TESTO INTEGRALE CON NOTE E BIBLIOGRAFIA

1. Introduzione.
Il presente contributo sintetizza l'intervento svolto in occasione del Convegno “La riforma del diritto sportivo in Italia: profili teorici e risvolti applicativi” tenutosi il 17 aprile 2024 presso l'Università degli Studi di Milano ed organizzato dal dipartimento di Scienze giuridiche “Cesare Beccaria” dell’Università medesima, al quale la scrivente ha avuto il piacere e l'onore di partecipare, con l'invito ad approfondire la tematica del possibile impatto in Italia delle decisioni rese dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea (“CGUE”) il 21 dicembre 2023.
Come noto, tale data resterà indelebile nella storia del diritto sportivo, del quale costituisce un capitolo fondamentale in conseguenza delle tre sentenze rese dal Giudice Europeo nella predetta data:
la pronuncia resa nella causa Causa C-333/21, European Superleague Company v. Fédération internationale de football association (FIFA) e Unión de Federaciones Europeas de Fútbol (UEFA), su rinvio pregiudiziale da parte del Juzgado de lo Mercantil di Madrid ;
la pronuncia resa nella Causa C-680/21, UL e SA Royal Antwerp Football Club v. Union royale belge des sociétés de football association (ASBL), su rinvio pregiudiziale da parte del Tribunal de première instance francophone di Bruxelles ;
la pronuncia resa nella Causa C-124/21 P, International Skating Union v. Commissione europea, in merito alla richiesta dell’International Skating Union (“ISU”), per l'annullamento parziale della sentenza con cui il Tribunale aveva respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della Decisione della Commissione C(2017) 8230 final dell’8 dicembre 2017 .
Ai fini della disamina in oggetto, assumono rilevanza le prime due delle decisioni sopra elencate, in considerazione dell'impatto che potrebbero avere sul calcio italiano e per i c.d. “lavoratori sportivi”, come definiti a seguito della riforma introdotta dal D. Lgs. 36/2021 del 28 febbraio 2021 .

2. La decisione CGUE resa nel c.d. “caso Super Lega”.
La sentenza resa dalla CGUE (Grande Sezione) del 21 dicembre 2023, trae origine dalla vertenza insorta a seguito dell'ideazione e lancio del c.d. “Progetto Super Lega”, al quale avevano intenzione di prendere parte dodici tra i più prestigiosi club professionistici europei , sotto l’egida del presidente del Real Madrid Florentino Perez.
Il Progetto Super Lega è volto alla creazione di una nuova competizione internazionale di calcio professionistico denominata appunto “Superlega” sulla base dell'organizzazione, in via autonoma e separata rispetto all'UEFA, sia della gestione finanziaria, sportiva e disciplinare della competizione (una volta creata) sia dello sfruttamento dei diritti mediatici legati alla competizione nonché delle altre attività commerciali ad essa connesse. In sostanza, si tratta di un modello di competizione alternativo alla Champions League organizzata dalla UEFA per riunire le migliori squadre europee in un torneo maggiormente elitario e particolarmente remunerativo.
Il progetto è stato annunciato lunedì 19 aprile 2021, alle ore 00.30. Tuttavia, ha fin da subito suscitato forti critiche, non solo da parte dell’UEFA e dei club esclusi da tale progetto, ma anche e soprattutto dai tifosi (dei club sia partecipanti sia esclusi). Le critiche sono state mosse sulla base di due principali ragioni: la quasi totale assenza di meritocrazia del nuovo sistema (fondato sulla scelta discrezionale degli organizzatori), nonché l’affermazione di un calcio “aristocratico” e riservato solamente ai club più facoltosi ed influenti, privo di un meccanismo di accesso/retrocessione e soprattutto di un sistema di condivisione delle ingenti risorse che il progetto si prospettava di creare – portando inevitabilmente ad un aumento del divario rispetto ai club “inferiori”.
La UEFA ha fatto leva anche su tali gravi criticità del Progetto Super Lega per difendersi nel giudizio instaurato in Spagna , che ha dato origine a quello sorto avanti alla CGUE.
