testo integrale con note e bibliografia
Introduzione
In un precedente contributo, apparso proprio in questa Rivista , si è dato conto dell’evoluzione del rapporto di lavoro sportivo, trasformatosi nel tempo da un vincolo di status ad una relazione contrattuale oggetto di una disciplina speciale, la quale trova oggi la propria fonte nel d.lgs. 28 febbraio 2021, n. 36.
In estrema sintesi, è possibile isolare una prima fase in cui la matrice ludico-ricreativa dell’attività sportiva indusse, nel silenzio del legislatore, alcuni interpreti ad escludere in radice che il legame di affiliazione sportiva potesse assumere una natura negoziale e, segnatamente, dare luogo ad un rapporto di lavoro .
In seguito, con la l. n. 91/1981, sulla scia di alcuni importanti arresti della giurisprudenza e delle sollecitazioni della dottrina , fu introdotta una normativa ad hoc per lo sport professionistico , la quale si caratterizzava per l’impiego di una presunzione di subordinazione (per gli atleti) e per la regolamentazione ricavata “per sottrazione” dal diritto del lavoro “generale” .
La novella del 1981 lasciò tuttavia i dilettanti, compresi coloro i quali praticavano l’attività sportiva dietro compenso (ma) nei settori non qualificati come professionistici dalle rispettive federazioni (c.d. professionisti di fatto), sostanzialmente sprovvisti di tutela, fatta salva l’applicazione – non senza ostacoli, di carattere giuridico e, soprattutto, ambientale – della disciplina del lavoro per l’impresa .
A porre rimedio a tale squilibrio è recentemente intervenuto il d.lgs. n. 36/2021, che, nell’ambito di una complessiva riforma del diritto sportivo, ha regolato la fattispecie trans-tipica del lavoratore sportivo, articolando attorno a tale figura una disciplina a geometria variabile, diversamente modulata a seconda della natura (subordinata, autonoma e/o etero-organizzata) e del contesto (professionistico o dilettantistico) ove l’attività sportiva è destinata a svolgersi .
Senonché, con la successiva stagione dei “correttivi” al d.lgs. n. 36/2021 e, segnatamente, con il d.lgs. n. 163/2022 e con il d.lgs. n. 120/2023, il legislatore è parso tornare sui suoi passi, costruendo un sistema di presunzioni che esprime una decisa tensione, nel settore professionistico, verso la subordinazione e, nel settore dilettantistico, verso l’autonomia.
Di conseguenza, in quest’ultimo ambito, i lavoratori sportivi (a partire dagli atleti e dalle atlete) si vedono riconosciute unicamente le tutele di base previste, in via generale, per ogni lavoratore sportivo di cui all’art. 25 d.lgs. n. 36/2021, salvo l’intervento suppletivo della contrattazione collettiva.
Nelle pagine che seguono si cercherà di porre in evidenza come una simile impostazione, per quanto animata dal condivisibile scopo di non aggravare la posizione economico/finanziaria dei sodalizi sportivi minori, abbia, almeno in parte, scalfito il disegno universalistico – o, meglio, la “filosofia inclusiva” – che costituiva la cifra della legge delega n. 86/2019 e della versione primigenia del d.lgs. n. 36/2021, così attenuando la distanza rispetto alle soluzioni adottate, in passato, dalla l. n. 91/1981.
2. La figura trans-tipica del lavoratore sportivo ex art. 25 d.lgs. n. 36/2021
Coerentemente con le indicazioni contenute nella legge delega n. 86/2019 , al centro del Titolo V del d.lgs. n. 36/2021 si colloca la figura del lavoratore sportivo, nel cui alveo, in base alla primigenia versione dell’art. 25 del decreto in parola, sarebbero rientrati l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara, che, senza distinzione di genere e indipendentemente dal settore (professionistico o dilettantistico), avessero esercitato un’attività sportiva verso un corrispettivo .
Come si è altrove argomentato , il lavoratore sportivo deve essere inteso quale figura trans-tipica e non ricondotto ad un tipo contrattuale in senso stretto : si legge, infatti, nel comma 2 dell’art. 25 d.lgs. n. 36/2021, che l’attività di lavoro sportivo può costituire l’oggetto, ricorrendone i presupposti, di un rapporto di lavoro subordinato – anche “a causa mista”: v. l’apprendistato ed il relativo regime speciale ex art. 30 d.lgs. n. 36/2021 – o di un rapporto di lavoro autonomo, anche nella forma della collaborazione coordinata e continuativa , nonché di una prestazione di natura occasionale .
In ossequio al carattere trans-tipico della fattispecie del lavoratore sportivo, la relativa disciplina si articola secondo una geometria variabile : ad una regolamentazione comune , si affiancano le numerose disposizioni che prevedono una tutela differenziata tra i professionisti e i dilettanti , nonché tra gli autonomi e i subordinati .
