Testo integrale con note e bibliografia

1) – L’istituzione dell’INL

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro è stato istituito in attuazione di una delega contenuta nella Legge 10 dicembre 2014, n. 183, costituente la seconda e più sostanziosa parte del c.d. “Jobs Act”, voluto dall’allora Governo Renzi.

In particolare, i criteri cui si sarebbe dovuto ispirare il legislatore, allo scopo di rendere più efficiente l’attività ispettiva, sono i seguenti: “razionalizzazione e semplificazione dell'attività ispettiva, attraverso misure di coordinamento ovvero attraverso l'istituzione, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, di una Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, tramite l'integrazione in un'unica struttura dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), prevedendo strumenti e forme di coordinamento con i servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali e delle agenzie regionali per la protezione ambientale”.

In attuazione della delega contenuta nel suddetto articolo, viene emanato il D. Lgs. 149 del 14 settembre 2015, intitolato “Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell'attivita' ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale”, il quale istituisce una Agenzia unica per le ispezioni, denominata “Ispettorato Nazionale del Lavoro” (INL), che integra i servizi ispettivi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dell’INPS e dell’INAIL.
L’INL viene costituito ai sensi dell’art. 8 del D. Lgs. 300/99 , è dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, nonché di autonomia organizzativa e contabile ed è posto sotto il controllo della Corte dei conti. Oltre che sotto la vigilanza della Corte dei conti, l’INL è sottoposto al controllo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che ne monitora periodicamente gli obiettivi e la corretta gestione delle risorse finanziarie .
Difatti, in quanto ente strumentale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per l’esercizio di specifiche attività, l’INL stipula, ai sensi dell’art. 8, co. 4, D.Lgs. 300/99, una convenzione periodica col Ministero per la definizione specifica degli obiettivi da raggiungere - con particolare riferimento alla attività di contrasto al lavoro nero e irregolare - in un arco non superiore a tre anni. Non si può tacere, peraltro, che la nuova convenzione, relativa al periodo 2019-2021, non sia stata ancora sottoscritta, nonostante si sia oramai a conclusione del 2019. Ci si augura che questo episodio non vada ascritto a quella che è parsa ad alcuni come una sorta di “guerra fredda” tra la struttura ministeriale e la neonata Agenzia ispettiva, dovuta forse alla perdita, di quelli che erano i propri uffici periferici.
Uno degli effetti della creazione dell’INL è stato probabilmente la mancata capacità di instaurare un nuovo rapporto istituzionale tra la compagine di provenienza e il soggetto che ne è derivato per “gemmazione”. Sarebbe necessario, in altri termini, che il Ministero torni ad appropriarsi del proprio ruolo di elaborazione e indirizzo politico-amministrativo, lasciando che questo sia poi sviluppato, a livello tecnico-operativo, dall’Agenzia, anzi incitando quest’ultima a sviluppare questo modello di relazioni, impegnandola a navigare in mare aperto con le proprie forze e affrancandola dalla “materna” presenza ministeriale.

 

2) Il (mancato) coordinamento delle attività sul campo
L’Ispettorato nasce anzitutto con l’obiettivo di razionalizzare e semplificare l'attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, nonché al fine di evitare la sovrapposizione di interventi ispettivi. Per questa ragione, il D. Lgs. 149 prevede una serie di misure in tal senso: anzitutto, al fine di assicurare omogeneità operative di tutto il personale che svolge vigilanza, ai funzionari ispettivi dell'INPS e dell'INAIL sono attribuiti i poteri già assegnati al personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ivi compresa la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria.
Inoltre, nell’ottica di raggiungere il primario obiettivo dell’integrazione delle attività ispettive si dispone che, con successivi decreti verranno indicate le forme di coordinamento tra l'Ispettorato e i servizi ispettivi di INPS e INAIL che comprendono, in ogni caso, il potere dell'Ispettorato di dettare le linee di condotta e le direttive di carattere operativo, nonché di definire tutta la programmazione ispettiva e le specifiche modalità di accertamento. Non possiamo nascondere, a questo proposito, le difficoltà di relazione che si sono avute sin dall’inizio fra i tre enti (INL, INPS e INAIL), difficoltà che hanno fortemente rallentato, quando non del tutto bloccato, prime forme di coordinamento che, fino alla nascita dell’INL, pure esistevano. Questo deriva probabilmente da un errore strategico commesso inizialmente dal vertice dell’INL che, invece di condividere una visione e un disegno, ha preferito imporli agli altri soggetti interessati, con la conseguenza – secondo una perfetta trasposizione del principio fisico per cui “a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria” – di ottenerne un’opposizione.
Così, l’integrazione auspicata dal legislatore non è finora avvenuta.

