Testo integrale con note e bibliografia
1. Gli interventi che il legislatore ha operato negli ultimi anni, oltre che finalizzati a rafforzare gli ammortizzatori sociali e le misure di sostegno all’occupazione, hanno riguardato anche la strumentazione delle risoluzioni consensuali dei rapporti di lavoro del personale eccedente alternative ai licenziamenti collettivi per riduzione di personale.
Infatti, se da un lato nella prima fase dell’emergenza pandemica (con effetti che risalgono al 22 febbraio 2020) il legislatore ha ritenuto di introdurre un divieto generalizzato di licenziamento sia collettivo e sia individuale per giustificato motivo oggettivo (ancora in essere fino al 31 ottobre 2021 per i datori di lavoro legittimati a ricorrere alla CIG-Covid e, limitatamente alla durata del trattamento e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, per i datori di lavoro che effettivamente utilizzano la CIGO o la CIGS di cui all’art. 40-bis, D.L. n. 73/2021, come modificato dalla L. di conversione n. 106/2021), dall’altro sono state previste e incentivate soluzioni alternative al licenziamento dei lavoratori in esubero affidate agli accordi aziendali ed alla volontaria risoluzione del contratto di lavoro.
Ci si riferisce, in particolare: a) agli accordi sindacali aziendali di incentivo alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, con diritto del dipendente alla NASpI; b) alla c.d. isopensione (art. 4, co. 1-7-ter, L. n. 92/2012); c) ai fondi di solidarietà bilaterale di sostegno al reddito per l’“agevolazione all’esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni” (art. 26, co. 9, lett. b), D. Lgs. n. 148/2015); d) al contratto di espansione.
Tali strumenti hanno in comune (con esclusione, almeno formalmente, dei fondi di solidarietà bilaterali) la modalità di estinzione del rapporto di lavoro che avviene tramite risoluzione consensuale e, quindi, non attraverso il licenziamento; infatti essi presuppongono un’adesione volontaria da parte del lavoratore.
Pur in presenza di un’estinzione del rapporto di lavoro determinata dalla risoluzione consensuale, gli strumenti più sopra indicati si avvalgono della NASpI (con esclusione dell’isopensione) sia pure con modalità diverse, in alcuni casi come prestazione garantita direttamente al lavoratore, in altri come parametro per una riduzione degli oneri posti a carico dei datori di lavoro.
Si deve aggiungere che, nel caso degli accordi aziendali, l’accesso alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro non è condizionato ad alcun requisito pensionistico, mentre le altre ipotesi sono rivolte esclusivamente ai lavoratori prossimi alla pensione (con differenti requisiti temporali di prossimità).
2. Il primo strumento di gestione delle eccedenze di personale, oggetto della presente ricognizione, è quello previsto (oggi) dall’art. 40-bis, co. 3, DL n. 73/2021, che ha confermato la misura rappresentata dall’ “accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo”, prevedendo che “a detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22”.
In questo caso il diritto alla NASpI costituisce un’eccezione agli effetti ordinari della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro che, come noto, non prevede misure di sostegno in quanto non si configura come ipotesi di disoccupazione involontaria.
La legge consente quindi la risoluzione volontaria del rapporto di lavoro con il riconoscimento della NASpI a tutti i dipendenti (compresi i dirigenti) ed a tutti i datori di lavoro tramite accordo sindacale che:
- non prevede condizioni di accesso, non necessita della preventiva attivazione delle procedure di licenziamento collettivo, né presuppone una dichiarazione di crisi o esuberi di personale;
- deve essere stipulato a livello aziendale, con le OO.SS. comparativamente più rappresentative a livello nazionale (anche una sola di esse, secondo il Messaggio INPS del 17 febbraio 2021, n. 689), di norma anche con l’assistenza dell’associazione territoriale, mentre non è possibile la stipula dell’accordo aziendale con le RSA o la RSU;
- non prevede necessariamente un incentivo economico per la risoluzione del rapporto di lavoro (tanto meno la sua quantificazione), anche se questa di norma è una condizione richiesta dalle OO.SS..
La risoluzione del rapporto con diritto alla NASpI opera nei confronti dei soli lavoratori che dichiarino di aderire all’accordo sindacale e deve avvenire nelle forme dell’art. 26, co. 7, D. Lgs. n. 151/2015, ossia mediante accordo individuale in sede protetta ex art. 2113, ultimo comma, c.c..
Il lavoratore che aderisce all’accordo sindacale ha diritto di percepire la NASpI - che può essere erogata sino ad un massimo di 24 mesi per i lavoratori che hanno una contribuzione continua di oltre 4 anni (art. 5, D. Lgs. n. 22/2015) - ed all’accredito della contribuzione figurativa per tutto il periodo di disoccupazione.
Atteso che la risoluzione consensuale comporta il riconoscimento della NASpI, il datore di lavoro è tenuto al versamento del cd. “ticket di licenziamento”, ossia il contributo di accesso alla NASpI da versare all’INPS (Messaggio INPS 5 febbraio 2021, n. 528). La misura base di tale contributo per l’anno 2021 è fissata in 503,30 euro (41% del massimale disoccupazione) e l’importo complessivo varia a seconda del periodo di permanenza in azienda, da 1/12 fino a raggiungere un massimo di 1.509,90 euro per i lavoratori con un’anzianità di servizio pari o superiore a 36 mesi. Non si applica invece la triplicazione prevista dalla legge (cfr. art. 2, co. 35, L. n. 92/2012) nel caso di licenziamento collettivo con dichiarazione di eccedenza che non abbia formato oggetto di accordo sindacale.
Con la circolare n. 111/2020, l’INPS ha precisato che i lavoratori che cessano il rapporto di lavoro sono tenuti, in sede di presentazione della domanda per la NASpI, ad allegare l’accordo collettivo aziendale e la documentazione attestante l’adesione al predetto accordo, al fine di potere accedere alla prestazione di sostegno.
Secondo l’opinione prevalente la possibilità di stipulare gli accordi aziendali è indissolubilmente legata al divieto di licenziamento, in quanto questa misura è stata adottata dal legislatore in funzione “compensativa” per mitigare il divieto di licenziamento.
