Testo integrale con note e bibliografia

Ci sono due termini particolarmente difficili da tradurre dall’inglese all’italiano con una sola parola: whistleblowing e accountability.
Il primo termine si riferisce alla segnalazione di illeciti da parte di dipendenti pubblici o privati nell’interesse pubblico o dell’organizzazione a cui appartengono. Il secondo descrive, invece, il processo attraverso il quale una persona è tenuta a rispondere delle proprie azioni e, nella vita pubblica, il dovere dei governanti di dar conto delle proprie decisoni e comportamenti ai cittadini.
Questo articolo si propone di offrire qualche spunto su come l’istituto del whistleblowing inteso come manifestazione del diritto alla liberta’ di espressione e di informazione possa contribuire a rafforzare l’accountability dei sistemi democratici.
Mentre il whistleblowing è stato tradizionalmente concepito come strumento anticorruzione, a partire dalle raccomandazioni del Consiglio d’Europa e dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, si è sviluppata una prospettiva che lo inquadra nell’ambito del diritto alla libertà di espressione e di informazione consacrato nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Dalla breve analisi dei riflessi della prospettiva “diritti umani” su tre aspetti essenziali della disciplina del whistleblowing (definizione di interesse pubblico, pluralita’ dei canali di segnalazione e bilanciamento con l’interesse alla sicurezza nazionale), emerge una funzione ampliata dell’istituto, che cerca di adattarsi alle necessita’ di proteggere non piu’ solo il “lavoratore sleale” dal datore di lavoro, ma sempre più il “divulgatore” di informazioni al pubblico.
Il che comporta una grande responsabilità per il whistleblower: quella di dire il vero, in termini di verità relativa (ciò che il segnalante ragionevolmente ritiene vero al momento della segnlazione), ma anche assoluta (la verita’ dei fatti, distinti dalle opinioni e verificati senza congetture o manipolazioni).
Il whistleblowing come espressione del diritto alla libera manifestazione del pensiero e di quello del cittadino ad essere informato ha dunque come ultimo scopo il genuino funzionamento della democrazia, attraverso quel “render conto ai cittadini” che ne costituisce il fulcro.

 

Sommario: 1. Due prospettive sul whistleblowing – 2. Il whistleblowing come manifestazione del diritto alla libertà di espressione – 3. Conseguenze applicative della prospettiva “diritti umani” – 3.1. Interesse pubblico – 3.2. Interessi personali – 3.3 Canali di segnalazione – 3.4. Il limite della sicurezza nazionale – 4. Whistleblowing, verità e democrazia.

1. Due prospettive sul whistleblowing

Il whistleblowing è stato tradizionalmente inquadrato in una prospettiva anticorruzione che ne enfatizza la natura di strumento per la emersione di fatti di corruzione, frode o mala amministrazione dei quali i dipendenti pubblici e privati siano venuti a conoscenza in ragione della loro posizione lavorativa. Questo approccio, fatto proprio da numerose legislazioni, ha trovato consolidamento, a livello internazionale, in molteplici convenzioni e raccomandazioni, tra le quali spiccano la Convenzione sulla Corruzione del Consiglio d'Europa, la Convenzione dell’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo sulla Lotta alla Corruzione di Pubblici Ufficiali Stranieri nelle Operazioni Economiche Internazionali, i Principi Guida del G20 per la Legislazione sulla Protezione dei Whistleblowers, nonche’ la Convenzione delle Nazioni Unite sulla Lotta contro la Corruzione, che statuisce:
“Ogni Stato membro provvedera’ ad incorporare nel proprio sistema legale misure appropriate alla protezione contro ogni trattamento ingiustificato di chiunque riferisca in buona fede e in base a motivi ragionevoli alle autorità competenti fatti riguardante i reati stabiliti da questa Convenzione.”
Un secondo approccio vede invece il whistleblowing come manifestazione del diritto alla libertà di espressione e di informazione espressa nei principi della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici, della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che all’art. 10 dispone:
“Ciascun individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di esprimere opinioni e di ricevere e impartire informazioni e idee senza interferenze da parte dell'autorità pubblica e indipendentemente dalle frontiere [… ].

