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Regolamento (CE) n. 1073/2009

Sentenza della Corte (Decima Sezione) del 2 marzo 2017, C-245/15, SC Casa Noastră SA contro Ministerul Transporturilor - Inspectoratul de Stat pentru Controlul în Transportul Rutier ISCTR.

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Judecătoria Balş – Judeţul Olt (Tribunale di primo grado di Bals, Dipartimento di Olt, Romania).

Rinvio pregiudiziale – Trasporti su strada – Disposizioni sociali – Deroghe – Regolamento (CE) n. 561/2006 – Articolo 3, lettera a) – Regolamento (CE) n. 1073/2009 – Articolo 2, punto 3 – Servizi regolari che assicurano il trasporto di passeggeri – Nozione – Trasporti gratuiti organizzati da un operatore economico per i propri dipendenti, verso e dal luogo di lavoro, con veicoli di sua proprietà e guidati da un suo dipendente.

L’articolo 3, lettera a), del regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada e che modifica i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 3821/85 e (CE) n. 2135/98 e abroga il regolamento (CEE) n. 3820/85 del Consiglio, nonché l’articolo 2, punto 3, del regolamento (CE) n. 1073/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l’accesso al mercato internazionale dei servizi di trasporto effettuati con autobus e che modifica il regolamento (CE) n. 561/2006, devono essere interpretati nel senso che il servizio di trasporto domicilio-lavoro di lavoratori, organizzato dal datore di lavoro di questi ultimi e il cui percorso non supera i 50 chilometri, rientra nell’ambito di applicazione della deroga prevista all’articolo 3, lettera a), del regolamento n. 561/2006, secondo la quale tale regolamento non si applica a siffatto servizio di trasporto.

Sentenza:

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Sicurezza Sociale – Lavoratori migranti

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 27 aprile 2017, C-620/15, A-Rosa Flussschiff GmbH contro Union de recouvrement des cotisations de sécurité sociale et d’allocations familiales d’Alsace (Urssaf) e Sozialversicherungsanstalt des Kantons Graubünden

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia)

Rinvio pregiudiziale – Lavoratori migranti – Sicurezza sociale – Normativa da applicare – Regolamento (CEE) n. 1408/71 – Articolo 14, paragrafo 2, lettera a) – Regolamento (CEE) n. 574/72 – Articolo 12 bis, punto 1 bis – Accordo tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera – Personale navigante – Lavoratori distaccati in un altro Stato membro – Succursale svizzera – Certificato E 101 – Forza probatoria

L’articolo 12 bis, punto 1 bis, del regolamento (CEE) n. 574/72 del Consiglio, del 21 marzo 1972, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento (CE) n. 118/97 del Consiglio, del 2 dicembre 1996, come modificato dal regolamento (CE) n. 647/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 aprile 2005, dev’essere interpretato nel senso che un certificato E 101, rilasciato dall’istituzione designata dall’autorità competente di uno Stato membro, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1408/71, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento n. 118/97, come modificato dal regolamento (CE) n. 647/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 aprile 2005, vincola tanto le istituzioni di sicurezza sociale dello Stato membro in cui l’attività lavorativa viene svolta quanto i giudici del medesimo Stato membro, anche qualora questi ultimi rilevino che le condizioni di svolgimento dell’attività del lavoratore interessato esulino palesemente dalla sfera di applicazione ratione materiae di tale disposizione del regolamento n. 1408/71.

Sentenza:

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Conclusioni dell’Avvocato generale Henrik Saugmandsgaard Øe presentate il 12 gennaio 2017:

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Parità di trattamento

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 2 marzo 2017, C-496/15, Alphonse Eschenbrenner contro Bundesagentur für Arbeit.

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da Landessozialgericht Rheinland-Pfalz, Mainz (Tribunale Superiore per il contenzioso in materia sociale, Land Renania-Palatinato, Magonza, Germania)

Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione dei lavoratori – Articolo 45 TFUE – Regolamento (UE) n. 492/2011 – Articolo 7 – Parità di trattamento – Lavoratore frontaliero soggetto all’imposta sul reddito nello Stato membro di residenza – Indennità versata dallo Stato membro di impiego in caso di insolvenza del datore di lavoro – Modalità di calcolo dell’indennità di insolvenza – Considerazione fittizia dell’imposta sul reddito dello Stato membro d’impiego – Indennità di insolvenza inferiore alla retribuzione netta anteriore – Convenzione bilaterale preventiva della doppia imposizione.

L’articolo 45 TFUE e l’articolo 7 del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, devono essere interpretati nel senso che non ostano a che, in circostanze come quelle in discussione nel procedimento principale, l’importo dell’indennità di insolvenza, accordata da uno Stato membro a un lavoratore frontaliero che non è soggetto all’imposta sul reddito in tale Stato né è tenuto a versare l’imposta a titolo della suddetta indennità, sia determinato detraendo dalla retribuzione posta a base del calcolo della menzionata indennità l’imposta sul reddito, quale applicabile nello Stato in parola, con la conseguenza che siffatto lavoratore frontaliero non riceva, diversamente dalle persone che risiedono e lavorano in tale medesimo Stato, un’indennità corrispondente alla sua retribuzione netta anteriore. La circostanza che detto lavoratore non disponga, nei confronti del suo datore di lavoro, di un credito corrispondente alla parte della sua retribuzione lorda anteriore che non ha percepito a causa della detrazione di cui trattasi, è priva di rilievo a tale riguardo.

Sentenza:

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Conclusioni dell’Avvocato generale Melchior Wathelet presentate il 7 settembre 2016:

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Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 9 marzo 2017, C-406/15, Petya Milkova contro Izpalnitelen direktor na Agentsiata za privatizatsia i sledprivatizatsionen kontrol.

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Varhoven administrativen sad (Corte Suprema amministrativa, Bulgaria).

Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Convenzione delle Nazioni Unite relativa ai diritti delle persone con disabilità – Articoli 5 e 27 – Direttiva 2000/78/CE – Articolo 7 – Tutela rafforzata in caso di licenziamento di lavoratori subordinati con disabilità – Mancanza di una simile tutela per pubblici impiegati con disabilità – Principio generale di parità di trattamento.

1) L’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, letto alla luce della convenzione delle Nazioni Unite relativa ai diritti delle persone con disabilità, approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2010/48/CE del Consiglio, del 26 novembre 2009, e in combinato disposto con il principio generale di parità di trattamento, sancito agli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso consente una normativa di uno Stato membro, quale quella di cui al procedimento principale, che conferisce ai lavoratori subordinati con determinate disabilità una tutela speciale preventiva in caso di licenziamento, senza tuttavia conferire tale tutela ai pubblici impiegati con le stesse disabilità, a meno che sia dimostrata una violazione del principio di parità di trattamento, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Quando si effettua tale verifica, il raffronto tra le situazioni deve essere fondato su un’analisi incentrata sull’insieme delle norme di diritto nazionale pertinenti che disciplinano le posizioni dei lavoratori subordinati con una determinata disabilità, da un lato, e le posizioni dei pubblici impiegati con la medesima disabilità, dall’altro lato, tenuto conto in particolare dell’oggetto della tutela contro il licenziamento di cui al procedimento principale.

2) Ove l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2000/78, letto alla luce della convenzione delle Nazioni Unite relativa ai diritti delle persone con disabilità e in combinato disposto con il principio generale di parità di trattamento, ostasse alla normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale, l’obbligo di rispettare il diritto dell’Unione europea esigerebbe che l’ambito di applicazione delle norme nazionali che tutelano i lavoratori subordinati con una determinata disabilità fosse esteso, affinché di dette norme di tutela beneficino anche i pubblici impiegati con la stessa disabilità.

Sentenza:

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Conclusioni dell’Avvocato generale Henrik Saugmandsgaard Øe presentate il 27 ottobre 2016:

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Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 14 marzo 2017, C-157/15, Samira Achbita e Centrum voor gelijkheid van kansen en voor racismebestrijding contro G4S Secure Solutions NV

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Hof van Cassatie (Corte di cassazione, Belgio)

Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2000/78/CE – Parità di trattamento – Discriminazione basata sulla religione o sulle convinzioni personali – Regolamento interno di un’impresa che vieta ai dipendenti di indossare sul luogo di lavoro segni visibili di natura politica, filosofica o religiosa – Discriminazione diretta – Insussistenza – Discriminazione indiretta – Divieto posto ad una dipendente di indossare il velo islamico.

L’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che il divieto di indossare un velo islamico, derivante da una norma interna di un’impresa privata che vieta di indossare in modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso sul luogo di lavoro, non costituisce una discriminazione diretta fondata sulla religione o sulle convinzioni personali ai sensi di tale direttiva.

Siffatta norma interna di un’impresa privata può invece costituire una discriminazione indiretta ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78, qualora venga dimostrato che l’obbligo apparentemente neutro da essa previsto comporta, di fatto, un particolare svantaggio per le persone che aderiscono ad una determinata religione o ideologia, a meno che esso sia oggettivamente giustificato da una finalità legittima, come il perseguimento, da parte del datore di lavoro, di una politica di neutralità politica, filosofica e religiosa nei rapporti con i clienti, e che i mezzi impiegati per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari, circostanza, questa, che spetta al giudice del rinvio verificare.

Sentenza:

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Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 14 marzo 2017, C-188/15, Asma Bougnaoui e Association de défense des droits de l’homme (ADDH) contro Micropole SA.

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de Cassation (Francia)

Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2000/78/CE – Parità di trattamento – Discriminazione basata sulla religione o sulle convinzioni personali – Requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa – Nozione – Desiderio di un cliente che le prestazioni non vengano assicurate da una dipendente che indossa un velo islamico.

L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, dev’essere interpretato nel senso che la volontà di un datore di lavoro di tener conto del desiderio di un cliente che i servizi di tale datore di lavoro non siano più assicurati da una dipendente che indossa un velo islamico non può essere considerata come un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa ai sensi di detta disposizione.

Sentenza:

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Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 6 aprile 2017, C-668/15, Jyske Finans A/S contro Danimarca

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Vestre Landsret (Corte regionale dell’Ovest, Danimarca)

Rinvio pregiudiziale – Parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica – Direttiva 2000/43/CE – Articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e b) – Istituto di credito che richiede un documento di identità supplementare, consistente in una copia del passaporto o del permesso di soggiorno, alle persone che richiedono un prestito per l’acquisto di un autoveicolo e che si sono identificate mediante la loro patente di guida, nella quale è indicato un luogo di nascita situato in un paese che non è membro dell’Unione europea o dell’Associazione europea di libero scambio – Legittimità della richiesta ai sensi dell’art. 2 cit.

L’articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e b), della direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica, deve essere interpretato nel senso che non osta alla prassi di un istituto di credito, che impone al cliente la cui patente di guida indica un luogo di nascita situato in un paese che non è membro dell’Unione europea o dell’Associazione europea di libero scambio un requisito di identificazione supplementare, mediante la presentazione di una copia del suo passaporto o del suo permesso di soggiorno.

Sentenza:

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Conclusioni dell’Avvocato generale Nils Wahl presentate il 1 dicembre 2016:

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Sentenza della Corte (Prima Sezione), 13 luglio 2017, C‑354/16, Ute Kleinsteuber contro Mars GmbH

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte dall’Arbeitsgericht Verden (Tribunale del lavoro di Verden, Germania)

Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2000/78/CE – Articoli 1, 2 e 6 – Parità di trattamento – Divieto di discriminazione basata sul sesso – Pensione aziendale – Direttiva 97/81/CE – Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale – Clausola 4, punti 1 e 2 – Modalità di calcolo dei diritti a pensione acquisiti – Normativa di uno Stato membro – Trattamento differente dei lavoratori a tempo parziale.

