«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Direttiva 98/59/CE – Artt. 2 e 6 – Procedura di informazione e consultazione del
personale in caso di licenziamenti collettivi – Obblighi del datore di lavoro – Diritto di ricorso dei lavoratori – Obbligo di
interpretazione conforme»
Nel procedimento C-12/08,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Cour du
travail de Liège (Belgio) con decisione 3 gennaio 2008, pervenuta in cancelleria l’11 gennaio 2008, nella causa
Mono Car Styling SA, in liquidazione,
contro
Dervis Odemis e altri,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. T. von Danwitz, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta
(relatore), dai sigg. E. Juhász e J. Malenovský, giudici,
avvocato generale: sig. P. Mengozzi
cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 novembre 2008,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Mono Car Styling SA, in liquidazione, dagli avv.ti P. Cavenaile e F. Ligot, avocats;
– per il sig. D. Odemis e altri, dall’avv. H. Deckers, avocat;
– per il governo belga, dalla sig.ra L. Van den Broeck, in qualità di agente, assistita dall’avv. G. Demez, avocat;
– per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra I. Rao, in qualità di agente, assistita dalla sig.ra K. Smith, barrister;
– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. M. Van Hoof e J. Enegren, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 gennaio 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 2 e 6 della direttiva del Consiglio 20 luglio
1998, 98/59/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi
(GU L 225, pag. 16).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Mono Car Styling SA (in prosieguo: la «Mono
Car»), società in liquidazione, e taluni ex dipendenti della medesima relativamente al loro licenziamento collettivo.
Contesto normativo
La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali
3 Alla rubrica «Diritto a un equo processo», l’art. 6, n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), recita:
«Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole
da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie
sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti (…)».
Il diritto comunitario
4 La direttiva 98/59 ha codificato la direttiva del Consiglio 17 febbraio 1975, 75/129/CEE, concernente il ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (GU L 48, pag. 29).
5 Ai sensi del secondo, sesto, decimo e dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 98/59:
«(2) considerando che occorre rafforzare la tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi, tenendo conto della
necessità di uno sviluppo economico-sociale equilibrato nella Comunità;
(...)
(6) considerando che nella carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dai capi di Stato
o di governo di undici Stati membri il 9 dicembre 1989 al Consiglio europeo di Strasburgo, si dichiara in
particolare al punto 7, primo comma, prima frase, e secondo comma, al punto 17, primo comma, e al punto 18,
terzo trattino:
“7. La realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di
lavoro dei lavoratori nella Comunità europea (...).
Tale miglioramento deve consentire, dove necessario, di sviluppare taluni aspetti della regolamentazione
del lavoro, come le procedure per il licenziamento collettivo o quelle concernenti i fallimenti.
(...)
17. Occorre sviluppare l’informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, secondo modalità
adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei diversi Stati membri.
(...)
18. L’informazione, la consultazione e la partecipazione devono essere realizzate tempestivamente, in
particolare nei casi seguenti:
(–...)
(–...)
– in occasione di procedure di licenziamenti collettivi,
(–...)”;
(...)
(10) considerando che occorre lasciare agli Stati membri la facoltà di prevedere che i rappresentanti dei lavoratori
possano ricorrere ad esperti a motivo della complessità tecnica delle materie che potrebbero formare oggetto di
informazione e consultazione;
(...)
(12) considerando che occorre che gli Stati membri provvedano a che i rappresentanti dei lavoratori e/o i lavoratori
dispongano di procedure amministrative e/o giurisdizionali per adempiere agli obblighi previsti dalla presente
direttiva».
6 L’art. 2 della direttiva 98/59 dispone quanto segue:
«1. Quando il datore di lavoro prevede di effettuare licenziamenti collettivi, deve procedere in tempo utile a
consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori al fine di giungere ad un accordo.
2. Nelle consultazioni devono essere almeno esaminate le possibilità di evitare o ridurre i licenziamenti collettivi,
nonché di attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese in particolare a facilitare
la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati.
Gli Stati membri possono disporre che i rappresentanti dei lavoratori possano far ricorso ad esperti in conformità delle
legislazioni e/o prassi nazionali.
3. Affinché i rappresentanti dei lavoratori possano formulare proposte costruttive, il datore di lavoro deve in tempo
utile nel corso delle consultazioni:
a) fornire loro tutte le informazioni utili e
b) comunicare loro, comunque, per iscritto:
i) le ragioni del progetto di licenziamento;
ii) il numero e le categorie dei lavoratori da licenziare;
iii) il numero e le categorie dei lavoratori abitualmente impiegati;
iv) il periodo in cui si prevede di effettuare i licenziamenti;
v) i criteri previsti per la selezione dei lavoratori da licenziare, qualora le legislazioni e/o le prassi nazionali
ne attribuiscano la competenza al datore di lavoro;
vi) il metodo di calcolo previsto per qualsiasi eventuale indennità di licenziamento diversa da quella
derivante dalle legislazioni e/o prassi nazionali.
Il datore di lavoro deve trasmettere all’autorità pubblica competente almeno una copia degli elementi della
comunicazione scritta, previsti al primo comma, lettera b), punti da i) a v).
4. Gli obblighi di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 sono applicabili indipendentemente dal fatto che le decisioni riguardanti i
licenziamenti collettivi siano prese dal datore di lavoro o da un’impresa che lo controlli.
Nell’esame delle pretese violazioni degli obblighi di informazione, consultazione e notifica previsti nella presente
direttiva, non si deve tener conto dei mezzi di difesa del datore di lavoro basati sul fatto che l’impresa che ha preso la
decisione determinante il licenziamento collettivo non gli ha trasmesso le informazioni necessarie».