L'esito della decisione è stato “brandizzato” a gran voce dai media mondiali come la vittoria e l'autorizzazione del Progetto Super Lega, e la sconfitta di UEFA e FIFA.
A ben guardare tuttavia, tale qualificazione non è corretta. Invero, la sentenza della CGUE precisa alcuni passaggi chiave:
la CGUE non è entrata, né intendeva entrare, nel merito del Progetto Super Lega, che anzi la Corte ha citato solo due volte nelle motivazioni;
la sentenza non ha autorizzato la Super Lega, ma si è limitata a sancire il divieto per UEFA e FIFA di impedirla, in assenza dei criteri qui di seguito delineati;
l'oggetto è verificare la compatibilità delle norme rilevanti a livello UEFA (artt. 49 e 51 dello Statuto UEFA) e FIFA (artt.67, 68, 71, 72, 72 dello Statuto FIFA, nonché il B. Regolamento degli incontri internazionali della FIFA), rispetto ai principi di libera concorrenza sanciti dal Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (“TFUE”), in particolare gli artt. 56, 101 paragrafi 1 e 3, e 102 TFUE;
in sintesi, la CGUE ha sancito che l’adozione di norme sull’approvazione preventiva delle competizioni calcistiche tra club e sulla partecipazione di questi ultimi e dei loro giocatori può essere giustificata, in linea di principio, da obiettivi di interesse pubblico , che tuttavia devono essere basati su criteri sostanziali e procedure dettagliate idonee a garantirne la trasparenza, l’oggettività, la precisione e la non discriminazione; pertanto, un regime di approvazione preventiva di competizioni “parallele” (come la Super Lega) al fine di essere giustificato, deve basarsi su criteri oggettivi, non discriminatori e conoscibili in anticipo, onde limitare l’esercizio arbitrario del potere discrezionale conferito all’ente organizzatore. In mancanza del rispetto di tali limiti, vi è senz'altro un abuso di posizione dominante e la restrizione della concorrenza.
Parimenti alla decisione resa dalla CGUE nel caso instaurato dall'Anversa (discusso nel paragrafo 2.) seguente) la Corte ha rimesso la questione sul “tavolo” del giudice nazionale, fornendo tuttavia le linee guida fondamentali per il giudice del rinvio. A quest'ultimo spetterà dunque l'analisi concreta circa la legittimità delle norme UEFA e FIFA alla luce del caso specifico.
La parola “fine” è dunque lungi dall'essere scritta, specie in caso di ulteriori impugnazioni a livello nazionale.
Ad ogni modo, occorre tenere presente che entrambe le parti (ad esclusione della FIFA) nel corso del giudizio avanti alla CGUE hanno modificato le proprie “regole”: tanto la Super Lega , quanto la UEFA .
In relazione a quest'ultimo punto, è stato indicativo il segnale lanciato dalla CGUE al giudice del rinvio, laddove anticipa che – al momento dell'introduzione del giudizio – il quadro normativo era tale da far ritenere alla Corte la mancanza di sussistenza di una cornice legale che garantisse trasparenza, oggettività, mancanza di discriminazione e proporzionalità da parte di FIFA e UEFA .
La conclusione della Corte ha, e avrà, un impatto anche sul sistema nazionale.
In proposito, occorre ricordare come già il 26 aprile 2021, a pochi giorni di distanza dall'annuncio ufficiale del progetto Super Lega, la FIGC in un Consiglio Federale ha deliberato di modificare l'art. 16 delle Norme Organizzative Interne Federali (NOIF) per introdurre il divieto delle società di partecipare a competizioni organizzate da associazioni private non riconosciute da FIFA/UEFA/FIGC – pena (nientemeno) la decadenza dalla affiliazione.
A sole due ore dalla pubblicazione della sentenza del 21 dicembre 2023, la FIGC ha ribadito il principio di difesa dei campionati nazionali, del principio del merito sportivo e del rispetto dei calendari internazionali, richiamando la predetta norma di cui all'art. 16 delle NOIF.
