Lo scioglimento anticipato della legislatura ha, inevitabilmente, interrotto il corso dei lavori parlamentari, della discussione, della riflessione in corso su talune significative riforme in materia di lavoro.
Il formarsi di una nuova maggioranza politica verosimilmente si riverbererà su una diversa visione dei problemi sul tavolo, delle priorità di intervento, delle direzioni di riforma. E, probabilmente, alcuni dei progetti resteranno parcheggiati su un binario morto, altri potranno prendere una direzione diversa da quella disegnata in precedenza, altri ancora potranno arrivare al compimento seguendo in linea di massima le linee direttive di azione già tracciate.
I prossimi tempi, quindi, richiederanno più che mai l'attenzione e la partecipazione di giuristi, delle parti sociali e, più in generale, di tutti i soggetti coinvolti nella realtà del lavoro, nelle attività produttive, nei rapporti fra quelli che si usa ancora chiamare "i fattori della produzione".
È una sfida culturale, alla quale sono chiamati tutti i protagonisti in un confronto costante e serrato, forse acceso, con il Governo e con quello che, più in generale, viene indicato come il potere legislativo e con quanti sono titolari a vario titolo della funzione legislativa.
Naturalmente è presto per ipotizzare quali saranno i problemi sul tavolo, quali verranno identificati come priorità, quali verranno rinviati o accantonati.
In tale contesto va salutata con favore e con interesse la nomina della nuova Ministra del lavoro, Calderone, che ha sicuramente competenze tecniche e sensibilità maturate nella sua esperienza professionale e nel suo ruolo di responsabile di vertice di una categoria, quella dei Consulenti del lavoro, per sua natura vicina alla diretta conoscenza dei problemi che coinvolgono le realtà lavorative.
Il che certamente è di buon auspicio.
Va registrato favorevolmente, sul piano del metodo, che la Ministra abbia sin dai primi giorni avuto incontri con le parti sociali.
Si tratta di un metodo apprezzabile, quali che ne siano gli esiti.
Che potranno, comunque, risentirne positivamente, data l'intrinseca utilità del confronto e dell’ascolto reciproci.
È auspicabile che il confronto avvenga su un piano di leale collaborazione, nella consapevolezza che molti (anche se non tutti) i problemi che si collocano sull'attuale orizzonte hanno una matrice comune, incidono su interessi collettivi, richiedono soluzioni condivise al massimo grado possibile.
Tanto più in un contesto economico e sociale particolarmente difficile e travagliato qual è quello che caratterizzerà il prossimo futuro per la presenza di fattori di più ampia portata come la crescente inflazione, la pandemia, talune crisi aziendali e di settori produttivi, il contesto bellico internazionale.
Un buon viatico verso soluzioni che siano al tempo stesso adeguate, efficaci ed efficienti è costituito certamente dall'apporto delle competenze e delle conoscenze dei soggetti che abbiamo richiamato.
Il che, peraltro, corrisponde alla linea editoriale di LDE, da sempre rivolta a tutti quanti, a diverso titolo (scientifico, accademico, professionale, di categoria) sono portatori e interpreti di interessi collegati alle tematiche del lavoro.
Sono noti a tutti, e non serve qui farne un elenco, i problemi presenti sul tappeto; alcuni di essi figurano in questo numero di LDE (salario minimo, rappresentatività sindacale, "giungla contrattuale", transizione digitale, lavoro precario, parità di genere, contesto normativo europeo) ma non esauriscono l'elenco delle urgenze.
Basta solo ricordare che essi sono connotati da un grado di impellenza che ne impone la soluzione nei tempi più brevi possibili.
Ecco la ragione per la quale va ripreso il filo del discorso interrotto dalla pausa elettorale.