testo integrale con note e bibliografia
Introduzione
L’Intelligenza Artificiale si è affermata come uno dei più significativi progressi tecnologici del nostro tempo, rivoluzionando molti settori compreso quello della giustizia. La sua capacità di elaborare enormi quantità di dati e di automatizzare compiti complessi promette di migliorare l'efficienza dei sistemi giudiziari , anche attraverso l’utilizzo di software generativi in grado di comunicare con un linguaggio naturale, di rispondere a domande relativamente complesse e di creare contenuti (testo, immagine o suono) sulla base delle domande e delle istruzioni ricevute. In questo contesto si inserisce la c.d. giustizia predittiva che, attraverso l’uso di algoritmi, si prefigge di fornire una decisione attestata sui precedenti giurisprudenziali.
Nel presente scritto, mi attesto su una definizione di giustizia predittiva (predictive justice) meramente descrittiva del fenomeno.
Il riferimento è pertanto a quegli algoritmi di apprendimento automatico (machine learning) che utilizzano le tecniche dell’elaborazione del linguaggio naturale e dell’apprendimento profondo per analizzare, tramite la ricerca testuale e la clusterizzazione, grandi insiemi di dati, rappresentati da provvedimenti normativi e da precedenti giurisprudenziali, allo scopo di calcolare la probabilità di un esito giudiziario, o per giungere alla scrittura di un testo.
Per giustizia predittiva si intende, quindi, la possibilità di prevedere l’esito di un giudizio attraverso algoritmi che non riproducono né imitano il ragionamento giuridico umano, ma si limitano a “calcolare”, ossia a ricercare, nella gran massa dei dati esaminati, delle correlazioni di natura lessicale e di carattere quantitativo sulle quali costruiscono un modello il cui funzionamento non poggia su alcuna logica giuridica .
In questi termini gli algoritmi di giustizia predittiva non sono in realtà in grado di “predire” il risultato di una controversia, né di elaborare modelli a valenza astratta. Piuttosto gli stessi forniscono soltanto delle previsioni fondate su un mero calcolo probabilistico, basato sul materiale esaminato, che risente necessariamente di qualche “pregiudizio”, ossia dei bias, dei loro creatori umani o nascosti nei dati utilizzati.
Se è ormai acclarato che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale stia già ridefinendo il contesto giudiziario nel suo complesso ciò non ci esonera dal chiedersi se e come l’utilizzo della giustizia predittiva possa effettivamente contribuire ad un miglioramento complessivo del sistema giustizia assicurando la certezza del diritto attraverso la prevedibilità delle decisioni giudiziarie.
Il Regolamento del Parlamento Europeo e la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sull’intelligenza artificiale forniscono linee guida fondamentali per l'utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nel settore legale, promuovendo principi come la trasparenza, la non discriminazione, il controllo degli utenti e la necessità di una supervisione umana. In entrambi viene sottolineato che l'IA deve rappresentare uno strumento per la giustizia senza sostituire il giudizio, l'empatia e le considerazioni etiche insite nel processo decisionale umano.
È necessario trovare un equilibrio tra sicurezza e privacy, tra tecnologie e diritti.
Attraverso la mia esperienza pratica di giuslavorista tenterò una riflessione sull’effettiva utilità dei modelli di giustizia predittiva ad assicurare una maggiore prevedibilità delle decisioni ed una possibile riduzione del carico giurisdizionale futuro.
In particolare, l’attenzione sarà rivolta a valutare l’utilizzo dei modelli algoritmici per garantire una più razionale gestione del contenzioso del lavoro al fine favorire la riduzione dei tempi processuali e l’abbattimento dell’arretrato.
1. Tutela dei diritti - prevedibilità delle decisioni e certezza del diritto
Il funzionamento della giustizia civile in generale e del lavoro in particolare è sicuramente preordinato a garantire l’effettività dei diritti attraverso la loro tutela ed ha un notevole impatto sul sistema economico che finisce per essere inevitabilmente condizionato da un sistema giudiziario che, seppur ispirato a criteri di celerità e prevedibilità delle decisioni, si rivela poi in concreto lento e imprevedibile .
La prevedibilità delle decisioni rappresenta ad oggi – non solo in Italia – un’esigenza che ha acquistato una progressiva funzione prospettica sia con riferimento al miglioramento dell’efficienza della giustizia sia in relazione allo sviluppo delle attività economiche.
