Gli ultimi mesi hanno fatto registrare nel mondo del lavoro un "quadro in movimento" configurato da una ampia e variegata serie di interventi di riorganizzazione e di riforma, che hanno interessato molteplici piani: legislativo, amministrativo, contrattuale, giudiziario.
Basterà pensare alla sezione del PNRR dedicata al mercato del lavoro, al "Protocollo Brunetta" in materia di lavoro agile nella P.A, al Protocollo stipulato fra le parti sociali ancora in tema di lavoro agile, alla "mini riforma" degli ammortizzatori sociali, alla proposizione di "class-action" riguardanti i diritti sindacali.
Per non dire delle discussioni in corso sul tema delle delocalizzazioni, e del gran parlare che si fa sul nodo della "giungla contrattuale" e della proliferazione dei ccnl, così come del dibattito in materia di salario minimo.
Si tratta di eventi che mostrano, se non proprio una nuova centralità del diritto del lavoro, indubbiamente una accresciuta attenzione verso le realtà che attorno ad esso ruotano, con interventi tutti destinati a inserirsi in termini rilevanti nel mutamento dell’attuale contesto della realtà del lavoro.
Questa effervescenza di interventi di varia natura e di diverso oggetto induce a pensare (quale che sia il giudizio su ciascuno di essi) che si sia impostato l'auspicato percorso di transizione verso una nuova visione e verso un mutato assetto dell'organizzazione del lavoro, dei rapporti fra le parti, dei diritti individuali e collettivi.
Tuttavia, non si può fare a meno di rilevare che tale transizione non procede con l'estensione, con la celerità e con la lungimiranza rese necessarie dai mutamenti già intervenuti nel concreto configurarsi della organizzazione del lavoro e dei rapporti fra i soggetti che ne sono protagonisti.
Manca il senso di una visione complessiva, di un progetto organico, di una direzione di marcia univoca secondo i quali modulare e programmare gli interventi nel medio / lungo periodo.
Così come pare ancora prevalere la logica dell'emergenza che ispira provvedimenti estemporanei, volti a tappare le falle del momento, ma non a prevedere e a prevenire quelle future.
Continua a mancare quella tempestività che non è solo una regola di buona amministrazione, ma costituisce -di fronte all'impetuoso procedere degli eventi- imperativo essenziale se si vuole essere protagonisti del cambiamento e non spettatori; se si vuole padroneggiare la transizione e non lasciarsi trascinare dalla corrente.
Preoccupa, inoltre, che troppo spesso ci si fermi all'effetto-annuncio.
Emblematico in tal senso pare il caso degli infortuni sul lavoro che continuano a ripetersi con una drammatica periodicità alla quale seguono analogamente periodiche proclamazioni di indignazione. Senza che, nel frattempo, si riescano a percepire segni concreti di precisi e puntuali interventi, tali da far pensare almeno a un inizio di inversione di tendenza sul piano della prevenzione e su quello delle sanzioni.
Analoghe considerazioni potrebbero essere fatte per le altre situazioni di emergenza, troppo antiche e troppo note perché le si debba ancora una volta elencare.
Pare necessario sottolineare che l'impegno a operare non riguarda soltanto il legislatore e le pubbliche autorità, ma deve investire tutti i soggetti che -a vario titolo- possono contribuire alla individuazione e messa a fuoco dei problemi, alla configurazione delle soluzioni, al perseguimento di esse.
L'appello va rivolto a tutti i componenti della "comunità dei lavoristi" che hanno conoscenze, competenze, capacità per intervenire proficuamente nell'accompagnare e stimolare la transizione: giuristi, parti sociali individuali e collettive, pubblica amministrazione.
Nella fedeltà alla propria funzione di strumento a disposizione della comunità dei giuslavoristi, LDE conferma l'impegno di tenere alta, con l'apporto prezioso degli Autori che generosamente collaborano, l'attenzione sui passaggi futuri di tale transizione, se e quando ve ne saranno.
Con il proposito e l'ambizione di fare da sismografo e da amplificatore di quanto si verificherà in questa stagione di cambiamenti destinata, comunque, a lasciare un segno profondo nella realtà in cui vive e opera ogni "addetto al lavoro".