Non eravamo pronti a quanto è successo!!
Nessuno poteva ragionevolmente esserlo, neanche pensando al più realistico film catastrofico.
Siamo passati in pochi giorni dai dubbi circa una possibile esagerazione, allo sbigottimento di fronte alle parole udite in televisione nelle conferenze stampa serali di fine febbraio.
La decisione finale: Tutti, o quasi, chiusi a casa, aziende comprese.
Non eravamo pronti ad affrontare una simile situazione, nessuno ci aveva preparato e nessuno, in passato, aveva organizzato simulazioni.
Così, da un sabato sera d’inverno, si è passati al lunedì mattina frastornati da mille pensieri, dubbi e ricerche di possibili soluzioni, anche temporanee ma utili per lavorare.
Era evidente che non si sarebbe trattato di sole due settimane ed era altrettanto evidente che, l’orizzonte temporale, non fosse noto.
Un professionista è, per definizione, una persona che cerca di trovare sempre una soluzione a un problema, anche in situazioni difficili, ma quanto stava accadendo era ragionevolmente molto complicato.
Eppure, armati di autocertificazioni, abbiamo raggiunto gli studi e acceso i PC e creato i collegamenti remoti affinché i collaboratori potessero continuare a lavorare o almeno fossero in condizioni di chiudere le pratiche più urgenti. Non ultimo perché non si sentissero totalmente isolati.
Abbiamo cominciato a fare rete sui social per scambiarci le idee (anche le migliori o più semplici soluzioni software e hardware), qualcuno si è offerto di fare attività per chi era impossibilitato o in difficoltà.
Si è messa in moto una meravigliosa solidarietà generatrice di idee e soluzioni.
Si sono attivati subito i contatti con i clienti per rassicurarli e per dare conforto oltre che le prime indicazioni circa cosa era possibile fare e cosa era vietato.
Non eravamo pronti ma in poche ore lo siamo diventati.
Questa la descrizione delle emozioni vissute in quello che ricorderemo come l’anno della pandemia, mentre sul piano della quotidiana realtà molte sono state le decisioni veloci e le scelte di riorganizzazione dettate dall’emergenza.
Molti studi non erano attrezzati dal punto di vista software e dei collegamenti remoti o in cloud e questo li ha costretti a rincorrere in pochi giorni tutte le possibili soluzioni per mettere in connessione i collaboratori, con costi non previsti per nuovi PC o dispositivi.
Se creare collegamenti tra pc e server si risolve in ore certamente più difficile è impostare da zero una nuova organizzazione del lavoro “ diffusa” e non più concentrata in un’unica sede.
E' difficile creare nuovi flussi organizzativi efficienti per la circolarizzazione razionale delle informazioni, senza punti di riferimento. Non ultimo ma altrettanto arduo, è relazionarsi tra persone che per anni sono state abituate ad avere relazioni a vista, quasi tattili.
Ci siamo inventati in due giorni il lavoro a distanza, impropriamente chiamato smart working e siamo riusciti a riorganizzare il lavoro gettando le basi affinché anche i clienti, chiusi, avessero la percezione di un “ possibile” futuro.
Significativa l’attività di supporto alle aziende per trasmettere in vista della riapertura dei primi di maggio, o in quelle già aperte, tutte le informazioni circa le nuove norme e protocolli sanitari per garantire lo svolgimento di attività lavorative in sicurezza. Gli studi si sono adeguati e sono riusciti a comunicare alle aziende come procederei, le responsabilità e la portata delle sanzioni.
Come detto prima nessuno poteva essere pronto, ma è certamente chiaro che il sistema economico e sociale hanno dovuto gestire la nuova situazione con logiche datate e un impianto normativo non adeguato alla velocità degli eventi.
Mi riferisco alla sequenza di provvedimenti normativi, a ogni livello, che hanno spesso ingenerato confusione dando l’idea della mancanza di una vera unica cabina di regia.
Così, se è vero che da ogni esperienza bisogna imparare per migliorare per non farsi sorprendere più, allora anche da questa pandemia, seppur non ancora terminata definitivamente, dobbiamo trarre degli insegnamenti.
