testo integrale con note e bibliografia

Il Volume monografico “L’organizzazione sindacale e il mercato del lavoro” (ADAPT Labour Studies e-Book Series, n. 106, 2024) , di Nicola Deleonardis, si inserisce nel dibattito, non solo accademico, sul ruolo del sindacato nel governo del mercato del lavoro.
Il tema, soprattutto nell’ultimo ventennio, non registra una trattazione scientifica di taglio monografico. A ciò si aggiunga che l’indagine condotta dall’A. ben si attaglia a questa epoca in cui riecheggia costantemente il concetto di “transizione” (ecologica, digitale e occupazionale), potendo così riscuotere l’interesse soprattutto di quella parte della dottrina che si occupa di mercato del lavoro e di diritto sindacale.
Lo studio, approdo di un lungo percorso di ricerca, si propone di verificare se oggi vi siano i presupposti e lo spazio per un più incisivo intervento delle organizzazioni sindacali nella gestione del mercato del lavoro e gli effetti che tale attività extra-contrattuale produrrebbe sulle condizioni di lavoro, ma anche sulle relazioni industriali. In questa prospettiva, l’Autore introduce la sua opera monografica con alcune considerazioni che mettono in luce le similitudini tra la “questione sociale” di fine Ottocento e quella attuale, prima fra tutte l’instabilità lavorativa, che rappresentò l’humus giuridico e sociale nel quale si radicò l’azione sindacale a tutela dei lavoratori nel mercato.
Al fine di cogliere pienamente i profili di maggiore interesse dell’opera, occorre sottolineare subito un aspetto che può già evincersi dalle “brevissime annotazioni metodologiche” che seguono l’introduzione, con le quali l’Autore definisce il perimetro della ricerca e gli obiettivi di fondo che permeano l’indagine. Viene subito evidenziato come lo studio non intende indagare – e sminuire – la funzione di agente contrattuale dell’organizzazione sindacale ma, al contrario, stimolare l’ampliamento della sua attività, riprendendo così quella storicamente svolta sino alla fine della prima Repubblica (ancorché con esiti non sempre felici) e che ha perso rilievo nell’ultimo trentennio: si tratta delle attività tese ad agevolare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, ormai anche nel lessico del legislatore definite “politiche attive del lavoro”, ricomprendendovi anche la formazione dei soggetti privi di lavoro o di quelli potenzialmente disoccupati.
A parere dell’Autore tale funzione può arricchire l’attività sindacale, sia in termini di miglioramento delle condizioni di lavoro, sia di rafforzamento delle prerogative delle organizzazioni sindacali, in un contesto sociale ed economico in cui il modello novecentesco del collettivismo solidaristico è messo a dura prova dalla prevalenza di istanze individualistiche, sovente indotte a mio parere dalla scarsa incisività dell’azione sindacale.
Per approfondire questo rapporto tra dimensione collettiva e individuale, l’Autore approccia al tema partendo dal dato storico, che diventa funzionale a comprendere il presente. Come afferma Lorenzo Gaeta, che ne ha curato l’autorevole prefazione, la storia, nel Volume di Deleonardis, non ha un ruolo ancillare: non si tratta di pagine “ritualmente stanche” (p. XI), ma di un approfondimento che consente di evidenziare, attraverso l’analisi di una serie di istituti giuridici, l’importanza di un governo efficace del mercato del lavoro, svelando altresì come la cattiva gestione dei “collocamenti” abbia inciso sull’assetto delle relazioni industriali.
Il primo capitolo, a trattazione storica, diventa funzionale ad anticipare quanto l’Autore intende sviluppare nel secondo, che forse rappresenta uno dei profili di particolare originalità del Volume.
In generale, si tende a conferire funzioni all’organizzazione sindacale sulla base di quanto prescrive il legislatore, senza tuttavia verificare in primis se si tratta di attività che il sindacato ha interesse a svolgere, selezionandole, almeno formalmente, tra quelle meritevoli di attenzione, poiché proiettate al soddisfacimento di interessi collettivi. Inoltre l’attribuzione di compiti al sindacato sulla base di quanto sancito dal legislatore, se riferita al governo del mercato del lavoro, è foriera di diffidenze e timori – anche di carattere ideologico – che si collocano temporalmente agli inizi del nuovo secolo e trovano la propria matrice nel ruolo affidato agli enti bilaterali dal d.lgs. n. 276/2003.
