Vi sono delle congiunture nelle quali ai protagonisti di una determinata scena viene chiesto di assumere con coraggio le decisioni che la storia propone, anzi impone.
Una situazione del genere si sta verificando in questi mesi nel mondo del lavoro poiché si stanno presentando con più forza che mai nodi ancora non risolti e che richiedono assunzione di responsabilità e adozione di scelte coraggiose; tanto per i soggetti pubblici, quanto per i soggetti privati collettivi.
Tragiche vicende recenti, susseguitesi con una sequenza temporale impressionante di incidenti mortali sul lavoro, hanno proposto ancora una volta il tema della sicurezza per i lavoratori; facendo emergere, nuovamente, la ritualità delle manifestazioni di cordoglio e la parallela vacuità delle promesse di interventi drastici e risolutivi. Ecco perché è giunto il momento di adottare con coraggio le scelte normative necessarie (i cui contorni sono noti) e le decisioni efficaci in materia di risorse organizzative e materiali (la cui dimensione è palese)
Altro settore nel quale occorrono scelte coraggiose è quello della politica salariale. Non tanto, e non solo, per quanto riguarda la trita questione del salario minimo, per altro non eludibile; ma, più in generale e più estesamente, con riferimento al livello complessivo dei salari. Ancora di recente la Banca d'Italia ha sottolineato l'esigenza di un incremento dei trattamenti retributivi, sostanzialmente fermi in Italia da alcuni anni e notevolmente inferiori alla media europea.
Parimenti incancrenita, e senza che se ne intravveda la riduzione, è la diffusione e la profondità della precarietà lavorativa e del lavoro povero. Le vicende di recente emerse, soprattutto per le indagini della Procura della Repubblica di Milano, in sede di istruttoria penale con riferimento a note aziende della moda e del lusso, hanno aggiunto ulteriori dettagli a un quadro fosco già noto nel settore della logistica, ma non riducibile solo a questi settori produttivi. Vengono alla luce situazioni che vanno ben oltre il perimetro noto dello sfruttamento e che confinano pericolosamente con un moderno schiavismo. Non si può fare a meno di chiedersi come mai tali vicende emergano solo in sede di indagini penali; e come mai non vi siano state adeguate reazioni sul piano del ricorso alla giustizia civile del lavoro e per quali ragioni queste situazioni abbiano fruito della "distrazione" delle associazioni sindacali e datoriali che ben conoscono quanto avviene in tali settori.
Viene da chiedersi: quante e quali dosi di coraggio dei soggetti collettivi (oltre che degli organismi di controllo pubblici) occorreranno perché vengano rimosse le condizioni nelle quali situazioni del genere si determinano, si riproducono, prosperano.
Sicuramente coraggiosa e ricca di significato appare la proposizione di quattro referendum in materia di lavoro; anche se non tutti concordano sulla opportunità dell’iniziativa. La proposizione dei quesiti è, di per se sola, fatto significativo, che pone questioni meritevoli di attenzione. E sicuramente utile sarà il dibattito che si svilupperà in vista del voto, che avrà l’effetto di riportare i temi del lavoro a una nuova centralità e di stimolare l’attenzione di una vasta platea di cittadini.
Ancora più rilevante sarà l'esito della consultazione, quale che esso sia.
Una buona dose di coraggio è stata necessaria per l'iniziativa referendaria e per la raccolta delle firme. Altro coraggio, e non poco, occorrerà per gestire la fase susseguente all'eventuale successo della consultazione referendaria e alla conseguente abrogazione delle norme indicate nei quattro quesiti: non pochi e non lievi, infatti, sarebbero gli effetti (da taluno auspicati, da altri temuti) di tale abrogazione sull'attuale quadro normativo. Parimenti ineludibili sarebbero gli effetti dell’esito negativo dei referendum, magari per il mancato raggiungimento del quorum.
E perciò occorrerebbe un’altra dose di coraggio da parte di tutti i protagonisti (formali e sostanziali, associativi e istituzionali) per esplorare le possibilità di prevenire il referendum con modifiche normative che recepiscano l’ispirazione dei quattro quesiti. Tentativi analoghi sono avvenuti nel passato in occasione di altri referendum; non vi è ragione per non farlo anche in questa occasione. Qui il coraggio dovrebbe portare i protagonisti a sottrarsi alla tentazione dello scontro muscolare e ad affidarsi a un confronto leale e senza pregiudiziali.
La virtù civile del coraggio nasce talvolta dai valori e dalle convinzioni personali, talvolta dalla oggettiva gravità delle situazioni.
Nei casi di cui si è scritto sopra, ricorrono entrambe le condizioni.
Ecco perché è maturo il tempo del coraggio. E della saggezza.