TESTO INTEGRALE CON NOTE E BIBLIOGRAFIA
Corte di cassazione-Francia sent. n.2209 del 20 dic 2023
1. Il diritto del lavoro nel quadro della normativa europea sull’insolvenza
Stranamente la giurisprudenza sul trattamento del contratto e del rapporto di lavoro dipendente nel contesto dei regolamenti europei sulle procedure di insolvenza, ossia del Regolamento (CE) 1346/2000 e del Regolamento (UE) 2015/848 , non è ricca come ci si potrebbe aspettare, e già solo per questa ragione quindi, questa sentenza della Cassazione francese appare interessante. Interesse che poi è per noi destinato ad accrescersi in quanto essa si muove in un contesto anche italiano, ossia quello dell’insolvenza di Alitalia.
Più in generale, infine, non va dimenticato che ormai, col pieno funzionamento dello spazio giuridico comune europeo, in particolare attuato tramite la c.d. “comunitarizzazione” , la giurisprudenza che si forma in un dato Stato membro sulle materie comunitarizzate costituisce un imprescindibile strumento teorico e pratico anche per gli operatori degli altri Stati.
Circa poi in particolare i due regolamenti sull’insolvenza, essi costituiscono per l’Italia, anche dopo l’entrata in vigore del CCI, il più importante sistema di riferimento di diritto internazionale privato e processuale in materia. Statisticamente infatti le fattispecie con rilevanza transfrontaliera sono, nella loro stragrande maggioranza, di ambito unionale, e quindi trovano nei due regolamenti un sistema normativo autosufficiente, anche alla luce della ben nota prevalenza del diritto europeo su quelli nazionali. Ciò probabilmente spiega come lo stesso legislatore del CCI non abbia ritenuto necessario stabilire regole di conflitto di leggi specifiche, a parte, in pratica, il solo art. 11 sulla giurisdizione internazionale. In sostanza, quindi, anche dopo l’avvio del CCI, delle due è l’una: o la fattispecie si muove in ambiente europeo, e allora valgono i regolamenti sull’insolvenza (e non solo quelli, come vedremo); o invece l’ambito è extra Unione, ma allora si tratterà di casi statisticamente abbastanza minoritari per i quali si è ritenuta ancora sufficiente la normativa generale della L. 31 maggio 1995, n. 218 di Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato .
Queste considerazioni valgono anche per il diritto del lavoro: le questioni con portata unionale e che si inseriscono in procedure di insolvenza trovano la loro disciplina di conflitto di leggi nei regolamenti europei; quelli invece di portata extra Unione si regolano sulla L. 218. Con però un’importante differenza: la L. 218 pur intitolata al diritto internazionale privato, dà luogo, ovviamente, ad una normativa italiana che come tale vale solo per l’Italia, mentre, al contrario quella dei regolamenti europei vale per tutta l’Unione. Di qui, dunque, e scusandoci per la ripetizione, il rilevo anche in Italia della giurisprudenza degli altri Stati membri: così questa decisione della Cassazione francese ha sì statuito sulla sorte dei lavoratori addetti ad un ramo di azienda operante in Francia ceduto da Alitalia in procedura ad una società italiana, però può interessare anche nel caso speculare, in cui Francia ed Italia giochino ruoli analoghi ma contrari.
2. La controversia
Venendo alla causa decisa con la sentenza in commento, i fatti sono abbastanza semplici: nel dicembre 2008 Alitalia, già da qualche mese in procedura, cedeva a CAI Compagna Aerea Italiana, certi assets, tra cui anche un ramo di azienda operante in Francia al quale erano addetti vari lavoratori dipendenti. Subito dopo CAI licenziava detti lavoratori, i quali però a loro volta impugnavano i licenziamenti avanti l’apposita giurisdizione francese dei prud-hommes. Dalla sentenza qui in esame non è dato conoscere l’esito di tale impugnazione in primo grado, fatto sta che successivamente la Corte di appello di Parigi ha dichiarato l’illegittimità dei licenziamenti, con sentenza ora confermata dalla Cassazione francese.
La ragione del contendere si articolava tra diritto italiano e diritto francese. Da quel che si può comprendere dalla molto succinta, e probabilmente anche non del tutto esatta, ricostruzione fatta dai giudici francesi, CAI infatti sosteneva che il proprio acquisto in quanto operato nel contesto di un’amministrazione straordinaria italiana non ricadeva, per quel che atteneva ai rapporti di lavoro dipendente, nell’art. 2112 c.c. italiano; per contro i lavoratori sostenevano che il loro caso rientrava nell’art. 10 del Reg. 1346, e quindi ad esso si applicava la legge francese e in particolare l’intangibilità del rapporto stabilita dall’art. L. 1224-1 del code du travail.
3. L’iter decisionale adottato dalla Corte
La Cassazione francese ha dato ragione ai lavoratori, però con un itinerario argomentativo che non ci convince del tutto. Essa cioè ha escluso che quella di impugnazione del licenziamento operato da CAI fosse un’azione derivante direttamente dalla, o strettamente connessa alla procedura di insolvenza italiana, e quindi la problematica esulava dall’art. 2112 c.c. italiano, mentre rientrava nel detto art. L. 1224-1 del code du travail francese.
