testo integrale con note e bibliografia

Sono convinto che sia giunto il tempo per le Organizzazioni sindacali di affrontare il tema dei servizi nei confronti della domanda individuale delle lavoratrici e dei lavoratori non più come un elemento - lo chiamo in termini classici - di proselitismo delle singole Organizzazioni sindacali ma con una ricerca condivisa per valorizzare le intelligenze, il lavoro fatto dalle tre grandi Organizzazioni confederali per costruire un sistema comune per rispondere alle istanze della singola lavoratrice e del singolo lavoratore – superando la competizione tra sindacati – relativamente a quelli che sono i servizi che normalmente vengono devoluti dallo Stato alle Organizzazioni sindacali.
Questo ci permetterebbe gli investimenti necessari per poter utilizzare l’intelligenza artificiale, le cui matrici sono concentrate nelle mani di pochissime multinazionali, poiché, non essendo neutra, la tecnologia è sempre nelle disponibilità di chi decide e mette al lavoro le persone per raggiungere un determinato tipo di obiettivo.
Per questo credo sia assolutamente necessario prenderla dall’origine la questione delle intelligenze artificiali, perché è del tutto evidente che c’è una competizione sui dati e sulla loro gestione; una competizione evidentemente tra culture diverse che sono all’origine della costruzione stessa delle matrici intorno alle quali si costruiscono gli algoritmi.
Da questo punto di vista, il mio problema con l’intelligenza artificiale non è la partecipazione, ma la democrazia.
La partecipazione funziona così: stabilisci degli obiettivi e il punto è chi stabilisce questi obiettivi partecipativi, su che cosa si stabiliscono questi obiettivi partecipativi.
Normalmente nei rapporti di forza esistenti tra le lavoratrici e i lavoratori da una parte e il datore di lavoro dall’altra, il pallino del comando in mano ce l’ha l’impresa.
Il punto fondamentale, allora, è se si è in grado di costruire un meccanismo che ci dia la possibilità di poter rendere la tecnologia - io direi qualsiasi tecnologia compresa la tecnologia dell’intelligenza artificiale - comprensiva del punto di vista dell’altra parte del mondo, perché oggi se noi guardiamo all’intelligenza artificiale uno dei dibattiti più importanti che sta generando è il fatto che sia il risultato di una stratificazione di informazioni su cui tra l’altro si è aperto anche un conflitto sulla titolarità delle stesse informazioni.
Fatemela dire così: non siamo ai tempi della nascita di Internet in cui in molti di noi potevano pensare che quello fosse uno spazio “libero” dentro il quale si potessero anche generare delle esperienze creative di interconnessione; nella prima parte della vita di internet noi abbiamo avuto vissuto - chi ne ha avuto la possibilità - il peer to peer, ma come strumento di gratuità delle relazioni, la costruzione di software open source, quindi con la collaborazione, e non come - invece - sistema puramente competitivo.
L’intelligenza artificiale nasce come uno strumento competitivo perché nasce nella disponibilità di chi pensa di poterlo utilizzare per poter aumentare la produttività generata dal lavoro perché se non si comprende questo elemento è del tutto evidente che si fa fatica a capire la relazione tra la leva ed il tentativo di sollevare il mondo.
Lo dico ricollegandomi alla discussione che ascoltavo nel panel precedente, perché a me fa sempre molta ansia pensare che le persone continuano a morire sui loghi di lavoro oggi esattamente come svariati anni fa nonostante abbiamo la disponibilità di Industria 4.0 o 5.0, la manutenzione predittiva, etc., etc.
Siamo in un mondo in cui io riesco a monitorare la punta di un tornio e sostituirla prima che si rompa e non riesco, invece, a eliminare “gli errori” o le “disfunzioni” che portano a un incidente sul lavoro.
Torna anche nel lessico della discussione degli eventi drammatici di questi giorni la parola “errore umano”; io non credo che con l’intelligenza artificiale, con la tecnologia che oggi è nelle disponibilità sia ancora pensabile l’idea che si possa utilizzare la questione dell’errore umano perché noi pensiamo la tecnologia esattamente perché dovrebbe servire a far lavorare meglio e in condizioni di maggiore sicurezza le persone, mentre c’è un processo molto forte aperto dall’intelligenza artificiale di intensificazione della prestazione lavorativa.
Ora, partiamo da una linea di montaggio. Com’è andata con l’introduzione dell’automazione – quella che precede l’avvento dell’intelligenza artificiale - sulle linee di montaggio? Non ha migliorato la vita dei lavoratori impegnati sulle linee, mentre il valore generato dal loro lavoro si moltiplicava a favore dell’impresa.
Io ho avuto anche una discussione dentro la mia casa madre, la CGIL, perché ogni volta sentivo questi dibattiti in cui si diceva: “si contratta l’algoritmo”. No, l’algoritmo non si può contrattare perché è costruito esattamente per spacciare come neutrale la tecnologia e così deresponsabilizzare chi prende le decisioni e controlla il processo produttivo.