È tuttavia rimasta un po' sotto traccia la critica sollevata a livello europeo nei confronti di tale modifica normativa da parte della FIGC, nel contesto di una interrogazione parlamentare presentata alla Commissione Europea in data 18 gennaio 2024 da parte dell'Euro Parlamentare Antonius Manders per contestare l'illegittimità della modifica introdotta dalla FIGC all'art. 16 delle NOIF rispetto ai principi della concorrenza, proprio alla luce della sentenza del 21 dicembre 2023.
La risposta fornita dalla Commissione in data 15 marzo 2024 è stata (intenzionalmente) evasiva: “La sentenza sulla Super League non stabilisce che i club debbano essere autorizzati a partecipare a competizioni di terzi, né che la semplice esistenza di un sistema di pre-autorizzazione sia illegale. [omissis] Senza un'analisi dettagliata come sopra menzionata, sarebbe prematuro decidere quali azioni la Commissione potrebbe intraprendere a tal proposito. Va notato che l'autorità nazionale italiana della concorrenza e i tribunali nazionali italiani sono anche competenti per applicare gli articoli 101 e 102 del TFUE” .
A prescindere dalla querelle sorta nel contesto europeo, ciò che emerge è che sulla scorta dei principi sanciti dalle sentenze del 21 dicembre 2023, il sistema calcistico (nazionale ed internazionale) non può prescindere dalla valutazione circa la compatibilità delle proprie norme con i principi europei fondamentali relativi alla libera concorrenza (che si affiancano peraltro alla Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea).

3. La decisione CGUE resa nel c.d. “caso Anversa”.
La sentenza della CGUE (Grande Sezione) del 21 dicembre 2023 nel contenzioso instaurato da UL e SA Royal Antwerp Football Club nei confronti di Union royale belge des sociétés de football association ASBL (URBSFA), con l'intervento della UEFA, offre considerazioni interessanti sull'impatto che la decisione può avere sulle regole europee e nazionali in tema di tutela dei vivai, dei quali i “lavoratori sportivi” fanno parte.
La vertenza è sorta a seguito di una domanda di annullamento di un lodo arbitrale che aveva respinto, in quanto parzialmente irricevibile e parzialmente infondata, un’azione di nullità e di risarcimento del danno intentata da un calciatore (UL) e l'Anversa contro UEFA e l’URBSFA .
La norma UEFA oggetto di contestazione è l'Art. 45 (Player lists) del Regolamento UEFA sulla Champions League (e analoga disposizione è vigente in forza dei singoli regolamenti valevoli per le rispettive competizioni UEFA), la quale sancisce l'obbligo per i club professionistici che partecipano a competizioni internazionali tra club organizzate dall'UEFA di iscrivere nella distinta di gioco un numero minimo di otto “giocatori del vivaio locale” all’interno di un elenco comprendente un numero massimo di 25 giocatori. Di questi otto giocatori, almeno quattro devono essersi “formati nel club che li iscrive”. I “giocatori del vivaio locale” (ossia “formati dal club”) sono definiti come i giocatori che, indipendentemente dalla cittadinanza, tra i 15 e i 21 anni per almeno tre anni si sono formati nel loro club o in un altro club della medesima federazione nazionale di calcio.
Trattasi di norme approvate il 2 febbraio 2005 dal Comitato esecutivo della UEFA, ed entrate in vigore in via progressiva a partire dalla stagione sportiva 2006/2007. In sostanza, dalla stagione 2008/2009, la soglia minima è stata fissata a otto giocatori formati a livello locale in una rosa di venticinque, di cui almeno la metà doveva essere “formata dal club di appartenenza”.
È rilevante notare come la disposizione sia stata coniata a livello UEFA sulla scorta dei principi fondamentali sanciti dalla “sentenza Bosman” della CGUE del 15 dicembre 1995, al fine contrastare la pretesa mancanza di incentivi nella formazione di giovani calciatori.
Fino a quel momento, infatti, il limite alle rose era posto in relazione ai giocatori “non-nazionali”, o meglio ai giocatori nati al di fuori della federazione di appartenenza del club in cui militavano, che nelle coppe europee potevano essere al massimo tre nella lista dei convocati per una singola partita. L’effetto della sentenza Bosman è stato, tra molti altri, quello dell’abolizione del tetto al numero di calciatori comunitari nelle rose, proprio per evitare discriminazioni.