Essa, inoltre, assicurando, qualora rigorosamente osservata, una giurisprudenza costante, facilmente conoscibile e, quindi, idonea ad orientare i comportamenti dei consociati comporterebbe un significativo beneficio anche dal punto di vista politico e sociale.
Tuttavia non si può ignorare il fatto che vi sono altri fattori condizionanti l’economia di una Nazione come, ad esempio, la criminalità organizzata; la corruzione; gli appesantimenti burocratici ovvero il costo del lavoro.
Il criterio della prevedibilità della decisione giudiziaria è stato spesso indicato quale contenuto tipico della certezza del diritto .
La certezza non è quindi solo un elemento che attiene al momento della produzione del diritto, ma anche un aspetto dell’applicazione giuridica.
Tuttavia, in una società caratterizzata da rapide trasformazioni, sempre più divisa in gruppi e categorie portatori di interessi diversi, spesso fra loro contrastanti e profondamente mutevoli nel susseguirsi di norme giuridiche, la certezza del diritto fondata sulla prevedibilità della giurisprudenza ha perso progressivamente la sua centralità.
Ed è proprio in forza di questo stato di cose, che è sempre più sentita da parte dei singoli l’esigenza irrinunciabile a quello che può definirsi diritto alla certezza o, in senso lato, alla sicurezza giuridica.
Una certezza affidata sempre più all’attività interpretativa e applicativa del diritto .
È dunque il giudice che nella sua attività di jus dicere non può e non deve limitarsi a ricorrere a procedimenti puramente logico-formali ma è tenuto ad interpretare le esigenze profonde delle società economiche, etiche, sociali.
Questo, ovviamente, non significa affermare che il giudice nel prendere le decisioni proceda attraverso operazioni arbitrarie e discrezionali. In un’ottica argomentativa del diritto, la prevedibilità ex ante delle decisioni giudiziali, non può consistere nel conoscere a priori il contenuto di una sentenza, quanto piuttosto nella garanzia che questa si fondi sulla base di un ragionamento condotto in maniera coerente e conforme al sistema giuridico di riferimento, nel quale operano procedure argomentative razionalmente fondate.
La certezza si fonda quindi sul concetto di controllabilità delle decisioni, che deve essere affiancato a quello di prevedibilità, attraverso il quale è possibile valutare la conformità delle scelte del giudice, non solo rispetto ai parametri giuridici, ma anche in relazione al caso concreto da cui non può certamente prescindersi.
Occorre, pertanto, convenire sul fatto che la certezza del diritto, intesa come assioma, è inconciliabile con l’accertata pluralità di significati attribuibili alle decisioni dei giudici: il valore specificamente giuridico della certezza è dunque la controllabilità delle decisioni giuridiche, certezza del diritto può essere ben parafrasato con “efficienza del sistema giuridico”. Questa certezza […] non è funzione della conoscenza delle leggi alla cui stregua si svolgono dei fatti, ma dell’esistenza, e del rispetto da parte dell’organo decidente e di altri organi, delle regole alla cui stregua si valutano come corrette o come scorrette delle decisioni. Con la prevedibilità delle decisioni in questo senso niente hanno a che vedere relazioni di tipo causale, e fenomeni di tipo probabilistico; la prevedibilità delle decisioni in questo senso si traduce in controllabilità .
La certezza del diritto è da intendersi quindi come certezza che la soluzione giuridica del caso concreto, così come argomentata nella motivazione della decisione del giudice, sia la necessaria conclusione di un ragionamento logico giuridico coerente con il sistema giuridico di riferimento anche se non è l’unica possibile. La soluzione non può essere ripetitiva e perenne, perché le combinazioni tra principi, regole e specificità di ogni singolo caso sono a priori inimmaginabili .
Partendo da questi presupposti, allora, si può convenire che anche una decisione giudiziale all’apparenza imprevedibile potrà essere ritenuta conforme al valore della certezza del diritto, una volta verificati i parametri giuridici e argomentativi in essa contenuti.
La portata innovativa di molte decisioni della giurisprudenza è dovuta anche alla sintesi tra tesi e antitesi delle parti contendenti ed alle sollecitazioni ed ai contributi scaturenti dal contraddittorio.
