nei termini previsti dalle emenande disposizioni del Consiglio di amministrazione dell’Inps si applicheranno le sanzioni civile per come previste dal comma 8 , dell’art. 116 della Legge 388/2000, per come modificate dall’art. 30 del DL 19/2024.

Gli accertamenti d’ufficio
Con i commi 10 e seguenti dell’art. 30 del DL 19/2024, con decorrenza 1 settembre 2024, vengono introdotte nel nostro ordinamento delle misure di potenziamento dell’attività di verifica degli adempimenti contributivi e di contrasto all’evasione che rappresentano una assoluta novità, almeno a livello previdenziale.
Senza pregiudizio dell'eventuale ulteriore accertamento ispettivo, il comma 10 dell’art. 30 del DL 19/2024 prevede che le attività di controllo e addebito dei contributi previdenziali, ivi compresi i contributi dovuti in caso di utilizzo di prestatori di lavoro formalmente imputati a terzi ovvero a titolo di responsabilità solidale, possono fondarsi su accertamenti eseguiti d'ufficio dall'INPS sulla base di elementi tratti anche dalla consultazione di banche di dati dell'Istituto medesimo o di altre pubbliche amministrazioni, alle quali l'Istituto possa accedere in base alla legislazione vigente, e dalla comparazione dei relativi dati, da cui si deducano l'esistenza e la misura di basi imponibili non dichiarate o la fruizione di benefici contributivi, esenzioni o agevolazioni, in tutto o in parte non dovuti.
In sostanza un attività di controllo e accertamento dell’evasione contributiva parallela all’ ordinaria attività ispettiva, in questo caso svolta d’ufficio con interazione a distanza e non presso l’azienda contribuente.
Tale attività sarà rivolta al controllo e all’addebito di contributi previdenziali anche nei casi di responsabilità contributiva solidale per l’utilizzo di lavoratori formalmente assunti alle dipendenze di terzi soggetti in virtù di contratti di appalto ( genuini o meno che siano e figure similari).
L'esigenza sentita dal legislatore di precisare come l’accertamento potrà riguardare anche le fattispecie a responsabilità solidale è segno della presa d’atto del rilievo che oramai il fenomeno delle esternalizzazioni e degli appalti ha assunto nel mondo del lavoro tanto da incidere significativamente sulla esatta e corretta individuazione delle basi imponibili.
Per l'adempimento dei compiti di cui al comma 10, gli uffici dell'INPS potranno:
a) invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti;
b) invitare i contribuenti, indicandone il motivo, ad esibire o trasmettere atti e documenti rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti;
c) inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti o nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti, con invito a restituirli compilati e firmati;
d) invitare ogni altro soggetto a esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica, atti o documenti rilevanti concernenti specifici rapporti intrattenuti con il contribuente e a fornire i chiarimenti relativi, nonché a rendere dichiarazioni su questionari trasmessi dall'INPS.

Tali inviti e richieste dovranno essere trasmessi, in via prioritaria, tramite posta elettronica certificata e dalla data di notificazione decorrerà il termine fissato dall'ufficio per l'adempimento, non inferiore in ogni caso a quindici giorni.

L'avviso di accertamento
Con il comma 13 dell’art. 30 del D.L. 19/2024 viene introddoto un nuovo provvedimento amministrativo volto all’accertamento e riscossione dei contributi previdenziali: l’avviso di accertamento.
Sulla base delle risultanze dell'attività accertativa effettuata d'ufficio, l'INPS potrà formare il c.d. avviso di accertamento, da notificare al contribuente prioritariamente tramite posta elettronica certificata.
Il provvedimento al pari del verbale ispettivo non ha carattere costitutivo, ma meramente ricognitivo degli obblighi contributivi nello stesso contenuti.
Anche in questo caso viene introdotta una misura premiale al fine evidente di accellerare i tempi di riscossione e deflazionale il contenzioso.
Qualora il contribuente esegua il pagamento integrale dei contributi dovuti entra trenta giorni dalla notifica dell'avviso di accertamento, si applicherà la sanzione civile nella misura di cui all'articolo 116, comma 8, lettera b-bis), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, introdotta dal comma 1 dell'art. 30 del DL 19/2024.
In pratica il pagamento entro 30 gg comporterà l’abbattimento del 50 % delle sanzioni civili.
Ovviamente qualora il contribuente intendesse non ottemperare entro tale termine , si applicheranno le sanzioni civili ordinarie e l'INPS provvederà alla notifica di un avviso di addebito ai sensi dell'articolo 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
Da notare come per l’avviso di accertamento , così come per il verbale ispettivo non è previsto alcun termine per una eventuale impugnazione, per cui il contribuente potrà contestare le pretese contributive se ritenute non dovute sia mediante azione giudiziaria di accertamento negativo, che di opposizione ad avviso di addebito ( solo in quest’ultimo caso nel termine di 40 gg dalla notifica).