Certamente il primo aspetto che deve essere riformato o ripensato è la cassa integrazione quale strumento di sostegno al reddito per “ brevi e controllabili crisi”. Quanto utilizzato in questa occasione ha reso evidente limiti sia normativi sia meramente organizzativi.
L’esistenza di diverse tipologie di cassa integrazione utilizzabili da aziende con differenti dimensioni o comparti produttivi, è diventata la cartina di tornasole per rendere chiaro che trattamenti diversi per lavoratori che svolgono la stessa attività ma in comparti o aziende minori non ha più un chiaro senso.
Aver dovuto gestire quattro diverse tipologie di casse integrazioni disciplinate ognuna da norme specifiche non comparabili e compilabili attraverso strumenti informatici spesso non chiari e in qualche caso “ ermetici”, senza possibilità di informazioni, si è trasformato in un boomerang verso i lavoratori per il pagamento di quanto atteso.
Quanto successo è di dominio pubblico sui maggiori quotidiani. Sarebbe utile rivedere il quadro normativo per renderlo il più aderente possibile ad una realtà che è sotto gli occhi di tutti. Diventa difficile, nella stessa famiglia, capire perché alcuni membri ricevono la cassa integrazione in un mese mentre altri, oggi, 22 giugno, attendono il trattamento in deroga o l’assegno previsto dal fondo di solidarietà artigiani FSBA (aprile).
Rendere le regole omogenee e semplici aiuterebbe gli operatori nel lavoro quotidiano e i lavoratori meno diffidenti verso il sistema.
Altro elemento sul quale riflettere, in modo concreto e definitivo, sono le politiche attive. La prevedibile crisi occupazionale che potrebbe seguire al blocco delle attività produttive, soprattutto in alcuni settori maggiormente penalizzati, penso al turismo, ristorazione e tutto quanto ad essi collegato, non potrà essere contrastata solo con una pioggia di NASPI, ma dovrà essere supportata necessariamente dalla riqualificazione e formazione continua dei lavoratori; strumenti concreti per creare le condizioni per ricollocare le persone, anche in lavori nuovi.
I lavoratori non possono essere più lasciati soli una volta perso il lavoro. La ricerca di nuova occupazione, dopo aver perso il lavoro, non può più essere delegata alle generose iniziative personali; servono robuste ed efficienti strutture che creino intorno alla persona un perimetro di tutele e sostegno per ritrovare un lavoro.
Una successiva riflessione è relativa alla rigidità delle norme sui rapporti di lavoro; questa non potrà essere ammorbidita solo attraverso un timido intervento sulle causali nei rapporti di lavoro a termine in presenza di proroghe che ne sospende gli effetti sino a dicembre. Occorrono provvedimenti che, nella tutela dei diritti, creino occasioni di lavoro. Ragionevole sarebbe anche ripensare alle esistenti proposte di semplificazione del diritto del lavoro in una vera ottica di semplificazione delle attuali norme.
L’ultima riflessione la riservo allo Smart Working.
Le regole imposte per il Covid hanno tenuto a casa i lavoratori e molti di questi hanno accettato di lavorare lontani dal tradizionale luogo di lavoro. Questa necessità ha obbligato aziende e lavoratori ad “ adattarsi” a questo modo di lavorare. Tutti dobbiamo essere coscienti che, escluse le aziende che già in passato erano strutturate per tale attività, per la maggior parte delle altre quest’ attività lavorativa non è esattamente lo smart working. Infatti, oltre ad alcuni aspetti burocratici o amministrativi, ben altri sono gli aspetti organizzativi, di informazione e soprattutto di formazione, necessari per arrivare ad una prestazione resa in tale modo.
Le aziende, dopo la pura emergenza stanno ora necessariamente affrontando una nuova fase di riorganizzazione dei flussi informativi e della organizzazione del lavoro che metta i lavoratori nella condizione ottimale per gestire in sicurezza, il rapporto di lavoro. Tutto questo supportato da un progetto normativo che ne assicuri e distribuisca i vantaggi e le corrette garanzie a tutti.
Non eravamo pronti ma come spesso succede, nelle difficoltà, si trovano energie e risorse nascoste che ti riportano a galla e ti aiutano a raggiungere la riva.
La professione al tempo del corona virus
- Di : Giovanni Francesco Cassano
- Categoria: Ordine dei commercialisti