testo integrale con note e bibliografia

Un “Manuale” è per sempre.
Scrivere un libro (monografia, pamphlet) o un saggio è un po' come allevare e svezzare un figlio. Completata la laboriosa stesura e staccata la penna dall’ultima pagina, revisionate le bozze, con l’avvio alla stampa il frutto di tanto e prolungato impegno si stacca definitivamente dall’autore, e prende il volo incontro al suo destino.
Sfogliarne le pagine, anni dopo, e riconoscerlo attraverso il giudizio degli altri; inorgoglirsi per gli apprezzamenti; magari meravigliarsi nel constatare qualità all’epoca non avvertite, oppure, al contrario, rattristarsi nello scoprire difetti prima non colti. Sì, tutto questo può verificarsi; ma sempre accompagnato dall’intima consapevolezza di riferirsi ad altro da sé, irrevocabilmente.
Il “Manuale”, no: la scelta di dedicarsi alla stesura di manuale (in materie giuridiche, nel nostro caso) è una scelta per la vita. Nel catalogo tipologico delle opere di letteratura giuridica, è forse il genere più esigente. Restare giovane, “à la page”, essere destinatario di attenzioni e cure costanti nel tempo: ecco le pretese. Pretese che si accrescono e si fanno progressivamente più sofisticate, man mano che il tempo passa e il numero delle edizioni aumenta. Una sfida che si rinnova
In poche parole, un genere, il “Manuale”, che ambisce farsi compagno di vita dell’autore, a non abbandonarlo più, quasi a pretendere una sorta di sua perpetua dedizione.
È fortemente improbabile, anzi, direi, impossibile, che Aldo De Matteis, studioso di grandi sensibilità e acume, non abbia subito avvertito la sottile “insidia” sottesa alla proposta, risalente al 1995, di redigere uno dei primi volumi in programma della Collana Utet, intitolata a “Dottrina e giurisprudenza sistematica della previdenza sociale”. Collana che proprio intorno a quegli anni muoveva i primi passi, ma seguendo la rassicurante traccia della prestigiosa e fortunata collana “Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale”, fondata tanti anni prima da Walter Bigiavi, per i tipi di quello stesso importante Editore.
“L’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”, il titolo del volume oggetto della proposta; e De Matteis, di tutto curioso, si è fatto subito catturare senza opporre particolari resistenze.
E così fu evidente, fin da quel primo, particolare momento nel quale, nella mia veste di Direttore della Collana, fui diretto testimone, che il suo interesse per lo specifico argomento non poteva considerarsi determinato soltanto da ragioni correlate alle sue propensioni di studioso o indotto dal desiderio di approfondire tematiche potenzialmente utili all’arricchimento del suo bagaglio professionale di magistrato del lavoro. L’argomento, intriso, come è, prima ancora che di aspetti giuridici, di umanissime, sofferte, spesso drammatiche vicende umane, individuali o collettive, toccava, piuttosto, corde profonde del suo animo. Più di uno tra gli svolgimenti e gli episodi successivi tanto avrebbero ampiamente confermato, lasciando traccia evidente nella pagina scritta.
Nel 1996, come da programma, il libro è entrato a far parte della suindicata Collana, incrementandone il lustro.
Nel frattempo era nato anche un rapporto di collaborazione tra l’autorevole magistrato e due giovani e promettenti collaboratori alla cattedra dell’Università di Perugia, ai quali avevo proposto di accettare la richiesta di apporto collaborativo nella stesura dei capitoli relativi, rispettivamente, alle responsabilità e ai profili finanziari: Stefano Giubboni e Fabrizio Mastrangeli; con il primo dei due quel rapporto avrebbe conosciuto, negli anni successivi, ulteriori e fecondi sviluppi, ad esso presto accompagnandosi l’instaurazione di un rapporto di amicizia.
Questo, in breve, il resoconto di antefatti e incipit del percorso che, a partire da quel volume, avrebbe condotto Aldo De Matteis alla stesura del manuale, che, con il titolo “Infortuni sul lavoro e malattie professionali”, sarebbe divenuto, edizione dopo edizione, nella collana Giuffrè, “Pratica del diritto”, il punto di riferimento imprescindibile per gli studiosi e gli operatori della materia.
Da segnalare è oggi, la pubblicazione, dopo circa quattro anni dalla precedente, della nuova edizione di “Infortuni sul lavoro e malattie professionali”, la quinta della serie.
L’Opera mantiene e ulteriormente sviluppa l’impianto precedente, che è un impianto, per così dire, “tradizionale”: introduzione storica; morfologia del sistema di tutele; eventi oggetto di tutela e loro connotati identificativi; soggetti protetti; prestazioni nelle varie tipologie; profili finanziari; regimi speciali; fattispecie di responsabilità civile; tutela dei diritti.
L’edizione che oggi si presenta “fresca di stampa” risulta comunque ampiamente arricchita, rispetto alla precedente. È il frutto innanzitutto della attenta scrupolosa opera di aggiornamento, a fronte delle tante innovazioni intervenute nel periodo: dalla riforma del lavoro giornalistico a quella dello spettacolo, alle novità in materia di tutela del lavoro sportivo, alla creazione di nuovi fondi assistenziali, l’intervento su insegnanti ed alunni, e altro ancora.