Non può ignorarsi che il contraddittorio, riconosciuto a sua volta come principio fondamentale e corollario del c.d. giusto processo, sarà inevitabilmente destinato ad appiattirsi qualora si sia in presenza di una decisione elaborata dall’algoritmo, operante sulla base di precedenti input su cui gli avvocati non possono incidere.
Tutto considerato, è evidente che l’utilizzo della giustizia predittiva, generata da algoritmi, non trova alcuna giustificazione nel principio della certezza del diritto concretandosi lo stesso nell’assicurare ai consociati una giustizia del caso concreto che si inserisce, agevolmente, nel sistema giuridico in cui opera perché coerente con i principi fondamentali alla base di quest’ultimo e attenta alla specificità della vicenda storica su cui viene ad incidere .
2. La “calcolabilità” delle decisioni: quale possibile interazione tra algoritmi e modelli decisionali?
Il quadro costituzionale (art. 111 Cost.) ed europeo (art. 47 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali) definisce processo giusto quello fondato sulla sua ragionevole durata, sul contraddittorio tra le parti in condizione di parità e sulla terzietà ed imparzialità del giudice a prescindere dall’esigenza che la decisione sia prevedibile e calcolabile.
La prevedibilità e calcolabilità della decisione al contrario si fondano su un giudizio prognostico che postula la ripetitività statistica dell’esito della controversia. Evidentemente l’assioma di partenza è che sia possibile accomunare sotto un unico tipo svariati casi concreti che, tuttavia, sono per definizione differenti. Esigere, dunque, che le decisioni siano preventivamente prevedibili e calcolabili finisce per porsi in contrasto con il principio di uguaglianza sostanziale (art. 3, co. 2 Cost.).
Significativamente, la legislazione europea che si è confrontata con il binomio qualità della giustizia-prevedibilità della decisione, ha espresso chiaramente la preoccupazione di evitare che l’intero processo decisionale possa essere affidato ad un giudice-robot, che sarà in possesso dei dati personali riguardanti il singolo.
Sul piano normativo, l’art. 22 del Regolamento UE n. 679/2016 sulla tutela dei dati personali ha disposto che l’interessato ha il diritto di non essere sottoposto a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato, compresa la profilazione, che produca effetti giuridici che lo riguardano o che incida in modo analogo significativamente sulla sua persona.
Successivamente, nel febbraio 2017, il Parlamento europeo, ha adottato la Risoluzione recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica, con l’intento di garantire, almeno in linea di principio, la più estesa tutela dei diritti e delle libertà fondamentali in ogni ambito di incidenza informatica.
Nella medesima direzione si è inserita la ‘‘Carta etica sull’uso dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari e nel loro ambiente’’, adottata nella riunione plenaria del 3 dicembre 2018 a Strasburgo dalla Commissione europea per l’efficienza della giustizia del Consiglio d’Europa (CEPEJ).
Nella Carta sono tracciate linee che disegnano un percorso per tutti gli operatori impegnati nello studio, nell’elaborazione e nell’applicazione delle tecnologie computazionali avanzate al settore della tutela giurisdizionale.
In particolare, vengono fissati cinque principi generali che devono permeare tale percorso, i quali fondano la stessa Carta europea dei diritti dell’uomo. Questi sono: 1) il principio del rispetto dei diritti fondamentali della persona sia in fase di progettazione che in quella di attuazione di strumenti e servizi di intelligenza artificiale; 2) il principio di non discriminazione, ossia esclusione di soluzioni e prassi discriminatorie fra individui o gruppi di individui; 3) il principio di qualità e sicurezza, ossia applicazione di criteri di qualità e sicurezza nel trattamento dei dati relativi alle decisioni giudiziarie; 4) il principio di trasparenza, ossia necessità di improntare gli strumenti di Intelligenza Artificiale alla trasparenza ed controllo esterno; 5) il principio di garanzia dell’intervento umano, ossia necessità di assicurare sempre il controllo umano sulle scelte fatte attraverso l’intelligenza artificiale.
Infine, va menzionata la proposta di regolamento Artificial Intelligence Act del 21 aprile 2021, volta ad introdurre disposizioni uniformi per i sistemi di intelligenza artificiale, frutto di un iter partecipato conclusosi lo scorso dicembre 2023 con l’emanazione da parte del Parlamento e del Consiglio europeo dell’AI Act.