L’UEFA, scollegando la nozione di “giocatore localmente formato” da ogni riferimento alla nazionalità, ha cercato un criterio compatibile con i principi del diritto europeo, in quanto idoneo a favorire la tutela dei calciatori provenienti dai settori giovanili senza incorrere in distinzioni basate sulla cittadinanza (nazionale rispetto a quella europea, restando invece in vigore limiti più stringenti per i giocatori di nazionalità extra-europea).
La modifica introdotta dell’UEFA si focalizzava sulla convinzione che, prevedendo un numero minimo di giocatori localmente formati e limitando le rose dei club, si sarebbe evitato che i giovani più talentuosi fossero automaticamente acquistati dalle società economicamente più abbienti.
Analoga disposizione vige a livello nazionale in Italia .
L'URBSFA del Belgio ha adottato delle prescrizioni sostanzialmente analoghe ma, a differenza della norma UEFA, non ha imposto che degli 8 giocatori del vivaio, almeno 4 siano formati dal club di cui trattasi, limitando dunque la formazione degli otto giocatori a livello nazionale. Ad opinione dei ricorrenti: “da un lato, che le norme relative ai «giocatori del vivaio locale» adottate dalla UEFA e dall’URBSFA mettono in atto un piano generale che ha per oggetto e per effetto di restringere la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Dall’altro, dette norme violerebbero la libera circolazione dei lavoratori garantita dall’articolo 45 TFUE poiché limitano sia la possibilità per un club di calcio professionistico come il Royal Antwerp di ingaggiare giocatori che non soddisfano il requisito di radicamento locale o nazionale da esse stabilito e di schierarli in campo in una partita, sia la possibilità per un giocatore come UL di essere ingaggiato e schierato in campo da una società rispetto alla quale non può far valere tale radicamento” .
In sintesi, la disposizione determinerebbe una duplice restrizione: per club, e giocatori.
Tuttavia, la sentenza sembra andare in direzione opposta rispetto ai desiderata dei ricorrenti.
La Corte riconosce infatti che le restrizioni sui giocatori del vivaio potrebbero comportare una discriminazione indiretta verso i cittadini di altri Stati membri, poiché nonostante la formulazione neutrale, tali disposizioni pongono i giocatori locali in una posizione di vantaggio rispetto a quelli di altri Stati membri.
Sebbene la Corte ritenga giustificata tale restrizione relativa all'inserimento nel relativo elenco di un certo numero di giocatori del vivaio – in ragione dell'obiettivo di favorire l'ingaggio e la formazione dei giovani giocatori – per altro, però, pone dubbi sulla coerenza della definizione di giocatore del vivaio, specie con riferimento alla normativa belga priva dei minimo di quattro giocatori di formazione del club stesso – con la conseguenza che qualora a livello nazionale si potessero “acquistare” fino alla metà dei giocatori del vivaio, sarebbe pregiudicato il predetto obiettivo di assicurare e incentivare lo sviluppo dei vivai e del settore giovanile da parte del club .
Per tale ragione, la Corte pare suggerire che i giocatori del vivaio non dovrebbero comprendere giocatori provenienti da club diversi da quello di cui trattasi.
Anche in tal caso, sulla scorta dei principi sopra indicati, la Corte ha rimesso la questione al giudice del rinvio ai fini della valutazione della legittimità delle norme contestate.
È interessante notare come, in sede nazionale, la regola di tutela dei vivai (c.d. “4+4”) è, allo stato, oggetto di dibattito in sede di riforma del calcio discussa avanti al Senato, con diverse parti che hanno prospettato un aumento a “5+5” o “6+6” di tale regola.
È indubbio che un'eventuale novella della norma non potrà non tenere in debita considerazione la decisione che verrà resa dal giudice belga circa i criteri e la definizione di “calciatori formati dal club” sulla scorta dei principi indicati dalla CGUE.
