testo integrale con note e bibliografia

1. Il nuovo Diritto del lavoro sportivo nell’ambito della riforma legislativa italiana dello sport.
Il nuovo Diritto del lavoro sportivo è collocato all’interno della riforma legislativa italiana sistematica dello sport: realizzata mediante l’adozione di cinque decreti legislativi “principali” (nn. da 36 a 40 del 28 febbraio 2021) e di due decreti legislativi integrativi/correttivi (n. 163 del 5 ottobre 2022 e n. 120 del 29 agosto 2023), tutti emanati nell’esercizio delle deleghe contenute nella legge n. 86 dell’8 agosto 2019, che ne costituisce la matrice originaria e ne ha delineato la cornice giuridico-valoriale.
L’elaborazione della disciplina legislativa dello sport ha impegnato vari Governi. La deliberazione finale dei decreti legislativi nn. 36-40/2021 è avvenuta ad opera del Governo Draghi appena insediato, a completamento dell’iter per il resto tutto portati avanti dal precedente Governo Conte II, sotto la regia del relativo Ministro per lo sport. La legge delega era stata approvata da una maggioranza parlamentare ancora diversa, sostenitrice del pregresso Governo Conte I. La prima correzione, poi, mediante il decreto legislativo n. 163/2022, è stata realizzata dal medesimo Governo Draghi; mentre il secondo e ultimo decreto legislativo n. 120/2023 è stato emanato dall’attuale Governo Meloni. Scadute le deleghe e così definito il quadro legislativo, dal 1° luglio 2023 ne è altresì sopraggiunta l’operatività applicativa per la parte lavoristica, com’è noto più volte rinviata, anche in corso di pandemia, per ragioni di sostenibilità finanziaria del sistema sportivo, in specie dilettantistico.
Può ritenersi, pertanto, maturo il tempo per un esame tecnico-giuridico, con approccio sistematico, dell’area tematica del lavoro sportivo.
Va, però, precisato che la riforma dello sport è un cantiere ancora aperto e tutto da implementare con la normazione attuativa dei provvedimenti legislativi: considerati i numerosi rinvii a fonti secondarie regolamentari statali (decreti ministeriali), cui il legislatore ha delegato il completamento di importanti pezzi di disciplina, ad atti normativi regionali e ai regolamenti dei soggetti e degli enti dell’ordinamento sportivo nazionale; sia anche per la necessità di riformulazione degli accordi collettivi nazionali, in verità già intrapresa, per adeguarli al cambiamento del quadro giuridico di riferimento . Oltre ad essere ovviamente attesa alla prova dell’esperienza applicativa concreta, che è alle battute iniziali.
Il riordino del lavoro sportivo occupa una posizione senza dubbio centrale nell’ambito del vasto disegno riformatore. Il principio generale di tutela dell’attività sportiva come prestazione lavorativa è sancito e dettagliatamente regolato dal primo dei decreti legislativi, il n. 36/2021, dedicato al tema. Il cui Titolo V (articoli da 25 a 42), recante «Disposizioni in materia di lavoro sportivo», stabilisce la disciplina organica del rapporto (e del contratto) di lavoro sportivo, nonché del diritto previdenziale dei lavoratori sportivi, intendendo introdurla «a tutela della dignità dei lavoratori e rispettosa della specificità dello sport» (articolo 3, comma 2, lettera h); nonché articolo 25, comma 1 bis), in tal guisa attuando i pertinenti principi e criteri direttivi della delega legislativa di cui all’articolo 5 della legge n. 86/2019.
Ma tutti i decreti legislativi (anche i successivi quattro) rilevano dal punto di vista del Diritto del lavoro. Il decreto legislativo n. 37/2021 disciplina per la prima volta legislativamente la figura dell’agente sportivo: per il tramite della regolazione dell’accesso e dell’esercizio di tale professione, e dei rapporti di rappresentanza degli atleti e delle società sportive, il legislatore ha mirato così indirettamente a governare anche il peculiare “mercato del lavoro sportivo”. I decreti legislativi nn. 38/2021 e 40/2021 concernono le norme in materia di sicurezza, in particolare degli impianti sportivi e nelle discipline sportive invernali, dunque a tutela dei loro fruitori (lavoratori sportivi inclusi). Il decreto legislativo n. 39/2021 istituisce, infine, il Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche (Titolo II, Capo I), in cui devono essere iscritti tutte le società ed associazioni e gli enti sportivi dilettantistici, e reca norme a tutela dei minori e per il contrasto e la prevenzione delle molestie, della violenza di genere e delle discriminazioni nello sport.