Tuttavia, è soprattutto l’attenzione posta costantemente e in maniera penetrante sulla casistica a rappresentare la cifra forse più significativa del criterio di trattazione della materia da parte di Aldo De Matteis.
In quest’ultima edizione, in particolare, attenzione specifica è dedicata a problematiche emergenti, come quella determinata dall’infezione da covid, nella sua qualificazione di causa violenta, o quelle relative all’individuazione dell’occasione di lavoro in riferimento al telelavoro e al lavoro agile; ma sono da ricordare (sebbene presenti già nella precedente edizione) anche quella, delicatissima, sui criteri di elaborazione del concetto di infortunio in itinere, o quella in tema di danno non patrimoniale, fino ad arrivare alle ipotesi più minute, ma non per questo meno importanti come il caso di qualche anno fa ormai ampiamente noto come l’infortunio durante la pausa caffè.
Il fatto è che Aldo De Matteis, fin dal primo approccio alla materia, ha saputo impostare la relativa trattazione su una sapiente combinazione tra ricostruzione dei dati di sistema, da un lato, e apprezzamento delle risultanze della casistica giurisprudenziale, dall’altro lato. Tanto nella dichiarata consapevolezza della necessità (specialmente in una materia come quella in riferimento) di un approccio antiformalista.
Lo stesso ruolo di “fonte” materiale che da sempre, si potrebbe dire, la giurisprudenza svolge al proposito non può essere disgiunto – precisa l’Autore – dal contributo che (almeno nel settore in riferimento) svolgono gli avvocati. “Quando si dice giurisprudenza, si pensa al ruolo protagonista e esclusivo dei giudici. Non è esattamente così. La spinta viene dalla società civile”, come egli si era già premurato di puntualizzare nella prefazione ad una delle precedenti edizioni del Manuale.
Personalmente, tuttavia, riterrei appropriato accostare all’interesse per il dato sistematico e a quello per la casistica anche una terza componente, profondamente legata a qualcosa di impalpabile e, tuttavia, determinante. L’intima partecipazione del sentire dell’uomo, Aldo De Matteis, a quell’intreccio di sofferenze di una indefinita moltitudine di individui che, tacitamente, l’assicurazione infortuni evoca, e al quale la norma vorrebbe offrire soccorso e sollievo. Che è quanto, però, la norma stessa in realtà non sempre può dare, o dare a sufficienza, ove difetti un elemento aggiuntivo ed esterno, che soltanto chi è chiamato, per ruolo, a dare ad essa compiuta applicazione può essere in grado di offrire: la compassione.
“Diritto è la legge positiva/che ammette e disciplina la schiavitù./Giustizia è l’anelito universale /alla dignità e all’eguaglianza sociale./Diritto è la legge che limita l’immigrazione./Giustizia è l’imperativo tout court/di salvare l’uomo che annaspa nel mare./E quando la legge costituzionale/pone questi principi/a fondamento di tutte le leggi?/Allora le cose diventano difficili./L’unica cosa che so/è un compito terribilmente presuntuoso:/decidere la vita degli altri/secondo il criterio supremo della giustizia./Da affrontare con estrema umiltà/ma senza possibilità di sottrarsi”. Versi in prosa, i suddetti, con i quali si può assumere che De Matteis esprima in altro modo, immaginificamente, gli stessi concetti.
In effetti, rispetto agli altri eventi generatori di bisogno espressamente indicati dall’art. 38 della Costituzione, l’infortunio sul lavoro si distingue nettamente: la vecchiaia più che un rischio è un evento inevitabile, così come la malattia fa parte della esistenza di ciascuno; la disoccupazione è la perdita, in via di principio temporanea, della possibilità di esercizio di un diritto fondamentale quale è il diritto al lavoro. Ma l’infortunio ha una pregnanza e un impatto tanto concettuale che pratico, di gran lunga superiore: quel diritto fondamentale, che è il diritto al lavoro, “tradisce” il suo titolare, e proprio nel momento del materiale godimento, lo ferisce nell’altro fondamentale diritto: il diritto alla salute.
Ma, attenzione: il “sentire” dell’animo non è di ostacolo al rigore e all’obiettività dello studioso.
L’analisi della materia non è condotta nel libro di De Matteis per suggestioni, ma per analisi rigorose; non è settoriale, ma, anzi, ad ampio raggio; estesa, per quanto possibile, anche alla prospettiva interdisciplinare, con particolare riguardo, dunque, alla medicina legale, ma, se vogliamo, anche ai profili sociologici, ed alle soluzioni adottate per i medesimi problemi dai Paesi fratelli a comune impianto bismarkiano. Ampiamente riconosciuto è l’impegno dall’Istituto previdenziale essenzialmente profuso nella direzione di interpretazioni evolutive, piuttosto che restrittive, rispetto a concetti delicati e controvertibili, come quelli di causa violenta, occasione di lavoro, infortunio in itinere. Particolare apprezzamento viene poi manifestato nei confronti del contributo dei legali dell’Istituto previdenziale al progresso della disciplina antinfortunistica in un contesto di interazione con la produzione scientifica di alcuni di essi, tra i quali, segnatamente, Guglielmo Corsalini, in particolare per quanto riguarda il suo contributo all’analisi delle problematiche relative agli infortuni in itinere.