Risvolti processuali
Il legislatore ha previsto che gli accertamenti d’ufficio si svolgano mediante inviti rivolti al contribuente a comparire o a fornire ogni notizia utile.
Ovviamente trattandosi di inviti il contribuente non è tenuto a darvi obbligatoriamente riscontro anche se il legislatore ha voluto introdurre comunque una misura dissuasiva per rafforzare lo spirito collaborativo e scoraggiare atteggiamenti ostruzionistici.
É stata così introdotta una misura a carattere processuale in tema di onere della prova.
Nel giudizio di accertamento negativo dell'obbligo contributivo ovvero di opposizione all'avviso di addebito di cui al comma 13, la mancata comparizione all'invito di cui al comma 11, lettera a), ovvero l'omessa comunicazione, in tutto o in parte, dei dati, delle notizie e dei documenti richiesti ai sensi delle lettere b), c) e d) del medesimo comma 11 costituiscono argomenti di prova ai quali il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della decisione.
La previsione normativa testè enunciata non appare priva di conseguenze in termini di strategie processuali.
Per la giurisprudenza oramai unanime nei giudizi di accertamento negativo dell’obbligo contributivo ed in quelli di opposizione ad avviso di addebito ricade sull’ente previdenziale l’onere della prova circa la pretesa contributiva oggetto di causa a prescrindere dalla rispettiva posizione processuale di attore o di convenuto.
Per tutte basti citare la massima contenuta nella sentenza Cassazione civile sez. lav., 18/05/2010, n.12108 secondo cui in tema di riparto dell'onere della prova ai sensi dell'art. 2697 c.c., l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorché sia convenuto in giudizio di accertamento negativo ( nel caso di specie si trattava di un giudizio promosso da una società per l'accertamento dell'insussistenza dell'obbligo contributivo preteso dall'Inps sulla base di verbale ispettivo e per la S.C. incombeva sull'Istituto previdenziale la prova dei fatti costitutivi del credito preteso).

Con l’introduzione del comma 14, dell’art. 30 del D.L. 19/24 , il giudice può trarre dal comportamento del contribuente argomenti di prova a cui può attribuirsi rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della decisione.
A bene vedere il meccanismo è già presente nel nostro sistema processuale e consente al giudice di valutare le condotte delle parti anche in sede stragiudiziale, giacchè anche dal contegno delle stesse, anche extraprocessuale, e dalle loro difese il Giudice può non solo trarre argomenti di prova, ma utilizzare tali elementi come unica ragione fondante della decisione.
L'art. 116 c.p.c., infatti, conferisce al giudice il potere discrezionale di trarre elementi di prova dal comportamento processuale ed extra processuale delle parti e può costituire non solo elemento di valutazione delle risultanze acquisite, ma anche unica e sufficiente fonte di prova, idonea a sorreggere la decisione del giudice di merito.
Il meccanismo che oggi viene introdotto nel processo previdenziale avente ad oggetto l’obbligo contributivo riecheggia, ricalcandone lo scopo, quello già previsto in tema di mediazione.
Al fine di perseguire lo scopo principale per il quale è sorto l'istituto della mediazione, ovvero il deflazionamento dell'enorme quantità di processi civili, è necessario che le parti, per l'intera durata della procedura di mediazione, adottino comportamenti conformi al principio della buona fede.
La buona fede impone alle parti di modellare il loro comportamento alle regole di lealtà, onestà e correttezza così da attivare una condotta che, non determinando un apprezzabile sacrificio personale, assicuri comunque un corretto svolgimento della procedura di mediazione.
L’ art. 12-bis del d.lgs. n. 28/2010, comma 1, applicabile a tutte le mediazioni, comprese quelle facoltative, consente al giudice di trarre argomenti di prova ai sensi dell'art. 116 c.p.c. Tale disposizione prevede che dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al primo incontro di mediazione il giudice possa desumere argomenti di prova nel successivo giudizio, ai sensi dell'art. 116, comma 2, c.p.c..
Analogo meccanismo vale ora anche in materia previdenziale, anche in questo caso non si tratterà di mediare ma di accertare l’esatto perimetro dell’obbligo contributivo.
Come è noto, l'espressione argomenti di prova è utilizzata principalmente dall'art. 116 c.p.c. per distinguerli rispetto alla prova vera e propria. Tale disposizione, nel sancire il principio più generale del libero convincimento, afferma che il giudice può trarre argomenti di prova dalle risposte delle parti nel corso dell'interrogatorio libero, dal loro ingiustificato rifiuto a sottoporsi all'ispezione, e più in generale dal loro contegno processuale.
Si tratta di quella che a tutti gli effetti può definirsi una sanzione che valorizza il procedimento di accertamento d’ufficio, evidenziando che la scelta di non partecipare o di non collaborare non debba rimanere senza conseguenze nel merito del successivo giudizio davanti al giudice che, nel prendere una decisione sulla controversia, potrà considerare la mancata collaborazione come un elemento di prova, cioè come indizio sfavorevole alla parte che ha tenuto tale condotta.
In pratica si può parlare di una sorta di inversione dell’onere della prova che impone al contribuente non collaborativo di addossarsi in sede processuale l’onere probatorio negativo della pretesa contributiva avanzata dall’ente previdenziale.

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