Testo integrale con note e bibliografia
Ogni riforma ha come scopo quello di modificare in meglio cio’ che gia’ esiste partendo dalle esperienze acquisite nel tempo attraverso le osservazioni e l’analisi dei dati. Il confronto con tutti gli operatori portatori di interessi specifici porta ad una sintesi per elaborare soluzioni che vadano nella direzione del cambiamento.
Proprio il confronto e’ il momento generatore di idee, di critiche e di soluzioni.
Questa riforma diventa una nuova occasione per riflettere sull’appalto e sulle sue implicazioni nelle logiche delle catene del valore.
In questa riforma si possono notare elementi di novita’ che rappresentano principi sui quali si muove la logica riformatrice.
I principi cardine di questa iniziativa possono essere individuati in :
- Il “principio del risultato”, inteso quale interesse pubblico primario del Codice medesimo, legato all’affidamento del contratto e alla sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto tra qualità e prezzo nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza;
- Il “principio della fiducia” nell’azione legittima, trasparente e corretta della P.A., dei suoi funzionari e degli operatori economici.
- Il principio di una maggiore flessibilità nell’accesso al mercato
A questi deve essere affiancata l’esigenza da parte del legislatore di semplificare gli adempimenti amministrativo-burocratici per rendere gli iter piu’ veloci.
Su questa partita, pero’, si gioca molto del successo della riforma perche’ se e’ vero che siamo chiamati dalla “ comunita’ europea” a “ fare” e’ altrettanto vero che, nel nostro paese, diversamente da alcuni altri definiti virtuosi, il significato della parola semplificazione, ha spesso assunto toni simili al “liberi tutti” producendo distorsioni nella concorrenza ed altri fenomeni che oggi si cerca di modificare.
Le intenzioni della riforma sono di ampio respiro perche’ mirano a dei principi regolatori che si legano al concreto, inteso come risultato, e al richiamo alla correttezza e buona fede intesa quale fiducia nelle buone prassi; ma queste intenzioni devono tenere conto della realta’ –paese contraddistinta da innumerevoli pratiche non rispettose delle regole. Ecco perche’ semplificare si deve ma occorre porre sempre grande attenzione nel creare e mantenere una agile e flessibile rete di protezione dei lavoratori impiegati negli appalti che non ne mini la sicurezza fisica ed economica.
Appalto
Tralascio in partenza ogni riflessione che, comunque andrebbe fatte circa la genuinita’ degli appalti, i requisiti, e la confusione con la somministrazione non genuina.
Semplificando all’estremo, nella visione dell’appalto ideale la produzione del valore, quindi la ricchezza, dovrebbe essere costituita dalla semplice differenza tra il valore del ricavo e i costi di produzione maggiorati degli oneri di produzione.
Ma se consideriamo l’appalto come una catena di attivita’, spesso rappresentate da molteplici anelli, possiamo verificare che, ad ogni anello, si realizza un valore slegato da quello del precedente passaggio perche’ creato nella logica della massima riduzione dei costi.
Partendo dall’assunto che alcuni costi di produzione, relativi ai beni merce, hanno prezzi , che non possono essere ridotti all’infinito se non a danno della qualita’ degli stessi, se ne deduce che la primaria voce sulla quale si tende ad incidere in maniera importante e’ il costo della manodopera. Questo avviene attraverso molteplici azioni( simulazioni di rapporti -sottoinquadramenti-utilizzo di altre figure di lavoro autonomo-cooperative e distacchi discutibili). Particolare attenzione deve essere rivolta al mondo cooperativo per evitare facili demonizzazioni di un sistema che, invece, deve essere tutelato. Ma non si pu0’ nascondere che proprio dentro a questo sistema si nascondono sacche importanti di comportamenti scorretti ai danni dei lavoratori.
Esistono gia’ da anni studi, sia a livello nazionale sia internazionali, che hanno dimostrato che e’ proprio in questa catena del valore che si verificano le distorsioni sia tra azienda nazionali sia in campo transnazionale con massive riduzioni di costi principalmente a danno dei lavoratori.