Al rapporto di lavoro subordinato sportivo è dedicato l’art. 26 del d.lgs. n. 36/2021, che, da un lato, contempla, attraverso una tecnica normativa “per sottrazione” , l’inapplicabilità a tale figura di numerose disposizioni statutarie e della normativa in materia di licenziamento (individuale e collettivo) .
Dall’altro lato, la norma introduce alcune deroghe rispetto alla disciplina generale in materia di contratto a tempo determinato (e relativa cessione ante tempus ad un’altra società o associazione sportiva) , di limiti convenzionali nell’accesso alla giurisdizione statuale e di patti di non concorrenza .
Al contempo, il d.lgs. n. 36/2021 continua a tenere conto della peculiarità dei settori professionistici, visto che isola, all’art. 27, la figura – o “sotto-tipo” – dello sportivo professionista.
Quest’ultimo diviene così il destinatario di una regolamentazione ad hoc, la quale ricalca, con gli opportuni adeguamenti , le soluzioni già adottate dalla l. n. 91/1981, in punto di presunzione di subordinazione del lavoro prestato dagli atleti come attività principale, ovvero prevalente, e continuativa , di vincoli di forma e di contenuto del contratto di lavoro.
Relativamente al profilo che qui maggiormente interessa, risulta dirimente come la novità di maggiore impatto rispetto alla n. l. 91/1981 non risieda tanto nella disciplina in sé, quanto nella relativa estensione ai subordinati non professionisti, in ossequio alla filosofia inclusiva della recente riforma del lavoro sportivo .
Tale disegno sarebbe, tuttavia, risultato, secondo una parte dei primi commentatori, meno coerente con gli obiettivi della sostenibilità e dell’equilibrio finanziario fissati nella legge delega n. 86/2019 . Di tali istanze si sono viceversa fatti carico, come si vedrà in breve, il d.lgs. n. 163/2022 ed il d.lgs. n. 120/2023, i quali hanno inteso conciliare la tutela della “dignità dei lavoratori sportivi” con “il principio della specificità dello sport” e, più in generale, con l’imperativo di garantire, per l’appunto, la “tenuta” del sistema sportivo nel suo complesso.
3. Lo sportivo amatore nella versione originaria dell’art. 29 d.lgs. n. 36/2021
A valle di quanto osservato sulla figura del lavoratore sportivo, mette conto evidenziare che, nella prima versione del d.lgs. n. 36/2021, alla fondamentale distinzione tra i professionisti e i dilettanti si sarebbe affiancata quella, altrettanto – se non, addirittura, maggiormente – rilevante tra i lavoratori sportivi ex art. 25 d.lgs. n. 36/2021 e gli amatori ex art. 29 d.lgs. n. 36/2021 .
Quest’ultima disposizione, superata dal d.lgs. n. 163/2022 (v. infra), avrebbe consentito alle società e alle associazioni sportive dilettantistiche, alle Federazioni Sportive Nazionali, alle Discipline Sportive Associate e agli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI di avvalersi, nello svolgimento delle proprie attività istituzionali, di amatori, i quali avrebbero messo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità, comprensive dello svolgimento diretto dell'attività sportiva, nonché della formazione, della didattica e della preparazione degli atleti, per promuovere lo sport, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ma esclusivamente per finalità amatoriali .
Se, sul piano della causa, appariva evidente la distinzione tra il lavoratore sportivo, il quale avrebbe svolto la propria prestazione lavorativa (sportiva) in cambio di un compenso, e quella dell’amatore, che sarebbe stato invece mosso da finalità ideali o solidaristiche , il possibile riconoscimento, a favore di quest’ultimo, di “premi e compensi occasionali, in relazione ai risultati ottenuti nelle competizioni sportive, nonché indennità di trasferta e rimborsi” , avrebbe potuto prestare il fianco a possibili elusioni e/o aggiramenti del divieto di “retribuire” le attività genuinamente amatoriali , specularmente connesso all’imperativo di ricondurre ogni prestazione sportiva che fosse oggetto di un vincolo negoziale nell’alveo del lavoro sportivo di cui all’art. 25 d.lgs. n. 36/2021.
4. La stagione dei “correttivi” (d.lgs. n. 163/2022 e d.lgs. n. 120/2023): dall’amatore al volontario
Nel recepire i numerosi rilievi critici mossi nei riguardi dello sportivo amatore, il d.lgs. n. 163/2022 ha sostituito tale figura con quella del volontario , che, come ampiamente noto, trova la propria compiuta regolamentazione all’interno del Codice del Terzo Settore .
