Dopo i primi mesi del nuovo Governo, la produzione legislativa e amministrativa mostra già un certo numero di riforme, cambiamenti, modifiche o abolizione di strutture preesistenti concepite per assicurare tutele di vario genere per il lavoro dipendente e per le imprese. Si pensi alla rimodulazione di quel che prima era il reddito di cittadinanza, alla soppressione di Anpal, agli interventi (limitati, al momento), sull’Ispettorato nazionale del lavoro, alla riorganizzazione complessiva del Ministero del lavoro.
E’ presto per formulare valutazioni definitive sia perché occorre vedere gli effetti che in concreto si produrranno, sia perché è necessario che si completi il quadro complessivo che è stato annunciato essere nei progetti del Governo.
E’, quindi, giusto e doveroso sospendere il giudizio e continuare a seguire con la necessaria attenzione gli sviluppi che prevedibilmente vi saranno nei prossimi tempi per valutarne la direzione e i contenuti.
Ma va detto che appare difficile, al momento, lasciare spazio a grande ottimismo. Si ha ,per talune materie, l’impressione che i cambiamenti riguardino soli i nomi degli istituti e delle strutture, mentre non sempre è possibile intravvedere novità strutturali migliorative.
Pur se non si può trascurare che non di rado nomina sunt substantia rerum.
Naturalmente non si tratta di un semplice fatto semantico e, quindi, l’esperienza applicativa servirà a far capire se le intenzioni proclamate troveranno riscontro totale o parziale nei fatti e nei risultati.
Anche perché il contesto generale continua a registrare alti tassi di disoccupazione cui corrispondono livelli salariali di molto più bassi della media europea. Livelli che spesso restano insensibili rispetto alle previsioni della contrattazione collettiva; in relazione alla quale sempre più pressante si pone il tema della efficacia dei contratti collettivi e degli effetti deleteri dei contratti-pirata.
Per non parlare dell’accentuarsi del fenomeno , ancora poco noto all’opinione pubblica, del lavoro povero. Con quel che ne consegue in termini di congruità con la previsione dell’art. 36 della Costituzione.
In tale contesto, un punto di riferimento stabile (e positivo) è costituito dalla normativa e dalla giurisprudenza dell’Unione europea. In questo campo, infatti, si registrano norme e pronunzie delle Alte Corti che pongono dei punti fermi in materie di particolare rilevanza, quali, ad esempio le ferie, l’orario di lavoro, l’impatto della tecnologia nei rapporti e nella organizzazione del lavoro, il whistleblowing.
Di tutto ciò il lettore troverà ampio riscontro anche in questo numero della Rivista.
Che , con il conforto di un crescente numero di lettori, continua a impegnarsi per realizzare uno strumento di servizio, a disposizione della comunità dei giuslavoristi. Con l’obiettivo di fornire informazione e formazione e, al tempo stesso, di realizzare una sede di dibattito e di confronto rappresentativi della pluralità degli orientamenti della Dottrina e della Giurisprudenza e, più in generale, degli addetti al lavoro.