Si potrebbe, però, valutare anche una diversa opinione per la quale la possibilità di stipulare gli accordi aziendali di cui si discute non è specificamente e direttamente sottoposta ad un termine finale che ne delimita l’efficacia temporale. Sulla scorta di questa considerazione, si potrebbe ipotizzare che la disciplina degli accordi aziendali possa continuare ad operare anche dopo la cessazione del divieto di licenziamento che non costituirebbe una condizione di vigenza della norma, bensì soltanto la motivazione dell’intervento del legislatore. In questo caso gli accordi aziendali assolverebbero ad una funzione che non sarebbe quella compensativa al divieto di licenziamento, ma quella di incentivare misure alternative al licenziamento, finalità di cui si avverte la necessità proprio nel momento in cui il divieto di licenziamento viene meno e si pone la necessità di tutela dei lavoratori esposti a rischio di recesso.
3. La crisi occupazionale dell’impresa può essere altresì gestita tramite la c.d. “isopensione”, disciplinata dall’art. 4, co. 1-7-ter, L. n. 92/2012, secondo cui le aziende che occupano più di 15 dipendenti hanno la possibilità di stipulare accordi sindacali aziendali prodromici alla risoluzione volontaria dei rapporti di lavoro “nei casi di eccedenza di personale”, “al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori più anziani”.
La legge pone a carico del datore di lavoro l’anticipazione ai lavoratori di “una prestazione di importo pari al trattamento di pensione”, nonché il versamento all’INPS della contribuzione previdenziale “fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento”.
I destinatari del trattamento di isopensione sono soltanto quelli che “debbono raggiungere i requisiti minimi per il pensionamento, di vecchiaia o anticipato, nei quattro [sette, sino al 2023] anni successivi alla cessazione dal rapporto di lavoro”.
Lo strumento può essere attivato solo con accordo sindacale stipulato con le OO.SS. maggiormente rappresentative a livello aziendale, nonché con l’adesione esplicita del lavoratore prossimo alla pensione.
Il costo del trattamento di isopensione e della contribuzione per tutto il periodo è integralmente a carico dell’azienda (mediamente il costo oscilla tra il 70% e l’80% di quello sostenuto qualora il rapporto di lavoro proseguisse fino al raggiungimento dei requisiti pensionistici).
L’azienda non è invece tenuta al versamento del cd. “ticket di licenziamento”.
Inoltre, fino al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento è consentito lo svolgimento di lavoro dipendente o autonomo da parte del lavoratore, senza riduzione dell’importo della prestazione in caso di rioccupazione.
4. Un significativo intervento di sostegno, nei casi di crisi occupazionale, può inoltre essere garantito dai fondi di solidarietà bilaterale - che si possono istituire anche in settori che già rientrano nell'ambito di applicazione della normativa legale in materia d'integrazione salariale – i quali sono abilitati ad erogare prestazioni volte a perseguire le proprie finalità, tra cui quella di “prevedere un assegno straordinario per il sostegno al reddito, riconosciuto nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni” (art. 26, co. 9, lett. b), D.Lgs. n. 148/2015).
Con Decreto 4 dicembre 2020 del Ministro del Lavoro, di concerto con il Ministro dell’Economia, è stato istituito presso l’INPS il “Fondo TRIS - Fondo di solidarietà bilaterale per il sostegno del reddito del personale dei settori chimico e farmaceutico”.
Il Fondo TRIS prevede l’erogazione di un assegno straordinario di sostegno al reddito ai lavoratori del settore (di qualsiasi qualifica e categoria, compresi i dirigenti) che raggiungano i requisiti:
- per la pensione di vecchiaia o anticipata nei successivi 5 anni (se si raggiunge la pensione anticipata prima di quella di vecchiaia è riconosciuto il “versamento della contribuzione correlata, per i periodi non coperti da altra assicurazione obbligatoria o figurativa, fino al raggiungimento del diritto alla pensione”);
- previsti per l'opzione per l'accesso alla pensione c.d. “quota 100” entro il 31 dicembre 2021, in presenza di accordi collettivi aziendali o territoriali con le OO.SS. comparativamente più rappresentative nei quali è stabilito, a garanzia dei livelli occupazionali, il numero di lavoratori da assumere in sostituzione dei lavoratori che accedono a tale prestazione.
Il DM precisa che “nel caso in cui intervengano prestazioni pubbliche, ivi comprese le misure di sostegno al reddito relative alla risoluzione del rapporto di lavoro, l’importo dell’assegno è ridotto in misura corrispondente, fermo restando il trattamento complessivo, ivi compresa la contribuzione correlata” (art. 5, DM).
L’accesso al Fondo TRIS (art. 8, DM) “è subordinato ad un accordo sindacale - anche derivante da una procedura di cui alla legge n. 223 del 1991 con unico criterio della non opposizione” (in questo caso, trattandosi di licenziamento, al lavoratore spetta la NASpI) ed è “perfezionato con una successiva intesa tra azienda e lavoratore in cui le parti esprimono la volontà vincolante di attivare il Fondo con l'indicazione della specifica prestazione richiesta”; se “i processi di riorganizzazione/ristrutturazione riguardino un numero inferiore a cinque lavoratori con qualifica di dirigente, quadro, impiegato, qualifica speciale, operaio o in assenza delle altre condizioni di cui alla legge n. 223 del 1991, il ricorso al Fondo presuppone un accordo in sede sindacale, che contenga l’espressa manifestazione di volontà vincolante di attivare il Fondo stesso e l’indicazione della prestazione richiesta”.
Il Fondo TRIS è finanziato da: a) un contributo ordinario annuale di € 3,00 per ciascun lavoratore ripartito tra azienda e lavoratore medesimo, rispettivamente nella misura di 2/3 ed 1/3; b) un contributo straordinario corrisposto in unica soluzione dall'azienda prima dell'accesso al Fondo dei lavoratori, pari al fabbisogno di copertura - comprensivo, ove dovuta, della contribuzione correlata - per l'intera durata delle prestazioni richieste.
Il lavoratore ha la facoltà di richiedere in un'unica soluzione l'assegno straordinario in misura pari al 50% della prestazione che sarebbe spettata in forma rateale, perdendo tuttavia la contribuzione correlata anche se teoricamente spettante.
Le prestazioni fornite dal Fondo sono compatibili e cumulabili con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, nel rispetto delle normative vigenti; negli altri fondi bilaterali, come quello del credito o assicurativo, il cumulo fra redditi di lavoro e assegno straordinario è vietato, integralmente o parzialmente, a seconda del tipo di attività e della sua eventuale concorrenzialità con l’attività del datore di lavoro.
5. Fermo quanto sopra esposto, la presente ricognizione degli strumenti di gestione delle eccedenze di personale, alternativi ai licenziamenti, si propone di realizzare un approfondimento sul contratto di espansione da una prospettiva applicativa finalizzata ad evidenziarne i punti di forza e le criticità.