Tale approccio si è sviluppato a partire dalle raccomandazioni del Consiglio d’Europa (CdE) e
dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) e ha trovato piena attuazione nella recente Direttiva del Parlamento Europeo 2019/1937 del 23.10. 2019 sulla Protezione delle Persone che riportano Violazioni della Legge dell'Unione Europea, la quale dispone:

“Coloro che segnalano minacce o pregiudizi al pubblico interesse di cui sono venuti a conoscenza nell’ambito delle loro attività professionali esercitano il diritto alla libertà di espressione. Il diritto alla libertà di espressione e d’informazione, sancito dall’articolo 11 della Carta e dall’articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, comprende il diritto di ricevere o di comunicare informazioni nonché la libertà e il pluralismo dei media..”

2. Il whistleblowing come manifestazione del diritto alla libertà di espressione
Va chiarito innanzi tutto che le due prospettive appena descritte non sono da considerarsi alternative o in contrasto l’una con l’altra: il whistleblowing rimane strumento per combattere la corruzione anche all’interno della visione “diritti umani”. La Raccomandazione del CdE del 2014, ad esempio, pur collocando inequivocabilmente la protezione dei segnalanti nel contesto del diritto alla liberta’ di espressione, riconosce appieno l'importanza della stessa nella lotta alla corruzione:
“Il Consiglio d'Europa riconosce il valore del whistleblowing nello scoraggiare e prevenire la commissione di illeciti e nel rafforzare la responsabilità delle istituzioni democratiche (“democratic responsibility”) e la trasparenza. Il whistleblowing è un aspetto fondamentale della libertà di espressione e della libertà di coscienza ed è importante nella lotta contro la corruzione e la mala amministrazione nel settore pubblico e privato”.
La prospettiva “diritti umani” sembra piuttosto “elevare” la funzione del whistleblowing in quanto portatore, da una parte, di un diritto umano in sé e per sé - il diritto alla libera manifestazione del pensiero (funzione diretta) - e, dall’altra, del diritto del cittadino ad essere informato al fine di poter partecipare attivamente alla cosa pubblica (funzione indiretta), in vista di quella democratic accountability menzionata dal CdE.
In tal modo, anche l’ambito della protezione risulta ampliato: dalla protezione del dipendente dal datore di lavoro a quella del divulgatore - spesso attraverso i media - di informazioni “contrarie agli interessi dello Stato o gruppi di interesse, imprese, organizzazioni o figure pubbliche”. Nelle efficaci parole del CdE: “Lo scopo di una legislazione nazionale è quello di facilitare la segnalazione o la divulgazione di informazioni su illeciti o rischi per l'interesse pubblico, in quanto è nell'interesse pubblico prevenire e punire tali atti. Pertanto, la Raccomandazione incoraggia un cambio paradigmatico: dal whistleblowing come atto di slealta’ ad atto di responsabilita’ democratica.”