7 L’art. 3 della direttiva 98/59 recita:
«1. Il datore di lavoro deve notificare per iscritto ogni progetto di licenziamento collettivo all’autorità pubblica
competente.
(...)
La notifica dovrà contenere tutte le informazioni utili concernenti il progetto di licenziamento collettivo e le
consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori previste all’articolo 2, segnatamente i motivi del licenziamento, il numero
dei lavoratori che dovranno essere licenziati, il numero dei lavoratori abitualmente occupati ed il periodo nel corso del
quale s’effettueranno i licenziamenti.
2. Il datore di lavoro deve trasmettere ai rappresentanti dei lavoratori copia della notifica prevista al paragrafo 1.
I rappresentanti dei lavoratori possono presentare le loro eventuali osservazioni all’autorità pubblica competente».
8 Ai sensi dell’art. 5 della direttiva 98/59:
«La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative,
regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o favorire o consentire l’applicazione di disposizioni
contrattuali più favorevoli ai lavoratori».
9 L’art. 6 della direttiva 98/59 dispone quanto segue:
«Gli Stati membri provvedono affinché i rappresentanti dei lavoratori e/o i lavoratori dispongano di procedure
amministrative e/o giurisdizionali per far rispettare gli obblighi previsti dalla presente direttiva».
Il diritto nazionale
10 La direttiva 75/129 è stata trasposta nell’ordinamento belga con il contratto collettivo di lavoro 2 ottobre 1975, n. 24,
relativo alla procedura di informazione e di consultazione dei rappresentanti dei lavoratori in materia di licenziamenti
collettivi, reso obbligatorio con regio decreto 21 gennaio 1976 (Moniteur belge del 17 febbraio 1976, pag. 1716),
modificato con contratto collettivo 21 dicembre 1993, n. 24 quater, reso obbligatorio con regio decreto 28 febbraio
1994 (Moniteur belge del 15 marzo 1994, pag. 6345; in prosieguo: il «contratto collettivo n. 24»).
11 Ai sensi dell’art. 6 del contratto collettivo n. 24:
«Quando il datore di lavoro prevede di effettuare un licenziamento collettivo, deve informare previamente i
rappresentanti dei lavoratori e procedere con questi a consultazione; queste informazioni sono fornite nell’ambito del
consiglio d’impresa o, in mancanza di questo, alla delegazione sindacale (...)
In mancanza di consiglio d’impresa e di delegazione sindacale, esse devono essere fornite al personale o ai suoi
rappresentanti.
Le consultazioni vertono sulle possibilità di evitare o ridurre il licenziamento collettivo nonché di attenuarne le
conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese, in particolare, a facilitare la riqualificazione o la
riconversione dei lavoratori licenziati.
A tal fine, il datore di lavoro è tenuto a fornire ai rappresentanti dei lavoratori ogni informazione utile e in ogni caso,
con una comunicazione scritta, le ragioni del progetto di licenziamento, i criteri previsti per la selezione dei lavoratori
da licenziare, il numero e le categorie dei lavoratori da licenziare, il numero e le categorie dei lavoratori abitualmente
impiegati nonché il metodo di calcolo previsto per qualsiasi eventuale indennità di licenziamento che non derivi dalla
legge o da un contratto collettivo di lavoro [e] il periodo in cui si prevede di effettuare i licenziamenti, per consentire ai
rappresentanti dei lavoratori di formulare le loro osservazioni e proposte in modo che esse possano essere prese in
considerazione».
12 La legge belga 13 febbraio 1998, recante disposizioni a favore dell’occupazione (Moniteur belge del 19 febbraio 1998,
pag. 4643; in prosieguo: la «legge del 1998»), contiene un capo VII, rubricato «Licenziamenti collettivi». A norma
dell’art. 66 di tale legge:
«1. Il datore di lavoro che intende procedere a un licenziamento collettivo deve rispettare la procedura di
informazione e di consultazione prevista in materia di licenziamenti collettivi, così come stabilito da un contratto
collettivo di lavoro concluso nell’ambito del Consiglio nazionale del lavoro.
A tal riguardo, il datore di lavoro deve soddisfare le seguenti condizioni:
1° deve presentare al consiglio d’impresa o, in assenza di quest’ultimo, alla delegazione sindacale o, in assenza di
quest’ultima, ai lavoratori una relazione scritta nella quale manifesta il suo intento di procedere ad un
licenziamento collettivo;
2° deve poter fornire la prova che, relativamente all’intento di procedere ad un licenziamento collettivo, ha riunito il
consiglio d’impresa o, in mancanza di quest’ultimo, ha effettuato una riunione con la delegazione sindacale o, in
mancanza di questa, con i lavoratori;
3° deve consentire ai rappresentanti del personale nell’ambito del consiglio d’impresa o, in mancanza di
quest’ultimo, ai membri della delegazione sindacale o, in mancanza di questa, ai lavoratori di porre quesiti
relativamente al licenziamento collettivo previsto e di formulare argomenti o di fare controproposte al riguardo;
4° deve avere esaminato i quesiti, gli argomenti e le controproposte di cui al n. 3, e avervi risposto.
Il datore di lavoro deve fornire la prova che ha soddisfatto le condizioni di cui al comma precedente.
2. Il datore di lavoro deve notificare l’intento del licenziamento collettivo al funzionario designato dal Re. Tale
notifica deve confermare che le condizioni di cui al n. 1, secondo comma, sono state rispettate.