1) La clausola 4, punti 1 e 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, concluso il 6 giugno 1997, allegato alla direttiva 97/81/CE, del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES, come modificata, nonché l’articolo 4 della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che, ai fini del calcolo dell’importo di una pensione aziendale, stabilisca una distinzione tra il reddito da lavoro inferiore alla soglia di reddito massima considerabile per il calcolo dei contributi al regime di assicurazione pensionistica obbligatoria e il reddito da lavoro superiore ad essa e che non tratti il reddito derivante da un impiego a tempo parziale calcolando, innanzitutto, il reddito corrisposto per un impiego a tempo pieno corrispondente, determinando, in seguito, le quote parte, rispettivamente, superiore e inferiore alla soglia di reddito massima considerabile per il calcolo dei contributi e, infine, applicando tale rapporto al reddito ridotto derivante dall’impiego a tempo parziale.

2) La clausola 4, punti 1 e 2, del suddetto accordo nonché l’articolo 4 della direttiva 2006/54 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che, nel calcolo dell’importo di una pensione aziendale di un lavoratore dipendente che abbia lavorato in parte a tempo pieno e in parte a tempo parziale, stabilisca un tasso di occupazione uniforme per la durata complessiva del rapporto di lavoro, purché tale metodo di calcolo della pensione di vecchiaia non violi la regola del prorata temporis. Spetta al giudice del rinvio verificare che ciò avvenga nel caso di specie.

3) Gli articoli 1 e 2 nonché l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che preveda una pensione aziendale di entità corrispondente al rapporto tra l’anzianità di servizio e la durata del periodo compreso tra l’entrata in servizio nell’azienda e il raggiungimento del limite di età ordinario previsto dal regime di assicurazione pensionistica obbligatoria e che applichi un limite massimo alle annualità di servizio che possono essere computate.

Sentenza:

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Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 21 giugno 2017, C-449/16, Kerly Del Rosario Martinez Silva contro INPS e Comune di Genova

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte d’Appello di Genova.

Rinvio pregiudiziale – Previdenza sociale – Regolamento (CE) n. 883/2004 – Articolo 3 – Prestazioni familiari – Direttiva 2011/98/UE – Articolo 12 – Diritto alla parità di trattamento – Cittadini di paesi terzi titolari di un permesso unico – Diritto al percepimento dell’assegno a favore dei nuclei familiari con almeno tre figli minori istituito dalla legge n. 448 del 1998 – Sussistenza.

L’articolo 12 della direttiva 2011/98/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale, in base alla quale il cittadino di un paese terzo, titolare di un permesso unico ai sensi dell’articolo 2, lettera c), di tale direttiva, non può beneficiare di una prestazione come l’assegno a favore dei nuclei familiari con almeno tre figli minori, istituito dalla legge del 23 dicembre 1998, n. 448, recante Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo.

Ne consegue che il cittadino di un paese terzo, titolare di un permesso unico ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 2011/98 non può essere escluso dal beneficio di una prestazione quale l’ANF mediante una tale normativa nazionale.

Sentenza:

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Sentenza della Corte (Prima Sezione), 19 luglio 2017, C‑143/16, Abercrombie & Fitch Italia Srl contro Antonino Bordonaro

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte dalla Corte suprema di cassazione (Italia)

Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2000/78/CE – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Articolo 2, paragrafo 1 – Articolo 2, paragrafo 2, lettera a) – Articolo 6, paragrafo 1 – Discriminazione fondata sull’età – Contratto di lavoro intermittente che può essere concluso con soggetti con meno di 25 anni di età – Cessazione automatica del contratto di lavoro quando il lavoratore compie 25 anni.

L’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nonché l’articolo 2, paragrafo 1, l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una disposizione, quale quella di cui al procedimento principale, che autorizza un datore di lavoro a concludere un contratto di lavoro intermittente con un lavoratore che abbia meno di 25 anni, qualunque sia la natura delle prestazioni da eseguire, e a licenziare detto lavoratore al compimento del venticinquesimo anno, giacché tale disposizione persegue una finalità legittima di politica del lavoro e del mercato del lavoro e i mezzi per conseguire tale finalità sono appropriati e necessari.

Sentenza:

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Conclusioni dell'Avvocato generale Michal Bobek presentate il 23 marzo 2017:

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Sentenza della Corte (Prima Sezione), 5 luglio 2017, C‑190/16, Werner Fries contro Lufthansa CityLine GmbH

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania)

Rinvio pregiudiziale – Trasporti aerei – Regolamento (UE) n. 1178/2011 – Allegato I, punto FCL.065, lettera b) – Divieto per i titolari di una licenza di pilota che abbiano raggiunto i 65 anni di età anni di operare come piloti di un aeromobile in attività nel trasporto aereo commerciale – Validità – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 15 – Libertà professionale – Articolo 21 – Parità di trattamento – Discriminazione fondata sull’età – Trasporto aereo commerciale – Nozione

1) L’analisi della prima e della seconda questione non ha evidenziato alcun elemento idoneo ad inficiare la validità del punto FCL.065, lettera b), dell’allegato I del regolamento (UE) n. 1178/2011 della Commissione, del 3 novembre 2011, che stabilisce i requisiti tecnici e le procedure amministrative relativamente agli equipaggi dell’aviazione civile ai sensi del regolamento (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, alla luce dell’articolo 15, paragrafo 1, o dell’articolo 21, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

2) Il punto FCL.065, lettera b), dell’allegato I del regolamento n. 1178/2011 deve essere interpretato nel senso che esso non vieta al titolare di una licenza di pilota che abbia raggiunto i 65 anni di età né di operare come pilota in voli senza carico o in voli di trasferimento, effettuati nell’ambito dell’attività commerciale di un vettore, senza trasporto di passeggeri, merci o posta, né di operare come istruttore e/o esaminatore a bordo di un aeromobile, senza far parte dell’equipaggio di condotta di volo.