 

Sempre nell’ottica di superare l’esistente frammentazione delle attività ispettive, si segnalano altre tre rilevanti disposizioni del D. Lgs. 149, tutte rimaste inattuate: la prima è rappresentata dall’art. 7, co. 4, a norma del quale nella Regione Sicilia e nelle Province autonome di Trento e Bolzano l'Ispettorato provvede alla stipula di appositi protocolli d'intesa al fine di garantire, in quei territori, l'uniforme svolgimento dell'attività di vigilanza ed evitare la sovrapposizione di interventi ispettivi, nel rispetto delle competenze attribuite dai rispettivi statuti in materia di vigilanza sul lavoro e legislazione sociale. Allo stato attuale, non risultano convenzioni con le due province autonome; sembra peraltro opportuno ricordare che già nel recente passato la provincia autonoma di Bolzano aveva provato a ricondurre l’intera materia della vigilanza sul mercato del lavoro esclusivamente al proprio ambito di competenza, tentativo bloccato dall’eccezione di incostituzionalità mossa dal Governo.
Riguardo ai rapporti con la Regione Sicilia risulta, invece, una convenzione con INL, sottoscritta nell’ottobre 2016, cui però non è mai stato dato seguito.
Ad oggi, quindi, l’Ispettorato continua a non poter esercitare il previsto ruolo di coordinamento su tutto il territorio nazionale; questo solleva due questioni tra loro connesse, cui probabilmente il legislatore aveva provato a dare risposte, ma che continuano a essere inevase: come superare la tentazione delle forze politiche di avere il controllo dell’attività di vigilanza – vista come ostacolo alla libera impresa, ma forse anche utile per colpire imprese “non amiche” - e come affrontare la difficoltà dei controlli in particolare in quei contesti sociali in cui il tasso di disoccupazione molto elevato determina il ricorso a svariate forme di irregolarità. A tali questioni è probabilmente necessario dare una risposta politica, ancor prima che amministrativa, facendosene direttamente carico.

Altra norma di particolare rilievo è l’art. 11, co. 4, secondo cui l’INL può stipulare uno o più protocolli d'intesa per attuare strumenti e forme di coordinamento con i servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali e delle agenzie regionali per la protezione ambientale. Accanto a questo, vi è comunque una generale previsione di coordinamento tra Ispettorato, AA.SS.LL. e ARPA, al fine di assicurare l’uniformità di comportamento ed una maggiore efficacia degli accertamenti ispettivi, evitando la sovrapposizione degli interventi . Allo stato attuale, non risultano convenzioni neppure con tali Enti, sebbene sia comprensibile che, trattandosi di materie di competenza regionale concorrente, diventi più difficile gestire l’intera procedura di coordinamento. Ad ogni modo, il risultato pratico è che non vi è ancora un coordinamento di carattere generale, che potrebbe avere ricadute particolarmente rilevanti soprattutto nel settore della salute e sicurezza sul lavoro. Si immagini, ad es., l’impatto che potrebbe avere un accordo – magari in sede di conferenza Stato-Regioni – con cui si stabiliscono principi e modalità di coordinamento su tutto il territorio nazionale per quel che concerne la vigilanza su salute e sicurezza. Esso potrebbe rappresentate un primo tentativo concreto di “aggredire” seriamente il fenomeno degli infortuni mortali sul lavoro, che costantemente si dice voler contrastare, in particolare se consideriamo due dati: anzitutto, prendendo a riferimento la Relazione annuale INAIL 2018, emerge come gli infortuni mortali siano in aumento del 4,5% rispetto al 2017, pur considerando una riduzione dal 2014 a oggi .

Se si va nel dettaglio del numero complessivo delle denunce di infortuni mortali per il 2018 , si potrà notare come su un totale di 747 denunce, ben 146 (pari al 19,5% del totale) risultano nel settore delle costruzioni, su cui vi è la competenza concorrente delle AA.SS.LL. e dell’INL.
Se vi fosse, quindi, un effettivo coordinamento su tutto il territorio nazionale, si potrebbe ragionevolmente immaginare una riduzione di tale numero.