L’accordo, rappresenta per gli Stati dell’Unione la prima legge che affronta complessivamente il settore dei sistemi dell’intelligenza artificiale.
In dettaglio, l’AI Act individua quattro categorie di rischio, dove più alto è il coefficiente legato all’utilizzo di un sistema di intelligenza artificiale, riferibile alla potenziale compressione di diritti fondamentali, più severa ne risulterà la regolamentazione. È dunque stilata una classificazione articolata in “rischio minimo”, “rischio elevato”, “rischio inaccettabile” e “rischio specifico sulla trasparenza”. Compare tra i rischi elevati l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale nell’amministrazione della giustizia e nei procedimenti democratici.
L’approccio prudenziale e riduttivo contenuto nell’AI Act relativamente all’utilizzabilità dei sistemi algoritmici in ambito giudiziario costituisce una condivisibile scelta volta a salvaguardare le esigenze del sistema giuridico senza compromettere i diritti fondamentali della persona e principi fondamentali qale quello di uguaglianza e non discriminazione.
Se la giustizia predittiva può rivelarsi uno strumento prezioso capace di implementare la conoscenza del materiale utile alla attività del giudice, nondimeno le tecniche di intelligenza artificiale necessitano di essere integrate nei sistemi giudiziari con piena contezza dei limiti, dei potenziali rischi e delle possibili conseguenze.
I limiti di una decisione interamente automatizzata scontano, oltre a tutto il resto, l’incapacità dell’intelligenza artificiale di adattare il proprio funzionamento al di fuori del modello operativo prestabilito, con conseguente gravissima semplificazione della complessità della realtà nelle sue molteplici evoluzioni.
È perciò fondamentale che le tecniche di intelligenza artificiale rimangano strumentali e di ausilio rispetto all’attività del giudice senza sostituirsi ad esso. Il giudice, chiamato ad intervenire rispetto a situazioni concrete, piene di sfaccettature e mai uguali, non può essere messo di fronte ad automatismi applicativi dipendenti dall’esito di procedure algoritmiche, anche se fondate sui precedenti giurisprudenziali.
Il limite invalicabile per l’utilizzo della giustizia predittiva è rappresentato dal sistema di civil law fondato su norme giuridiche che tendono ad essere generali ed astratte e nel quale la valorizzazione del precedente non può che avere lo scopo di coadiuvare gli operatori del diritto senza mettersi in contrasto con il sistema.
3. Impatto della giustizia predittiva sulla nomofilachia
L’art. 65 dell’Ordinamento giudiziario assegna alla Corte di Cassazione, quale organo supremo della giustizia, il compito di assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, l'unità, del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni.
La funzione nomofilattica va, quindi, intesa come definizione dei corretti criteri ermeneutici e controllo di razionalità dell’opera di selezione della regola compiuta dal giudice di merito.
Le sentenze della Corte di Cassazione costituiscono, perciò, un criterio orientatore per la giurisprudenza nazionale, garantendo la prevedibilità della decisione, senza tuttavia rinunciare alla capacità innovativa del diritto e alla interpretazione conforme alla Costituzione, al diritto euro-unitario e a quello convenzionale in quanto ricognitivo della giurisprudenza costituzionale e di quella delle Corti di Lussemburgo e di Strasburgo, nell’ottica di una tutela multilevel dei diritti fondamentali della persona .
La prevedibilità della decisione non significa immutabilità della giurisprudenza. Ciò implicherebbe, almeno con riferimento alla risoluzione delle questioni sostanziali, l’incapacità dell’esperienza giuridica di adeguarsi ai mutamenti sociali ed economici.
In questi termini la prevedibilità delle decisioni future declinata in termini di nomofilachia costituisce un valore da preservare, un percorso - da sempre seguito dalla Corte di Cassazione - volto ad assicurare la formazione di precedenti autorevoli assicurando il dialogo con le Corti sovranazionali.
La prevedibilità può, nondimeno, essere efficacemente costruita anche dal basso attraverso un confronto giurisprudenziale nel quale l'eventuale dissenso, consapevole e specificamente motivato, diviene uno strumento fecondo per ripensare un dato già sedimentato ma non più attuale.