Sentenza:

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Sentenza della Corte (Prima Sezione), 18 ottobre 2017, C-409/16, Ypourgos Esoterikon, Ypourgos Ethnikis paideias kai Thriskevmaton contro Maria-Eleni Kalliri

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato, Grecia)

Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 76/207/CEE – Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego – Discriminazione basata sul sesso – Concorso per l’arruolamento alle scuole di polizia di uno Stato membro – Normativa di questo Stato membro che impone a tutti i candidati per l’ammissione a detto concorso un requisito di statura minima

Le disposizioni della direttiva 76/207/CEE del Consiglio, del 9 febbraio 1976, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, come modificata dalla direttiva 2002/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, vanno interpretate nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro, come quella oggetto del procedimento principale, che subordina l’ammissione dei candidati al concorso per l’arruolamento alla scuola di polizia di detto Stato membro, indipendentemente dal sesso di appartenenza, a un requisito di statura minima di m. 1,70, ove tale normativa svantaggi un numero molto più elevato di persone di sesso femminile rispetto alle persone di sesso maschile e non risulti idonea e necessaria per conseguire il legittimo obiettivo che essa persegue, ciò che spetta al giudice del rinvio verificare.

Sentenza:

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Sentenza della Corte (Quinta Sezione), 9 novembre 2017, C-98/15, María Begoña Espadas Recio contro Servicio Público de Empleo Estatal (SPEE)

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Juzgado de lo Social de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 33 di Barcellona, Spagna)

Rinvio pregiudiziale – Direttiva 97/81/CE – Accordo quadro UNICE, CEEP e CES sul lavoro a tempo parziale – Clausola 4 – Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile – Parità di trattamento in materia di previdenza sociale – Direttiva 79/7/CEE – Articolo 4 – Lavoratore a tempo parziale di tipo verticale – Prestazioni di disoccupazione – Normativa nazionale che esclude i periodi di contribuzione dei giorni non lavorati ai fini della determinazione della durata della prestazione

1) La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, concluso il 6 giugno 1997, contenuta nell’allegato della direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES, non è applicabile a una prestazione contributiva di disoccupazione come quella oggetto del procedimento principale.

2) L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa di uno Stato membro che, nel caso di lavoro a tempo parziale verticale, escluda i giorni non lavorati dal calcolo dei giorni di contribuzione, con conseguente riduzione del periodo di erogazione della prestazione di disoccupazione, quando la maggior parte dei lavoratori a tempo parziale verticale sia costituita da donne che subiscano le conseguenze negative di tale normativa.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=196500&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=355922

Conclusioni dell’Avvocato generale Eleanor Sharpston presentate il 16 marzo 2017:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=188969&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=355922

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Libera circolazione dei lavoratori

 

Sentenza della Corte (Grande Sezione), 18 luglio 2017, C‑566/15, Konrad Erzberger contro TUI AG, con l’intervento di: Vereinigung Cockpit eV, Betriebsrat der TUI AG/TUI Group Services GmbH, Frank Jakobi, Andreas Barczewski, Peter Bremme, Dierk Hirschel, Michael Pönipp, Wilfried H. Rau, Carola Schwirn, Anette Stempel, Ortwin Strubelt, Marcell Witt, Wolfgang Flintermann, Stefan Weinhofer, ver.di – Vereinte Dienstleistungsgewerkschaft

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte dal Kammergericht (Tribunale superiore del Land di Berlino, Germania)

Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione dei lavoratori – Divieto di discriminazione – Elezioni dei rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza di una società – Normativa nazionale che limita il diritto di voto attivo e passivo ai soli lavoratori degli stabilimenti situati nel territorio nazionale.

L’articolo 45 TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale, in virtù della quale i lavoratori occupati presso gli stabilimenti di un gruppo situati nel territorio di detto Stato membro sono privi del diritto di voto attivo e passivo alle elezioni dei rappresentanti dei lavoratori al consiglio di sorveglianza della società capogruppo, stabilita nel citato Stato membro, nonché, se del caso, del diritto di esercitare o di continuare ad esercitare le funzioni di rappresentante in seno a detto consiglio, allorché tali lavoratori lasciano il proprio posto di lavoro in uno dei citati stabilimenti per essere occupati presso una società partecipata appartenente al medesimo gruppo e stabilita in un altro Stato membro.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=%2522rinvio%2Bpregiudiziale%2522&docid=192888&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=1164059#ctx1

Conclusioni dell'Avvocato generale Henrik Saugmandsgaard Oe presentate il 4 maggio 2017:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=%2522rinvio%2Bpregiudiziale%2522&docid=190334&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=55782#ctx1

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 31 maggio 2017, Causa C-420/15, U

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal tribunal de première instance francophone de Bruxelles (tribunale di primo grado francofono di Bruxelles, Belgio)

Rinvio pregiudiziale – Articolo 45 TFUE – Libera circolazione dei lavoratori – Obbligo di immatricolazione di un veicolo appartenente a una persona residente in Belgio e destinato a essere utilizzato in Italia

L’articolo 45 TFUE dev’essere interpretato nel senso che osta a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale un lavoratore residente è tenuto a immatricolare in tale Stato membro un autoveicolo di cui è il proprietario, ma che è già immatricolato in un altro Stato membro ed è destinato essenzialmente a essere utilizzato nel territorio di quest’ultimo Stato.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale&docid=191223&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=1105921#ctx1

 

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Previdenza sociale – Regolamento n. 1408/71

Sentenza della Corte (Prima Sezione) 1° febbraio 2017, C-430/15, Secretary of State for Work and Pensions contro Tolley

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito)

Rinvio pregiudiziale – Previdenza sociale – Regolamento (CEE) n. 1408/71 – Componente mancanza di autonomia dellassegno di sussistenza per persone con disabilità (disability living allowance) – Persona assicurata contro il rischio di vecchiaia che ha cessato definitivamente qualsiasi attività professionale – Nozioni di prestazione di malattia e di prestazione dinvalidità” Esportabilità

1) Una prestazione quale la componente «mancanza di autonomia» dell’assegno di sussistenza per persone con disabilità (disability living allowance) costituisce una prestazione di malattia ai sensi del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento (CE) n. 118/97 del Consiglio, del 2 dicembre 1996, come modificato dal regolamento (CE) n. 307/1999 del Consiglio dell’8 febbraio 1999.