2. Le linee direttrici: la figura giuridica del “lavoratore sportivo”.
Concentrandosi sui principali contenuti innovativi della riforma del lavoro sportivo, mi focalizzo in primo luogo sulla linea direttrice centrale di questa, cioè l’identificazione della nuova figura giuridica del “lavoratore sportivo”, oltre che per i professionisti (come secondo la previgente legge n. 91 del 23 marzo 1981), estesa anche ai dilettanti , finalizzata ad ottenere un reale cambio di passo complessivo nel mondo del lavoro sportivo.
Il decreto legislativo n. 36/2021 ha, infatti, riconosciuto la qualificazione giuridica di “lavoratore sportivo” a tutti coloro (l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico, il direttore di gara e ogni altro tesserato) che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercitino l’attività sportiva verso un corrispettivo (articolo 2, comma 1, lettera dd); articolo 25, comma 1). L’assenza di onerosità, cioè di qualunque forma di compenso o remunerazione, determina, invece, l’esclusione della qualificazione lavorativa, per le prestazioni sportive per le quali sia corrisposto solo il rimborso delle spese: tali tipi di sportivi, originariamente “amatori”, sono oggi riconfigurati come “volontari” (articolo 29).
È di tutta evidenza che sia stato in tal modo ampliato il campo della tutela giuslavoristica, rispetto alla legge n. 91/1981 .
Pur non sconfessando, ma sostanzialmente confermando, la storica distinzione, in Italia, tra professionismo e dilettantismo sportivo (dipendente dalla qualificazione effettuata dalle medesime Federazioni sportive nazionali e dalle Discipline sportive associate) , in concreto questa differenza viene depotenziata sul versante giuslavoristico, ovvero neutralizzata dal punto di vista delle implicazioni sulla configurazione giuridica dei rapporti di lavoro sportivi, diventando non più dirimente, ininfluente in quanto non assurge più a discrimine della qualità o meno di lavoratore, e del carattere lavorativo dell’attività sportiva praticata .
Per effetto del riconoscimento dello status di lavoratori, parimenti agli sportivi professionisti e a quelli dilettanti, il decreto legislativo n. 36/2021 ha realizzato l’estensione anche a questi ultimi delle categorie e del regime giuridico dei rapporti di lavoro, col corrispondente apparato di tutele sostanziali, nonché assicurative e previdenziali (complete: antinfortunistica e contro le malattie professionali INAIL, per malattia, genitorialità, disoccupazione involontaria e assegni familiari, e in specie pensionistica, con l’istituzione presso l’INPS del «Fondo pensione dei lavoratori sportivi»), e con accesso al relativo regime processuale davanti al giudice ordinario, secondo il rito del lavoro (per cui si potranno presentare questioni di rapporto con la giurisdizione arbitrale e con la giustizia sportiva), nonché con la connessa disciplina tributaria. Ciò, secondo un regime legislativo speciale, naturalmente differenziato (e parametrato) in base alla natura giuridica del rapporto lavorativo, che a sua volta dipende dalle modalità concrete di svolgimento dell’attività sportiva, ma temperata da una doppia presunzione (relativa): accanto a quella preesistente (e riproposta) di subordinazione per gli atleti professionisti, la presunzione di collaborazioni coordinate e continuative per i lavoratori sportivi dell’area del dilettantismo , evidentemente finalizzata a tenere gli enti dilettantistici il più possibile indenni dai costi del lavoro subordinato, sopravvenuta ad opera dei decreti legislativi correttivi, in discontinuità con la originaria scelta del decreto legislativo n. 36/2021 di massima apertura e non ingerenza legislativa nella questione qualificatoria dei rapporti di lavoro sportivo. Ne va, perciò, ora vagliata la compatibilità col principio d’indisponibilità, anche da parte dello stesso legislatore, del tipo contrattuale, più volte sancito dalla Corte costituzionale .