A questo proposito, la giurisprudenza della CEDU ha fornito “storici” pronunciamenti, affermando che l’art. 10 della Convenzione deve essere interpretato dalla prospettiva di un alto livello di protezione della libertà di espressione e informazione. In più occasioni, la Corte ha ritenuto poste in violazione dell'articolo 10 della Convenzione Europea le sanzioni inflitte a dipendenti pubblici o privati per aver diffuso informazioni alla divulgazione delle quali "i cittadini o il pubblico hanno un interesse superiore”.
Nella decisione Bucur and Toma v. Romania, ad esempio, la CEDU ha applicato l’art.10 della Convenzione al caso di un agente dei servizi segreti rumeni che aveva rivelato alla stampa irregolarità nell’uso delle intercettazioni da parte dei servizi segreti. Nello statuire che la condanna del ricorrente a due anni di reclusione era stata pronunciata in violazione dell’art. 10, la Corte ha affermato che il diritto a diffondere informazioni ritenute di interesse generale in una società democratica prevale sull’interesse a mantenere dette informazioni riservate.
Il principio piu’ volte ribadito dalla giurisprudenza della CEDU e’ che in una società democratica le autorità pubbliche devono essere sottoposte al controllo permanente da parte dei cittadini e che ogni cittadino deve poter “attirare l'attenzione del pubblico su situazioni considerate illegali.” Soprattutto nei casi di pubblicazione di informazioni su presunti fatti di corruzione o attività illecite da parte di politici, dipendenti pubblici o pubbliche istituzioni, i giornalisti, i media e le organizzazioni non governative devono poter contare sui massimi standard di protezione della libertà di espressione. La Corte ha sottolineato che "in uno stato di diritto l'uso di metodi impropri da parte dell'autorità pubblica è precisamente il tipo di informazione che il pubblico ha il diritto di ricevere".
In tale contesto, una definizione di whistleblowing che tenga conto della natura e dello scopo dell’istituto nella prospettiva “diritti umani” sembra essere quella proposta dallo Special Rapporteur all’Assemblea Generale dell’ONU nel settembre 2015:
“Lo Special Rapporteur adotta una definizione ampia al fine di rendere conto delle finalita’ del whistleblowing, in particolare del diritto alla conoscenza, alla accountability e alla governance democratica. Ai fini del presente rapporto, il whistleblower è una persona che rivela informazioni che, al momento della segnalazione, ritiene ragionevolmente essere vere e che costituiscono una minaccia o un danno a un determinato interesse pubblico, come le violazioni del diritto nazionale o internazionale, gli abusi di autorità, gli sprechi, le frodi o i danni all'ambiente, alla salute o alla sicurezza pubblica.”
3. Conseguenze applicative della prospettiva “diritti umani”
I riflessi della prospettiva “diritti umani” sulla disciplina del whistleblowing sono emersi soprattutto nelle seguenti aree: a) definizione di interesse pubblico; b) irrilevanza di interessi personali alla segnalazione; c) pluralità dei canali di segnalazione; d) bilanciamento del diritto di espressione e informazione con l’interesse alla sicurezza nazionale.
3.1 Interesse pubblico
In quest’area si assiste al progressivo abbandono sia della tendenza a fornire definizioni o elenchi dettagliati di materie di interesse pubblico, che della rilevanza dei motivi o interessi personali che possono informare l’azione del whistleblower al momento della segnalazione.