2) L’articolo 13, paragrafo 2, lettera f), del regolamento n. 1408/71, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento n. 118/97, come modificato dal regolamento n. 307/1999, dev’essere interpretato nel senso che il fatto che una persona abbia acquisito diritti a una pensione di vecchiaia sulla base dei contributi versati nel corso di un determinato periodo al regime previdenziale di uno Stato membro non osta a che la legislazione di tale Stato membro possa successivamente cessare di essere applicabile a tale persona. Spetta al giudice nazionale determinare, in considerazione delle circostanze della controversia di cui è investito e delle disposizioni del diritto nazionale applicabile, in quale momento tale legislazione ha cessato di essere applicabile a detta persona.

3) L’articolo 22, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1408/71, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento n. 118/97, come modificato dal regolamento n. 307/1999, dev’essere interpretato nel senso che osta a che la legislazione dello Stato competente subordini il beneficio di un assegno come quello di cui al procedimento principale a un requisito di residenza e di soggiorno nel territorio di tale Stato membro.

4) L’articolo 22, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 22, paragrafo 2, del regolamento n. 1408/71, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento n. 118/97, come modificato dal regolamento n. 307/1999, devonessere interpretati nel senso che una persona che si trova in una situazione come quella di cui al procedimento principale conserva il diritto a percepire le prestazioni contemplate da tale prima disposizione dopo aver trasferito la propria residenza in uno Stato membro diverso dallo Stato competente, a condizione che abbia ottenuto un’autorizzazione a tal fine.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale&docid=187342&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=590304#ctx1

Conclusioni dell’Avvocato generale Henrik Saugmandsgaard Øe presentate il 5 ottobre 2016:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale&docid=184320&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=590304#ctx1

 

Sentenza della Corte (Terza Sezione), 13 luglio 2017, C‑89/16, Radosław Szoja contro Sociálna poisťovňa, con l’intervento di WEBUNG, s.r.o.

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte dal Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca)

Rinvio pregiudiziale – Applicazione dei regimi previdenziali – Lavoratori migranti – Persona che esercita un’attività subordinata e un’attività autonoma in due diversi Stati membri – Determinazione della legislazione applicabile – Regolamento (CE) n. 883/2004 – Articolo 13, paragrafo 3 – Regolamento (CE) n. 987/2009 – Articolo 14, paragrafo 5 ter – Articolo 16 – Effetti delle decisioni della commissione amministrativa per il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale – Irricevibilità.

L’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, come modificato dal regolamento (UE) n. 465/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, deve essere interpretato nel senso che, ai fini della determinazione della legislazione nazionale applicabile ai sensi di tale disposizione a una persona, come il ricorrente nel procedimento principale, che esercita abitualmente un’attività subordinata e un’attività lavorativa autonoma in vari Stati membri, si deve tenere conto dei requisiti posti dall’articolo 14, paragrafo 5 ter, e dall’articolo 16 del regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 883/2004, come modificato dal regolamento n. 465/2012.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=%2522rinvio%2Bpregiudiziale%2522&docid=192692&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=1164059#ctx1

 

 

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Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese

Sentenza della Corte (Decima Sezione) del 6 aprile 2017, C-336/15, Unionen contro Almega Tjänsteförbunden, ISS Facility Services AB

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Arbetsdomstolen (Tribunale del lavoro, Svezia).

Rinvio pregiudiziale Politica sociale Direttiva 2001/23/CE Articolo 3 Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese Contratti collettivi applicabili al cessionario e al cedente Termini di preavviso supplementare concesso ai lavoratori licenziati – Rilevanza dell’anzianità acquisita presso il cedente - Sussistenza.

L’articolo 3 della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, dev’essere interpretato nel senso che, in circostanze come quelle del procedimento principale, il cessionario deve includere, all’atto del licenziamento di un lavoratore ad oltre un anno dal trasferimento dell’impresa, nel calcolo dell’anzianità del lavoratore rilevante ai fini della determinazione del preavviso al medesimo spettante, l’anzianità da questi acquisita presso il cedente.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=189650&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=18283

Conclusioni dell’Avvocato generale E. Tanchev presentate il 1 febbraio 2017:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=187353&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=37930

Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 27 aprile 2017, C-680/15 e C-681/15, Asklepios Kliniken Langen-Seligenstadt GmbH e Asklepios Dienstleistungsgesellschaft mbH contro Ivan Felja e Vittoria Graf

Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania)

Rinvio pregiudiziale – Trasferimento d’impresa – Mantenimento dei diritti dei lavoratori – Direttiva 2001/23/CE – Articolo 3 – Contratto di lavoro – Normativa di uno Stato membro che autorizza la stipulazione di clausole che rinviano a contratti collettivi di lavoro successivi alla data del trasferimento – Opponibilità al cessionario

L’articolo 3 della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, letto in combinato disposto con l’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che, in caso di trasferimento di stabilimento, il mantenimento dei diritti e degli obblighi derivanti in capo al cedente da un contratto di lavoro si estende alla clausola, negoziata tra il cedente e il lavoratore nell’ambito dell’autonomia privata, in virtù della quale il loro rapporto di lavoro è disciplinato non solo dal contratto collettivo vigente alla data del trasferimento, ma anche dai contratti collettivi successivi a detto trasferimento e che completano, modificano o sostituiscono il primo, qualora il diritto nazionale preveda, a favore del cessionario, la possibilità di apportare adattamenti sia consensuali che unilaterali.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=%2522rinvio%2Bpregiudiziale%2522&docid=190164&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=325408#ctx1

Conclusioni dell’Avvocato generale Yves Bot presentate il 19 gennaio 2017:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=%2522rinvio%2Bpregiudiziale%2522&docid=186977&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=325408#ctx1

Sentenza della Corte (Ottava Sezione), 20 luglio 2017, C‑416/16, Luís Manuel Piscarreta Ricardo contro Portimão Urbis EM SA, in liquidazione, Município de Portimão, Emarp – Empresa Municipal de Águas e Resíduos de Portimão EM SA

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte dal Tribunal Judicial da Comarca de Faro (Tribunale distrettuale di Faro, Portogallo)

 

Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2001/23 – Articolo 1, paragrafo 1, lettera b) – Articolo 2, paragrafo 1, lettera d) – Trasferimenti di imprese – Mantenimento dei diritti dei lavoratori – Ambito di applicazione – Nozioni di “lavoratore” e di “trasferimento di stabilimento”.