5.a) Il contratto di espansione è un accordo stipulato dall’azienda in sede governativa con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e con le OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (o con le loro RSA o RSU).
Tramite il contratto di espansione le imprese possono accompagnare alla pensione i dipendenti a cui mancano non più di 5 anni al trattamento di vecchiaia (ad oggi e fino al 2022, 67 anni di età ed almeno 20 anni di contributi) o a quello anticipato (fino al 2026, con versamenti contributivi pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini ed a 41 anni e 10 mesi per le donne, di cui almeno 35 anni di contributi effettivi, e con una successiva finestra di differimento mobile pari a 3 mesi), prevedendo anche un programma di formazione e di nuove assunzioni nell'ambito di processi di reindustrializzazione e riorganizzazione “che comportano, in tutto o in parte, una strutturale modifica dei processi aziendali finalizzati al progresso e allo sviluppo tecnologico dell'attività, nonché la conseguente esigenza di modificare le competenze professionali in organico mediante un loro più razionale impiego” (art. 41, co. 1, D. lgs. n. 148/2015).
Più in particolare il “nuovo” contratto di espansione (art. 41, co. 5-bis), D. lgs. n. 148/2015) prevede la possibilità di concludere “accordi di non opposizione e previo esplicito consenso in forma scritta dei lavoratori interessati” finalizzati alla “risoluzione del rapporto di lavoro” dei soli dipendenti “che si trovino a non più di sessanta mesi dalla prima decorrenza utile della pensione di vecchiaia … o anticipata”. In questo caso è riconosciuta ai lavoratori “fino al raggiungimento della prima decorrenza utile del trattamento pensionistico… un’indennità mensile, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro”.
Il versamento a carico del datore di lavoro per l’indennità mensile è ridotto di “un importo equivalente” al trattamento di NASpI” che sarebbe spettata al lavoratore. Inoltre, per le imprese o gruppi con organico superiore a 1.000 unità che si impegnino ad effettuare almeno un’assunzione per ogni tre lavoratori cessati, la predetta riduzione del versamento opera per ulteriori 12 mesi.
Per i dipendenti che invece non traguardano i requisiti pensionistici, è prevista la possibilità di attivare una riduzione oraria con intervento di integrazione salariale. Va precisato che non necessariamente si deve far ricorso ad entrambi gli strumenti sopra descritti (accompagnamento alla pensione e riduzione di orario), che sono tra l’altro coperti da finanziamenti distinti. La previsione di un programma di formazione e di assunzione è invece una condizione imprescindibile del contratto.
5.b) Le aziende destinatarie del contratto di espansione sono quelle con organico superiore a 1.000 unità lavorative. Per il 2021, il limite è tuttavia ridotto a 100 unità.
Ai fini della sussistenza dei requisiti occupazionali, ci si riferisce ai lavoratori occupati mediamente nel semestre precedente la data di sottoscrizione del contratto di espansione. Il numero dei lavoratori in organico è riferito alla singola impresa, anche se articolata in più unità aziendali dislocate sul territorio nazionale.
Nel caso in cui il contratto di espansione sia stipulato da un gruppo di imprese, detto contratto deve indicare le singole aziende interessate e relativo codice fiscale e il requisito dimensionale deve essere verificato a livello di gruppo. Inoltre, la situazione di controllo deve risultare dal registro delle imprese.
Per raggiungere i predetti requisiti minimi, le imprese di minori dimensioni possono aggregarsi mediante un contratto di stabile organizzazione, con un’unica finalità produttiva o di servizi, da mantenere per l’intera durata del contratto di espansione.
L’accompagnamento alla pensione è possibile anche per i dipendenti delle imprese che non rientrino nella CIGS, essendo essa richiamata solo per determinare la media occupazionale aziendale.
La fase operativa prevede che l’impresa avvii una procedura di consultazione, secondo le modalità e i termini di cui all’articolo 24, D. Lgs. n. 148/2015, finalizzata a stipulare in sede governativa il contratto di espansione con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o con le loro RSA o con la RSU.
Con riferimento poi ai requisiti oggettivi, il contratto di espansione deve contenere (cfr. art. 41, D. Lgs. n. 148/2015 e circolare INPS n. 48/2021):
- il numero dei lavoratori da assumere e i relativi profili professionali compatibili con i piani di reindustrializzazione o riorganizzazione;
- la programmazione temporale delle assunzioni;
- l'indicazione della durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro, compreso il contratto di apprendistato professionalizzante;
- la riduzione complessiva media dell'orario di lavoro e il numero dei lavoratori interessati relativamente alle professionalità in organico (in caso di riduzione dell’orario con richiesta di intervento della integrazione salariale), nonché il numero dei lavoratori che possono accedere al trattamento di accompagnamento alla pensione (gli esodi dovranno realizzarsi entro il 30 novembre 2021);
- la stima, ai fini del monitoraggio delle risorse finanziarie, dei costi previsti a copertura del trattamento di accompagnamento alla pensione, per l’intero periodo di spettanza teorica della NASpI al lavoratore.
I datori di lavoro sono tenuti a trasmettere alla struttura INPS territorialmente competente copia del contratto di espansione (cfr. messaggio INPS n. 2419/2021).
Nel caso di contratto di espansione sottoscritto da azienda con più matricole, ovvero da un gruppo di imprese o da imprese costituite in stabile organizzazione e con posizioni contributive presso strutture territoriali INPS diverse, il contratto e i moduli afferenti a tutte le aziende interessate devono essere trasmessi a una sola struttura territoriale, ossia a quella che gestisce la matricola aziendale principale. Si considera matricola aziendale principale quella dell’azienda per la quale nel contratto di espansione è previsto il maggior numero di lavoratori interessati all’esodo.
La struttura territoriale competente che ha in carico la posizione aziendale principale, ricevuto dall’impresa interessata il contratto di espansione, procede alla verifica della sussistenza del requisito dimensionale, dando riscontro all’azienda entro 5 giorni dal ricevimento della documentazione.
Nel messaggio INPS n. 2419/2021 è stato altresì specificato che i datori di lavoro dovranno presentare la domanda almeno 90 giorni prima della data di ingresso nella prestazione di esodo del primo lavoratore accompagnato a pensione. Salva una auspicata proroga del contratto di espansione, determinandosi l’ultimo esodo possibile al 30 novembre 2021, la sottoscrizione e l’attivazione presso INPS del contratto di espansione dovranno avvenire entro la fine di agosto e l’inizio di settembre 2021.