Al contempo, poi, l’articolato normativo del decreto legislativo n. 36/2021 registra varie differenze di disciplina tra lavoro sportivo professionistico e dilettantistico, con la conservazione di molti tratti di specialità della regolamentazione dello sport nei settori professionistici .

3. Segue: la filosofia inclusiva.
Va, altresì, evidenziata la filosofia inclusiva che impronta la riforma legislativa dello sport .
In attuazione dei principi di Diritto antidiscriminatorio dello sport, e di parità di trattamento e di pari opportunità uomo-donna nel lavoro sportivo, la nozione di “lavoratore sportivo” opera «senza alcuna distinzione di genere» (articolo 2, comma 1, lettera dd), e articolo 25, comma 1, decreto legislativo n. 36/2021). Per questa via, la riforma offre, per la prima volta nell’ordinamento italiano, legittimazione giuridica al lavoro sportivo delle donne, con attribuzione delle tutele lavoristiche previste per le lavoratrici, compresa la maternità. Il riconoscimento di un settore sportivo come professionistico deve avvenire, inoltre, indipendentemente dal genere (con apertura del professionismo alle atlete) (articolo 38, comma 1, decreto legislativo n. 36/2021), con incentivi economici (mediante un apposito Fondo) per il passaggio al professionismo sportivo di campionati femminili (articolo 39, decreto legislativo n. 36/2021).
Pari opportunità sono fortemente propugnate anche per gli sportivi disabili (Titolo VI, decreto legislativo n. 36/2021), con la promozione e il supporto nella pratica sportiva e con misure di agevolazione nell’accesso al lavoro sportivo e dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, e col tesseramento e reclutamento di atleti paralimpici all’interno delle sezioni paralimpiche dei Gruppi sportivi militari e dei Corpi civili dello Stato.
Il legislatore mostra, infine, particolare attenzione per i giovani atleti, sia a tutela della loro salute e sicurezza, sia nell’ottica di valorizzazione della formazione anche culturale, educativa e professionale, che ne favorisca l’accesso all’attività lavorativa alla fine della carriera sportiva, tra le altre cose incentivando i contratti di apprendistato, dotati di un regime speciale di favore (articolo 30, decreto legislativo n. 36/2021) (sebbene, come contraltare, si pongono le alterne traversie e vicende della abolizione del vincolo sportivo: articolo 31, decreto legislativo n. 36/2021; articolo 41, decreto legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112).

4. L’inquadramento sistematico: costituzionalizzazione dello sport; rapporto coll’ordinamento sportivo; coordinate e valori di diritto sovranazionale.
La riforma legislativa del lavoro sportivo va, naturalmente, inquadrata nell’ambito (e letta alla luce) della recente costituzionalizzazione dello sport, a lungo invocata e realizzata dalla successiva legge costituzionale n. 1 del 26 settembre 2023. Nel solco di un contributo addizionale, addirittura di rango costituzionale, alla direzione – già intrapresa a livello legislativo coll’intervento organico del 2021 – di rafforzamento giuridico-istituzionale dello sport nell’ordinamento italiano, si colloca quest’ingresso in Costituzione, mediante l’aggiunta di un ultimo/settimo comma all’articolo 33, del principio del riconoscimento, da parte della Repubblica, del valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme .
Al riguardo, mi limito soltanto ad evidenziare che la formulazione costituzionale fa proprio lo spirito di alcuni criteri direttivi, di fondo e di scenario, indicati dalla legge delega n. 86/2019 e dai decreti delegati, quali in particolare: il riconoscimento del carattere sociale e preventivo-sanitario e del valore culturale ed educativo dell’attività sportiva, quale strumento di miglioramento della qualità della vita e della salute, nonché quale mezzo di educazione e di sviluppo sociale e di coesione territoriale (articolo 5, comma 1, lettera a), legge n. 86/2019; articolo 3, comma 2, lettera a), decreto legislativo n. 36/2021); e la promozione dell’esercizio fisico strutturato e dell’attività fisica adattata, quali strumenti idonei a facilitare l’acquisizione di stili di vita corretti e funzionali all’inclusione sociale, nonché al miglioramento del benessere psico-fisico sia nelle persone sane sia nelle persone affette da patologie (articolo 3, comma 2, lettera b), decreto legislativo n. 36/2021).
Ed inoltre, per riempire di contenuti il concetto di “attività sportiva” introdotto nella Costituzione (il che è necessario, al fine di delineare il campo della tutela costituzionale), non può che applicarsi il criterio interpretativo “storico-normativo”, rifacendosi dunque alla definizione di “sport” fornita dal legislatore ordinario, a maggior ragione nel caso di specie, date la vicinanza temporale e la continuità della legge costituzionale rispetto alla riforma legislativa del 2021: essendosi quest’ultima, anzi, appunto posta in funzione di anticipazione per via legislativa di un traguardo di risalto ordinamentale dello sport in Italia, consolidato poi al più alto livello con la modifica costituzionale. In effetti, tutte le possibili “forme” dell’attività sportiva, di cui all’articolo 33, ultimo comma, della Costituzione, sono proprio quelle individuate dal decreto legislativo n. 36/2021, articolate (in massima sintesi) tra lavoratori sportivi e praticanti sportivi non lavoratori (cioè volontari). È sport «qualsiasi forma di attività fisica fondata sul rispetto di regole che, attraverso una partecipazione organizzata o non organizzata, ha per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli» (articolo 2, comma 1, lettera nn), decreto legislativo n. 36/2021). La nozione va completata con quella di “attività fisica” (o “motoria”), ossia «qualunque movimento esercitato dal sistema muscolo-scheletrico che si traduce in un dispendio energetico superiore a quello richiesto in condizioni di riposo» (articolo 2, comma 1, lettera f), decreto legislativo n. 36/2021). Si tratta di una definizione legislativa indubbiamente ampia, sebbene volutamente (e correttamente) non onnicomprensiva, non fino al punto cioè da farvi rientrare attività non fisiche, come il fenomeno emergente degli e-sports .
Accanto a questo, va citato il precedente inserimento della materia “ordinamento sportivo”, d’incerta decifrazione, nell’articolo 117, comma 3, della Costituzione, novellato dalla riforma costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, tra quelle assegnate alla competenza legislativa concorrente tra Stato e Regione ; per ciò stesso teoricamente suscettibile, peraltro, di essere coinvolta dai discussi processi di ulteriore regionalismo differenziato, in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione . Finora, però, non si riscontra significativa/innovativa produzione normativa regionale nella materia ed essa è stata oggetto di limitati interventi interpretativi della giurisprudenza costituzionale, che l’hanno circoscritta ad aspetti specifici. Inoltre, con ragionevole sicurezza è possibile affermare che essa non investe la disciplina del rapporto di lavoro sportivo, in quanto questo – concernendo la regolazione di rapporti individuali di lavoro – è riservato alla competenza legislativa esclusiva dello Stato sull’“ordinamento civile” (articolo 117, comma 2, lettera l), della Costituzione), secondo il consolidato insegnamento della Corte costituzionale .