4. Considerazioni conclusive.
Dalle decisioni in commento emerge come – sebbene la valutazione concreta delle contestazioni circa l'illegittimità delle norme oggetto del giudizio non sia ancora definitiva – l'ordinamento sportivo non possa sottarsi al rispetto del diritto e dei principi di matrice europea. Ciò vale tanto per gli organizzatori delle competizioni a livello nazionale ed internazionale, quanto per i club.
Prova ne sia la modifica intervenuta medio tempore alle norme UEFA circa i criteri di ammissibilità di competizioni “terze” rispetto a quelle UEFA.
Analogamente, a livello nazionale è intervenuta la FIGC il 24 maggio 2024 per sospendere temporaneamente il rafforzamento dell'art. 16 delle NOIF discusso al paragrafo 2. supra.
Nell'ambito della valutazione di un possibile impatto delle decisioni della CGUE del 21 dicembre 2023 sui “lavoratori sportivi”, è senz'altro di rilievo un fatto sinora tenuto in limitata considerazione: norme dalla portata analoga a quella degli articoli FIFA e UEFA contestati in sede di giudizio avanti alla Corte di Madrid, così come a maggior ragione la portata dell'art. 16 delle NOIF, come modificato il 26 aprile 2021 (sebbene attualmente oggetto di sospensione temporanea) hanno un inevitabile impatto sui giocatori, i quali necessitano di misure di tutela ad hoc laddove il club per il quale sono tesserati (magari con un vincolo contrattuale quinquennale) aderiscono a progetti “paralleli” analoghi al Progetto Super Lega: nel caso tale adesione avvenga in violazione dei criteri autorizzativi attualmente in vigore a livello FIFA e UEFA, la sanzione in forza delle norme FIGC (in aggiunta a quelle eventuali europee o FIFA) sarebbe l'esclusione del club dalla competizione, con probabile pregiudizio per il rapporto di lavoro.
Anche qualora la partecipazione del club alle competizioni “parallele” fosse legittima, ciò nonostante, il calciatore – laddove non concordasse la partecipazione alla competizione parallela e non gli fosse stata chiesta la previa autorizzazione circa la partecipazione alla competizione “parallela” – necessiterebbe di strumenti di tutela ad hoc per permettergli a cessazione del rapporto, con certezza di ricevere la remunerazione prevista sino alla scadenza originaria del rapporto, salva la c.d. “mitigazione del danno” in caso di nuovo contratto con altro club.
A ciò si aggiungono due nuovi casi sottoposti al vaglio del giudice europeo nelle scorse settimane:
uno su istanza di un ex dirigente di club, con cui è stato sospeso a inizio giugno 2024 il giudizio pendente avanti al TAR Lazio, nel contesto quale è stato chiesto che venga effettuata una valutazione circa la compatibilità di una norma dell’ordinamento di giustizia sportiva italiana rispetto alla normativa UE ; e
uno su istanza di un calciatore, in relazione al quale sono state rese le conclusioni presentate dall'Avvocato Generale Szpunar il 30 aprile 2024, nella causa Causa C‑650/22 instaurata a seguito della domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour d’appel de Mons sull’interpretazione degli articoli 45 e 101 TFUE, presentata nell’ambito di un procedimento che vede coinvolti BZ (un calciatore) e la FIFA in merito al danno che il calciatore sostiene di aver subito a causa di talune norme della FIFA che disciplinano i rapporti contrattuali tra calciatori e club ; nelle proprie conclusioni, l'Avvocato Generale ha messo in dubbio la legittimità dell'Art. 17 del Regolamento FIFA sullo Status e il Trasferimento dei Calciatori, sostenendo che “Queste disposizioni sono tali da scoraggiare e dissuadere i club dall'assumere il giocatore per paura di rischi finanziari. Le sanzioni sportive a cui vanno incontro i club che assumono il giocatore possono effettivamente impedire a un giocatore di esercitare la propria professione con un club situato in un altro Stato membro”.
Qualora la CGUE aderisse alle conclusioni dell'Avvocato Generale, ne conseguirebbe la necessità per la FIFA di apportare specifiche modifiche al proprio Regolamento, ad ulteriore conferma della rilevanza del quadro normativo europeo rispetto alla legittimità della normativa sportiva (nazionale e sovranazionale).

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