Il programma di esodo prevede una prima fase di verifica del personale interessato mediante la c.d. richiesta di adesione, che non è vincolante e in cui viene espressa la propria volontà di aderire al contratto di espansione. Tale fase è essenziale ai fini della stima dei costi dell’operazione e, conseguentemente, dell’eventuale fideiussione da presentare.
Successivamente, sarà necessario formalizzare la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro secondo le previsioni di legge e del contratto di espansione.
Una volta acquisite le richieste di adesione, si ritiene possibile subordinare l’effettiva uscita con le esigenze tecnico-organizzative aziendali, tenuto conto di particolari situazioni di fungibilità e capacità professionali, nonché al completamento da parte dell'INPS delle verifiche sui requisiti individuali per l’accesso a pensione.
5.c) Come sopra accennato, il profilo di maggiore interesse per le imprese che intendono utilizzare il contratto di espansione è l’indennità di accompagnamento alla pensione prevista dall’art. 41, co. 5-bis), D.Lgs. n. 148/2015. Essa, infatti, può interessare tutti i lavoratori a tempo indeterminato, compresi apprendisti e dirigenti, che siano iscritti al FPLD o alle forme sostitutive o esclusive dell’AGO gestite dall’INPS e che abbiano dato esplicito consenso per aderire all’accordo di esodo tra il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali aziendali.
L’indennità mensile di accompagnamento è corrisposta dall’INPS, sulla base di una provvista versata dal datore di lavoro, per il periodo intercorrente tra la data di risoluzione del rapporto di lavoro e la data di raggiungimento della prima decorrenza utile della pensione di vecchiaia o anticipata.
Qualora la prima decorrenza utile della pensione sia quella prevista per la pensione anticipata, il datore di lavoro è tenuto al versamento dei contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto (c.d. contribuzione correlata).
Atteso che la cessazione del rapporto di lavoro avviene tramite risoluzione consensuale e che la NASpI non viene materialmente erogata ai lavoratori in esodo (ma costituisce solo un parametro economico di riferimento per l’agevolazione riconosciuta al datore di lavoro), non è dovuto il ticket di licenziamento (intendendosi, su questo profilo, superate le indicazioni della Circolare INPS n. 40/2020).
Possono beneficiare dell’indennità mensile i lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dalla prima decorrenza utile – a carico dell’assicurazione generale obbligatoria o delle forme sostitutive o esclusive della stessa, gestite dall’INPS – della: a) pensione di vecchiaia (ad oggi, 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi); b) pensione anticipata (ad oggi, 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, di cui almeno 35 anni di contributi effettivi).
Nei sessanta mesi di durata massima dello scivolo sono inclusi anche i tre mesi di finestra previsti dall’articolo 15, D.L. n. 4/2019 per la pensione anticipata.
Ai fini dell’accertamento delle date di maturazione del diritto al trattamento pensionistico e di decorrenza dello stesso, trovano applicazione le disposizioni vigenti in ciascuna gestione previdenziale.
Per la verifica dell’anzianità contributiva maturata alla data di risoluzione del rapporto di lavoro, rilevano i periodi contributivi oggetto di riscatto e/o di ricongiunzione o di trasferimento oneroso delle posizioni assicurative anche in corso di pagamento, per i quali sia stata versata la prima rata e purché venga perfezionato il pagamento integrale dell’importo dovuto prima della liquidazione della prestazione di esodo.
L’indennità non è invece riconosciuta ai fini del conseguimento della pensione di vecchiaia o anticipata con il cumulo dei periodi assicurativi ex L. n. 228/2012, art. 1, co. 239, della pensione anticipata c.d. “quota 100” e “opzione donna”, nonché della pensione anticipata per i lavoratori c.d. precoci e le altre forme derogatorie rispetto alle due forme di pensionamento ordinarie previste dalla riforma Fornero.
L’indennità mensile è riconosciuta anche in favore dei titolari di assegno ordinario di invalidità, solo nei casi in cui gli stessi, alla data di cessazione del rapporto di lavoro, si trovino a non più di 60 mesi dal conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia, avendo maturato prima dell’esodo il requisito minimo contributivo pari a 20 anni.
In caso di conseguimento di un trattamento pensionistico diretto prima della data di scadenza del periodo di fruizione dell’indennità, la stessa, unitamente alla contribuzione correlata, non è dovuta dalla data di decorrenza della pensione.
Un effetto di fondamentale importanza del contratto di espansione, a differenza di quanto accade con l’accordo di isopensione, è la c.d. cristallizzazione dei requisiti pensionistici al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Detta cristallizzazione riguarda gli interventi legislativi sulla disciplina pensionistica ma non l’adeguamento alla speranza di vita. Tuttavia, in caso di adeguamento alla speranza di vita, si prolunga l’indennità fino al raggiungimento della prima decorrenza utile (con conseguenti oneri integralmente a carico dell’impresa in caso di superamento del triennio). è utile segnalare, a tale proposito, che i requisiti della pensione anticipata sono stati bloccati fino al 31 dicembre 2026 dall’art. 15, D.L. n. 4/2019, introducendo contestualmente la finestra trimestrale di differimento mobile.
Inoltre, per l’intero periodo di spettanza teorica della NASpI al lavoratore, il versamento della provvista a carico del datore di lavoro per l'indennità mensile è ridotto di un importo equivalente alla somma della NASpI e corrispondentemente esposta nel flusso Uniemens secondo le istruzioni specificate dalla Circolare n. 48/2021 di INPS.
Altresì, il versamento a carico del datore di lavoro per i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto alla pensione anticipata è ridotto di un importo equivalente alla somma della contribuzione figurativa.
L’indennità mensile è commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Sarà l’INPS, pertanto, ad effettuare il calcolo della somma dovuta al lavoratore ed a provvedere, dietro provvista finanziaria del datore di lavoro, alla sua liquidazione. All’importo così determinato andrà sottratto l’importo teorico della NASpI che sarebbe spettata al lavoratore.
Il lavoratore percepirà una somma mensile, per 13 mensilità, “analoga” al suo futuro trattamento pensionistico ma sarà una somma di accompagnamento allo stesso e non una anticipazione di pensione, sicché:
- non è prevista la perequazione annua;
- non possono essere mantenute le trattenute per il pagamento di oneri già presenti sulla retribuzione (ad esempio, per cessione del quinto, per pignoramenti, ecc.);
- non è reversibile. In caso di decesso del titolare di indennità mensile, ai superstiti spetta la pensione indiretta, in base alle disposizioni vigenti in ciascuna forma pensionistica.