1) L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, dev’essere interpretato nel senso che una situazione nella quale un’impresa comunale, il cui unico azionista è un comune, è sciolta mediante delibera dell’organo esecutivo di tale comune, e le cui attività sono trasferite in parte a detto comune, per essere esercitate direttamente da quest’ultimo, e in parte a un’altra impresa comunale ricostituita a tal fine, di cui questo stesso comune è parimenti unico azionista, rientra nel campo di applicazione della suddetta direttiva, a condizione che l’identità dell’impresa di cui trattasi sia conservata dopo il trasferimento, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare.

2) Una persona, quale il ricorrente nel procedimento principale, che, per via della sospensione del suo contratto di lavoro, non si trova nell’esercizio effettivo delle sue funzioni, rientra nella nozione di «lavoratore», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2001/23, allorché risulta essere tutelata come lavoratore dalla legislazione nazionale in questione, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare. Fatta salva tale verifica, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, i diritti e gli obblighi derivanti dal suo contratto di lavoro devono essere considerati trasferiti al cessionario, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=%2522rinvio%2Bpregiudiziale%2522&docid=193033&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=777339#ctx1

Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 22 giugno 2017, C-126/16, Federatie Nederlandse Vakvereniging, Karin van den Burg-Vergeer, Lyoba Tanja Alida Kukupessy, Danielle Paase-Teeuwen, Astrid Johanna Geertruda Petronelle Schenk contro Smallsteps BV.

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da Rechtbank Midden-Nederland (Tribunale dei Paesi Bassi Centrali)

Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2001/23/CE – Articoli da 3 a 5 – Trasferimenti d’impresa – Mantenimento dei diritti dei lavoratori – Eccezioni – Procedura d’insolvenza – “pre-pack” – Sopravvivenza di un’impresa – Nozione.

La direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, e in particolare il suo articolo 5, paragrafo 1, deve essere interpretata nel senso che la tutela dei lavoratori garantita dagli articoli 3 e 4 di tale direttiva permane in una situazione, come quella di cui al procedimento principale, in cui un’impresa sia trasferita in seguito ad una dichiarazione di fallimento nell’ambito di un pre-pack, preparato anteriormente a detta dichiarazione e realizzato immediatamente dopo la pronuncia di fallimento, nell’ambito del quale, in particolare, un «curatore designato», nominato da un giudice, esamini le possibilità di un’eventuale prosecuzione delle attività dell’impresa ad opera di un terzo e prepari azioni da svolgere subito dopo la pronuncia di fallimento per realizzare tale prosecuzione, e inoltre che non è rilevante, a tal riguardo, che l’obbiettivo perseguito da tale operazione di pre-pack miri anche a massimizzare gli introiti della cessione per l’insieme dei creditori dell’impresa in oggetto.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=192065&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=597855

Conclusioni dell’Avvocato generale Paolo Mengozzi presentate il 29 marzo 2017:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=189328&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=597855

Sentenza della Corte (Decima Sezione), 19 ottobre 2017, C-200/16, Securitas - Serviços e Tecnologia de Segurança SA contro ICTS Portugal – Consultadoria de Aviação Comercial SA, Arthur George Resendes e altri

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Supremo Tribunal de Justiça (Corte suprema, Portogallo)

Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2001/23/CE – Articolo 1, paragrafo 1 – Trasferimenti di impresa o di stabilimento – Mantenimento dei diritti dei lavoratori – Obbligo di riassunzione dei lavoratori da parte del cessionario – Prestazione di servizi di custodia e di sicurezza svolta da un’impresa – Procedura di gara – Aggiudicazione dell’appalto a un’altra impresa – Mancata riassunzione del personale – Disposizione nazionale che esclude dalla nozione di “trasferimento di impresa o di stabilimento” la perdita di un cliente da parte di un operatore in seguito all’aggiudicazione di un appalto di servizi a un altro operatore.

1) L’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, deve essere interpretato nel senso che rientra nella nozione di «trasferimenti di imprese [o] di stabilimenti», ai sensi di tale disposizione, la situazione in cui un committente ha risolto il contratto di prestazione di servizi di sorveglianza e di custodia dei suoi impianti concluso con un’impresa, e ha poi stipulato, ai fini dell’esecuzione di detta prestazione, un nuovo contratto con un’altra impresa, la quale si rifiuta di rilevare i dipendenti della prima, quando le attrezzature indispensabili per l’esercizio di detta prestazione siano state rilevate dalla seconda impresa.

2) L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2001/23 deve essere interpretato nel senso che osta a una disposizione nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale prevede che non rientri nell’ambito della nozione di «trasferimenti di imprese [o] di stabilimenti», ai sensi di detto articolo 1, paragrafo 1, la perdita di un cliente da parte di un operatore in seguito all’aggiudicazione di un appalto di servizi a un altro operatore.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale&docid=195740&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=62687#ctx1

Direttiva 2010/18/UE - Congedo parentale

Sentenza della Corte (Seconda Sezione), 7 settembre 2017, C-174/16, H. contro Land Berlin.