La Raccomandazione del CdE sulla protezione dei segnalanti rimette ai singoli Stati il compito di definire che cosa costituisca interesse pubblico:

“Mentre ciò che è nell'interesse pubblico in molte aree sarà terreno comune tra gli Stati membri, in altre aree potrebbe esserci una differenza di apprezzamento. Pertanto la Raccomandazione intenzionalmente non fornisce una definizione di cio’ che costituisce l'interesse. Ciò è lasciato a ciascun Stato membro, una posizione accolta dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo.

Il principio 2 della Raccomandazione chiarisce poi il principio, stabilendo che:

“Mentre spetta agli Stati membri determinare ciò che è nell'interesse pubblico ai fini dell'attuazione di tali principi, gli Stati membri dovrebbero specificare esplicitamente l'ambito di applicazione del quadro nazionale, che dovrebbe almeno comprendere le violazioni della legge e dei diritti umani, nonché rischi per la salute e la sicurezza pubblica e per l'ambiente”.

Anche la recente Direttiva del Parlamento Europeo si astiene dal fornire una definizione generale di interesse pubblico, in contrasto con l’approccio di alcune legislazioni di Stati membri che procedono a un elenco completo delle possibili violazioni rilevanti ai fini della tutela.

Nel concedere alle autorità governative un ampio margine di apprezzamento nel determinare gli interessi che il whistleblowing mira a proteggere, l’approccio appena descritto ben si presta alla finalita’ di tenere conto di una gamma molto ampia di comportamenti potenzialmente oggetto delle segnalazioni, compresi quelli non ancora posti in essere ma ragionevolmente sospettati, quelli che non costituiscono reato ma forme diverse di abuso di potere/posizione e quelli anche solo potenzialmente dannosi per il bene pubblico. Ma, soprattutto, ha il vantaggio di tenere conto della natura essenziale dell'interesse pubblico, che, come e’ stato acutamente osservato, “non ha un contenuto fisso e dovrebbe essere considerato esclusivamente come un processo senza fine di ridefinizione delle frontiere (spesso sfuocate) tra la sfera pubblica e quella privata”. Il medesimo approccio ha pero’ il potenziale svantaggio di creare “incertezza giuridica per i segnalanti”, motivo per cui la citata Raccomandazione del CdE suggerisce di standard minimi di interessi da proteggere.

3.2 Interessi personali
Per quanto concerne invece la rilevanza della sussistenza di eventuali interessi personali del whistleblower alla segnalazione, la Direttiva del Parlamento Europeo statuisce espressamente che:

“I motivi del segnalante al momento della segnalazione dovrebbero essere irrilevanti ai fini della protezione.“
Con cio’, la Direttiva amplia ulteriormente la tutela del whistleblowing, superando la necessita’ di quella “buona fede” nel segnalare ancora presente in molte legislazioni e nella giurisprudenza della CEDU e spostando l’attenzione sui fatti riportati, anziche’ sulle intenzioni del segnalante.
Questo netto cambio di prospettiva nel senso della “oggettivizzazione” nella valutazione delle segnalazioni e’ rilevante anche ai fini delle future scelte legislative in tema di segnalazioni anonime. Come e’ noto, la Direttiva UE lascia ai singoli paesi membri la decisione sulla ammissibilita’ o meno delle segnalazioni anonime , fatta salva la possibilita’ per il whistlebower di invocare tali segnalazioni al fine di ottenere la protezione da ritorsioni.
Nel decidere su “anonimato si’/anonimato no”, il legislatore alle prese con la trasposizione della Direttiva dovra’ ora tener conto di tale “oggettivzzazione”, ricordando che l’enfatizzazione del “CHE COSA viene riportato” rispetto al “CHI riporta” rappresenta un ampliamento della tutela del whsitleblowing sia dal punto di vista soggettivo (protezione della identita’ del segnalante) che oggettivo (incremento di segnalazioni utili alla emersione di illeciti).

3.3. Canali di segnalazione
Uno dei punti più dibattuti nella discussione che ha portato all’attuale versione della Direttiva del Parlamento Europeo è stato quello relativo all’obbligatorieta’ o meno per il whistleblower di sottoporre la segnalazione internamente (attraverso i meccanismi predisposti all’interno dei luoghi di lavoro) prima di poter esperire i canali esterni (autorita’ dedicate esterne al luogo di lavoro) o pubblici (la stampa, internet o altri media). La proposta della Commissione prevedeva infatti un sistema di segnalazione a tre livelli ma con segnalazione interna obbligatoria al fine di poter ricorrere agli altri canali. Tale proposta, in contrasto con la giurisprudenza della CEDU sul punto, è stata poi modificata dal Parlamento Europeo su pressione, prevalentemente, della societa’ civile.
La Direttiva adottata nell’ottobre 2019, pur “incoraggiando i whistleblowers a utilizzare i canali interni in prima istanza”, riconosce la necessita’ di “permettere ai segnalatori di scegliere il canale piu’ appropriato in base alle circostanze del singolo caso.” In tal modo, la Direttiva permette l’utilizzo sia dei canali interni che di quelli predisposti dalle autorità competenti senza gerarchia tra gli stessi, mentre le segnalazioni portate direttamente a conoscenza del pubblico godono di protezione nel caso in cui gli altri canali presentino il rischio di ritorsioni o offrano scarse probabilita’ che l’illecito venga perseguito.