Una copia della notifica viene comunicata il giorno della sua spedizione al funzionario di cui al primo comma, al
consiglio d’impresa o, in mancanza di quest’ultimo, alla delegazione sindacale, ed è affissa nell’impresa. Inoltre, una
copia viene inviata, il giorno dell’affissione, con lettera raccomandata, ai lavoratori che costituiscono oggetto del
licenziamento collettivo e il cui contratto di lavoro si è già concluso il giorno dell’affissione».
13 L’art. 67 della legge del 1998 dispone quanto segue:
«Il lavoratore licenziato può contestare il rispetto della procedura di informazione e di consultazione solo per il motivo
che il datore di lavoro non ha osservato le condizioni di cui all’art. 66, n. 1, secondo comma.
Il lavoratore licenziato non può contestare il rispetto della procedura d’informazione e di consultazione se i
rappresentanti del personale nell’ambito del consiglio d’impresa o, in mancanza di quest’ultimo, i membri della
delegazione sindacale o, in mancanza di questa, i lavoratori che devono essere informati e consultati non hanno
notificato obiezioni al datore di lavoro circa il rispetto di una o più condizioni di cui all’art. 66, n. 1, secondo comma,
entro 30 giorni dalla data dell’affissione di cui all’art. 66, n. 2, secondo comma.
Entro 30 giorni dalla data del suo licenziamento o dalla data in cui i licenziamenti hanno acquisito il carattere di
licenziamenti collettivi, il lavoratore licenziato deve comunicare al datore di lavoro, con lettera raccomandata, che
contesta il rispetto della procedura di informazione e di consultazione».
14 In caso di contestazione, da parte di lavoratori licenziati che agiscano a titolo individuale, del rispetto della procedura di
informazione e consultazione, e purché la contestazione sia fondata, gli artt. 68 e 69 della legge del 1998 prevedono
rispettivamente la sospensione del termine di preavviso o la reintegrazione del lavoratore.
Causa principale e questioni pregiudiziali
15 Il giudice a quo è stato adito con appello interposto dalla Mono Car avverso una sentenza pronunciata nei confronti
delle parti nella causa principale dal Tribunal du travail de Liège il 3 febbraio 2006, avverso la quale i sigg. Odemis
e altri hanno altresì proposto appello incidentale.
16 La Mono Car, consociata del gruppo Mono International, fabbricava pezzi e accessori di decorazione e di rivestimento
interno per vari costruttori automobilistici. Nel 2004, a causa di rilevanti perdite, il consiglio di amministrazione della
Mono Car ha deciso di esaminare la possibilità di procedere alla liquidazione volontaria della società oppure ad una
riduzione sostanziale dell’organico.
17 Essa ha informato il consiglio di impresa della sua situazione finanziaria e dell’eventualità di licenziamenti collettivi. In
seguito, ha sottoscritto con l’insieme dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali un progetto di accordo scritto su
un piano sociale, successivamente interinato da un contratto collettivo di lavoro, che prevede le modalità per la
ristrutturazione dell’impresa e le condizioni del licenziamento collettivo, tra le quali l’assenza di prestazione del
preavviso nonché gli elementi per il calcolo dell’indennità di licenziamento e l’importo dell’indennità di compensazione
del danno morale. Il detto contratto collettivo di lavoro precisa che la procedura di informazione e di consultazione sul
licenziamento collettivo è stata osservata dalla Mono Car.
18 L’assemblea generale del personale della Mono Car ha adottato il citato piano sociale e il consiglio d’impresa ha
convalidato il voto espresso dall’assemblea.
19 Il 14 giugno 2004 la Mono Car ha trasmesso all’autorità pubblica competente l’elenco dei 30 lavoratori destinatari del
licenziamento collettivo nonché i criteri seguiti per selezionarli e ha licenziato tali lavoratori con effetto a decorrere dal
21 giugno 2004. I rappresentanti del personale all’interno del consiglio d’impresa non hanno sollevato nessuna
obiezione in merito all’osservanza di una o più delle condizioni previste dall’art. 66 della legge del 1998.
20 Il 15 giugno 2004 l’autorità pubblica competente ha concesso la riduzione ad un giorno del termine di attesa
preliminare al licenziamento ed ha constatato che la procedura di informazione e di consultazione era stata rispettata.
21 Tuttavia, dopo una riunione tra la Mono Car e i lavoratori licenziati, ventuno di loro hanno contestato dinanzi al tribunal
du Travail de Liège la regolarità di tale procedura ai sensi dell’art. 67, terzo comma, della legge del 1998 e hanno
richiesto, da una parte, la loro reintegrazione nell’impresa nonché il pagamento della retribuzione perduta dal giorno di
cessazione del contratto e, dall’altra, un risarcimento a causa del danno materiale e morale subìto.
22 Con sentenza 3 febbraio 2006, il Tribunal du travail de Liège ha ammesso l’azione promossa e ha accolto parzialmente
le domande, condannando la Mono Car al pagamento di un risarcimento a causa del danno subìto per inosservanza
della procedura di informazione e consultazione. Il Tribunal ha rilevato, come inadempimenti, l’assenza di relazione
scritta e di discussione in seno al consiglio d’impresa, l’inosservanza del periodo di attesa previo al licenziamento
nonché la prosecuzione della concertazione al di fuori del consiglio d’impresa.
23 La Mono Car ha impugnato tale sentenza, chiedendone la riforma totale, dinanzi alla Cour du travail de Liège. I
lavoratori appellati hanno a loro volta interposto appello incidentale, chiedendo l’aumento delle somme concesse a
risarcimento del danno materiale e il riconoscimento del danno morale.
