VITA E PENSIERO, MILANO, 2017.
La pubblicazione del volume qui recensito trae occasione, come spiega la curatrice Antonella Occhino nell’Introduzione, da un pomeriggio di studio dedicato alla rilettura dell’opera di Mario Napoli Contratto e rapporti di lavoro, oggi, tenutosi nell’Università Cattolica del Sacro Cuore il 22 maggio 2017. In quella sede, dopo il commosso ricordo di Mario ad opera degli amici e colleghi di Università (Gabrio Forti, Alberto Cova, Giorgio Pastori e Tiziano Treu), il ponderoso saggio è stato rivisitato da Roberto Voza. La parte finale del simposio è stata allietata dalla consegna dei premi di laurea intitolati a Mario Napoli e al sindacalista Vito Milano, promossi nell’Università Cattolica da Bibliolavoro e FIM-CISL e consegnati ai vincitori da Pietro Martello, presidente della sezione lavoro del Tribunale di Milano, col patrocinio del Centro Studi di Diritto del lavoro “Domenico Napoletano”.
Il volume si apre con l’introduzione di Antonella Occhino, che inquadra il saggio Contratto e rapporti di lavoro, oggi nel dibattito dell’epoca in cui fu pubblicato (la metà degli anni ’90), enucleandone altresì gli assi portanti: l’unicità e la centralità del tipo “contratto di lavoro subordinato”, a fronte dell’articolazione in una pluralità di rapporti; la valorizzazione di tutti gli elementi dell’art. 2094, c.c. ai fini della qualificazione della fattispecie; all’interno di quest’ultima operazione, la valorizzazione della collaborazione e la rilettura in senso ampio e non coincidente con la mera etero-direzione del binomio “alle dipendenze e sotto la direzione”. L’introduzione si chiude con l’esplicitazione delle ragioni che hanno condotto alla pubblicazione del volume: «un dono ai cultori della materia che nella figura e negli scritti di Mario Napoli hanno trovato un riferimento sicuro per i loro studi e un’opera breve destinata ai giovani che si avvicinano al diritto del lavoro, affinché nella lettura […] trovino punti di riferimento accanto a percorsi ancora inesplorati» (p. IX).
In effetti, il saggio Contratto e rapporti di lavoro, oggi costituisce un’opera centrale del magistero scientifico di Mario Napoli, e una riedizione a oltre vent’anni di distanza appare opportuna. Il lungo contributo fu elaborato per la raccolta di scritti in onore dell’amato maestro Luigi Mengoni, nella quale occupava oltre 80 pagine del secondo tomo (AA.VV., Le ragioni del diritto. Scritti in onore di Luigi Mengoni. Diritto del lavoro – Diritto commerciale, tomo II, Giuffré, Milano, 1995, pp. 1057-1142). Nella consueta raccolta dei propri scritti che Mario effettuava ad usum degli studenti (e non solo) ogni quattro anni, il saggio fu collocato all’esordio (M. NAPOLI, Questioni di diritto del lavoro (1992-1996), Giappichelli, Torino, 1996, pp. 3-66). Dopo aver riletto nella prima monografia gli elementi cardine del rapporto di lavoro alla luce della stabilità reale, introdotta dall’art. 18, stat. lav. (M. NAPOLI, La stabilità reale del rapporto di lavoro, Angeli, Milano, 1979), e aver dedicato la seconda alle tematiche del mercato del lavoro (M. NAPOLI, L’organizzazione del mercato del lavoro. Il disegno della legge n. 56/1987, Giappichelli, Torino, 1989), Mario ritenne maturi i tempi per confrontarsi con la categoria fondante dello stesso diritto del lavoro: il contratto di lavoro. Di lì a qualche anno avrebbe scritto pagine dense anche sul diritto sindacale, con la voce Sindacato del Digesto IV (M. NAPOLI, Sindacato, Dig. disc. priv., sez. comm., vol. XVI, appendice, Utet, Torino, 1999), completando così, anche al livello delle opere maggiori, un percorso scientifico che lo ha visto scandagliare pressoché ogni ambito della materia di cui era cultore appassionato.