ll vantaggio di un sistema a più livelli che incoraggia (ma non pone come condizione sine qua non) le segnalazioni interne, è innanzi tutto quello di portare i problemi all’attenzione di coloro che sono maggiormente in grado di affrontarli e possibilmente risolverli. Come molte ricerche empiriche hanno dimostrato, i potenziali whistleblowers che decidono di non segnalare lo fanno si’ per paura di essere sottoposti a ritorsioni, ma soprattutto per mancanza di fiducia che “qualcosa verra’ fatto.” Inoltre, stabilire meccanismi interni di recezione contribuisce a creare un ambiente favorevole alle segnalazioni, come riconosciuto dalla Direttiva Europea: “Si tratta di un principio che dovrebbe favorire una cultura della buona comunicazione e della responsabilità sociale d'impresa all'interno delle organizzazioni nel cui ambito le persone segnalanti sono considerate elementi che contribuiscono in modo significativo all'autocorrezione e all'eccellenza.”

Il sistema a più livelli è anche sostenuto dalla giurisprudenza della CEDU. Nella causa Guja v. Moldova e in altre, la Corte ha individuato due livelli per le segnalazioni: in primo luogo, il "superiore o altra autorità o ente competente" e, come "ultima risorsa", il pubblico o la stampa, quando il primo livello di segnalazione è "chiaramente impraticabile".

3.2. Il limite della sicurezza nazionale
Come accennato, la Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici, così come la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, garantiscono il diritto di ricercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso qualsiasi mezzo di comunicazione e indipendentemente dalle frontiere. Ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 3, della prima, le restrizioni al diritto alla libertà di espressione devono essere "previste dalla legge" e necessarie "per il rispetto dei diritti o della reputazione altrui" o "per la protezione della sicurezza nazionale o dell'ordine pubblico o della salute pubblica o morale".