24 In tale contesto, la Cour du travail de Liège, previa dichiarazione di ammissibilità dell’appello principale e di quello
incidentale, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le questioni pregiudiziali seguenti:
«1) (...)
Se l’art. 6 della direttiva 98/59 (...) debba essere interpretato nel senso che si oppone ad una disposizione
nazionale, quale l’art. 67 della legge [del 1998], in quanto essa prevede che un lavoratore può far valere il
mancato rispetto della procedura d’informazione e di consultazione solo per il motivo che il datore di lavoro non
ha osservato le condizioni di cui all’art. 66, [n.] 1, secondo comma, della stessa legge e purché i rappresentanti
del personale nell’ambito del consiglio d’impresa o, in mancanza di quest’ultimo, i membri della delegazione
sindacale o, in mancanza di questa, i lavoratori che dovrebbero essere informati e consultati abbiano notificato
obiezioni al datore di lavoro relativamente al rispetto di una o più condizioni previste al [citato] art. 66, [n.] 1,
secondo comma, entro trenta giorni a decorrere dalla data dell’affissione di cui all’art. 66, [n.] 2, secondo
comma, di detta legge e [purché] il lavoratore licenziato abbia comunicato al datore di lavoro, con lettera
raccomandata, che faceva valere il mancato rispetto della procedura di informazione e di consultazione e che
chiedeva la reintegrazione nel suo impiego [,e questo entro trenta giorni a decorrere dalla data del suo
licenziamento] o dalla data in cui i licenziamenti hanno acquisito il carattere di licenziamento collettivo.
2) (...)
Supponendo che l’art. 6 della direttiva 98/59 (...) possa essere interpretato nel senso che autorizza uno Stato
membro ad adottare una disposizione nazionale quale l’art. 67 della legge [del 1998] (...), se un tale sistema
sia compatibile con i diritti fondamentali dei singoli che costituiscono parte integrante dei principi generali del
diritto di cui il giudice comunitario assicura il rispetto e, più in particolare, con l’art. 6 della [CEDU].
3) (...)
Se un giudice nazionale, cui è sottoposta una controversia tra due soggetti privati, nella fattispecie un
lavoratore e il suo precedente datore di lavoro, possa disapplicare una disposizione di diritto nazionale
incompatibile con le disposizioni di una direttiva comunitaria, quale l’art. 67 della legge [del 1998], al fine di
conferire efficacia ad altre disposizioni di diritto nazionale, che recepiscono per ipotesi correttamente una
direttiva comunitaria, quali le disposizioni contenute nel contratto collettivo di lavoro [n. 24], ma la cui effettiva
applicazione è ostacolata dalla disposizione di diritto nazionale incompatibile con le disposizioni di una direttiva
comunitaria, nella fattispecie l’art. 67 della legge [del 1998].
4) (...)
a) Se l’art. 2 della direttiva n. 98/59 (...), in particolare ai nn. 1, 2 e 3, debba essere interpretato nel senso
che osta ad una disposizione nazionale [quale] l’art. 66, [n.] 1, della legge [del 1998], ai sensi del quale
il datore di lavoro che intende adempiere agli obblighi ad esso incombenti nell’ambito di un
licenziamento collettivo è tenuto solo a fornire la prova che ha soddisfatto le condizioni seguenti (...):
1° aver presentato al consiglio d’impresa o, in mancanza di quest’ultimo, alla delegazione sindacale
o, in mancanza di questa, ai lavoratori una relazione scritta indicando il suo intento di procedere ad un
licenziamento collettivo;
2° (...) poter fornire la prova che, relativamente all’intento di procedere ad un licenziamento
collettivo, ha riunito il consiglio d’impresa o, in mancanza di questo, ha tenuto una riunione con la
delegazione sindacale o, in mancanza di questa, con i lavoratori;
3° (...) aver consentito ai rappresentanti del personale nell’ambito del consiglio d’impresa o, in
mancanza di questo, ai membri della delegazione sindacale o, in mancanza di questa, ai lavoratori di
sottoporre quesiti relativamente al licenziamento collettivo previsto e di formulare argomenti o
presentare controproposte al riguardo;
4° (...) avere esaminato i quesiti, gli argomenti e le controproposte di cui al n. 3, e avervi risposto.
b) Se la stessa disposizione [della direttiva n. 98/59] debba essere intesa nel senso che osta ad una
disposizione nazionale [quale] l’art. 67, secondo comma, della legge [del 1998], nella parte in cui
[quest’ultima] stabilisce che il lavoratore licenziato può far valere il mancato rispetto della procedura di
informazione e di consultazione solo per il motivo che il datore di lavoro non ha osservato le condizioni
previste dall’art. 66, [n.] 1, secondo comma, di cui al punto [a)] della presente questione».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità
25 Il governo belga eccepisce l’irricevibilità delle questioni sollevate dal giudice a quo. Esso sostiene, da una parte, che le
disposizioni della legge del 1998 non si applicano alla causa principale, atteso che tale legge verterebbe unicamente
sulle domande di reintegrazione o di sospensione del preavviso dei lavoratori previste dagli artt. 68 e 69 della
medesima legge, e tali domande non sarebbero state formulate nell’ambito del procedimento d’appello. Dall’altra, la
direttiva 98/59 non comporterebbe un’armonizzazione dei mezzi d’impugnazione dei licenziamenti collettivi.
26 Il governo in parola considera irricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale anche perché verterebbe
sull’interpretazione del diritto nazionale e perché il giudice a quo non avrebbe correttamente illustrato la portata del
diritto belga applicabile.
