Forse quest'anno si potrebbe non dire che "aprile è il più crudele dei mesi" (T. S. Eliot).
Le prossime settimane (come anche quelle precedenti) hanno fatto registrare una inconsueta ventata di novità nel mondo della legislazione e della organizzazione del lavoro.
Non pare esagerato dire che ci si trova di fronte a un cambiamento di stagione del diritto del lavoro.
Basti pensare alle modifiche determinate dalla diffusione del lavoro agile che, dopo la fase emergenziale, si avviano a diventare strutturali. Oppure a quelle derivanti dalla progressiva "digitalizzazione" dell'attività lavorativa o a quelle connesse all'attuazione del PNRR.
È tutto un fiorire di novità sul piano nazionale e su quello europeo: progetti di legge, protocolli, Direttive europee già allo stato di proposta o di bozza avanzata.
Si registra un gran lavorio in sede di Commissione europea, di Ministero del lavoro, di Commissioni parlamentari, di soggetti collettivi sindacali e datoriali, di Istituti di ricerca pubblici e privati: tutti impegnati in un'opera di analisi della realtà, dei bisogni e delle esigenze nascenti dalle nuove condizioni, e di individuazione di adeguate soluzioni.
Una nuova stagione che interessa tutta la realtà del lavoro, quello pubblico e quello privato; oltre all'emergere di situazioni inedite come quella del "lavoro povero" che non riesce più a garantire una retribuzione sufficiente ai lavoratori subordinati, o come il variegato panorama del lavoro non subordinato per il quale si pongono analoghi problemi di compensi adeguati.
Vanno segnalate, poi, talune rilevanti sentenze della Corte costituzionale e della Corte di cassazione, portatrici di significative affermazioni di diritti.
Sarebbe esagerato dire che tutto va nel migliore dei modi; ma non si può, non si deve, ignorare il flusso di vivacità che sta investendo le realtà che ruotano intorno al mondo del lavoro.
Molto probabilmente vi sarà chi di tale ventata di novità (in atto o in potenza) è contento; e altri che disapprovano.
E fra coloro che condividono, qualcuno penserà che quel che è stato affermato e immaginato sia poco e che si debba fare di più.
Ma ciò non toglie che il segno complessivo è sicuramente positivo e che il trend di rinnovamento appare consolidato in una innegabile fase di avanzamento.
Si può, quindi, ritenere confermato quel processo di recupero della centralità del diritto del lavoro che negli ultimi tempi era sembrata attenuarsi.
Nella stessa ottica, va registrato che le mutazioni di contesto culturale, storico, legislativo hanno influito sul ruolo dei soggetti del processo del lavoro (giudici e avvocati) e sulla percezione che della loro funzione essi hanno maturato; con i connessi riflessi sulle modalità con le quali esercitarla e, parallelamente, con le conseguenti ricadute sull'accertamento e la tutela dei diritti delle parti del processo.
Temi sui quali la riflessione non deve mai considerarsi conclusa e, anzi, deve essere mantenuta e alimentata con la vigile attenzione a tutti richiesta dalla peculiarità e dalla rilevanza della materia.
Il quadro che si va così delineando ha richiesto, e richiederà ancor più, un impegno corale e convergente di tutti i soggetti che -in base alla propria natura, al proprio ruolo, alle loro competenze- sono naturalmente coinvolti nell'opera di individuazione dei problemi, di ideazione delle soluzioni, di realizzazione di esse.
E, quindi: giuristi, parti sociali individuali e collettive, pubblica amministrazione.
Soggetti che sono chiamati a un nuovo protagonismo responsabile, analogo a quello che ha positivamente caratterizzato le passate stagioni delle relazioni industriali.
LDE prosegue nel suo impegno di registrare i movimenti, seguire i cambiamenti, darne conto, sempre con l'ausilio prezioso di studiosi, osservatori, analisti, nel comune impegno di fornire ai lettori un contributo di
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