Si può affermare che l’opera di De Matteis si presenti come un’opera corale di costruzione in senso evolutivo del sistema di tutela infortunistica, della quale l’Autore si propone come testimone e nel contempo
come prodotto ed artefice; e ciò in particolare per due proposte concettuali di svolta, enunciate fin dall’edizione del 1996, che sono poi diventate jus receptum: quelle da ultimo menzionate di occasione di lavoro, intesa come qualsiasi situazione di rischio in cui il lavoratore si trovi in connessione con gli obblighi del rapporto, escluso solo il rischio elettivo; e quella di infortunio in itinere, nel quale il quid pluris di cui la giurisprudenza andava in cerca per ritenere aggravato il rischio generico gravante su tutti gli utenti della strada era individuato da De Matteis nella destinazione lavorativa in sé stessa; proposte entrambe originate da eventi drammatici che scuotono le coscienze. La prima, il tragico episodio dei sette marinai uccisi nel sonno a bordo di una nave ormeggiata in un porto algerino, per odio politico. L’Inail, da una parte, respinse in sede amministrativa la domanda di rendita dei superstiti, ma dall’altra non impugnò la sentenza di primo grado di accoglimento della domanda, segno che sì non erano ancora mature le nozioni di rischio ambientale e di causa violenta, ma condivisa la sensibilità cerca la necessità di forme di tutela per questi eventi generatori di bisogno, la stessa sensibilità che ha poi segnato, tra alti e bassi, gli sviluppi giurisprudenziali successivi, fino alle sentenze delle Alte Corti che hanno introdotto la nozione di nuova malattia (Corte cost. n. 46/2010) e di nuovo infortunio (Cass. 1048/2018) con cui, ubbidendo ad un imperativo etico, ed in una visione complessiva della Carta costituzionale, in particolare dell’art. 38, hanno in pratica aggirato lo sbarramento del principio di stabilizzazione dei postumi, consentendo la revisione della rendita per tutta la vita. Il secondo originato dal caso di un autista di linee pubbliche urbane che alle prime luci dell’alba attraversa la città per raggiungere il deposito degli autobus da cui iniziare la prima corsa mattutina, con mezzo necessariamente proprio, e subendo grave incidente in tale frangente.
L’Autore, comunque, non perde l’occasione per stigmatizzare, ancora una volta, l’inadeguatezza costituzionale del sistema selettivo di tutela; una inappropriata, risalente caratteristica, spesso criticata, ma resistente, la cui incongruenza è risultata del tutto evidente nel caso specifico dell’epidemia da covid, dove ha lasciato “sacche di scopertura proprio nelle persone più esposte al rischio di contagio, in forza della anacronistica distinzione tipologica degli assicurati”, come De Matteis ci tiene a sottolineare nella prefazione all’odierna edizione.
Dicevamo, il “Manuale”. Il taglio dell’Opera è indubbiamente quello che caratterizza il genere manualistico. E, tuttavia, se si presta la dovuta attenzione ai contenuti, allo scrupoloso censimento e alla altrettanto scrupolosa catalogazione degli argomenti, effettuati dall’Autore, all’analisi di ciascun tema nei singoli dettagli e sfaccettature; alla descrizione che non si limita alle misure a ristoro, proprie dello strumento assicurativo, ma si allarga alla considerazione dei servizi di prevenzione e ai servizi di cura, si può affermare che il “manuale” ha in realtà la valenza di “trattato”, che abbraccia ed illustra in dettaglio l’intera materia: una meta importante, non certo agevole da raggiungere. E qui, ancora una volta, la severa disciplina e il rigore dello studioso non riescono a dissimulare del tutto il compiacimento – che emerge qua e là tra le righe – per la qualità del risultato raggiunto.
È con ogni probabilità arbitrario, ma mi sento di leggere i versi occasionati dall’ascensione del montanaro De Matteis, sul Gran Sasso, il più alto monte dell’Appennino, come metafora dell’opera conclusa: “… / Perché si è tanto felici / quando si raggiunte la vetta? / È il segno del sacro / nella bellezza della natura / e nel cuore dell’uomo? / O è la solita sfida / a stesso e agli altri / che l’uomo mette in ogni cosa che fa / nella sua lotta per la sopravvivenza? / Forse la scienza spiegherà anche questo / … / Un unico cruccio / non potermi trovare / e sapere perché”.
Anche questa poesia come l’altra appartiene alla raccolta poetica di Aldo De Matteis “I luoghi e gli affetti”: i “luoghi” sono quelli del Salento nativo e del periodo giovanile, ma non solo; tra gli “affetti” figurano, sia detto per la cronaca, anche il diritto, la giustizia, l’assicurazione infortuni: insomma, gli oggetti stessi dell’operare di una vita.

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