Se l’amatore avrebbe potuto ottenere, sulla base della prima versione del d.lgs. n. 36/2021, anche rimborsi forfettari, compensi occasionali e premi, sin pure entro il (non trascurabile) limite quantitativo annuo di 10.000 euro , in base alla previsione di cui al comma 2 dell’art. 29 d.lgs. n. 36/2021, così come modificato D.Lgs. 5 ottobre 2022, n. 163 e poi dal D.Lgs. 29 agosto 2023, n. 120, il volontario avrebbe avuto diritto al solo rimborso delle spese documentate di vitto, alloggio, trasporto e viaggio .
Da ultimo, però, l'articolo 3, comma 3, lettera b), del D.L. 31 maggio 2024, n. 71 (non ancora convertito in legge) ha ulteriormente emendato la disposizione in parola, la quale, nel momento in cui si scrive, prescrive che, per quanto le prestazioni dei volontari sportivi non possano essere in alcun modo retribuite, agli stessi possono essere riconosciuti rimborsi forfettari per le spese sostenute per attività svolte anche nel proprio comune di residenza, nel limite complessivo di 400 euro mensili, in occasione di manifestazioni ed eventi sportivi riconosciuti dalle Federazioni sportive nazionali, dalle Discipline sportive associate, dagli Enti di promozione sportiva, anche paralimpici, dal CONI, dal CIP e dalla società Sport e salute S.p.a., purché deliberino sulle tipologie di spese e le attività di volontariato per le quali è ammessa questa modalità di rimborso.
D’altro canto, difettando in radice ogni corrispettività nella causa del rapporto tra “le società e le associazioni sportive [dilettantistiche], le Federazioni Sportive Nazionali, le Discipline Sportive Associate e gli Enti di Promozione Sportiva, anche paralimpici, il CONI, il CIP e la società Sport e salute S.p.a.” e coloro quali “mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere lo sport, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ma esclusivamente con finalità amatoriali ”, non può stupire che i volontari di cui alla versione riformata dell’art. 29 d.lgs. n. 36/2021 non rientrino tra i lavoratori sportivi ai sensi dell’art. 25 d.lgs. n. 36/2021 .
5. Segue. L’allargamento della figura del lavoratore sportivo ed il nuovo regime di presunzioni: la (ri)espansione della forbice tra professionisti e dilettanti
Il d.lgs. 5 ottobre 2022, n. 163 ha notevolmente inciso nell’architettura del d.lgs. n. 36/2021, operando innanzitutto un allargamento dell’elenco dei lavoratori sportivi di cui all’art. 25, comma 1, d.lgs. n. 36/2021: ivi, infatti, oltre all’atleta, all’allenatore, all’istruttore, al direttore tecnico, al direttore sportivo e al preparatore atletico, trova oggi menzione il tesserato, il quale “svolge verso un corrispettivo le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti dei singoli enti affilianti, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva” .
Nel dettaglio, ai sensi del novello comma 1-ter dell’art. 25 d.lgs. n. 36/2021, le attività lavorative di cui al comma 1 dell’art. 25 d.lgs. n. 36/2021 includono “le mansioni svolte dalle figure che, in base ai regolamenti tecnici delle Federazioni Sportive Nazionali e delle Discipline Sportive Associate, anche paralimpiche, sono necessarie per lo svolgimento delle singole discipline sportive”, sulla scorta di un decreto dell’Autorità di Governo delegata in materia di sport, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali”.
All’enucleazione delle mansioni necessarie per lo svolgimento dell’attività sportiva ha poi provveduto, sulla scia della norma da ultimo citata, il D.P.C.M. del 24 gennaio 2024, che contiene un elenco di professionalità ricondotte entro la figura del lavoratore sportivo ex art. 25 d.lgs. n. 36/2021: tra queste rientrano, a titolo esemplificativo, lo speaker del club calcistico o cestistico, il tracciatore delle gare di canoa o il coreografo delle esibizioni ginniche , mentre perdura l’esclusione di coloro i quali prestano un’attività di carattere gestionale/amministrativo o comunque non direttamente connessa con lo svolgimento dell’attività sportiva .
Di converso, nella direzione di una riduzione degli oneri in capo alle società ed alle associazioni che operano nel settore dilettantistico si colloca l’introduzione, da parte dell’art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 163/2022 (che ha emendato in parte qua l’art. 28, comma 2, d.lgs. n. 36/2021), di una presunzione di lavoro autonomo, nella forma della collaborazione coordinata e continuativa. Sulla disposizione in parola è poi intervenuto il d.lgs. n. 120/2023, il quale ha ampliato notevolmente la forbice rispetto alla speculare presunzione (di lavoro subordinato) che, come sopra rilevato, investe il settore professionistico. In base alla versione attualmente vigente dell’art. 28, comma 2, d.lgs. n. 36/2021, il lavoro sportivo si presume, nell'area del dilettantismo, oggetto di contratto di lavoro autonomo, nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, qualora i) la durata delle prestazioni oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non supera le ventiquattro (e non più le diciotto) ore settimanali, escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive, e ii) sempre che le prestazioni oggetto del contratto risultano coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo, in osservanza dei regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate e degli Enti di promozione sportiva, anche paralimpici .