È un percorso faticoso e dinamico che presuppone il costante confronto dei giudici all’interno delle sezioni degli Uffici di merito e l’istituzione di rapporti continui tra i Tribunali e le Corti di Appello e tra queste e la Corte di Cassazione anche allo scopo di evitare orientamenti contrastanti inconsapevoli.
La costruzione della prevedibilità in termini di giurisprudenza consapevole ha il pregio di esaltare la libertà di interpretazione della legge e di attribuire un significato valoriale alla nomofilachia avulso dalla burocratizzazione della funzione e tale da fondare il vero senso della giurisdizione quale strumento per la tutela dei diritti.
In questo contesto gli algoritmi risultano essere strumenti idonei a fornire una o più “previsioni” basate su una valutazione statistica e retrospettiva delle soluzioni ad una specifica questione contenute in precedenti decisioni .
L’uso di programmi di giustizia predittiva potrebbe perciò aumentare la qualità delle decisioni, intesa come uniformità di giudizio garantendo minori rischi di parzialità. Potrebbero così essere individuati e superati i cd. “contrasti inconsapevoli” della giurisprudenza che tanto incidono sulla prevedibilità delle decisioni.
Certamente però gli algoritmi non possono definire modelli decisionali “giuridicamente corretti” che tengano conto della discrezionalità giudiziaria nell’individuazione e nell’applicazione, anche evolutiva, del diritto a una determinata fattispecie concreta.
A tal fine sarà infatti sempre necessario considerare tutte le circostanze del fatto storico, preesistenti e sopravvenute e solo un giudice sarà in grado di coglierle con tutte le inevitabili sfumature del caso.
Sicuramente i sistemi di intelligenza artificiale possono assolvere egregiamente a tutti quei compiti oggi assegnati all’ufficio per il processo, tra i quali lo studio e la catalogazione dei fatti e la ricerca delle norme e della giurisprudenza ma non possono rivestire una funzione nomofilattica da intendersi quale manifestazione di una giurisprudenza consapevole ed in continua evoluzione.
Il diritto che origina dalla nomofilachia non è una semplice ripetizione di regole ermeneutiche passate, non è la manifestazione di conformismo decisionale e di immobilismo giurisprudenziale, ma è un diritto vivente che guarda al futuro e si ancora al presente.
4.L’utilità dei sistemi algoritmici nel processo del lavoro
Premesso che la prevedibilità delle decisioni sia un valore fondamentale per l’ordinamento nel suo complesso appare difficilmente ipotizzabile, per quanto detto, una sostituzione integrale del giudice-robot al giudice-persona, soprattutto nel contesto giudiziario del lavoro, nel quale la posizione di qualsiasi strumento di decisione automatizzata deve rimanere servente.
Il diritto del lavoro ha una dimensione soggettiva, legata all'interprete che è chiamato ad applicarlo e che nel processo decisionale utilizza le clausole generali valoriali.
Un giudice del lavoro è chiamato costantemente a decidere questioni sicuramente di rilevanza giuridica ma, soprattutto, sociale e deve essere quindi capace di farsi guidare nell’applicazione e interpretazione delle norme dai principi Costituzionali e sovranazionali che non sono immanenti nel tempo, ma si evolvono con la società di cui sono espressione. Stante l’ineliminabile dialettica tra la società e i principi giuridici si ammette con estrema difficoltà la capacità di un algoritmo di saperli interpretare e quindi reinserire nel contesto sociale di riferimento.
Il ragionamento del giudice è soprattutto frutto di valutazione e interpretazione dei fatti che sono stati dimostrati come veri e delle norme di diritto applicabili nonché di interpretazione soggettiva del concetto di equità sostanziale.
La giustizia predittiva c.d. sostituiva che traduce in termini formali il sillogismo giuridico non potrà mai rispecchiare per intero il ragionamento del giudice, che è composto in realtà da una moltitudine di fattori decisionali, e non può, quindi, essere formalizzato e ricondotto a schemi predisposti a priori.
Nondimeno non può non essere riconosciuta l’utilità dei sistemi algoritmici nel processo del lavoro per seguire e controllare le operazioni prodromiche alla decisione: c.d. giustizia predittiva ausiliaria.
L’uso dell’Intelligenza Artificiale e di tecnologie innovative applicate alla giustizia è ancora agli albori nel nostro paese e si concentra soprattutto sulla creazione di database di provvedimenti per facilitare l’individuazione di orientamenti e casistiche.
