Nel secondo numero del 2020 di questa prestigiosa rivista, il primo post pandemia da Coronavirus, mi sia concesso di fare qualche riflessione ad alta voce su come il mondo del lavoro, delle imprese e dei Consulenti del Lavoro, hanno vissuto questo evento impietoso, violento, sconvolgente che ha portato morte e angoscia nella popolazione italiana e mondiale.
Se ancora a qualcuno non fosse chiaro, il Covid-19 ci ha mostrato quanto impreparati siamo a gestire emergenze di questo tipo. Il virus ci ha trovati nudi e senza armi, pur consapevoli che ciò, prima o poi, potesse accadere. Ora, a pandemia non ancora finita, il vento già soffia sulla girandola delle responsabilità; discussioni a non finire (spesso stucchevoli) per individuare il/i colpevole/i della pandemia e i colpevoli della impreparazione mondiale al fenomeno. Nel nostro Paese la magistratura è già al lavoro per individuare i colpevoli delle eccessive morti nelle RSA o dei provvedimenti non presi a tutela della salute pubblica.
Ma non è su questo che voglio porre l’accento. Alla emergenza sanitaria si è aggiunta una emergenza sociale ed economica peggiore di quella del decennio post Lehman Brothers.
Il blocco quasi totale delle attività economiche e il fermo delle attività produttive ha di fatto creato una depressione sociale ed economica senza precedenti. E siamo, a mio parere, solo all’inizio. In questo contesto si è mossa la politica e il Governo per cercare di arginare tali fenomeni programmando una serie di interventi volti a sostenere le imprese, i lavoratori e le famiglie.
E qui lo sconcerto è totale. Abbiamo vissuto, oltre all’emergenza sanitaria, un’alluvione di provvedimenti (DPCM, DL, ORDINANZE REGIONALI, PROVINCIALI E COMUNALI), scoordinati e contraddittori dando in pasto alla burocrazia italiana e ad una Pubblica Amministrazione spesso inefficiente, provvedimenti sostentativi che invece di aiutare rapidamente chi ne aveva bisogno hanno fatto si che costoro soffrissero ancor di più tanto che ancora oggi molti lavoratori e imprese non hanno ricevuto alcun sostegno.
Davanti ad una emergenza così travolgente bisognava porre in essere strumenti semplici ed efficaci. Non si può, come è stato fatto, gestire l’emergenza con gli strumenti tradizionali che già funzionano poco e male nella normalità. Gli imprenditori e i lavoratori autonomi lamentano non solo i ritardi nella erogazione degli aiuti ma anche la inefficacia degli aiuti stessi. La gestione della Cassa Integrazione per il sostegno al reddito dei lavoratori è stata un vero disastro. Una diecina le gestioni interessate alle erogazioni (CIGO/FIS/FSB/FSBA/CIGS) degli ammortizzatori sociali, previo passaggio (ed in alcuni casi con necessità di accordo) sindacale e autorizzazione regionale, per mettere in condizione gli enti pagatori di erogare le provvidenze.
La nostra Categoria ha sin da subito denunciato l’inefficacia delle delibere assunte e i ritardi che si sarebbero accumulati nei vari passaggi amministrativi, ma la sordità della politica prima e delle Pubblica Amministrazione poi ha fatto sì che a giugno 2020 molti lavoratori non hanno ancora ricevuto il sostegno al reddito di marzo 2020. A nulla sono valsi i suggerimenti che la nostra Categoria ha dato ai vari livelli istituzionali per far capire che la semplicità avrebbe consentito di dare subito ciò che i lavoratori e le famiglie avevano bisogno.
Il combinato disposto di: una incertezza su a chi e come far arrivare gli aiuti, una tecnica legislativa scoordinata e non è improntata alla chiarezza, una Pubblica Amministrazione impreparata e non incline alla semplicità, il vizio di cercare di controllare in nuce e non a posteriori i fenomeni di malcostume, lo sciacallaggio di chi ha cercato prebende indirette per la propria organizzazione, hanno costretto la nostra Categoria a tour de force incredibile per cercare, nella complessità, di comporre un puzzle non perfetto e mettere in condizione l’Inps e i Fondi Bilaterali di pagare correttamente gli ammortizzatori sociali. Uno sforzo immane che poteva essere evitato semplicemente istituendo un unico ammortizzatore sociale per tutti uguale, erogato da un unico soggetto attraverso una procedura semplice e al tempo stesso efficace chiedendo i dati essenziali subito e quelli complessi a posteriori.