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgericht Berlin (Tribunale amministrativo di Berlino, Germania)

Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2010/18/UE – Accordo-quadro riveduto sul congedo parentale – Clausola 5, punti 1 e 2 – Ritorno dal congedo parentale – Diritto di ritornare allo stesso posto di lavoro o ad un lavoro equivalente o analogo – Mantenimento dei diritti acquisiti o in via di acquisizione – Pubblico dipendente di un Land promosso quale dipendente in prova ad un posto con funzioni direttive – Normativa di tale Land che prevede ipso iure la fine del periodo di prova senza possibilità di proroga al termine di un periodo di due anni, anche in caso di assenza correlata ad un congedo parentale – Incompatibilità – Conseguenze.

1) La clausola 5, punti 1 e 2, dell’accordo quadro riveduto sul congedo parentale allegato alla direttiva 2010/18/UE del Consiglio, dell’8 marzo 2010, che attua l’accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE, dev’essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che subordini la promozione definitiva ad un posto di direzione nell’ambito di un rapporto di pubblico impiego alla condizione che il candidato selezionato effettui con successo un periodo di prova preliminare di due anni su tale posto e per effetto della quale, in una situazione in cui il candidato medesimo sia stato, per tutto o parte del periodo di prova, in congedo parentale, ivi trovandosi ancora, il periodo di prova di cui trattasi si concluda ex lege al termine di tale periodo di due anni, senza possibilità di proroga, ove l’interessato sia conseguentemente reintegrato, al momento del rientro dal congedo parentale, nelle funzioni di grado inferiore, sia dal punto di vista statutario che retributivo, occupate anteriormente alla sua ammissione al periodo di prova stesso. Il contrasto con tale clausola non può essere giustificato dall’obiettivo perseguito dal medesimo periodo di prova, consistente nel permettere la verifica dell’idoneità a ricoprire il posto di direzione.

2) Spetta al giudice del rinvio, se necessario disapplicando la normativa nazionale oggetto del procedimento principale, verificare, come imposto dalla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro riveduto sul congedo parentale allegato alla direttiva 2010/18, se, in circostanze come quelle in esame nel procedimento principale, per il Land interessato, in qualità di datore di lavoro, fosse oggettivamente impossibile consentire all’interessata di ritornare allo stesso posto di lavoro al termine del congedo parentale e, in caso affermativo, garantire che a quest’ultima sia attribuito un posto di lavoro equivalente o analogo corrispondente al suo contratto o al suo rapporto di lavoro, senza che tale assegnazione di posto possa essere subordinata alla previa effettuazione di una nuova procedura di selezione. Spetta parimenti al giudice medesimo garantire che, al termine del congedo parentale, l’interessata possa proseguire, per lo stesso posto nel quale sia ritornata o che le sia stato assegnato ex novo, un periodo di prova a condizioni conformi ai requisiti dettati dalla clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro riveduto

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=194106&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=936035

Conclusioni dell’Avvocato Generale Paolo Mengozzi presentate il 26 aprile 2017:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=190148&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=936035

 

Direttiva 1990/70/CE - Contratti a tempo determinato

Sentenza della Corte (Decima Sezione), 20 dicembre 2017, C-158/16, Margarita Isabel Vega González contro Consejería de Hacienda y Sector Público del Gobierno del Principado de Asturias

Domanda di pronuncia pregiudiziale dallo Juzgado de lo Contencioso-Administrativo n. 1 de Oviedo (Tribunale amministrativo n. 1 di Oviedo, Spagna)

Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 1999/70/CE – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Clausola 4 – Principio di non discriminazione – Nozione di “condizioni di impiego” – Collocamento nella posizione amministrativa di aspettativa per incarichi particolari – Normativa nazionale che prevede la concessione di un’aspettativa per incarichi particolari in caso di elezione a cariche pubbliche ai soli funzionari di ruolo, ad esclusione dei funzionari ad interim.

1) La clausola 4, punto 1, dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che la nozione di «condizioni di impiego», di cui a tale disposizione, ricomprende il diritto, per un lavoratore che sia stato eletto a una funzione parlamentare, di beneficiare di un’aspettativa speciale, prevista dalla normativa nazionale, in forza della quale il rapporto di lavoro è sospeso, in modo tale per cui la conservazione del posto di tale lavoratore e il suo diritto all’avanzamento di carriera sono garantiti fino allo scadere del suo mandato parlamentare.

2) La clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato che figura in allegato alla direttiva 1999/70 deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, la quale escluda in modo assoluto la concessione a un lavoratore a tempo determinato, al fine di esercitare un mandato politico, di un’aspettativa in forza della quale il rapporto di lavoro è sospeso fino alla reintegrazione di tale lavoratore allo scadere di detto mandato, mentre tale diritto è riconosciuto ai lavoratori a tempo indeterminato.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale&docid=198074&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=346362#ctx1

Conclusioni dell’Avvocato Generale Eleanor Sharpston presentate il 7 settembre 2017:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale&docid=194117&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=346362#ctx1

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Licenziamenti collettivi

Sentenza della Corte (Decima Sezione), 21 settembre 2017, C-149/16, Halina Socha e altri contro Szpital Specjalistyczny im. A. Falkiewicza we Wrocławiu

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Rejonowy dla Wrocławia-Śródmieścia we Wrocławiu (Tribunale circondariale di Breslavia-centro a Breslavia, Polonia)

Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Licenziamenti collettivi – Direttiva 98/59/CE – Articolo 1, paragrafo 1 – Nozione di “licenziamento” – Assimilazione ai licenziamenti delle “cessazioni del contratto di lavoro verificatesi per iniziativa del datore di lavoro” – Modifica unilaterale, da parte del datore di lavoro, delle condizioni di lavoro e salariali.

