1. Un manuale da osservare.
L’ultima pubblicazione di L. GAETA è una nuova edizione della manualistica ad uso principalmente didattico di cui egli è autore (Il lavoro e il diritto. Un percorso storico, Cacucci 2013 e Appunti dal corso di diritto del lavoro, Giappichelli, 2018). Non si tratta, però, di una edizione pubblicata per stare dietro alle innumerevoli riforme, come tutti gli autori sono costretti a fare fin troppo spesso. La novità che giustifica una recensione, è data dal fatto che l’autore ha affiancato al testo, per la prima volta in modo sistematico, un apparato di immagini che accompagna costantemente il lettore. Potremmo dire che si tratta della prima vera versione 2.0 di un manuale giuslavoristico.
L’autore raccoglie così la sfida lanciata dal mondo delle immagini, da tempo dominante nella nostra vita quotidiana e che si fa spazio sempre più audacemente nella didattica, anche universitaria. Non ricordo di aver mai assistito ad una lezione con il supporto di slide quando ho frequentato l’università a Pisa negli anni 2004-2009, oggi invece i docenti, soprattutto quelli più giovani, utilizzano spesso supporti che affiancano allo scritto e al parlato altre sollecitazioni intellettuali, come quella dell’immagine. Fino ad oggi, tuttavia, l’uso dell’immagine in un manuale di diritto del lavoro è stato quasi un tabù, e a romperlo è stato un senior della materia. L’operazione è di per sé rischiosa perché (qualcuno potrebbe dire che) potrebbe risolversi in un impoverimento (ulteriore, dopo la riforma Zecchino-Berlinguer) dei contenuti e della profondità dell’analisi e, quindi, dei risultati formativi. Il rischio esiste, in effetti, e, per schivarlo, servono abilità e competenze interdisciplinari che è possibile sviluppare e valorizzare solo con una ampia cultura generale e dei costumi.
L’autore ha vinto la sfida per almeno due ragioni. Innanzitutto perché il suo è un manuale di storia del diritto del lavoro. Insegnare la materia attraverso la narrazione storiografica permette di smussarne le asperità tecniche e agevola l’interdisciplinarità sia dei contenuti che delle scelte espositive. Amalgamare il testo con le visual arts è stato quindi più naturale di quanto non possa accadere con un manuale tradizionale. La seconda ragione consiste nel fatto che le immagini non sono state meccanicamente (e banalmente) collocate nel punto cronologicamente e contenutisticamente più opportuno del testo scritto; piuttosto l’autore ha dato vita ad un vero e proprio dialogo in cui immagini e testo offrono informazioni e suggestioni diversi e complementari. Non è stata dunque un’operazione decorativa o meramente didascalica, ma una strategia formativa sapiente. L’esempio più chiaro, a mio avviso, riguarda il ruolo delle donne nel mondo del lavoro. Nel volume non c’è un paragrafo dedicato esclusivamente a questo profilo della storia del (diritto del) lavoro, ma molte immagini (insieme ad alcuni riferimenti sparsi qua e là nel testo) legate da questo filo conduttore danno vita ad un racconto parallelo, che completa i contenuti del testo e permette al lettore attento di recepire una serie di informazioni e suggestioni utili per ulteriori approfondimenti. Ad esempio, quando si descrive il lavoro nel medioevo e i primi fenomeni proto-industriali, l’autore propone un particolare della “Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo” di Lorenzetti, in cui si vedono degli operai al lavoro, fra cui una donna che l’autore, nella didascalia, indica per sollecitare una riflessione parallela e complementare a quella sviluppata nel testo scritto (cfr. anche le immagini sul lavoro delle donne in copertina e nelle pagine 15, 35, 52, 57, 134, 179 e 189).