Come evidenziato anche da Antonella Occhino nell’introduzione al volume, la tesi principale del saggio Contratto e rapporti di lavoro, oggi, resa manifesta fin dal titolo, è l’unicità del contratto di lavoro subordinato quale fattispecie fondativa del diritto del lavoro. Nella prima parte del suo contributo Mario Napoli svolge un esame accurato di tutti i rapporti di lavoro disciplinati nel codice civile o in singole leggi, che la dottrina sovente qualificava ora come sottotipi del contratto di lavoro subordinato, ora come contratti di tipo speciale. Egli giunge alla conclusione che il contratto di lavoro subordinato costituisce una categoria unitaria, da cui tuttavia originano una varietà di rapporti i cui tratti di peculiarità risiedono in elementi estranei alla fattispecie e pertanto non in grado di inficiarne l’unitarietà. Più precisamente, Napoli distingue due grandi raggruppamenti di rapporti. Il primo «si basa sulla natura del datore di lavoro talvolta in combinazione con la natura della prestazione lavorativa» (p. 5), e comprende: i rapporti con i datori di lavoro non imprenditori, in particolare con le organizzazioni cd. di tendenza; i rapporti di lavoro domestico e di portierato; quelli instaurati con le piccole imprese; quelli risultanti dalla stipulazione di un contratto di arruolamento con un’impresa della navigazione; i rapporti di lavoro degli autoferrotranvieri e del personale delle ferrovie; quelli del pubblico impiego; i rapporti di lavoro sportivo; quelli di lavoro giornalistico.
Il secondo gruppo di rapporti, invece, contempla «elementi che consentono di flessibilizzare il rapporto per rispondere ad esigenze del datore di lavoro o del lavoratore» (p. 17). Vi si ritrovano, più precisamente: il lavoro a termine, il part-time, il lavoro a domicilio, quello interinale (che all’epoca in cui scriveva Mario Napoli non esisteva ancora, ma sarebbe stato introdotto nel nostro ordinamento di lì a due anni), l’apprendistato, il contratto di formazione e lavoro, il contratto di inserimento, i rapporti instaurati con determinati soggetti (disabili, extracomunitari, detenuti) e con il personale appartenente alla categoria dirigenziale. In entrambi i raggruppamenti ora visti la disciplina speciale dei singoli rapporti non è mai preclusiva dell’applicazione delle comuni regole del rapporto di lavoro. Napoli conclude dunque per l’esistenza di un «dato strutturale del diritto del rapporto di lavoro rispetto agli altri contratti: il tipo legale non si presenta […] con una unitarietà di regolazione, poiché questa appare condizionata non già dalla fattispecie costitutiva del rapporto, ma dalla presenza o dall’assenza di altri elementi che si pongono come presupposto per l’applicabilità o l’inapplicabilità della normativa» (p. 26). Dopo aver riaffermato con nuovi e convincenti argomenti la contrattualità del rapporto di lavoro, battaglia fondamentale per il diritto del lavoro postbellico, condotta e vinta con successo qualche decennio prima dal suo maestro Luigi Mengoni, Napoli sottolinea con coerenza che il contratto individuale è fonte a pieno titolo di regolazione del rapporto stesso, «salvi ovviamente i vincoli derivanti dalla legislazione inderogabile» (p. 30).
Forte dei guadagni ermeneutici derivanti dalla ribadita centralità del contratto di lavoro subordinato, Napoli si volge al tema dominante negli anni ’90: il dilemma qualificatorio. Pur aderendo senza riserve al metodo sussuntivo, non indulge in critiche alla giurisprudenza, che propendeva piuttosto per quello tipologico, riconoscendo che «un’alta dose di empiria è ineliminabile in questa materia» (p. 32). Le critiche sono piuttosto rivolte alla dottrina, che stigmatizza sovente la «insufficienza qualificatrice» dell’art. 2094, c.c. senza «elaborare soluzioni idonee ad esprimere il più ampio significato normativo» della disposizione (pp. 32-33). E proprio l’art. 2094, c.c. è posto a sostegno dell’unitarietà del tipo. Anzitutto, la disposizione non delinea soltanto il prestatore di lavoro, ma definisce altresì il contratto di lavoro subordinato, in quanto coglie il lavoratore nell’atto di obbligarsi. In secondo luogo, pur essendo dettata per il lavoro nell’impresa, attiene alla fattispecie e non agli effetti differenziati, e può quindi fungere da modello di riferimento per qualsiasi rapporto di lavoro.