27 Si deve rammentare a tale proposito che, nell’ambito del procedimento ex art. 234 CE, spetta soltanto al giudice
nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione
giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia
pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla
Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di
principio, è tenuta a pronunciarsi (v., in particolare, sentenze 18 luglio 2007, causa C-119/05, Lucchini,
Racc. pag. I-6199, punto 43, e 22 dicembre 2008, causa C-414/07, Magoora, non ancora pubblicata nella Raccolta,
punto 22).
28 Pertanto, il rigetto, da parte della Corte, di una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è
possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcun
rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico, oppure qualora la
Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono
sottoposte (v., in particolare, sentenze 13 marzo 2001, causa C-379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I-2099, punto 39;
5 dicembre 2006, cause riunite C-94/04 e C-202/04, Cipolla e a., Racc. pag. I-11421, punto 25, nonché Magoora, cit.,
punto 23).
29 Per quanto riguarda il presente procedimento pregiudiziale si deve rilevare, in primo luogo, che l’ordinanza di rinvio
contiene una descrizione particolareggiata del contesto normativo e dei fatti relativi alla causa principale nonché dei
motivi per cui il giudice a quo ha considerato che la soluzione delle questioni sollevate fosse necessaria per dirimere la
controversia.
30 In secondo luogo, benché la domanda di pronuncia pregiudiziale rilevi divergenze nella giurisprudenza nazionale quanto
alla portata del diritto nazionale vigente in materia, cionondimeno le questioni sollevate vertono sull’interpretazione del
diritto comunitario, la quale risulta necessaria per definire la causa principale.
31 La domanda di pronuncia pregiudiziale deve pertanto essere dichiarata ricevibile.
Sulla prima questione e sulla seconda parte della quarta questione
32 Con tali questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’art. 6 della
direttiva 98/59, in combinato disposto con il suo art. 2, nn. 1-3, osti ad una disposizione nazionale come quella di cui
all’art. 67 della legge del 1998, la quale, nel caso in cui lavoratori che agiscano a titolo individuale contestino
l’osservanza, da parte del datore di lavoro, della procedura di informazione e consultazione prevista da tale direttiva,
da una parte, limiti le censure formulabili agli inadempimenti degli obblighi prescritti da una disposizione quale
l’art. 66, n. 1, secondo comma, di tale legge e, dall’altra, stabilisca come condizione per l’ammissibilità di siffatta
contestazione che i rappresentanti del personale in seno al consiglio d’impresa abbiano previamente notificato al datore
di lavoro obiezioni in merito all’osservanza di tali obblighi e che il lavoratore interessato abbia previamente comunicato
al datore di lavoro il fatto che egli lamenta l’inosservanza della procedura di informazione e di consultazione.
33 A norma dell’art. 6 della direttiva 98/59, gli Stati membri provvedono affinché i rappresentanti dei lavoratori e/o i
lavoratori dispongano di procedure amministrative e/o giurisdizionali per far rispettare gli obblighi previsti dalla
direttiva stessa.
34 Dal dettato di tale disposizione si desume pertanto che gli Stati membri sono tenuti ad istituire procedure che
consentano di garantire l’osservanza degli obblighi previsti dalla direttiva 98/59. Per contro, atteso che tale direttiva
non illustra ulteriormente tale obbligo, spetta agli Stati membri definire le modalità delle citate procedure.
35 Va tuttavia ricordato che, sebbene la direttiva 98/59 garantisca solo un’armonizzazione parziale delle norme a tutela dei
lavoratori in caso di licenziamenti collettivi, la limitatezza di una simile armonizzazione non può tuttavia privare di
effetto utile le disposizioni della direttiva di cui trattasi (v. in tal senso, relativamente alla direttiva 75/129, sentenza 8
giugno 1994, causa C-383/92, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I-2479, punto 25).
36 Ne consegue che, sebbene sia compito degli Stati membri predisporre le procedure che consentono di garantire il
rispetto degli obblighi imposti dalla direttiva 98/59, tale predisposizione non può però privare di effetto utile le
disposizioni di quest’ultima.
37 Nel caso di specie è pacifico che la normativa belga prevede un diritto di contestazione in capo ai rappresentanti dei
lavoratori il quale, da un lato, non conosce limitazioni quanto alle censure sollevabili e, dall’altro, non è subordinato a
specifiche condizioni che non siano quelle relative alle condizioni generali di ammissibilità di un’azione in giudizio di
diritto interno. È parimenti pacifico che l’art. 67 della legge del 1998 conferisce ai lavoratori un diritto di contestazione
individuale, seppur limitato quanto alle censure sollevabili e soggetto alla condizione che i rappresentanti dei lavoratori
abbiano previamente formulato obiezioni, e che il lavoratore interessato abbia previamente comunicato al datore di
lavoro che egli contesta l’osservanza della procedura di informazione e di consultazione. Occorre quindi stabilire se
siffatta limitazione del diritto di contestazione individuale dei lavoratori o l’assoggettamento dell’esercizio del medesimo
diritto a siffatte condizioni possa privare di effetto utile le disposizioni della direttiva 98/59 o, come sostenuto dal
sig. Odemis e altri, limitare la tutela dei lavoratori predisposta da tale direttiva.
38 A questo proposito emerge, in primo luogo, dal tenore letterale e dall’impianto sistematico della direttiva 98/59 che il
diritto all’informazione e consultazione da essa previsto è destinato ai rappresentanti dei lavoratori, e non ai lavoratori
considerati individualmente.