Poiché l'articolo 19 promuove così fortemente il diritto all'informazione di ogni tipo, gli Stati hanno l'onere di giustificare l'eventuale limitazione all’accesso di informazioni come un'eccezione a tale diritto. Le limitazioni devono essere pertanto stabilite rigorosamente in modo che "non mettano in pericolo il diritto stesso", come l'Assemblea del CdE ha ribadito con riferimento specifico alla protezione dei whistleblowers nel settore della sicurezza nazionale. Nella risoluzione 1954 del 2013 su "Sicurezza nazionale e accesso alle informazioni", l'Assemblea ha sottolineato inoltre la necessità di proteggere le divulgazioni di illeciti da parte dei whistleblowers e affermato che “le eccezioni alla regola del libero accesso alle informazioni basate sulla sicurezza nazionale […] devono essere previste dalla legge, devono perseguire uno scopo legittimo e essere necessarie in una società democratica.”
Come osservato dallo Special Rapporteur ONU, “le istituzioni che operano nel campo della sicurezza nazionale, come la difesa, la diplomazia, la sicurezza interna, le forze dell'ordine e l’intelligence, possono si’ vantare una pretesa al segreto maggiore rispetto ad altri pubblici organismi, ma non una pretesa a nascondere casi di illeciti o altre informazioni il valore della cui divulgazione supera il danno provocato all'istituzione.”
E ancora: “Un interesse legittimo alla sicurezza nazionale deve essere autentico, non una copertura per la protezione del governo o dei funzionari da situazioni imbarazzanti o da esposizione di illeciti; per l’occultamento di informazioni su violazioni dei diritti umani; per qualsiasi altra violazione di legge o mancato funzionamento delle istituzioni pubbliche; per il rafforzamento o perseguimento di un particolare interesse politico, partito o ideologia; o per la repressione di proteste lecite ”.
Il documento che piu’ di ogni altro fornisce agli Stati una guida nel bilanciamento tra gli interessi alla protezione delle informazioni e il diritto del pubblico all’informazione è costituito dai Principi Globali sulla Sicurezza Nazionale e il Diritto all'Informazione, noti come Principi di Tshwane. Facilitati dall'Open Society Justice Initiative, i Principi sono il frutto di un lungo processo di consultazione internazionale culminato in un incontro a Tshwane, Sudafrica, il 12 giugno 2013.
Il Principio 37 (“categorie di illeciti”) elenca una serie di segnalazioni protette (reati, violazioni dei diritti umani, violazioni del diritto internazionale umanitario, corruzione, pericoli per la salute, ecc.) “a prescindere dalla loro classificazione.” Il Principio 38, d’altro canto, prevede specificamente la protezione da ritorsioni dei dipendenti pubblici che segnalano illeciti, “indipendentemente dal fatto che le informazioni siano classificate o altrimenti riservate”, purché, al momento della divulgazione il segnalante abbia fondati motivi di ritenere che le informazioni divulgate riguardino illeciti appartenenti alle categorie stabilite nel Principio 37 e la segnalazione sia conforme alle condizioni stabilite dai Principi 38-40. Si stabilisce, inoltre, che la motivazione di una segnalazione protetta è irrilevante, tranne nei casi in cui sia consapevolmente falsa, e che il segnalatore non deve essere tenuto a sostenere l'onere della prova in relazione alla segnalazione stessa.
Anche nel caso in cui la segnalazione non soddisfi i criteri sopra indicati, i Principi raccomandano la protezione del segnalante nella misura in cui l'interesse pubblico alla segnalazione prevalga sull'interesse a mantenere segrete le informazioni. In ogni caso, anche nei Paesi che criminalizzano la divulgazione al pubblico di informazioni classificate, le punizioni dovrebbero essere proporzionate al danno effettivamente causato.
Per quanto riguarda le segnalazioni al pubblico o alla stampa, il Principio 40 stabilisce i seguenti criteri di ammissibilita’: (i) la segnalazione fatta a canali interni o esterni non e’ stata presa in esame in modi e tempi ragionevoli o avrebbe comportato ritorsioni o occultamento di prove; (ii) la segnalazione riguarda un atto o un'omissione che costituisce un pericolo grave e imminente pericolo per la vita, la salute e la sicurezza delle persone o per l'ambiente; (iii) il segnalante ha divulgato “solo la quantità di informazioni ragionevolmente necessaria per mettere in luce le infrazioni”; e (iv) il segnalante ritiene ragionevolmente che l'interesse pubblico a divulgare le informazioni sia superiore ai possibili danni all'interesse pubblico derivanti dalla segnalazione.
I Principi di Tshwane riflettono la giurisprudenza della CEDU sull’argomento, inclusi i due gia’ citati casi Guja v. Moldova e Bucur e Toma v. Romania.
Con riguardo alla sicurezza nazionale, la Direttiva del Parlamento Europeo statuisce che:
“La sicurezza nazionale resta di esclusiva responsabilità di ciascun Stato membro. La presente direttiva non si applica alle segnalazioni di violazioni relative ad appalti che riguardano la difesa o la sicurezza a meno che non siano coperte dagli strumenti pertinenti dell'Unione.”
Con cio’, la Direttiva ha modificato il testo della precedente bozza del 15.1.2019 (“La presente direttiva non pregiudica la responsabilità degli Stati membri di garantire la sicurezza nazionale e il loro potere di proteggere i propri interessi essenziali in materia di sicurezza” ), aspramente criticato per la possibilita’ definita “overbroad” concessa alle autorita’ di governo di limitare le segnalazioni pubbliche di informazioni riguardanti la sicurezza nazionale.