Inoltre, nella prospettiva applicativa che si sta analizzando, occorre segnalare che i benefici dell’indennità di accompagnamento alla pensione sono riconosciuti entro i limiti complessivi di spesa di cui all’art. 41, co. 5-bis), D.Lgs. n. 148/2015.
L'INPS, infatti, provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, fornendo i risultati dell'attività di monitoraggio al Ministero del Lavoro e al Ministero dell'Economia.
Se nel corso della procedura di consultazione emerge il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, il Ministero del Lavoro non può procedere alla sottoscrizione dell'accordo governativo e conseguentemente non può prendere in considerazione ulteriori domande di accesso.
5.d) Tema di particolare interesse (ed a cui è stata dedicata nel presente contributo anche un’appendice operativa) è ovviamente quello dei costi per l’azienda che decide di avvalersi del contratto di espansione.
L’onere complessivo sostenuto dal datore di lavoro per lo scivolo è infatti pari all’importo della pensione che sarebbe maturata per il lavoratore al momento del recesso e, in caso di accompagnamento a pensione anticipata, alla contribuzione correlata (calcolata sulla retribuzione media degli ultimi 5 anni) fino al raggiungimento dei requisiti.
Il versamento a carico del datore di lavoro per l'indennità mensile è ridotto, per l’intero periodo di spettanza teorica della NASpI al lavoratore, di un importo equivalente alla somma della NASpI stessa (massimo 24 mesi, comprensivi del decalage dal quarto mese che tuttavia risulta sospeso per l’anno 2021 ai sensi dell’art. 38, D.L. n. 73/2021).
Nel caso dei lavoratori accompagnati a pensione anticipata, questo includerà anche il valore della contribuzione figurativa che ha un massimale mensile (pari all’aliquota IVS vigente moltiplicata per 1,4 volte il valore dell’imponibile massimo della indennità economica di disoccupazione), ma senza alcun decalage.
Risulta quindi più prudente quantificare il massimo del valore economico della indennità, nonché – non sapendo nel momento della sigla dell’accordo presso il Ministero del Lavoro quale lavoratore parteciperà all’esodo diretto alla pensione di vecchiaia e quale verso la pensione anticipata - computando sempre nella spesa la contribuzione figurativa (che sarà riconosciuta sotto forma di sconto al datore di lavoro solo nel caso di futuro accesso a pensione di vecchiaia).
Inoltre, tra i costi occorre considerare anche quelli derivanti dalla fideiussione per le imprese che non intendono versare all’INPS in un’unica soluzione la provvista per l’indennità di accompagnamento alla pensione (e per la contribuzione correlata, ove prevista). Tale fideiussione, infatti, è prevista a garanzia della solvibilità del datore di lavoro in relazione ai suddetti obblighi di versamento, al netto dei benefici di cui al comma 5-bis.
Ai fini del calcolo degli interessi della fideiussione bancaria, l’importo complessivamente dovuto deve essere maggiorato di una parte variabile pari almeno al 15%.
Il contratto di fideiussione bancaria per l’accesso alla prestazione dovrà essere redatto secondo lo schema predisposto dall’INPS.
Il datore di lavoro deve poi consegnare alla struttura territoriale dell’INPS presso la quale assolve i propri obblighi contributivi il documento bancario attestante la fideiussione a garanzia degli obblighi di cui al programma di esodo. La predetta struttura territoriale, verificata la conformità della fideiussione agli obblighi indicati nel prospetto INPS, ne comunica l’accettazione al datore di lavoro e alla banca.
In caso di gruppi di impresa, la fideiussione è prevista per ogni società del gruppo, anche se si ritiene possibile gestirla tramite un unico soggetto munito delle idonee procure.
Come detto, l’obbligo di fideiussione viene meno in caso di versamento della provvista (per indennità e contribuzione correlata) in un’unica soluzione.
Nell’ipotesi di mancato versamento della rata per la provvista per la prestazione e/o per la contribuzione correlata (ove dovuta) da parte del datore di lavoro per un periodo continuativo di centottanta giorni, l’Istituto escuterà l’intera fideiussione. Il garante dovrà provvedere a saldare in un’unica soluzione quanto dovuto dal datore di lavoro al netto dei pagamenti effettuati.
Come sopra accennato, una interessante opportunità di riduzione dei costi è rappresentata dal c.d. “sconto” riconosciuto alle imprese o gruppi di imprese con un organico superiore a 1.000 unità le quali si impegnino ad effettuare almeno un’assunzione per ogni tre lavoratori esodati. Tali imprese beneficiano di una riduzione dei versamenti a carico del datore di lavoro per ulteriori dodici mesi, per un importo calcolato sulla base dell’ultima mensilità di spettanza teorica della prestazione NASpI al lavoratore.
Le nuove assunzioni devono essere effettuate con contratto di lavoro a tempo indeterminato (compreso il contratto di apprendistato professionalizzante) e i lavoratori assunti devono avere un profilo professionale compatibile con i piani di reindustrializzazione o riorganizzazione esplicitati nel contratto di espansione.
Nel caso di contratto di espansione sottoscritto da un gruppo di imprese o da aziende strutturate in aggregazione di imprese stabile con un’unica finalità produttiva o di servizi, ai fini dell’applicazione della riduzione dei versamenti a carico del datore di lavoro, le assunzioni a tempo indeterminato possono essere effettuate anche da altre aziende del medesimo gruppo o della stabile aggregazione.
La riduzione dei versamenti troverà applicazione con riferimento alle sole imprese, essendo lo sconto relativo ai soli costi dell’indennità di accompagnamento, senza ripercussioni sul futuro trattamento pensionistico dei lavoratori esodati.
5.e) L'impresa che stipula il contratto di espansione è inoltre tenuta a presentare un progetto di formazione e di riqualificazione del personale verificato dal Ministero del Lavoro. Tale progetto può intendersi assolto, previa idonea certificazione da parte di un ente esterno, anche qualora il datore di lavoro abbia impartito o fatto impartire l'insegnamento necessario per il conseguimento di una diversa competenza tecnica professionale, rispetto a quella cui è adibito il lavoratore, utilizzando l'opera del lavoratore in azienda anche mediante la sola applicazione pratica.
Il progetto deve contenere le misure idonee a garantire l'effettività della formazione necessarie per fare conseguire al prestatore competenze tecniche idonee alla mansione a cui sarà adibito.