Al riguardo, in dottrina si è persuasivamente sostenuto che si tratterebbe di una presunzione relativa e non assoluta, visto il tenore letterale della norma, nonché, sullo sfondo, l’immanente principio dell’indisponibilità del tipo contrattuale .
Tuttavia, è facile preconizzare che molte delle prestazioni rese nel settore dilettantistico, anche di durata tutt’altro che trascurabile (in presenza di un rapporto di lavoro subordinato, la soglia delle ventiquattro ore settimanali varcherebbe la soglia del part-time al 50%), resteranno confinate nell’alveo del lavoro autonomo e, dunque, saranno destinatarie delle sole tutele generali appannaggio del lavoratore sportivo .
Si potrebbe peraltro obiettivare che la “retrocessione” della legge (qui nel senso di statuto protettivo “forte”) potrebbe aprire interessanti spazi per la contrattazione collettiva, come parrebbe dimostrare la stipulazione del CCNL per i lavoratori dello sport del 12 gennaio 2024 e dei due accordi collettivi sui trattamenti economici e normativi dei calciatori e delle calciatrici – inquadrati nello schema della collaborazione coordinata e continuativa – della Lega Nazionale Dilettanti e della Serie B femminile di calcio .
Eppure, la via negoziale, della quale va senz’altro apprezzata la duttilità, sconta inevitabilmente dei limiti sul piano dell’estensione soggettiva delle guarentigie, senza contare i dubbi, sui quali non è possibile indugiare in questa sede, circa i criteri utilizzati dal legislatore per fondare la presunzione di autonomia delle prestazioni rese nel settore dilettantistico .
D’altro canto, va ricordato che lo stesso legislatore del 1981 si era inizialmente mosso nella direzione della riconduzione dei rapporti di lavoro sportivo nell’alveo delle collaborazioni coordinate e continuative, salvo poi virare, secondo alcuni neppure troppo convintamente , verso la subordinazione (per i soli atleti) : di tal guisa, si potrebbe affermare che la scelta del legislatore del 2023 di ricorrere al meccanismo presuntivo de quo ha il vago sapore di un ritorno al passato, specie se la si confronta con la soluzione, meno incline ad una netta demarcazione tra professionisti e dilettanti, adottata nella versione originaria del d.lgs. n. 36/2021.
6. Rilievi di sintesi
Come si era avuto modo di osservare all’indomani della pubblicazione del d.lgs. n. 36/2021, è senz’altro vero che, con la recente riforma, il lavoro sportivo ha avuto formalmente ingresso nella “casa” del diritto del lavoro, abbandonando la precedente “dimora” all’interno del diritto sportivo tout court .
Eppure, come già rilevato da Matteo Dell’Olio in riferimento alla l. n. 91/1981, la sfida più complessa investe la ricerca di una collocazione che, entro la nuova domus, non comprima lo spazio vitale dell’inquilino, né comporti la disgregazione delle mura di casa .
Da un lato, attraverso l’individuazione della figura trans-tipica del lavoratore sportivo, si è usciti dallo schema binario (professionisti vs. dilettanti) su cui si fondava la l. n. 91/1981 e si è andati incontro alla tensione universalistica delle ultime stagioni del diritto del lavoro, assecondando, così, le scelte del nuovo “vicinato”.
Dall’altro lato, la specificità dello sport, nelle sue diverse declinazioni, ha imposto di mantenere alta l’attenzione sull’equilibrio finanziario, specialmente nell’area del dilettantismo, proprio al fine di non portare al collasso del sistema-sport, che non può evidentemente permettersi di restare – sia consentita la battuta – “privo di un tetto”. Proprio di quest’ultima esigenza si sono fatti carico i recenti “correttivi” (d.lgs. n. 163/2022 e d.lgs. n. 120/2023), con i quali il legislatore ha riscritto i confini tracciati nel d.lgs. n. 36/2021 tra le aree del professionismo e del dilettantismo: va da sé che sarà solo l’esperienza applicativa a dirci se si è in tal modo tradito o preservato lo spirito della riforma, ben potendosi allora concludere che, come nella migliore tradizione sportiva, la parola fine spetterà al…campo.