Ma anche in questo contesto è essenziale il controllo umano per garantire che le decisioni siano rispettose non solo delle norme in senso stretto ma anche dei diritti delle parti.
Ciò richiede una formazione continua dei professionisti legali (giudici e avvocati) sulle nuove tecnologie, una chiara regolamentazione normativa di riferimento, una progettazione etica delle tecnologie con efficaci meccanismi di protezione dagli abusi e da forme di discriminazione.
A tal fine sarebbe, pertanto, auspicabile che il sistema, complessivamente considerato, fosse gestito in via esclusiva da organi e poteri con una forte legittimazione costituzionale.
L’auspicio è che attraverso un costante controllo umano sia possibile contrastare lo sviluppo di forme di passivizzazione conformistica verso le proposte delle macchine e contribuisca a tenere sveglia l’attenzione critica.
Un giudice, pressato da un ruolo colmo, di fronte a cause seriali potrebbe essere tentato di adagiarsi acriticamente sulla “proposta algoritmica”.
E così gli stessi avvocati potranno avvantaggiarsene per valutare quali argomenti escludere e quali utilizzare per essere convincenti con i giudici ma anche, se del caso, escludere la causa le cui probabilità di successo sono basse e prendere in considerazione in maniera più convincente i sistemi di Adr, deflazionando il contenzioso.
5. Ufficio per il processo e Intelligenza Artificiale: sfide e opportunità.
Tutte le relazioni che hanno accompagnato le cerimonie per la inaugurazione dell’anno giudiziario della Giustizia ordinaria del 2025 hanno fatto cenno all’intelligenza artificiale senza, tuttavia, affrontare il tema in termini di concretezza.
In realtà sono numerosi i progetti attualmente attivati dal ministero della Giustizia così come indicati nella relazione sull’amministrazione della Giustizia, consegnata al Parlamento in occasione dell’intervento del ministro per la inaugurazione del corrente anno giudiziario.
Nella relazione si legge che: L’adozione di tecnologie di Intelligenza Artificiale (AI) rappresenta un passo decisivo verso un’analisi giurisprudenziale più efficace. L’AI viene utilizzata per ottimizzare i carichi di lavoro e prevedere criticità, trasformando il dato grezzo in conoscenza utile, attraverso i seguenti esempi concreti di implementazione portati a compimento. Tra gli esempi ricordiamo: l’anonimizzazione automatica delle sentenze civili e penali per una gestione più sicura e conforme ai requisiti normativi; la possibilità di eseguire ricerche avanzate all’interno dei testi delle sentenze civili di merito e dei procedimenti collegati, con collegamenti alla normativa citata nelle sentenze e la capacità di generare delle sintesi dei testi. Inoltre, è stata prevista la possibilità di utilizzare dashboard interattive per monitorare, in tempo reale, la durata dei procedimenti (cd. Disposition time) ed i valori del carico arretrato. Infine, sono stati predisposti modelli di analisi predittiva per stimare i carichi di lavoro e anticipare problematiche organizzative.
L’esplorazione del ruolo dell'IA nel campo della giustizia non è quindi più solo un obiettivo a breve termine ma inizia ad essere oggetto di concrete forme di sviluppo, anche in campo processuale, grazie soprattutto al Processo Civile Telematico: un progetto di innovazione tecnologica e organizzativa che ha rivoluzionato il modo di lavorare di Professionisti, Magistrati e personale amministrativo.
L’integrazione dell'intelligenza artificiale alle attività inerenti ai procedimenti giudiziari offre significative ed indiscutibili opportunità in termini di miglioramento dell’efficienza, della riduzione dei costi, della semplificazione delle incombenze e del miglioramento dell’accesso alla giustizia.
Tutti i campi di impiego dell’intelligenza artificiale nel sistema giustizia, compresa quella del lavoro, possono oggi avvalersi dell’ausilio fondamentale dell’ufficio per il processo che nasce appunto come una struttura organizzativa finalizzata a garantire la ragionevole durata del processo, attraverso l’innovazione dei modelli organizzativi assicurando un più efficiente impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
I programmi di giustizia artificiale potrebbero divenire un indispensabile ausilio, per il lavoro del giudice nella fase conoscitiva dell’attività giurisdizionale consistente nella raccolta e nella elaborazione di informazioni e dati offrendo non solo al giudice ma a tutti gli operatori un sistema che possa far preventivamente comprendere se il diritto vantato potrà – statisticamente- trovare soddisfazione giudizialmente. Una sorta di oracolo processuale.