4. Whistleblowing, verita’ e democrazia
Quando una legge sul whistleblowing viene approvata, spesso l’attenzione si focalizza sulle questioni tecniche e interpretative e si tende a dimenticare il contesto politico e culturale dell’istituto, nonche’ la sua dimensione etica. La prospettiva “diritti umani”, che si è cercato di delineare brevemente in questo articolo, ha il merito di tenere aperta tale dimensione, ovvero il promovimento di una speak- up culture come strumento essenziale di quella che è stata definita la “democrazia vibrante”.
E’ importante invece tener presente tale funzione proprio in quelle societa’ nelle quali “abbiamo governi, tribunali e parlamenti; separiamo il potere dell'esecutivo dalla legislatura e dalla magistratura; la maggior parte di noi si aspetta che i nostri governi siano (più) aperti e garantiscano che coloro che detengono il potere, nel settore pubblico o privato, rispettino lo stato di diritto e proteggano da violazioni dei diritti umani e danni ambientali; e facciamo affidamento sui media per agire in modo indipendente e tenerci informati. Considerare il whistleblowing in questo contesto più ampio rivela la necessità di capirlo come un meccanismo di responsabilità democratica che ci consente di sapere quando i nostri sistemi di controllo e di equilibrio, per come li abbiamo concepiti, falliscono.”
Cosi’ come essenziale e’ ricordare che il fearless speech (diritto di segnalare senza paura) è davvero strumento di informazione solo in quanto sia anche true speech (diritto a ricevere informazioni veritiere).
Tale necessita’ è stata ribadita piu’ volte dalla CEDU, quando ha statuito che “la libertà di espressione comporta doveri e responsabilità e chiunque scelga di divulgare informazioni deve verificare attentamente, nella misura consentita dalle circostanze, che siano accurate e affidabili.”
Dal punto di vista whistleblowing, il dovere di riportare informazioni veritiere si traduce nel dovere di riportare cio’ che, al momento della segnalazione, sia ritenuto vero dal whistleblower secondo un giudizio di ragionevolezza. Come ben articolato dalla Direttiva del Parlamento Europeo:
“Per godere della protezione, i segnalanti devono ragionevolmente credere, alla luce delle circostanze e delle informazioni a loro disposizione al momento della segnalazione, che quanto da loro denunciato sia vero. Questa è una salvaguardia essenziale contro segnalazioni dannose, frivole o offensive, che garantisce che coloro che, al momento della segnalazione, hanno deliberatamente e consapevolmente segnalato informazioni errate o fuorvianti non godano di protezione. Allo stesso tempo, garantisce che la protezione sussista quando il segnalante abbia riportato fatti inesatti per via di un errore genuino. Allo stesso modo, i segnalanti dovrebbero avere diritto alla protezione ai sensi della presente direttiva se hanno fondati motivi per ritenere che le informazioni comunicate rientrino nel campo di applicazione della stessa”.
In altre parole, ciò che conta è che la convinzione del whistleblower (che un illecito stia per verificarsi, ad esempio) sia caratterizzata da ragionevolezza (lo standard in base al quale il ragionamento del segnalante e’ condiviso da altri individui con conoscenza, formazione ed esperienza simili alla sua); la circostanza che la segnalazione possa essere errata (l’illecito non si e’ verificato, ad esempio) e’ irrilevante se il segnalante ha agito in base ad una convinzione ragionevole. Se è vero che lo scopo della protezione del whistleblowing è quello di incoraggiare i dipendenti a divulgare informazioni di interesse pubblico, aspettarsi che i dipendenti dispongano di conoscenze giuridiche sufficienti a determinare le probabilita’ che un illecito venga commesso equivale a vanificare le finalita’ dell’istituto.
Un’ultima annotazione riguarda la connessione tra linguaggio e verita’, ulteriore anello della catena diritto di espressione-diritto all’informazione-democratic accountability. Nella consapevolezza che il nesso verita’– democrazia necessita ben altro approfondimento, un paio di citazioni possono intanto essere d’aiuto.
La prima per la sua capacita’ di esprimere lo stato delle cose: “l’indifferenza verso i fatti, la sostituzione delle emozioni alla ragione e la corrosione del linguaggio stanno sminuendo il valore della verità”. La seconda, che include due semplici principi: “la tua parola sia impeccabile” (chiamare le cose con il loro nome) e “non fare congetture” (verificare sempre la realtà), a mo’ di antidoto.

 

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