Le pagine successive sono dedicate a una «lettura dell’art. 2094 che privilegi […] la sintesi descrittiva di un assetto di interessi tipico, così come avviene per tutti i contratti nominati» (p. 43), senza sovrapporre al tipo legale un ipotetico prototipo normativo cui il legislatore codicistico si sarebbe ispirato (il lavoro operaio nella grande impresa fordista). L’operazione criticata, frequente tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, complica ulteriormente i termini della questione e finisce inevitabilmente per restringere le potenzialità qualificatorie della norma codicistica. L’esegesi dell’art. 2094 realizzata da Mario Napoli offre al lettore pagine bellissime, nelle quali dalla fattispecie fondante del diritto del lavoro vengono tratti tutti i possibili corollari in termini di promozione e tutela della persona lavoratrice. Il primo termine a essere valorizzato è «collaborazione»: opportunamente deideologizzata, la collaborazione (il «lavorare insieme con altri») viene collocata da Mario Napoli al centro della fattispecie, come «oggetto del contratto di lavoro subordinato» ed espressione sintetica di «tre connotazioni proprie della prestazione lavorativa: la personalità, il carattere durevole dell’impegno (la continuità), la professionalità delineata dalle mansioni di assunzione» (p. 49-50). In quest’ottica, il lavoro subordinato è espressione di professionalità e veicolo di piena realizzazione personale esattamente come quello autonomo.
Il fulcro della subordinazione, espresso dal binomio «alle dipendenze e sotto la direzione», è colto da Napoli interpretando distintamente i due termini, come già aveva fatto il suo maestro Luigi Mengoni («i due membri della frase “alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore” non compongono un’endiadi, il secondo non è esplicativo del primo»: così L. MENGONI, La questione della subordinazione in due trattazioni recenti, in Il contratto di lavoro, a cura di M. NAPOLI, Vita e Pensiero, Milano, 2004, p. 51, già in Riv. it. dir. lav., 1986, 1, p. 5 ss.). Il profilo della dipendenza rimanda dunque all’«inserimento del lavoratore in una struttura organizzativa da altri predisposta» (pp. 55-56). Il nesso strutturale tra la collaborazione e l’organizzazione produttive dell’imprenditore, però, non comporta un allargamento causale del contratto di lavoro, trasformandolo in contratto di organizzazione, come vuole Mattia Persiani: «l’organizzazione del lavoro diventa, per effetto del contratto, l’ambito normativo (e non la fattispecie costitutiva) per l’esplicazione dell’attività lavorativa» (p. 58). Con riguardo all’elemento della «direzione», Mario Napoli ne respinge con forza la visione ristretta che lo esaurisce nella «costante determinabilità ad opera del datore di lavoro del contenuto della prestazione» (p. 59). Se l’approccio angusto criticato da Napoli non avesse raccolto ampio consenso in dottrina e giurisprudenza, forse ci saremmo risparmiati l’infelice art. 2, d. lgs. n. 81/2015, che estende l’applicazione della disciplina giuslavoristica alle collaborazioni continuative esclusivamente personali “etero-organizzate” anche con riferimento al tempo e al luogo di lavoro (sui molti problemi esegetici della disposizione v. da ultimo, anche per ulteriori riferimenti bibliografici, M. CORTI, Flessibilità e sicurezza dopo il Jobs Act. La flexicurity italiana nell’ordinamento multilivello, Giappichelli, Torino, 2018, spec. pp. 116 ss. e 190-192). Per Napoli, dunque, la prestazione di lavoro subordinato è eterodiretta «nel senso che essa può essere resa soltanto a seguito d’un impulso dinamico gestionale ad opera del datore di lavoro» (p. 61). Questa nozione di subordinazione cd. “attenuata” sarebbe stata condivisa di lì a qualche anno da un’importante pronuncia della Cassazione (la cd. sentenza “Simoneschi” del 6 luglio 2001, n. 9167, in Riv. it dir. lav., 2002, II, p. 272, nt. M. AGOSTINI), senza però mai riuscire a diventare orientamento consolidato.
Il saggio si chiude ribadendo la fondamentale indicazione di metodo già espressa all’inizio dell’esame dell’art. 2094, c.c.: «l’individuazione della fattispecie lavoro subordinato può basarsi quasi esclusivamente su tutti gli elementi contenuti nella definizione dell’art. 2094», senza limitarsi all’eterodirezione. La ricerca della collaborazione, dipendenza ed eterodirezione deve essere effettuata con le tecniche proprie della sussunzione, avvalendosi, ove necessario, di elementi tratti dalla regolamentazione del rapporto (gli indici della subordinazione: orario, modalità di corresponsione del compenso, ecc.) soltanto con funzione indiziaria, in quanto in sé compatibili con il lavoro autonomo. Il dilemma qualificatorio, insomma, a ben vedere non è tale: la pretesa insufficienza della fattispecie ex art. 2094 è soltanto la conseguenza del suo alto livello di astrazione, necessitato in ragione della «variabilità di situazioni strutturalmente non giuridificabili» che essa è chiamata ad abbracciare (p. 63).