Una soluzione utile e affidabile se fondata non solo sulla catalogazione delle decisioni precedenti ma anche di tutti gli atti processuali ad esse connessi.
I meccanismi di ricerca automatizzata delle banche dati di giurisprudenza, infatti, scontano il difetto di non essere costruiti in base alle questioni giuridiche di fatto azionate dalle parti.
I benefici sarebbero facilmente misurabili in termini di accelerazione dei processi, riduzione delle liti e impulso a soluzioni concordate ma, soprattutto contribuirebbero al lancio di focus di giustizia predittiva.
La materia lavoristica si presta a simili soluzioni con riferimento all’esame di questioni giuridiche semplici, seriali o standardizzate, poggianti su base interamente documentale e di modesto spessore economico relativamente alle quali l’algoritmo potrebbe assolvere anche una funzione ancillare decisoria lasciando comunque al giudice la decisione finale.
Nel diritto del lavoro non è perciò affatto preclusa una interazione tra algoritmi e decisore umano che può essere utilissima, ad esempio, anche quando occorra quantificare o liquidare una somma con la creazione di banche dati, o di tabelle tecnologicamente più sofisticate di quelle attualmente in uso.
Per tutte queste attività la giustizia predittiva ausiliaria potrebbe senz’altro avvalersi della struttura dell’Ufficio per il Processo che, tuttavia, allo stato, riscontra forti criticità correlate alla carenza di risorse umane e materiali, la cui implementazione ha costituito un preciso obiettivo del piano nazionale di ripresa e resilienza (pnrr): il piano di investimenti e riforme presentato dall’Italia nell’àmbito del programma next generation Eu .
L’Ufficio per il processo può quindi assumere un ruolo fondamentale per l’utilizzo della giustizia predittiva c.d. ausiliaria ma, si ribadisce, questo richiede, oltre ad una formazione specializzata del personale, anche l’accesso alle innovative risorse tecnologiche.
Conclusioni
In conclusione, seppur è innegabile che l'intelligenza artificiale offra degli utili strumenti in grado di facilitare l'accesso alla giustizia e assicurarne l’efficienza, rimane fondamentale mantenere un approccio equilibrato nel quale la tecnologia rimanga un semplice ausilio, senza sostituirsi alla persona.
In questa prospettiva, è chiaro allora che sarà necessario il rispetto di determinati standard etici e il rispetto dei diritti fondamentali, per assicurare un proficuo utilizzo dell’AI da parte del sistema giudiziario che dovrà sfruttarne responsabilmente i benefici senza annichilire i principi fondamentali dell’Ordinamento.
La complessità delle questioni sottese alla giustizia predittiva, sia pure nella sua forma ausiliaria, ha bisogno di operatori del diritto, sensibili, rigorosi e coraggiosi, capaci di comprendere la filosofia della vita che caratterizza il sistema giuridico vigente, di non accontentarsi del pensiero dominante nella consapevolezza che un ordinamento giuridico perfetto, da applicare mediante ragionamenti meramente razionali, formali e logico-deduttivi, non può esistere e concretamente non è mai esistito.
La convivenza tra uomini e macchine richiede l’esplorazione di un nuovo concetto: quello che Paolo Benanti ha denominato Algoretica .
Ci si attende in tal senso una Intelligenza Artificiale più sensibile capace di fondere i meccanismi dell’automazione con principi etici di comportamento, che tengo conto che le decisioni hanno effetti sulle persone. È necessario infatti evitare che si manifestino forme disumane di quella che potremmo definire una “algocrazia”.
In sostanza, abbiamo bisogno di poter indicare i valori etici attraverso i valori numerici che nutrono l’algoritmo. L’etica ha bisogno di contaminare l’informatica. Abbiamo bisogno di un’”algoretica”, ovvero di un modo che renda computabili le valutazioni di bene e di male.
Solo in questo modo potremo creare macchine che possono farsi strumenti di umanizzazione del mondo e, a tal fine, dovremo codificare principi e norme etiche in un linguaggio che sia comprensibile e, quindi, utilizzabile dalle macchine.