In altre parole la Cassazione francese ritenuto che solo le fattispecie che hanno una diretta derivazione dalla, o una stretta connessione con la procedura di insolvenza sono regolate dalla legge dello Stato in cui detta procedura è stata aperta; per contro, ove detti requisiti facciano difetto, si applica la legge dello Stato membro che regola naturalmente il rapporto. Quindi, in tale ottica, la ricorrenza o meno di una diretta derivazione della fattispecie ovvero di una sua stretta connessione con la procedura di insolvenza costituirebbe il criterio per stabilire la legge sostanziale applicabile alla data controversia.
4. Il dubbio circa tale motivazione
Però tale criterio nel Reg. 1346 è affermato non per l’individuazione della legge sostanziale applicabile ad una fattispecie, bensì per il tutt’affatto diverso problema (che è processuale) del riconoscimento delle decisioni estere in materia di insolvenza: l’art. 24, par. 1, II comma, stabilisce infatti il riconoscimento senza formalità in tutta l’Unione non solo delle decisioni di apertura di una procedura di insolvenza, bensì anche delle “decisioni che derivano direttamente dalla procedura di insolvenza e le sono strettamente connesse”.
Successivamente poi la Corte di giustizia dell’Unione europea ha ampliato tale principio stabilendo che i giudici dello Stato in cui è stata aperta la procedura sono dotati di competenza internazionale anche sulle azioni che derivano direttamente dalla procedura e che vi si inseriscono strettamente. I giudici di Lussemburgo hanno cioè creato dal nulla la c.d. vis attractiva europea, rimediando così ad una evidente … dimenticanza del legislatore comunitario . Successivamente poi il Reg. 848 ha esplicitato tale vis con il suo art. 6 .
Però, e questo è il punto, la vis attractiva prodotta dalla stretta derivazione dalla procedura di insolvenza determina solo la competenza internazionale tra i vari Stati membri, e non il diritto sostanziale applicabile alla data fattispecie. Tale diritto sostanziale è invece individuato nel Reg. 1346 dagli artt. 4 e ss., e nel Reg. 848 dagli artt. 7 e ss., e in particolare in materia di lavoro dipendente i due regolamenti pongono la stessa disciplina: sia l’art. 10 del Reg. 1346 che l’art. 13 del Reg. 848, infatti stabiliscono che “gli effetti della procedura di insolvenza sul contratto e sul rapporto di lavoro sono disciplinati esclusivamente dalla legge dello Stato membro applicabile al contratto di lavoro” .
Per limitarci, dunque, al Reg. 1346 la questione sembra essere non tanto se il licenziamento dei lavoratori del ramo di azienda francese ceduto da Alitalia a CAI fosse o meno strettamente connesso con la procedura di insolvenza cui la cedente era assoggettata, bensì, e più semplicemente, e direttamente, se il contratto di lavoro dei detti lavoratori era o no disciplinato dall’art. L. 1224-1 del codice del lavoro francese, o invece da una qualche normativa di diritto italiano che escludesse la garanzia del mantenimento dei posti di lavoro.
Anche qui però la Cassazione francese ha operato in modo a nostro parere non del tutto convincente: essa infatti ha stabilito senz’altro che, poiché la controversia non si inseriva strettamente nella procedura italiana, la legge applicabile era quella francese, però di tale individuazione non ha dato spiegazione di sorta. Beninteso, a noi pare evidente che al lavoro dei dipendenti addetti ad un ramo di azienda operante a Parigi, sia pure inserito in un’impresa estera, si debba applicare la legge sostanziale locale, ossia, qui, quella francese, però forse una minima motivazione sarebbe stata, pensiamo, opportuna.
Ma tutto nasce dal vizio di fondo che ci pare possibile ravvisare in questa sentenza, ossia l’aver utilizzato, per individuare la legge sostanziale applicabile al rapporto di lavoro, un criterio di collegamento (lo stretto inserimento etc.) che invece ha una finalità solo processuale, ossia quella di determinare il giudice internazionalmente competente (in una fattispecie, peraltro, in cui a quanto ci par di capire, la competenza francese non è mai stata contestata) .
5. L’individuazione della legge applicabile al rapporto di lavoro: il regolamento Roma 1
Sopra abbiamo azzardato che l’applicabilità del diritto sostanziale francese era evidente: a conclusione di questo nostro breve studio ci corre però dovere di motivare questo nostro giudizio, ricordando anzitutto che tra i frutti della c.d. comunitarizzazione del diritto internazionale privato e processuale rientra anche il regolamento (CE) n. 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (c.d. “Roma 1”) il quale al suo art. 9, par. 2, dispone che “nella misura in cui la legge applicabile al contratto individuale di lavoro non sia stata scelta dalle parti, il contratto è disciplinato dalla legge del Paese nel quale, o, in mancanza, a partire dal quale il lavoratore, in esecuzione del contratto, svolge abitualmente il suo lavoro”. Quindi, nel caso di specie, per pervenire all’applicazione del code du travail ai rapporti di lavoro dipendente che si svolgevano in Francia, probabilmente sarebbe bastato accostare l’art. 10 del Reg. 1346 all’art. 8 di Roma 1.
E tale criterio del resto vale anche in via generale: l’art. 8 di Roma 1 si applica sempre, in tutte le fattispecie transnazionali, senza che di per sé abbia rilievo l’inserimento della controversia in una procedura di insolvenza.
In sostanza quindi ci sembra che la Cassazione francese sia pervenuta ad una decisione sostanzialmente esatta, però percorrendo un sentiero assai impervio pur avendo a disposizione un’autostrada.