Si pensi poi alle norme sul blocco dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo prorogate sino a metà agosto senza alcuna copertura economica per i lavoratori. A carico di chi sono gli stipendi dei lavoratori durante il periodo di blocco dei licenziamenti? Se non si rifinanzia la cassa integrazione ci troveremo a discutere di una norma che con molta probabilità sarà portata al vaglio della Corte Costituzionale.
Si pensi ancora alle difficoltà di concessione dei permessi per congedi parentali, essendo chiuse le scuole di ogni ordine e grado, a coloro i quali non avevano in famiglia un altro soggetto fruitore di ammortizzatori sociali ed ancora, un ricorso forzato al lavoro agile con una normativa che si è mostrata fragile nel suo complesso.
Quanto successo ci ha ricordato che il nostro diritto del lavoro ha bisogno di una seria riscrittura tenendo conto che l’Italia è fatta soprattutto di micro e piccole imprese. Ce lo ricorda l’Istat: il 95% delle imprese italiane occupa meno di 10 lavoratori. E in queste imprese sono occupate oltre il 60% della forza lavoro italiana.
Cosa fare quindi. Per prima cosa bisogna tendere all’universalizzazione degli ammortizzatori sociali così come è stato fatto con la Naspi in materia di disoccupazione involontaria. Non è più pensabile avere o non avere diritto ai trattamenti di sostegno al reddito in base al numero dei dipendenti in forza o alla categoria merceologica di appartenenza dell’azienda. Tanto abbiamo visto che non prevedere ammortizzatori universali, in caso di disoccupazione ciclica, costringe comunque lo Stato ad intervenire con la Cassa integrazione in deroga agendo sulla fiscalità generale o aumentando il debito pubblico. Tanto vale una seria riprogrammazione degli ammortizzatori sociali con elevate sanzioni per chi li usa indebitamente.
Una rivisitazione del lavoro agile si rende necessaria. In questi mesi abbiamo visto che lavorare a distanza si può e con beneficio di tutti: dei lavoratori, delle aziende e dell’ambiente. Ci vogliono regole nuove che stabiliscano diritti e doveri più stringenti in materia di retribuzione, permessi, riposi, attrezzature, ecc., rafforzando al contempo il diritto alla disconnessione. Un modello che non deve prevedere né l’isolamento dei lavoratori e neanche il riaffollamento delle aziende. In tale modello bisogna prevedere anche un sistema di aiuti alla riconversione di tutte quelle aziende che hanno la loro esistenza grazie al concentramento del lavoro nelle aziende (bar, paninoteche, negozi, ristoranti, librerie, ecc.).
Diventa improcrastinabile una vera semplificazione delle normative in materia giuslavoristica. Ce lo chiede il comune senso di civiltà giuridica. Bisogna combattere il fenomeno del dumping contrattuale che sta facendo impoverire i lavoratori. Il legislatore deve avere il coraggio di intervenire in questa materia visto che gli accordi sulla rappresentanza sottoscritti tra le parti sociali negli ultimi decenni non hanno funzionato. E oggi, a cinquant’anni dallo Statuto del Lavoratori, forse è arrivato davvero il tempo di pensare allo Statuto del Lavoro a beneficio di tutti i lavoratori con qualunque tipologia contrattuale lavorino. Un denominatore uguale per tutti diventa indispensabile.
Infine, appare davvero discutibile una tecnica legislativa costantemente emergenziale, che rincorre i problemi in maniera singola invece di affrontarli sistematicamente e che, soprattutto, evita di confrontarsi con le proprie ricadute pratiche e, talvolta, addirittura con la stessa possibilità di realizzazione effettiva di quanto previsto sul piano teorico. Anche pur volendo considerare la natura di urgenza e necessità con cui sono state scritte pagine e pagine di norme in questi periodi congestionati, non si riescono a giustificare passaggi normativi concretamente inapplicabili o incoerenti sul piano logico e realizzativo. E’ veramente il caso che le professioni e gli operatori tecnici ed intellettuali vengano coinvolti in maniera sistematica e con regolarità dal legislatore e che lo stesso ascolti con attenzione suggerimenti che evitino di lastricare la strada verso l’Inferno sia pure con le migliori intenzioni.