39 Infatti, il decimo ‘considerando’ e l’art. 2, n. 2, secondo comma, della direttiva 98/59 si riferiscono agli esperti di cui
possono avvalersi i rappresentanti dei lavoratori a motivo della complessità tecnica delle materie che possono formare
oggetto dell’informazione e della consultazione. Ancora, l’art. 1, n. 1, di tale direttiva, che contiene le definizioni
necessarie ai fini dell’applicazione della medesima, definisce la nozione di «rappresentanti dei lavoratori», ma non
quella di lavoratori. Analogamente, l’art. 2 della direttiva di cui trattasi descrive gli obblighi del datore di lavoro e il
diritto all’informazione e alla consultazione con riferimento ai soli rappresentanti dei lavoratori. Parimenti, l’art. 3 della
medesima direttiva dispone l’obbligo di notifica all’autorità pubblica competente di ogni progetto di licenziamento
collettivo con tutte le informazioni utili concernenti il medesimo e le consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori, i
quali devono ricevere dal datore di lavoro copia di tale notifica e possono presentare le loro eventuali osservazioni alla
menzionata autorità, mentre tali possibilità non sono concesse ai lavoratori.
40 In secondo luogo, la natura collettiva del diritto all’informazione e alla consultazione deriva altresì da un’interpretazione
teleologica della direttiva 98/59. Posto che l’informazione e la consultazione da essa previste sono volte a consentire,
da un lato, la presentazione di proposte costruttive in merito, almeno, alla possibilità di evitare o ridurre i licenziamenti
collettivi e di attenuarne le conseguenze nonché, dall’altro, la presentazione di osservazioni eventuali all’autorità
pubblica competente, i rappresentanti dei lavoratori si trovano nelle condizioni più favorevoli al perseguimento dello
scopo prefisso dalla direttiva di cui trattasi.
41 Infine, la Corte ha già avuto modo di dichiarare che il diritto all’informazione e alla consultazione, che era
precedentemente previsto in modo identico dalla direttiva 75/129, va esercitato tramite i rappresentanti dei lavoratori
(v., in tal senso, sentenze Commissione/Regno Unito, cit., punti 17 e 23, nonché 18 gennaio 2007, causa C-385/05,
Confédération générale du travail e a., Racc. pag. I-611, punto 48).
42 Occorre pertanto constatare che il diritto all’informazione e alla consultazione previsto dalla direttiva 98/59,
segnatamente dal suo art. 2, è concepito a favore dei lavoratori intesi come collettività e presenta quindi natura
collettiva.
43 Ebbene, in un contesto come quello della causa principale il livello di tutela di tale diritto collettivo richiesto dall’art. 6 di
detta direttiva è raggiunto, atteso che la normativa nazionale applicabile conferisce ai rappresentanti dei lavoratori un
diritto ad agire che, come indicato al punto 37 di questa sentenza, non è corredato da alcun limite o condizione
specifica.
44 Conseguentemente, e fatti salvi i mezzi giurisdizionali interni previsti per garantire la tutela dei diritti individuali dei
lavoratori in caso di licenziamento irregolare, non è corretto sostenere che la tutela dei lavoratori subisce una
restrizione o che l’effetto utile della direttiva 98/59 è pregiudicato dalla circostanza che, nel quadro delle procedure che
consentono ai lavoratori che agiscono individualmente di far controllare l’osservanza degli obblighi di informazione e di
consultazione previsti da tale direttiva, le censure sollevabili da parte di questi ultimi sono limitate o che il loro diritto
d’azione è condizionato dalla previa formulazione di obiezioni ad opera dei rappresentanti dei lavoratori e dalla previa
comunicazione al datore di lavoro, da parte del lavoratore interessato, del fatto che egli contesta l’osservanza della
procedura di informazione e di consultazione.
45 Alla luce di quanto precede, occorre risolvere la prima questione e la seconda parte della quarta questione dichiarando
che l’art. 6 della direttiva 98/59, in combinato disposto con l’art. 2 della medesima, dev’essere interpretato nel senso
che non osta ad una normativa nazionale che istituisce procedure volte a consentire sia ai rappresentanti dei lavoratori
sia a questi ultimi, individualmente considerati, di far controllare l’osservanza degli obblighi previsti da tale direttiva,
ma che limita il diritto d’azione individuale dei lavoratori quanto alle censure che possono essere sollevate e lo
assoggetta alla condizione che i rappresentanti dei lavoratori abbiano previamente formulato obiezioni nei confronti del
datore di lavoro e che il lavoratore interessato abbia previamente comunicato al datore di lavoro il fatto che lamenta
l’inosservanza della procedura di informazione e di consultazione.
Sulla seconda questione
46 Con la seconda questione, il giudice a quo intende accertare se, alla luce della soluzione fornita alla prima questione ed
alla seconda parte della quarta questione, un sistema come quello analizzato nel contesto dell’esame di tali questioni,
in cui il diritto individuale dei lavoratori ad agire per far controllare l’osservanza degli obblighi di informazione e di
consultazione previsti da tale direttiva è limitato per quanto riguarda le censure sollevabili ed è assoggettato alla
condizione che i rappresentanti dei lavoratori formulino previamente obiezioni e che il lavoratore interessato abbia
previamente comunicato al datore di lavoro il fatto che lamenta l’inosservanza della procedura di informazione e di
consultazione, sia compatibile con i diritti fondamentali, in particolare con il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva
sancito dall’art. 6 della CEDU.
47 A tale proposito, va subito rammentato che il principio della tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio
generale del diritto comunitario che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e che è stato sancito
dagli artt. 6 e 13 della CEDU, oltre ad essere stato ribadito anche dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1) (v., in particolare, sentenze 13 marzo
2007, causa C-432/05, Unibet, Racc. pag. I-2271, punto 37, nonché 3 settembre 2008, cause riunite C-402/05 P e
C-415/05 P, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, non ancora pubblicata nella
Raccolta, punto 335).