Il progetto, che è parte integrante del contratto di espansione, descrive i contenuti formativi e le modalità attuative, il numero complessivo dei lavoratori interessati, il numero delle ore di formazione, le competenze tecniche professionali iniziali e finali ed è distinto per categorie.
5.f) Nelle imprese con organico superiore a 100 unità, per i lavoratori che non si trovano nella condizione di beneficiare della prestazione di accompagnamento alla pensione, è consentita una riduzione oraria con trattamento di integrazione salariale pari all'80% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore, fermi i massimali previsti all’art. 3, D. Lgs. n. 148/2015, e con contribuzione figurativa.
La riduzione media oraria non può essere superiore al 30% dell'orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di espansione. Per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell'orario di lavoro può essere concordata, ove necessario, fino al 100% nell'arco dell'intero periodo per il quale il contratto di espansione è stipulato.
La CIGS in esame è accessibile unicamente alle imprese che rientrano nelle previsioni degli artt. 4 e 22, D. Lgs. n. 148/2015; il chiarimento è stato esplicitato dalla Circolare n. 18/2019 del Ministero del Lavoro.
L'intervento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto per un periodo non superiore a 18 mesi, anche non continuativi.
Il datore di lavoro che ricorre alla cassa integrazione nell’ambito del contratto di espansione non è tenuto al versamento del contributo addizionale (cfr. circolare INPS n. 143 del 2020, con revisione del primo orientamento espresso nella circolare n. 98/2020).
6. Nella prospettiva dell’approfondimento operativo che si sta conducendo, appare utile tracciare anche le principali differenze tra il contratto di espansione e l’isopensione, anche al fine di evidenziarne le rispettive potenzialità.
L’isopensione si rivolge a datori di lavoro con più di 15 dipendenti, mentre il limite dimensionale di accesso al contratto di espansione è sensibilmente più elevato in quanto, per il 2021, è pari ad almeno 100 unità.
Inoltre l’isopensione è, rispetto al contratto di espansione, tendenzialmente meno conveniente sotto il profilo economico, in quanto richiede al datore di lavoro – oltre al versamento di un importo pari all’assegno di pensione maturato al momento della cessazione del rapporto di lavoro – anche la contribuzione piena, sia nel caso del pensionamento di vecchiaia, sia della pensione anticipata.
L’isopensione, altresì, non beneficia di alcuno sgravio di costi, anche se – rispetto al contratto di espansione – non impegna il datore di lavoro all’assunzione di nuovi lavoratori.
Inoltre, rispetto all’isopensione, la cui fonte si esaurisce nell’accordo aziendale con le OO.SS., il contratto di espansione è firmato in sede governativa anche con il Ministero del Lavoro.
A ciò si aggiunga che l’accesso all’isopensione può realizzarsi mediante il criterio della volontarietà o nell’ambito di un licenziamento collettivo (anche se quest’ultimo caso è poco frequente), mentre il contratto di espansione si realizza esclusivamente mediante la risoluzione consensuale dei rapporti di lavoro, cui deve accompagnarsi un programma di formazione e di nuove assunzioni, nell’ambito di un piano di reindustrializzazione o riorganizzazione.
Un’altra rilevante differenza è che, mentre il contratto di espansione presenta un’estensione cronologica sperimentale per il 2021, l’isopensione non presenta tale caratteristica se la durata dello scivolo pensionistico è entro il limite di 4 anni, mentre se si intende sfruttare la durata dello scivolo sino a sette anni l’accordo deve essere sottoscritto entro il 30 novembre 2023.
Si consideri infine che nell’isopensione il lavoratore non ha la garanzia della cristallizzazione dei requisiti pensionistici, che invece è prevista per il contratto di espansione, salvi gli adeguamenti alla speranza di vita.
Segnaliamo, da ultimo, che nonostante gli attuali limiti temporali evidenziati, l’istituto del contratto di espansione andrebbe reso strutturale quale valido strumento per la gestione delle transizioni aziendali.
Sarebbe auspicabile, ad esempio, una possibile evoluzione riducendo la soglia occupazionale di accesso fino a 50 dipendenti, prevedendo sgravi contributivi per le assunzioni di donne e giovani, nonché percorsi di ricollocazione per i soggetti non pensionabili.
Appendice operativa
7. Nella fase preparatoria del contratto di espansione, il datore di lavoro che si avvii a calcolare una previsione di costi, dovrà fare i conti con un ragionevole margine di incertezza, in quanto la principale voce di costo, vale a dire l’assegno mensile di accompagnamento alla pensione, non può essere previsto analiticamente prima della ricezione delle certificazioni di INPS. Infatti, sarà solo la certificazione fornita dall’Istituto a dare al datore di lavoro l’informazione analitica del valore dell’assegno pensionistico maturato, salvo il caso in cui il dipendente fornisca autonomamente i dati della sua posizione assicurativa che, opportunamente elaborati, forniscono un dato previsionale dell’assegno in espansione.
A parte i costi diretti dell’assegno di prepensionamento, il datore di lavoro è invece in grado anche prima della ricezione delle certificazioni di calcolare autonomamente:
- il costo della contribuzione correlata (calcolata sulla media degli imponibili previdenziali degli ultimi 4 anni prima dell’esodo) nel caso di accompagnamenti all’esodo verso pensione anticipata;
- i costi della polizza fideiussoria di tipo bancario (in valore percentuale rispetto ai costi diretti di assegno mensile e contribuzione correlata) in caso di pagamento rateizzato mensile;
- lo sconto pari al valore della NASpI per un massimo di 24 o 36 mesi;
- lo sconto pari al valore della contribuzione figurativa per un massimo di 24 o 36 mesi, per i soli lavoratori accompagnati a pensione anticipata.
In riferimento al valore dell’assegno di accompagnamento che in fase di forecasting il datore di lavoro può avere esigenza di stimare, si propone sempre di individuare un valore approssimativo pari al 70% dell’ultimo imponibile annuo dell’anno antecedete all’esodo.
Nei due casi proposti di seguito, di accompagnamento in vecchiaia e anticipata rispettivamente di una risorsa di sesso femminile e maschile, tale calcolo previsionale è sicuramente in eccesso, a tutela del budget aziendale:
Target |
Assegno con simulazione preventiva (valore lordo annuo) al 70% della retr.ne imp.le |
Assegno certificato da INPS (valore lordo annuo) |
Delta (eccesso) |
Lavoratrice accompagnata a P. di Vecchiaia |
29.400 € |
23.530 € |
24% |
Lavoratore accompagnato a P. Anticipata |
32.900 € |
32.565 € |
1% |
I costi a carico del datore di lavoro.