Non si può non notare, comunque, l’ambiguità della predetta materia costituzionale ripartita, per la sovrapposizione lessicale all’“ordinamento sportivo” nell’accezione classica, il riconoscimento della cui autonomia da parte dell’ordinamento giuridico dello Stato risale al noto decreto legge n. 220 del 19 agosto 2003, convertito con modifiche dalla legge n. 280 del 17 ottobre 2003. L’assetto codificato da tale decreto – per cui i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per quest’ultimo di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo (articolo 1, comma 2) – ed il persistente rilievo dell’ordinamento sportivo, internazionale (con le sue fonti, a cominciare dalla Carta olimpica) e nazionale , sono confermati dalla riforma legislativa dello sport: che procede in parallelo, ma al contempo in armonia e in stretto collegamento, coordinandosi coll’ordinamento sportivo , rinvenendosi in essa (dunque, da parte dell’ordinamento giuridico statale) la centralità del tesseramento come atto formale con cui la persona fisica diviene soggetto dell’ordinamento sportivo ed è autorizzata a svolgere attività sportiva (articolo 15, nonché articolo 16 per gli atleti minorenni, decreto legislativo n. 36/2021), connessa all’inserimento di «ogni altro tesserato» nella nozione di lavoratore sportivo (articolo 2, comma 1, lettera dd), e articolo 25, comma 1, decreto legislativo n. 36/2021), nonché alla qualificazione di lavoratore sportivo vincolata all’esercizio dell’attività sportiva a favore di «un soggetto dell’ordinamento sportivo» (articolo 25, comma 1, decreto legislativo n. 36/2021). Il legislatore attribuisce, inoltre, ai regolamenti tecnici della singola disciplina sportiva il compito di individuare le mansioni rientranti tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva (con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale), il cui svolgimento conferisce al tesserato la qualità di “lavoratore sportivo” (articolo 25, comma 1, secondo periodo, decreto legislativo n. 36/2021); stabilisce, poi, che l’elenco delle mansioni necessarie per lo svolgimento di attività sportiva – approvato con decreto dell’Autorità di Governo delegata in materia di sport , sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, e tenuto dal Dipartimento per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri – includa le mansioni svolte dalle figure che, in base ai regolamenti tecnici delle Federazioni Sportive Nazionali e delle Discipline Sportive Associate, anche paralimpiche, sono necessarie per lo svolgimento delle singole discipline sportive e sono comunicate al Dipartimento per lo sport, attraverso il CONI e il CIP per gli ambiti di rispettiva competenza, entro il 31 dicembre di ciascun anno (articolo 25, comma 1 ter, decreto legislativo n. 36/2021). Mentre non sono lavoratori sportivi coloro che forniscono prestazioni nell’ambito di una professione la cui abilitazione professionale è rilasciata al di fuori dell’ordinamento sportivo (e per il cui esercizio devono essere iscritti in appositi albi o elenchi tenuti dai rispettivi ordini professionali) (articolo 25, comma 1, terzo periodo, decreto legislativo n. 36/2021).
Dal legislatore del 2021 sono state, infine, recepite alcune rilevanti coordinate sullo sport, impresse a livello sovranazionale, ed europeo in specie. Basti pensare, nell’ambito del Consiglio d’Europa, alla «Carta europea dello sport», revisionata nel 2021, ad opera della Raccomandazione del Comitato dei Ministri agli Stati membri n. R(2021)5 del 13 ottobre 2021: la cui definizione di “sport” (articolo 2, paragrafo 1), tradotta, è proprio quella trasposta nel decreto legislativo n. 36/2021. Nel sistema multilivello delle fonti del Diritto sportivo, va altresì ricordato che lo sport assurge a valore dell’Unione europea, come sancito dal Trattato sul funzionamento dell’Unione (articoli 6 e 165), e col ben noto ed attuale ruolo della giurisprudenza della Corte di giustizia, tra principio di libertà di circolazione degli sportivi e diritto della concorrenza .

5. Conclusione.
In conclusione, lo sport, nell’alveo della valenza sociale costituzionalmente statuita – che, dunque, deve oggi imprescindibilmente accompagnare il suo ovvio rilievo economico (quasi il 4% del PIL, comprensivo del relativo indotto) – a seguito della riforma legislativa della materia in Italia diviene anche strumento di riconoscimento lavorativo dell’attività.
S’intrecciano, in questo modo, strettamente il diritto allo sport, di cui all’articolo 33, ultimo comma, e il diritto al lavoro, di cui agli articoli 4 e 35 e seguenti, della Costituzione; nonché entrambi vieppiù col principio di uguaglianza e di pari opportunità sostanziali (oltre che formali), di cui all’articolo 3 della Carta costituzionale.

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