48 Del resto, conformemente alla giurisprudenza costante, in mancanza di una disciplina comunitaria in materia, spetta
all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità
procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto comunitario, fermo
restando che, tuttavia, gli Stati membri sono tenuti a garantire in ogni caso la tutela effettiva di tali diritti (v. sentenza
15 aprile 2008, causa C-268/06, Impact, Racc. pag. I-2483, punti 44 e 45 nonché la giurisprudenza ivi citata).
49 Pertanto, anche se in via di principio spetta al diritto nazionale determinare la legittimazione e l’interesse ad agire di un
singolo, il diritto comunitario richiede tuttavia, oltre al rispetto dei principi di equivalenza e di effettività, che la
normativa nazionale non leda il diritto ad una effettiva tutela giurisdizionale (v., in tal senso, segnatamente, sentenze
11 luglio 1991, cause riunite da C-87/90 a C-89/90, Verholen e a., Racc. pag. I-3757, punto 24; 11 settembre 2003,
causa C-13/01, Safalero, Racc. pag. I-8679, punto 50, nonché Unibet, cit., punto 42).
50 Per quanto riguarda il diritto all’informazione e alla consultazione previsto dalla direttiva 98/59, occorre rilevare che,
come emerge dai punti 38-42 di questa sentenza, esso è concepito a vantaggio dei lavoratori intesi come collettività e
presenta, pertanto, natura collettiva. La circostanza che l’art. 6 della direttiva 98/59 consenta agli Stati membri di
istituire procedure a favore dei lavoratori individualmente considerati non è idonea a modificare la natura collettiva di
tale diritto.
51 Di conseguenza, un sistema nazionale come quello oggetto della causa principale, che prevede una procedura a favore
dei rappresentanti dei lavoratori per far controllare che il datore di lavoro osservi il complesso degli obblighi di
informazione e consultazione enunciati dalla direttiva 98/59 e riconosce inoltre un diritto d’azione individuale al
lavoratore, corredando tale diritto di limiti e condizioni specifiche, è idoneo a garantire la tutela giurisdizionale effettiva
dei diritti collettivi sanciti da detta direttiva in materia di informazione e di consultazione.
52 Alla luce di quanto precede, occorre risolvere la seconda questione sottoposta nel senso che la circostanza che una
normativa nazionale, che istituisce procedure che consentono ai rappresentanti dei lavoratori di far controllare che il
datore di lavoro osservi il complesso degli obblighi di informazione e di consultazione della direttiva 98/59, corredi di
limiti e di condizioni il diritto d’azione individuale riconosciuto anche a ciascun lavoratore colpito da un licenziamento
collettivo non è idonea a violare il principio della tutela giurisdizionale effettiva.
Sulla terza questione
53 Alla luce delle soluzioni fornite alle prime due questioni, non occorre risolvere la terza questione, dato che è stata
sollevata dal giudice a quo per l’ipotesi in cui la direttiva 98/59 ostasse ad una norma nazionale come l’art. 67 della
legge del 1998.
Sulla prima parte della quarta questione
54 Con tale questione il giudice a quo domanda se l’art. 2 della direttiva 98/59 osti ad una disposizione come l’art. 66,
n. 1, secondo comma, della legge del 1998, nei limiti in cui quest’ultimo ridurrebbe gli obblighi del datore di lavoro che
intenda procedere ad un licenziamento collettivo.
55 A questo proposito occorre rilevare, come ha fatto l’avvocato generale al paragrafo 73 delle sue conclusioni, che non vi
sono dubbi che gli obblighi imposti dall’art. 66, n. 1, secondo comma, della legge del 1998 al datore di lavoro che
intende procedere a un licenziamento collettivo non corrispondono alla totalità di quelli indicati all’art. 2 della direttiva
98/59.
56 Di conseguenza, l’art. 2 della direttiva 98/59 dev’essere interpretato nel senso che osta ad una disposizione nazionale
che, come l’art. 66, n. 1, secondo comma, della legge del 1998, considerato isolatamente, sia atta a ridurre gli obblighi
di informazione e di consultazione del datore di lavoro che intenda procedere a licenziamenti collettivi rispetto a quelli
dettati dal citato art. 2.
57 Occorre tuttavia rilevare che dall’art. 66, n. 1, primo comma, della legge del 1998 si evince che il datore di lavoro che
intenda procedere a siffatti licenziamenti collettivi è tenuto a rispettare la procedura di informazione e di consultazione
in materia di licenziamento collettivo conformemente ai contratti collettivi applicabili. Ebbene, il contratto collettivo
n. 24, secondo le indicazioni fornite dal giudice del rinvio, riproduce integralmente gli obblighi che l’art. 2 della direttiva
98/59 prevede siano imposti a tale datore di lavoro.
58 In tali circostanze, spetta al giudice del rinvio verificare se la disposizione contenuta nell’art. 66, n. 1, secondo comma,
della legge del 1998, tenuto conto del comma che la precede, possa prestarsi ad un’interpretazione secondo la quale
tale disposizione, rinviando al contratto collettivo n. 24, non esime siffatto datore di lavoro dall’osservanza della totalità
degli obblighi contemplati dall’art. 2 della direttiva 98/59.