Terza e ultima norma finalizzata a garantire il coordinamento è l’art. 11, co. 6 del D. Lgs. 149, il quale prevede l’obbligo, per ogni altro organo di vigilanza che svolga accertamenti in materia di lavoro e legislazione sociale, di raccordarsi con la sede centrale e quelle territoriali dell'Ispettorato, al fine di uniformare l’attività di vigilanza ed evitare la sovrapposizione di interventi ispettivi. Questa norma di chiusura, contenente un più generale obbligo di coordinamento, sembra forse un modo per agganciarsi alla previsione di cui alla L. 183/2010 (c.d. Collegato Lavoro), che all’art. 4, co. 1, lett. c) prevede un’estensione di competenza a irrogare sanzioni in materia di lavoro nero a tutti gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza. Forse, nel momento in cui si decideva di costituire l’INL, sarebbe stato necessario riflettere sull’opportunità di mantenere la norma del Collegato Lavoro in quei termini, poiché essa pare andare in totale controtendenza rispetto alla ratio ispiratrice del D. Lgs. 149: da un lato si individuano in modo preciso organi e istituzioni preposti a irrogare sanzioni in materia di lavoro nero, dall’altro si estende tale competenza. Il risultato è che anche il generale obbligo di coordinamento appare come una mera petizione di principio, cui non risulta essere stato dato seguito.

 

3) I numeri
Allo stato attuale, i numeri del personale dell’INL sono in calo, in linea con quanto si verifica nel resto della Pubblica Amministrazione. Per questa ragione, non si può non apprezzare la disposizione contenuta nella Legge di bilancio per il 2019, che ha incrementato la dotazione organica dell’Ispettorato fino ad arrivare a 6,826 unità per il 2021 , partendo da una dotazione organica inizialmente prevista pari a 6,046 unità . C’è da dire, peraltro, che l’ampliamento previsto dalla Legge di bilancio riguarda “un contingente di personale prevalentemente ispettivo”, il che può provocare problemi in quanto la carenza di personale coinvolge tutti i profili professionali presenti. Anzi, considerando che l’ultimo concorso da ispettore del lavoro è stato bandito nel 2004, l’età media del personale in questo profilo è bassa; diverso discorso riguarda il personale amministrativo, che svolge molte altre attività. In questo caso, si tratta di lavoratori entrati nella Pubblica Amministrazione per effetto della L. 285/78, che quindi stanno maturando i requisiti per il pensionamento e stanno letteralmente svuotando gli uffici territoriali. Allo stato attuale, il Piano Triennale del Fabbisogno di Personale per il 2019-2021 prevede 450 assunzioni di funzionari amministrativi, il che vuol dire una media di 5 funzionari per ufficio nel triennio, un numero non sufficiente se consideriamo che, allo stato attuale, per supplire alla carenza di funzionari amministrativi, l’INL sta utilizzando personale ispettivo, distogliendolo – in tutto o in parte – dall’attività ispettiva, determinando di conseguenza anche una contrazione dei numeri delle ispezioni. Sarebbe, quindi, auspicabile un’importante immissione in servizio in tempi ragionevolmente rapidi non solo di personale ispettivo, ma anche di personale amministrativo.
Un discorso a parte va fatto per gli ispettori tecnici, ossia quei lavoratori che si occupano della vigilanza su salute e sicurezza sul lavoro – materia, come si è già scritto, in concorrenza con le AA.SS.LL. – perché in tal caso i numeri sembrano scendere vertiginosamente. Il numero complessivo di ispettori tecnici attualmente in servizio è pari a 230 unità (-38 unità rispetto al 2017, pari a circa il -14%) . Si tratta di cifre che portano a un interrogativo di fondo: l’Ispettorato Nazionale del Lavoro intende sul serio esercitare le proprie competenze in materia di salute e sicurezza? Il dubbio che si consideri quest’attività di vigilanza come un’attività secondaria viene, peraltro, da lontano. Già nel 2004, infatti, quando il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali bandì il concorso per ispettori, a fronte di 795 posti da ispettore del lavoro, mise a disposizione solo 75 unità da reclutare nel profilo di ispettore tecnico. Se consideriamo, invece, il ruolo di tutela che questi lavoratori svolgono, sarebbe necessario avere un contingente di almeno 600 unità lungo tutto il territorio nazionale. Per questo, consideriamo insufficienti le previsioni di assunzioni previste nel Piano del Fabbisogno 2019-2021, pari a sole 100 unità nell’intero triennio e riteniamo si possa fare uno sforzo ulteriore rispetto alla previsione, all’interno del cd. “Decreto Salva imprese”, di assunzione straordinaria di 150 ispettori tecnici a decorrere dal 2021 .
Un ulteriore elemento di criticità, che ha anche determinato un’emorragia di personale ispettivo nel corso degli ultimi anni, è lo sbilanciamento fra professionalità richiesta e stipendio corrisposto: ad esempio, mediamente un ispettore del lavoro (ordinario o tecnico) percepisce una retribuzione mensile pari a 1,500-1,600 euro, cui si aggiunge un salario accessorio che può arrivare fino a 3,000 euro lordi annui. Questo crea un notevole gap salariale con gli ispettori di vigilanza dell’INPS e dell’INAIL, cui sono correttamente riconosciute dalla contrattazione integrativa un’indennità – in virtù delle responsabilità derivanti dall’attività svolta – e un salario accessorio mediamente più alto, per maggiore disponibilità di fondi di Ente. Su questo, è necessaria una riflessione: dal momento in cui si è prospettata l’ipotesi della nascita dell’INL, il legislatore non ha posto la dovuta attenzione a questo aspetto, che avrebbe certamente determinato conflittualità tra lavoratori. È giunto il momento di porre definitivamente riparo a questa sperequazione, reperendo stabilmente risorse economiche nuove e certe, per livellare gli stipendi dei lavoratori dell’INL verso l’alto.
Venendo ai numeri dell’attività ispettiva, mettendo a confronto i due unici rapporti annuali dell’attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale , notiamo da un lato una flessione nei numeri delle aziende ispezionate: dalle 160,347 del 2017 alle 144,163 del 2018, con un calo di 16,184 aziende ispezionate (pari a circa il 10% in meno). Dall’altra parte, notiamo invece un aumento della percentuale di irregolarità, dal 65% del 2017 al 70% del 2018.