Inoltre, l’autore sceglie delle immagini per ironizzare, spesso amaramente, sui paradossi che da sempre osserviamo guardando al fenomeno del lavoro. Così, accanto al bronzo su “Le vittime del lavoro” di V. Vela, l’autore colloca una immagine di W. Disney in cui si vedono i sette nani che vanno a lavorare in miniera, felici e contenti come vuole la tradizione. Sono solo due immagini popolari, ma l’accostamento spiega, più di tante parole, quanto diverse e politicamente non neutre siano le innumerevoli modalità di raccontare e illustrare il lavoro. Lo stesso tipo di ironia amara (ma mai disincantata) si registra nella scelta di vignette e fumetti di Ro Marcenaro, Elfo, Frago ed Ellekappa, ma anche in alcuni ritagli di quotidiani, con annunci che la dicono lunga sullo stato penoso del mercato del lavoro.
Altre “chicche”, compresi alcuni veri e propri feticci per giuslavoristi, non vanno anticipate, perché rovinerebbero il gusto della lettura, ma rappresentano sempre stimoli di riflessione attualissimi che danno conto della modernità del lavoro e della sua funzione “progressiva”, non solo nei secoli più recenti. Solo un docente con una grande cultura generale (compresa quella cinematografica) ed esperto anche di costumi del nostro paese poteva riuscire in questa impresa, senza mai dare l’impressione di aver ceduto ad una facile operazione di marketing.
Le didascalie alle immagini non riportano sempre i freddi riferimenti essenziali dell’illustrazione (un indice delle immagini, acconto a quello dei nomi, potrebbe, però, arricchire la prossima edizione), ma a volte contengono dei brevi messaggi o suggestioni dell’autore, utili a cogliere il significato della scelta icnonografica.
2. Un manuale da leggere.
Il nuovo libro L. GAETA è, innanzitutto, un manuale da leggere, anche se la trovata delle illustrazioni attrae e fa discutere prima di ogni altra cosa. Il volume procede in senso cronologico: comincia dalle origini dell’uomo – le due immagini di riferimento delle origini del lavoro si trovano però in fondo al volume, dopo l’indice dei nomi, forse per esigenze di editing, forse per chiudere il cerchio di una storia lunga tutta la vita del genere umano; e finisce con “le prove generali per un nuovo diritto del lavoro”, ovvero con la ricognizione dei segnali attuali che lasciano presagire tendenze future.
Nel mezzo, l’autore procede molto speditamente sulle vicende che hanno preceduto la rivoluzione industriale, per indugiare molto di più sui periodi successivi. In poche pagine, infatti, si offre una descrizione sintetica ma estremamente chiara del ruolo del lavoro nel mondo greco, in quello romano, nel Medioevo e con la Rivoluzione francese. Ogni passaggio è accompagnato da un apparato bibliografico per chi voglia approfondire i passaggi storici. Si tratta di un apparato essenziale, ma non striminzito o sintetico, a conferma del fatto che l’aggiunta delle immagini non ha impoverito i riferimenti alle fonti, come peraltro è accaduto per molti altri manuali senza immagini. A partire dalla rivoluzione industriale fino ad oggi, l’autore dedica particolare attenzione ai tratti genetici del diritto del lavoro, al ruolo del lavoro secondo le ideologie più diffuse – compresa la dottrina della Chiesa – alla questione meridionale – con una punta di orgoglio meridionalista quando evidenzia alcuni danni che l’Unità d’Italia ha arrecato al Sud del Paese (ma ben peggiore sarebbe stato il suo destino senza l’unificazione). Una grande parte del racconto è dedicata al diritto sindacale, come forse è inevitabile quando si sceglie di presentare il diritto del lavoro facendo perno sui suoi tornanti storici; si presta, inoltre, particolare attenzione alle principali scuole di diritto del lavoro e ai loro Maestri.
Non si può dire che sia una storia militante perché il racconto è equilibrato e attento negli inevitabili riferimenti alle ideologie passate e presenti, come si addice ad una manuale destinato agli studenti; allo stesso tempo, come tutte le storie, non è un racconto neutro e svela in particolare le preoccupazioni dell’autore per la promessa costituzionale non ancora onorata, quella della primazia del lavoro e degli interessi che da esso promanano sugli altri interessi di rilievo costituzionale.
Il linguaggio è semplice, adatto anche a studenti di dipartimenti non giuridici e a chiunque voglia conoscere questa storia particolare: l’autore guarda al passato, ma si rivolge agli studiosi e ai cittadini del futuro.