59 Orbene, a questo proposito, risulta effettivamente da una giurisprudenza costante che una direttiva non può, di per sé,
creare obblighi a carico di un singolo e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti, così che
anche una disposizione chiara, precisa ed incondizionata di una direttiva volta a conferire diritti o a imporre obblighi ai
singoli non può essere applicata come tale nell’ambito di una controversia che ha luogo esclusivamente tra singoli (v.,
in tal senso, sentenza 5 ottobre 2004, cause riunite da C-397/01 a C-403/01, Pfeiffer e a., Racc. pag. I-8835,
punti 108 e 109).
60 Tuttavia, nell’applicare il diritto interno, il giudice nazionale deve interpretarlo quanto più possibile alla luce della lettera
e dello scopo della direttiva in oggetto, onde conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi pertanto
all’art. 249, terzo comma, CE (v., in tal senso, sentenza Pfeiffer e a., cit., punto 113).
61 Siffatto obbligo d’interpretazione conforme riguarda l’insieme delle disposizioni del diritto nazionale e trova i suoi limiti
nei principi generali del diritto, in particolare in quello della certezza del diritto, nel senso che non può fungere da
fondamento per un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (v., in tal senso, sentenze 8 ottobre 1987, causa
80/86, Kolpinghuis Nijmegen, Racc. pag. 3969, punto 13; 4 luglio 2006, causa C-212/04, Adeneler, Racc. pag. I-6057,
punto 110; Impact, cit., punto 100, e 23 aprile 2009, causa C-378/07, Angelidaki e a., non ancora pubblicata nella
Raccolta, punto 199).
62 Il principio di interpretazione conforme del diritto nazionale così imposto dal diritto comunitario esige che il giudice
nazionale prenda in considerazione tutto il diritto nazionale per valutare in quale misura possa essere applicato in modo
tale da non sfociare in un risultato contrario a quello cui mira la direttiva in questione (v., in tal senso, sentenza Pfeiffer
e a., cit., punto 115).
63 A questo proposito, se il diritto nazionale, mediante l’applicazione dei metodi di interpretazione da esso riconosciuti, in
determinate circostanze consente di interpretare una norma dell’ordinamento giuridico interno in modo tale da evitare
un conflitto con un’altra norma di diritto interno o di ridurre a tale scopo la portata di quella norma applicandola
solamente nella misura compatibile con l’altra, il giudice ha l’obbligo di avvalersi degli stessi metodi al fine di ottenere il
risultato perseguito dalla direttiva in oggetto (v. sentenza Pfeiffer e a., cit., punto 116).
64 Nel caso di specie tale principio esige quindi che il giudice del rinvio, nell’ambito delle sue competenze e prendendo in
considerazione il complesso delle norme di diritto nazionale, garantisca l’effetto utile della direttiva 98/59, onde evitare
che gli obblighi incombenti sul datore di lavoro che intende procedere a licenziamenti collettivi siano ridotti rispetto a
quelli dettati dall’art. 2 della direttiva di cui è causa.
65 Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, la prima parte della quarta questione dev’essere risolta dichiarando che
l’art. 2 della direttiva 98/59 dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che riduca gli
obblighi del datore di lavoro che intende procedere a licenziamenti collettivi rispetto a quelli dettati dal citato art. 2.
Nell’applicare il diritto interno il giudice nazionale deve, in virtù del principio d’interpretazione conforme del diritto
nazionale, prendere in considerazione il complesso delle norme di quest’ultimo ed interpretarlo, quanto più possibile,
alla luce della lettera e dello scopo della direttiva 98/59 onde conseguire il risultato perseguito da quest’ultima. Esso è
pertanto tenuto a garantire, nell’ambito della sua competenza, che gli obblighi che incombono a siffatto datore di
lavoro non siano ridotti rispetto a quelli dettati dall’art. 2 della citata direttiva.
Sulle spese
66 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al
giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare
osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
1) L’art. 6 della direttiva del Consiglio 20 luglio 1998, 98/59/CE, concernente il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, in combinato disposto con
l’art. 2 della medesima, dev’essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale
che istituisce procedure volte a consentire sia ai rappresentanti dei lavoratori sia a questi ultimi,
individualmente considerati, di far controllare l’osservanza degli obblighi previsti da tale direttiva,
ma che limita il diritto d’azione individuale dei lavoratori quanto alle censure che possono essere
sollevate e lo assoggetta alla condizione che i rappresentanti dei lavoratori abbiano previamente
formulato obiezioni nei confronti del datore di lavoro e che il lavoratore interessato abbia
previamente comunicato al datore di lavoro il fatto che lamenta l’inosservanza della procedura di
informazione e di consultazione.
2) La circostanza che una normativa nazionale, che istituisce procedure che consentono ai
rappresentanti dei lavoratori di far controllare che il datore di lavoro osservi il complesso degli
obblighi di informazione e di consultazione della direttiva 98/59, corredi di limiti e di condizioni il
diritto d’azione individuale riconosciuto anche a ciascun lavoratore colpito da un licenziamento
collettivo non è idonea a violare il principio della tutela giurisdizionale effettiva.
3) L’art. 2 della direttiva 98/59 dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale
che riduca gli obblighi del datore di lavoro che intende procedere a licenziamenti collettivi rispetto a
quelli dettati dal citato art. 2. Nell’applicare il diritto interno il giudice nazionale deve, in virtù del
principio dell’interpretazione conforme del diritto nazionale, prendere in considerazione il
complesso delle norme di quest’ultimo ed interpretarlo, quanto più possibile, alla luce della lettera e
dello scopo della direttiva 98/59 onde conseguire il risultato perseguito da quest’ultima. Esso è
pertanto tenuto a garantire, nell’ambito della sua competenza, che gli obblighi che incombono a
siffatto datore di lavoro non siano ridotti rispetto a quelli dettati dall’art. 2 della citata direttiva.