E, poi: cos’è e di chi è l’algoritmo? Perché l’algoritmo qualcuno lo ha costruito e lo ha costruito sulla base di alcune informazioni e chi ha deciso le informazioni che finivano dentro la costruzione di quell’algoritmo aveva un obiettivo chiaro. Mentre oggi, paradossalmente, chi ha costruito alcune delle esperienze di intelligenza artificiale ci dice ogni giorno che “l’umano” è a rischio con l’intelligenza artificiale.
Io la trovo una cosa anche abbastanza divertente perché è curioso che chi sta costruendo un grande profitto sull’intelligenza artificiale allo stesso tempo ci pone il tema del rischio della sua applicazione. Curioso perché in realtà ci pone un problema di lungo periodo.
Ma noi abbiamo un problema sul breve periodo, di applicazione dell’intelligenza artificiale. C’è una questione che riguarda evidentemente l’impatto sull’occupazione.
Vorrei cogliere uno degli spunti che veniva dal panel precedente in cui ci si chiedeva “perché una piattaforma sindacale non la si costruisce con l’intelligenza artificiale?” Perché - lo dico sommessamente - abbiamo un po’ la presunzione di pensare che l’intelligenza umana collettiva può utilizzare uno strumento come l’intelligenza artificiale, ma per stabilire un premio di produzione piuttosto che un orario di lavoro e, quindi, costruire una piattaforma è indispensabile il lavoro collettivo del Sindacato insieme con le lavoratrici e i lavoratori.
Non penserei mai che le relazioni possano essere svolte con un soggetto che non offre alcuno spazio al confronto e alla discussione, perché all’intelligenza artificiale tu fai la domanda e ti dà la risposta.
Uno dei problemi che si apre, infatti, è quali siano i substrati etici e morali intorno ai quali si costruiscono le risposte e quindi - se sono relazioni - io penso agli strumenti della tecnologia come strumenti che possono favorire le relazioni industriali, non sostituirle perché le relazioni industriali sono tali se hanno quello spazio - fatemi dire - di errore e di capacità creativa umana che determinano le variabilità che innovano i processi contrattuali che siamo in grado di mettere in campo. Infatti nella piattaforma per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici, come FIM-FIOM-UIIL, una delle rivendicazioni è esattamente attivare un confronto nel momento in cui ci sia l’utilizzo o la messa a disposizione di dati usati dall’intelligenza artificiale dentro il sistema d’impresa.
Se penso alla questione della vertenzialità è chiaro che quello strumento è uno strumento che può essere messo a disposizione per favorire un confronto, un dialogo tra le parti, ma è anche del tutto evidente - permettetemi - che l’introduzione di tecnologie e di una certa idea delle relazioni industriali di matrice americana ha un po’ cambiato la struttura delle relazioni sindacali nel nostro Paese.
La dico semplice per comprenderci: prima avevamo le imprese che erano tendenzialmente sul nostro territorio e di proprietà anche di persone del nostro Paese. Oggi ci confrontiamo con multinazionali, che però non sono apolidi e non hanno ovunque lo stesso atteggiamento, determinando un modello – che ci è stato imposto - in cui rischia di scomparire la contrattazione delle relazioni industriali. Per questo credo che il sindacato debba fare un salto di qualità nel suo orizzonte d’azione. Oggi non possiamo più pensare che la dimensione negoziale sia nazionale: per le grandi multinazionali o sei in grado di costruire una dimensione internazionale della contrattazione - che faccia riconoscere la centralità del ruolo contrattuale attuale allineando i tempi e le richieste sulla base della situazione che tu hai nei singoli Paesi - oppure il rischio che corri è di confrontarti solo con il responsabile delle risorse umane. Che è tutt’altra cosa - con altri compiti e “pesi” in azienda - rispetto a quello che era il responsabile delle relazioni industriali, che - quando si è ad un tavolo negoziale - può cambiare le scelte della direzione. Chi invece si occupa delle risorse umane fa un altro tipo di lavoro, gestisce gli effetti delle decisioni che la direzione prende e in questo senso, ovviamente, l’utilizzo della tecnologia per renderla oggettiva e immodificabile dalla contrattazione.
Lo dico perché ho letto qualche giorno fa - e concludo - di una multinazionale che i contratti li vorrebbe fare generandoli con l’intelligenza artificiale.
Ecco, quella è la morte della contrattazione, è la morte del Sindacato. Che non è un insieme di dirigenti, ma sono le persone che si uniscono per negoziare nei confronti della controparte, attraverso la contrattazione collettiva.
Ecco perché penso che il tema della partecipazione sia strettamente collegato alla democrazia, ed è una scelta che FIM-FIOM-UILM fanno costantemente: noi per costruire la piattaforma abbiamo ascoltato le iscritte e gli iscritti, i delegati prima di definire la piattaforma.
Certo, se avessimo utilizzato - forse lo potremo pensare per il futuro - l’intelligenza artificiale ci saranno risparmiati un po’ di fatica e magari avremmo potuto aggregare e costruire meglio anche la stessa piattaforma. Ma c’è un punto di differenza: una cosa è l’utilizzo degli strumenti tecnologici per le finalità intorno alle quali si costruiscono, altra cosa è il tentativo di sostituzione perché la verità è che la sostituzione non avviene con la tecnologia come se fosse la bacchetta magica di Mago Merlino, ma c’è sempre un Mago Merlino che usa la bacchetta magica.

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