Questo rappresenta un paradosso se si pensa che parliamo dei soggetti che tale ricchezza la producono con le proprie mani e sono portatori di diritti che superano il concetto della semplice protezione economica ma entrano nel campo della difesa di diritti umani.
Questa questione e’ stata molto sentita negli scorsi anni, caratterizzati dalla globalizzazione e dal decentramento produttivo incontrollato.
Il decentramento ha aumentato il numero di “ anelli “ della catena degli appalti creando le condizioni per l’impoverimento economico dei lavoratori con grave ridimensionamento dei diritti soggettivi.
Su queste tematiche, gia’ da tempo, svolgono il ruolo di protezione sociale le direttive europee e le norme nazionali. Le prime nel dettare i principi e le seconde con finalita’ regolatorie interne.
Negli anni questo corpo normativo ha ricevuto molti impulsi nella direzione della miglior protezione sociale possibile confrontandosi con l’innata propensione di alcuni soggetti economici nel esercitare la non nobile arte dell’aggiramento o della scorretta applicazione delle stesse.
Recentemente, in europa, si e’ aperto il dibattito sulla mandatory human rights due diligence che si propone di superare il concetto di irresponsabilita’ organizzativa della societa’ leader(committente) nelle global supply chains. La tematica copre una area non limitata al territorio nazionale e si propone di estendere la protezione all’intera comunita’ nella logica di rendere omogenei i comportamenti dei soggetti economici.
Ragionevolmente questi propositi si scontrano con i limiti imposti dal principio di territorialita’ del singolo diritto nazionale e dai formalismi burocratici che tendono a trasformare la difesa di diritti in semplici adempimenti formali e documentali.
In questa direzione si inserisce la proposta di direttiva europea del 23 febbraio 2022 sulla corporate sustainability due diligence che, da un lato introduce la responsabilita’ civile delle societa’ che non mettano in atto azioni concrete per vigilare sul rispetto dei diritti umani e dell’ambiente oltre a far cessare comportamenti ad impatto negativo che siano posti in essere da loro stessi o da soggetti terzi con i quali abbiano relazioni commerciali (art1-4) e, dall’altro prevede che gli amministratori, nel loro mandato istituzionale, debbano tenere conto delle conseguenze delle proprie decisioni in termini di sostenibilita’, diritti umani, ambiente.
Tutto in una ottica di lungo periodo slegata dalla semplice ricerca dell’immediato profitto.
Ora, la reintroduzione dei subappalti a cascata, necessaria per riallinearsi alla normativa europea, pare essere una opportunita’ che pero’ deve essere gestita con molta prudenza visti i risultati del passato, motivo di precedenti interventi normativi limitanti.
Proprio questa catena di subappalti risulta essere l’area di massima deregolamentazione contrattuale. Infatti, nella sequenza di subappalti, si osserva la applicazione di contratti collettivi nazionali che, seppur formalmente validi, incorporano condizioni economiche e normative peggiorative rispetto ai contratti collettivi nazionali applicati dalla committente pur trattandosi, spesso, dello stesso core business.
il risultato evidente e’ che i lavoratori che svolgono lo stesso lavoro ricevono trattamenti economici e normativi differenziati pur lavorando gomito a gomito (esempio la logistica).
Fatte queste premesse risulta evidente che una nuova coscienza sociale rivolta al benessere delle persone non pu0’ rimanere indifferente di fronte a queste situazioni di dumping sociale che, nel tempo, impediscono lo sviluppo della persona e ne minano il benessere.
A questo punto proviamo a fare alcune riflessioni e proposte su cosa si potrebbe fare per migliorare e rendere piu’ certo l’appalto:
1) Seguendo i principi europei, in previsione della riproposizione della figura, si potrebbero incrementare le funzioni del general contractor non solo dal lato responsabilita’ ma in quello degli obblighi di direzione e controllo a livello sostanziale delle maestranze utilizzate nell’appalto e nei subappalti e del rispetto delle regole contributive e contrattuali in coordinamento con anac e la stazione appaltante. Elemento da estendere sempre ad ogni figura di committente.
2) Si potrebbero attribuire ad anac alcuni poteri di controllo e di indirizzo verso gli enti economici con potere di segnalazione agli enti ispettivi preposti attraverso l’analisi delle informazioni che pervengono da inps su durc di congruita’ e tutti quegli indicatori che possono essere ricavati da altre banche dati.