 

La flessione del dato numerico delle ispezioni ha probabilmente una duplice ragione: anzitutto la contrazione del personale ispettivo di INL, INPS e INAIL, ma anche il diverso inserimento dei dati a fini statistici. Fino alla nascita dell’INL, infatti, l’accertamento ispettivo congiunto nei confronti di una medesima azienda da parte del Ministero del Lavoro, dell’INPS e dell’INAIL veniva spesso conteggiato individualmente da parte di ciascuno dei tre soggetti, con il risultato di avere dati numerici non sempre collimanti con la realtà effettiva.
Ad ogni modo, al di là dell’aspetto quantitativo ciò che occorre realizzare al più presto è andare verso un’ottimizzazione dell’esistente. Difatti, quello che funge da deterrente verso comportamenti illeciti è la consapevolezza della probabilità di ricevere un’ispezione. Tale consapevolezza non è data, però, dal solo dispiegamento delle forze ispettive in campo – a meno di non voler assumere decine di migliaia di ispettori per effettuare controlli “a tappeto” –, ma anche dal miglioramento dell’attività di intelligence, usando i dati estraibili dalle banche dati. In questo modo, attraverso un’analisi preventiva e incrociata dei fattori di rischio che consente di individuare quei settori e quei soggetti meritevoli di visita ispettiva, si può aumentare la percezione del controllo sul territorio, oltreché l’efficienza dei controlli.
Purtroppo, anche su questo aspetto siamo ben lontani dalle previsioni legislative per l’incapacità delle Amministrazioni coinvolte di arrivare a un accordo comune che tuteli interessi pubblici: non solo non risulta ancora costituita e operativa una banca dati unica delle ispezioni, ma neppure un’interconnessione tra le banche dati dei diversi soggetti istituzionali coinvolti. Il minimo cui ambire nel breve termine dovrebbe essere arrivare ad avere una banca dati unica della vigilanza sul lavoro, in cui far confluire tutte le ispezioni, da chiunque svolte, in materia di lavoro, contribuzione, assicurazione infortuni, legislazione sociale, salute e sicurezza, così da rendere più facile la programmazione delle attività di vigilanza e da azzerare del tutto il rischio di sovrapposizione di ispezioni, ad oggi non ancora del tutto eliminato. A questa banca dati, andrebbe poi affiancata un’interconnessione fra le varie banche dati esistenti, utile al fine del miglioramento dell’attività di intelligence e al coordinamento dell’attività di vigilanza.

 

4) Conclusioni
A distanza di tre anni dalla nascita dell’INL, quindi, restano ancora moltissimi nodi da sciogliere e tante (troppe) questioni aperte. L’idea di fondo che ha portato alla creazione dell’INL si muove su due direttrici, entrambe rimaste lettera morta: la semplificazione e la razionalizzazione delle attività di vigilanza, che dovrebbero passare non solo dalla creazione di un nuovo Ente preposto ma anche – o forse anzitutto – da una riscrittura delle norme in materia, così da arrivare auspicabilmente a un avvicinamento delle procedure, se proprio non è possibile una loro omogeneizzazione; la creazione di una rete che veda più soggetti coinvolti sotto un’unica regia – in linea con quanto accade nei Paesi europei più avanzati, in cui non esiste l’italiana frammentazione di competenze –, così da avere un’orchestra in cui ognuno suoni la propria parte di spartito, ma tutti siano diretti da un unico direttore d’orchestra.

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