Il datore di lavoro che ricorra alla prestazione di accompagnamento alla pensione vedrà un costo lordo diretto variabile quantificato sulla base dei seguenti criteri:
- l’assegno di accompagnamento a pensione (su 13 mensilità), pari alla pensione maturata al momento del recesso abbattuto del valore della NASpI spettante (per un massimo di 2 o 3 anni);
- l’assegno di accompagnamento a pensione (su 13 mensilità) unitamente alla contribuzione correlata calcolata sulla retribuzione imponibile media degli ultimi 48 mesi prima della chiusura del rapporto, con aliquota di computo IVS della gestione di iscrizione del lavoratore (33%) senza alcuna rivalsa sul lavoratore.
A questi costi si unirà anche quello della polizza fideiussoria richiesta in caso di pagamento rateale mensile e non in unica soluzione dell’onere di prepensionamento. Ad abbattimento del costo sostenuto dal datore di lavoro, il contratto di espansione riconosce uno “sconto” pari al valore della NASpI maturata dal lavoratore (abbattuta del 3% a partire dal 4° mese) per la durata massima di 24 mesi della stessa. Nel solo caso di aziende o gruppi con più di 1000 unità lavorative che si impegnino ad assumere almeno 1 lavoratore ogni 3 accompagnati a pensione, sarà riconosciuto un ulteriore sconto pari a 12 mesi del valore della NASpI raggiunto nel 24° mese. Nel caso dei lavoratori accompagnati a pensione anticipata, lo ‘sconto’ includerà anche il valore della contribuzione figurativa della NASpI che, si ricorda, non registra alcun abbattimento dal 4° mese di percezione e non è parametrato al valore economico della indennità, ma alla retribuzione imponibile media degli ultimi 48 mesi, entro il massimale, annualmente rivalutato, pari 1,4 volte il massimale della indennità di disoccupazione (per il 2021 stabilito dalla Circolare INPS n. 7/2021).
Il valore della NASpI è parametrato alla retribuzione imponibile previdenziale (che include sia gli elementi continuativi e non continuativi della retribuzione come MBO, LTI e bonus, mensilità aggiuntive) degli ultimi quattro anni anteriori al recesso (quadriennio mobile). L'importo medio mensile è pari a tale retribuzione divisa per il numero di settimane di contribuzione di effettiva prestazione lavorativa (ivi inclusi i periodi per congedo di maternità e malattia dei figli fino agli 8 anni di età) e moltiplicata per 4,33 (n. di settimane medio in un mese). L’indennità si sviluppa su due fasce con massimale:
- l'indennità mensile è pari al 75% dell'importo ottenuto dal calcolo sopra indicato fino al tetto limite di retribuzione pari a 1.227,55 euro mensili;
- nel caso in cui la retribuzione lorda mensile sia superiore, l’importo è incrementato del 25% del differenziale tra la retribuzione mensile eccedente e la soglia massima di 1.227,55 (per il 2021). L'indennità mensile, in ogni caso, non potrà superare 1.335,4 euro mensili e spetta per 12 e non 13 mensilità.
Il valore massimo per 24 mesi è il seguente:
Mensilità |
Valore NASpI lordo in euro (max) |
Imponibile Contribuzione Figurative (max) |
Contribuzione figurativa IVS 33% (max) |
1 |
1335,4 |
1869,5 |
616,9 |
2 |
1335,4 |
1869,5 |
616,9 |
3 |
1335,4 |
1869,5 |
616,9 |
4 |
1295,338 |
1869,5 |
616,9 |
5 |
1256,478 |
1869,5 |
616,9 |
6 |
1218,784 |
1869,5 |
616,9 |
7 |
1182,22 |
1869,5 |
616,9 |
8 |
1146,753 |
1869,5 |
616,9 |
9 |
1112,351 |
1869,5 |
616,9 |
10 |
1078,98 |
1869,5 |
616,9 |
11 |
1046,611 |
1869,5 |
616,9 |
12 |
1015,213 |
1869,5 |
616,9 |
13 |
984,7562 |
1869,5 |
616,9 |
14 |
955,2135 |
1869,5 |
616,9 |
15 |
926,5571 |
1869,5 |
616,9 |
16 |
898,7604 |
1869,5 |
616,9 |
17 |
871,7976 |
1869,5 |
616,9 |
18 |
845,6436 |
1869,5 |
616,9 |
19 |
820,2743 |
1869,5 |
616,9 |
20 |
795,6661 |
1869,5 |
616,9 |
21 |
771,7961 |
1869,5 |
616,9 |
22 |
748,6422 |
1869,5 |
616,9 |
23 |
726,183 |
1869,5 |
616,9 |
24 |
704,3975 |
1869,5 |
616,9 |
Totale |
24.408,61 |
14.806,9 |
Nel caso di ulteriori 12 mesi (valore della NASpI massimo ulteriormente conferito a sconto per le aziende o gruppi di aziende con più di 1.000 dipendenti che si impegnino ad assumere almeno 1 lavoratore ogni 3 accompagnati a pensione), lo sconto sull’assegno è incrementato di 8.452,76 euro, per un valore di sconto complessivo (36 mesi) pari a 32.861,38 euro.
In riferimento all’ulteriore sconto disponibile solo per i lavoratori accompagnati a pensione anticipata, per individuare il valore della contribuzione figurativa la Circolare n. 94/2015 di INPS illustra come si debba prendere a riferimento il valore lordo medio mensile della retribuzione degli ultimi 4 anni, applicando un mero ‘tetto’ di imponibile previdenziale entro un limite di retribuzione pari a 1,4 volte l'importo massimo mensile della NASpI per l'anno in corso. Essendo l’importo massimo dell’indennità di 1.335,4 euro mensile, l’importo massimo dell’imponibile virtuale previdenziale della contribuzione figurativa sarà pari a 1.869,56 euro per mese; conseguentemente la contribuzione IVS figurativa per i primi 24 mesi avrà un valore massimo di 14.806,9 euro, con un valore triennale (nel caso di datori di lavoro con più di 1.000 unità lavorative che si impegnino ad assumere almeno 1 lavoratore a tempo indeterminato ogni 3 posto sullo scivolo pensionistico) pari a 22.210 euro.