L’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 2 della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, devono essere interpretati nel senso che un datore di lavoro è tenuto a procedere alle consultazioni di cui all’articolo 2 qualora preveda di effettuare, a sfavore dei lavoratori, una modifica unilaterale delle condizioni salariali che, in caso di rifiuto da parte di questi ultimi, comporta la cessazione del rapporto di lavoro, nei limiti in cui siano soddisfatte le condizioni previste dall’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=194783&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=936035

Conclusioni dell’Avvocato Generale Yves Bot presentate il 17 maggio 2017:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=190750&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=936035

 

  • §§§

 

 

Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori

Sentenza della Corte (Quarta Sezione), 26 luglio 2017, C‑175/16, Hannele Hälvä, Sari Naukkarinen, Pirjo Paajanen, Satu Piik contro SOS-Lapsikylä ry

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte dal Korkein oikeus (Corte suprema, Finlandia)

Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 17 – Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori – Organizzazione dell’orario di lavoro – Indennità complementari – Associazione di tutela dell’infanzia – “Genitori del villaggio dei bambini” – Assenza temporanea dei “genitori” titolari – Lavoratrici impiegate in veste di “genitori” sostituti – Nozione

L’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel senso che esso non è applicabile ad un’attività subordinata, come quella di cui al procedimento principale, consistente nell’accudire bambini nelle condizioni di un ambiente familiare, in sostituzione della persona incaricata in via principale di tale missione, qualora non sia dimostrato che l’orario di lavoro, nel suo complesso, non sia misurato o predeterminato o che possa essere stabilito dal lavoratore stesso, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=%2522rinvio%2Bpregiudiziale%2522&docid=193217&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=777339#ctx1

Conclusioni dell'Avvocato Generale Melchior Wathelet presentate il 6 aprile 2017:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=%2522rinvio%2Bpregiudiziale%2522&docid=189661&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=55782#ctx1

 

Sentenza della Corte (Quinta Sezione), 19 ottobre 2017, C-531/15, Elda Otero Ramos contro Servicio Galego de Saúde, Instituto Nacional de la Seguridad Social

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal Superior de Justicia de Galicia (Corte superiore di giustizia della Galizia, Spagna)

Rinvio pregiudiziale – Direttiva 92/85/CEE – Articolo 4, paragrafo 1 – Protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori – Lavoratrice in periodo di allattamento – Valutazione dei rischi associati al posto di lavoro – Contestazione da parte della lavoratrice interessata – Direttiva 2006/54/CE – Articolo 19 – Parità di trattamento – Discriminazione basata sul sesso – Onere della prova.

1) L’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, dev’essere interpretato nel senso che esso si applica ad una situazione come quella oggetto del procedimento principale, in cui una lavoratrice in periodo di allattamento contesta, dinanzi ad un organo giurisdizionale nazionale o dinanzi a qualsiasi altro organo competente dello Stato membro interessato, la valutazione dei rischi associati al suo posto di lavoro, in quanto non sarebbe stata effettuata conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.

2) L’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2006/54 dev’essere interpretato nel senso che, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, spetta alla lavoratrice interessata dimostrare fatti idonei ad indicare che la valutazione dei rischi associati al suo posto di lavoro non è stata effettuata conformemente ai requisiti di cui all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 92/85 e in base ai quali si possa in tal modo presumere la sussistenza di una discriminazione diretta fondata sul sesso, ai sensi della direttiva 2006/54, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Incomberà, pertanto, alla parte convenuta dimostrare che detta valutazione dei rischi è stata effettuata conformemente ai requisiti previsti dalla menzionata disposizione e che, pertanto, non vi è stata alcuna violazione del principio di non discriminazione.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale&docid=195741&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=160812#ctx1

Conclusioni dell'Avvocato generale Eleanor Sharpston, presentate il 7 aprile 2017:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale&docid=189659&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=160812#ctx1

 

Sentenza della Corte (Quinta Sezione), 29 novembre 2017, C-214/16, C. King contro The Sash Window Workshop Ltd e Richard Dollar

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles) (Sezione Civile), Regno Unito]

Rinvio pregiudiziale – Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori – Direttiva 2003/88/CE – Organizzazione dell’orario di lavoro – Articolo 7 – Indennità per ferie annuali non godute versata alla cessazione del rapporto di lavoro – Disciplina nazionale che impone a un lavoratore di prendere le ferie annuali senza che sia determinata la retribuzione per tali ferie

1) L’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, e il diritto a un ricorso effettivo, sancito all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che, nel caso di una controversia tra un lavoratore e un datore di lavoro in merito alla questione se il lavoratore abbia diritto alle ferie annuali retribuite ai sensi ai sensi del primo di tali articoli, ostano a che il lavoratore debba anzitutto beneficiare delle ferie prima di poter stabilire se ha diritto a essere retribuito per tali ferie.

2) L’articolo 7 della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali secondo le quali un lavoratore non può riportare e, se del caso, cumulare, fino al momento in cui il suo rapporto di lavoro termina, i diritti alle ferie annuali retribuite non godute nell’arco di più periodi di riferimento consecutivi, a causa del rifiuto del datore di lavoro di retribuire tali ferie.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=197263&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=355702

Conclusioni dell’Avvocato generale Evgeni Tanchev presentate l’8 giugno 2017:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=191322&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=355702

Sentenza della Corte (Seconda Sezione), 9 novembre 2017, C-306/16, António Fernando Maio Marques da Rosa contro Varzim Sol – Turismo, Jogo e Animação, SA

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal da Relação do Porto (Corte d’appello di Porto, Portogallo)

Rinvio pregiudiziale – Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 5 – Riposo settimanale – Normativa nazionale che prevede un giorno almeno di riposo per ogni periodo di sette giorni – Periodi di più di sei giorni di lavoro consecutivi

L’articolo 5 della direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, come modificata dalla direttiva 2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 2000, nonché l’articolo 5, primo comma, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, devono essere interpretati nel senso che essi non richiedono che il periodo minimo di riposo settimanale ininterrotto di ventiquattro ore, cui un lavoratore ha diritto, sia concesso entro il giorno successivo a un periodo di sei giorni di lavoro consecutivi, ma impongono che esso sia concesso nell’ambito di ogni periodo di sette giorni.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=196495&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=355851

Conclusioni dell’Avvocato generale Henrik Saugmandsgaard Øe presentate il 21 giugno 2017:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=192053&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=355851

 

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