3) Attribuire a tutti i professionisti del settore la possibilita’ di certificare mensilmente i dati legati alla manodopera impiegata nell’appalto quanto alla correttezza amministrativa delle risorse utilizzate.
4) Limitazione della possibilita’ di utilizzare manodopera delle cooperative attraverso l’istituzione di una banca dati delle cooperative e dei soggetti portatori di interessi(soci e legali rappresentanti). Banca dati collegata agli enti consultabile dal general contractor e da anac.
5) Riordino della materia dei contratti collettivi nazionali di lavoro per riportarli nell’alveo costituzionale facendoli uscire dalla zona d’ombra ove la dignita’ umana viene messa alla prova. Mi riferisco all’applicazione di queli contratti collettivi fortemente penalizzanti dei lavoratori.
6) Utilizzo di unico ccnl in capo alla committente.
7) Integrazione della gestione del fascicolo virtuale con le banche date. Questo pu0’ essere un momento per un nuovo inizio di scambio di informazioni razionale e funzionale ai presupposti di realizzazione di tempi rapidi e certi. Tale strumento puo’ diventare il collettore delle informazioni fondamentali per la gestione della intera opera.
Un capitolo a parte si potrebbe aprire sull’utilizzo delle tecnologie informatiche sulle quali si possono fare alcune riflessioni.
L’attuale potenza di calcolo deve essere indirizzata alla creazione di banche dati e allo scambio di informazioni assolutamente integrato. Il valore della condivisione delle informazioni e’, oggi, un dato acquisiti da tutti. A maggior ragione se parliamo di intangibles funzionali alla organizzazione delle attivita’ lavorative svolte nel rispetto di tutte le regole.
Ecco che si rende necessario sempre piu’ procedere alla integrazione delle banche dati degli enti al fine di generare informazioni che rendano una immagine complessiva ed attendibile del soggetto economico ai fini predittivi o quanto meno ai fini di una totale cornice delle informazioni sui soggetti economici che intevengono negli appalti e nella catena del valore.
Tali informazioni possono anche essere correlate alla logica ispirata dai principi della crisi d’impresa nel senso che la sostenibilita’ economica del soggetto, associata ad una organizzazione dei fattori economici, orientati alla ricerca del profitto, nel rispetto delle persone e delle norme, in ottica di equilibrio economico-finanziario, mantenuti nel tempo, gia’ rappresentano elementi caratterizzanti di un ente retto su solide basi.
E’ evidente che processi snelli e semplici nei quali la certezza delle informazioni diventa il risparmio di tempi di gestione pratiche e rilascio di autorizzazioni devono diventare il banco di prova di una attivita’ di controllo a monte non lasciata alla vigilanza sul territorio che, l’esperienza ci insegna, non risulta efficace e dissuasiva.
La capacita’ di analisi delle informazioni ai fini della previsione dei potenziali comportamenti scorretti puo’ risultare importante per circoscrivere le situazioni che veramente possono diventare oggetto di maggiore attenzione, riducendone il numero permettendo di concentrare le risorse fisiche disponibili sul campo che oggi sono distribuite su una quantita’ di target impossibile da verificare singolarmente. Personalmente non credo che aumentare il numero di ispettori possa risolvere il problema. Un esempio lo abbiamo sotto gli occhi con i cantieri del 110%. Quanti sono stati oggetto di verifica? Ed era necessario verificarli tutti? Probabilmente no ma sicuramente tanti si.
Concludo sottolineando una parola: condivisione
- Di motivazioni
- Di intenti
- Di informazioni
- Di azioni
- Di suggerimenti
- Di risultati
Sul principio della condivisione, noi commercialisti del lavoro, siamo particolarmente preparati ed il sistema paese ha bisogno di professionisti e persone motivate che trasmettano questi valori alle imprese. Esattamente come e’ stato fatto negli scorsi anni in materia di prevenzione antinfortunistica. Noi abbiamo trasmesso e creato cultura e possiamo essere protagonisti anche in questa nuova azione riformatrice.