E allora, soprattutto in considerazioni di queste diffidenze che sembrano aleggiare nella trama del Volume, l’A. si chiede se in concreto possa esistere oggi un interesse collettivo alla partecipazione del sindacato al governo del mercato del lavoro e come esso abbia trovato espressione nell’ordinamento intersindacale, ossia nella produzione normativa che ha dato forma all’assetto degli interessi delle parti sociali. Secondo l’A., si tratta di un passaggio obbligato proprio perché se è l’organizzazione sindacale, in quanto soggetto di natura privatistica, a selezionare i propri interessi meritevoli di tutela, non si possono affidare ad essa funzioni sulla base dell’effetto prescrittivo che deriverebbe dalla fonte eteronoma, secondo un rapporto “assorbente” tra gli ordinamenti (nel senso che l’ordinamento nazionale assorbe quello intersindacale). Al limite, è possibile verificare se anche oggi sia rintracciabile una convergenza – ma non una sovrapposizione – tra gli interessi collettivi dell’organizzazione sindacale e quelli pubblici, come accaduto nel cinquantennio post-costituzionale, che giustificano l’azione sindacale nel mercato. L’Autore, in sostanza, rovescia la prospettiva, con l’obiettivo di preservare la libertà sindacale di cui all’art. 39, comma 1 Cost., intesa come libertà per l’organizzazione di attuare i comportamenti che ritiene più congeniali al soddisfacimento di interessi collettivi autonomamente selezionati e pertanto meritevoli di tutela.
In questo senso, il Volume individua alcuni interessi collettivi che verrebbero soddisfatti a seguito di un intervento solido, stabile e duraturo del sindacato nel mercato del lavoro, quali la lotta al lavoro sommerso oltre alla tutela dell’occupabilità e della professionalità della persona lavoratrice. Analizzando la produzione normativa dell’ordinamento intersindacale, l’A. mette in evidenza come, a dispetto di quanto traspaia “in superficie” e nell’agorà dei rapporti istituzionali e politici, anche le Oo.Ss. si premurino di rafforzare le proprie prerogative nel mercato del lavoro. Il che, tuttavia, sembra contrastare con l’attività concretamente svolta dal sindacato nel mercato; attività non particolarmente prolifica, sembrando opportuno chiedersi il perché.
È possibile che vi sia una considerevole distanza tra il livello centrale (e confederale), dove si definiscono gli indirizzi strategici dell’organizzazione sindacale, e quelli territoriali, dove si realizzano le attività concrete e le iniziative. Tale distanza potrebbe derivare da scelte legislative non sempre ritenute adeguate, che hanno costretto il sindacato a ripiegare su posizioni difensive, nonché dalla difficoltà delle organizzazioni territoriali di cogliere le sfide poste dal presente. Allo stesso tempo, una strategia di questo tipo implica un intervento più articolato e incisivo del legislatore, al fine di rafforzare il ruolo del sindacato. Probabilmente, e ciò sembra trasparire dalle conclusioni dell’Autore, le difficoltà dell’organizzazione sindacale di partecipare attivamente al governo del mercato del lavoro possono individuarsi nella sintesi di queste due concause.
In ogni caso Deleonardis ha verificato che vi è stato un tentativo da parte del legislatore, soprattutto nell’ultimo decennio, di rafforzare il potere del sindacato nel mercato. Pur con tutti i limiti di cui il Volume dà conto, istituti come il contratto di espansione (ora non più in vigore), il contratto di ricollocazione, l’accordo di transizione occupazionale e i patti territoriali ammettono in re ipsa il riconoscimento giuridico-formale dell’organizzazione sindacale nello svolgimento di funzioni che non riguardano il solo rapporto di lavoro, ma si estendono al mercato del lavoro.
Se questi istituti si inseriscono in una prospettiva d’analisi de iure condito, l’Autore individua nei diritti di informazione e consultazione, nonché negli obblighi d’informazione nei casi di crisi d’impresa, un profilo d’analisi che, de iure condendo, può divenire funzionale a favorire la trasparenza del mercato del lavoro.
Nei diritti di informazione, di natura legale e contrattuale, Deleonardis individua delle prescrizioni che, oltre a procedimentalizzare il potere datoriale, possono favorire un intervento attivo del sindacato nel mercato del lavoro, agevolandone così la fluidificazione, nonché il soddisfacimento degli interessi collettivi sottesi a tale funzione.
In conclusione, l’opera di Deleonardis muove da considerazioni di diritto e di fatto – anche frutto di uno studio di taglio comparatistico – che intendono stimolare un rafforzamento dell’attività sindacale nel mercato del lavoro. È un “invito” che l’Autore spera non cada nel vuoto, proprio perché ritiene che tale attività possa essere funzionale, quasi preparatoria, a quella di agente contrattuale.

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