Nel volume curato da Occhino il complesso e affascinante compito di rivisitare e attualizzare l’opera di Mario Napoli è svolto da Roberto Voza, con il saggio Rileggendo Contratto e rapporti di lavoro, oggi di Mario Napoli. L’attualità di un insegnamento. L’autore apre le proprie riflessioni marcando le distanze tra il diritto del lavoro del tempo presente e quello cui Mario Napoli dedicava pagine intense: il dibattito sulla subordinazione ha lasciato il passo a quello sulla antinomia tra stabilità e precarietà, mentre «tanto è cambiato anche sul piano della regolazione giuridica» (p. 69). L’articolazione dei rapporti di lavoro subordinato è ulteriormente avanzata a ritmo sostenuto, come anche l’incremento della flessibilità nella loro regolazione, mentre ai margini con il lavoro autonomo si è verificata una continua opera di aggiustamento legislativo nel tentativo di ridurre il ricorso dei datori alle co.co.co. Nella disciplina del rapporto il ridimensionamento delle tradizionali tutele è stato tanto imponente (in tema di mansioni, controlli a distanza, licenziamenti) da spingere una parte della dottrina a utilizzare espressioni quali «mutamento di paradigma e mutazione genetica» (p. 71). Voza ritiene che uno degli insegnamenti più duraturi del saggio di Napoli risieda nella negazione dell’esistenza di un prototipo normativo (l’operaio dell’impresa fordista) a fondamento dell’art. 2094, c.c. L’erronea convinzione che la fattispecie del lavoro subordinato presupponesse tale prototipo ha inevitabilmente posto in discussione l’intera costruzione del diritto del lavoro, una volta che l’organizzazione fordista della produzione si è avviata verso il tramonto.
Nello spirito del saggio di Napoli, che «mostra una piena consapevolezza della necessità di guardare al futuro, con apertura mentale, ma non con acritica accettazione» (p. 76), il contributo di Voza si conclude con suggestive riflessioni in merito all’ultima frontiera del dibattito sulla subordinazione: il lavoro sulle piattaforme digitali. Si tratta di un fenomeno assai eterogeneo, nell’approccio al quale «non si potrà mai eludere il problema della qualificazione giuridica del lavoro» (p. 77). Qui Voza sposa in pieno l’approccio napoliano, basato sulla qualificazione operata facendo riferimento ad ogni elemento dell’art. 2094, c.c., e in particolare sull’ampia nozione di etero-direzione. E’ ancora utile «fondare il diritto del lavoro su una fattispecie unitaria di riferimento, centrale anche se non (più) esaustiva» (p. 79). Si potrebbe così scoprire che la piattaforma cela una vera e propria organizzazione imprenditoriale, nella quale i lavoratori della gig-economy sono strutturalmente inseriti.
Del resto (le considerazioni che seguono sono di chi scrive), già con riferimento ai pony express Napoli rilevava come «non si è tenuto nel debito conto che l’attività dedotta in contratto crea un vincolo strutturale e non semplicemente funzionale con l’impresa» (p. 66). La facoltà del pony express di non rispondere alle chiamate «non è un dato ascrivibile alla professionalità del lavoratore (ciò è tipico di chi opera liberamente sul mercato), ma è un dato strutturale su cui l’impresa costruisce la sua organizzazione produttiva» (p. 66). Si tratta di osservazioni estensibili, mutatis mutandis, a molti dei riders che percorrono le nostre città per consegnare cibi a domicilio, conservando la facoltà di loggarsi per svolgere la prestazione quando lo ritengano più opportuno.
E tuttavia, anche quando il lavoratore su piattaforma operi in completa autonomia, Voza ritiene opportuno riflettere sull’introduzione di nuove tutele (es.: solidarietà debitoria della piattaforma per il compenso pattuito tra il lavoratore e l’utente finale), anche di previdenza sociale (protezione contro la disoccupazione, sostegno del reddito, sicurezza sul lavoro, formazione). Vi è ormai un consenso acquisito intorno al fatto che «alcuni diritti connessi al lavoro debbano prescindere dalla natura subordinata della prestazione resa» (p. 82). L’importante è che il percorso di regolazione sia costruito su solide radici, come insegna, secondo Voza, l’intera riflessione scientifica di Mario Napoli.
E, conclude chi scrive, il merito di questo libro è proprio quello di risollecitare la riflessione dei cultori della materia e degli operatori del diritto su un’opera che offre stimoli assai fecondi anche per affrontare le sfide del diritto del lavoro del nuovo millennio.