L’indennità mensile e la contribuzione correlata
L’indennità erogata a carico del datore di lavoro è pari all’assegno di pensione maturato al momento della chiusura del rapporto di lavoro, corrisposto per 13 mensilità, senza alcuna rivalutazione o riconoscimento dei trattamenti di famiglia; la quota contributiva sarà calcolata con applicazione dei coefficienti di trasformazione corrispondenti all’età maturata al momento dell’esodo. La prestazione di esodo non può formare oggetto di una pensione di reversibilità autonoma, ma la contribuzione correlata versata dal datore di lavoro prima l’eventuale scomparsa del lavoratore in prepensionamento da espansione sarà computata ai fini della pensione indiretta. L’assegno di prepensionamento in espansione sarà oggetto di tassazione ordinaria; inoltre, INPS ha definitivamente chiarito che durante il periodo di esodo il lavoratore potrà liberamente cumulare tale importo con qualsiasi reddito di lavoro dipendente, autonomo o di impresa.
- Casi pratici
Pensione di vecchiaia
Si ponga il caso di una lavoratrice di sesso femminile, nata a maggio del 1958 con un numero contenuto di contributi pari a circa 28 anni di contributi. La data di pensione di vecchiaia è prevista a 67 anni e 6 mesi decorrente a dicembre 2025. La risoluzione consensuale in espansione avviene al 30.6.2021 con ingresso nel prepensionamento da luglio 2021 fino a novembre 2025 incluso per un totale di 53 mesi. La dipendente percepisce un imponibile previdenziale medio costante negli ultimi 4 anni pari a 42.000 euro; la pensione maturata a giugno 2021 è di 1.810 euro lordi mensili (valore dell’assegno di esodo).
I costi diretti del datore di lavoro che esodi in espansione consistono unicamente nell’assegno lordo mensile, comprensivo dei ratei di tredicesima, visto che la lavoratrice viene accompagnata a pensione di vecchiaia e la contribuzione correlata non è dovuta.
Considerando il solo costo dell’assegno di esodo, senza alcuna riduzione pari al valore della NASpI, l’esborso teorico aziendale sarebbe di almeno 103.924 euro, comprensivo dei ratei di 13a.
Dal momento che il valore medio retributivo degli ultimi 48 mesi della risorsa arriva e supera il massimale NASpI, gli scenari di costo al netto della riduzione pari al valore della NASpI sono due, a seconda della dimensione aziendale e della disponibilità ad assumere almeno 1 lavoratore ogni 3 esodati.
Azienda/Gruppo di almeno 100 UL |
Azienda/Gruppo con più di 1.000 UL |
|
Costo assegno |
103.924,2 € |
103.924,2 € |
Costo contribuzione correlata |
0 |
0 |
Riduzione NASpI |
24.408,6 € (24 mesi) |
32.856,6 € (36 mesi) |
Costo al netto della riduzione |
79.515,5 € |
71.067,5 € |
In caso di isopensione, si sarebbe sostenuto anche l’onere della contribuzione correlata, che avrebbe avuto un impatto sui costi aziendali di ulteriori 61.215 euro. Tale differenziale, con minori costi aziendali in contratto di espansione rispetto alla isopensione, riverbera però sulla futura pensione di vecchiaia: a dicembre 2025, la pensione di vecchiaia avrà previsionalmente due tipi di valore:
-pensione di vecchiaia dopo isopensione à 2.290 euro lordi mensili
-pensione di vecchiaia dopo c.tto di espansione à 1.990 euro lordi mensili.
Pensione anticipata
Si ponga il caso di un lavoratore di sesso maschile, nato a settembre 1960 con un numero contenuto di contributi pari a circa 2068 settimane. Il requisito di pensione anticipata è pari a 42 anni e 10 mesi, con 3 mesi di finestra di differimento mobile e conseguente accesso a pensione a novembre 2024 e versamento dei contributi necessario fino a luglio 2024. La risoluzione consensuale in espansione avviene al 30.6.2021 con ingresso nel prepensionamento da luglio 2021 fino a ottobre 2024 incluso per un totale di 40 mesi e corresponsione di contribuzione correlata per 37 mesi. Il dipendente ha percepito una retribuzione con imponibile previdenziale medio costante negli ultimi 4 anni pari a 47.000 euro; la pensione maturata a giugno 2021 è di 2.505 euro lordi mensili (valore dell’assegno di esodo).
I costi diretti del datore di lavoro che esodi in espansione consistono nell’assegno lordo mensile, comprensivo dei ratei di tredicesima e nella contribuzione correlata calcolata quale 33% dell’imponibile previdenziale medio degli ultimi 48 mesi prima dell’accesso al prepensionamento, tutto a carico del datore di lavoro (nessun contributo a carico del lavoratore).
Considerando il costo dell’assegno di esodo, senza alcuna riduzione pari al valore della NASpI, l’esborso teorico aziendale sarebbe di almeno 108.550 euro, comprensivo dei ratei di 13ma.Il costo della contribuzione correlata, dovuta per 37 mesi al netto del periodo di finestra di 3 mesi, è pari a 47.804 euro.
Dal momento che il valore medio retributivo degli ultimi 48 mesi della risorsa arriva e supera il massimale NASpI, gli scenari di costo al netto della riduzione pari al valore della NASpI sono due, a seconda della dimensione aziendale e della disponibilità ad assumere almeno 1 lavoratore ogni 3 esodati.
Azienda/Gruppo di almeno 100 UL |
Azienda/Gruppo con più di 1.000 UL |
|
Costo assegno (40 mesi) |
103.924,2 € |
103.924,2 € |
Costo contribuzione correlata |
0 |
0 |
Riduzione NASpI |
24.408,6 € (24 mesi) |
32.856,6 € (36 mesi) |
Costo dell’assegno al netto della riduzione |
79.515,5 € |
71.067,5 € |
Costo assegno tot. |
103.924,2 € |
103.924,2 € |
Costo contribuzione correlata (37 mesi) |
47.804 € |
47.804 € |
Riduzione Contr. Fig.va NASpI |
14.806,9 € (24 mesi) |
22.210,3 € (36 mesi) |
Costo contr. correlata al netto della rid.ne da contr.ne fig.va |
32.997 € |
25.593,6 € |
In caso di isopensione, si sarebbe sostenuto un maggiore onere per la contribuzione correlata. Tale differenziale (pari a 14.800 o 22.200 €) impatta unicamente a favore dell’azienda, con relativi minori costi aziendali nel contratto di espansione rispetto alla isopensione, ma non genera alcun riflesso però sulla futura pensione anticipata, che avrà sempre un valore pari a 2.820 euro lordi mensili.