Testo integrale con note e bibliografia
1. Introduzione. Ispezioni concertate, contrasto all’uso abusivo del distacco transnazionale, lotta al lavoro sommerso e valutazione dei rischi: il ruolo dell’Autorità europea del lavoro e le direttive 2014/67/UE e 2019/1152/UE
Il 21 settembre 2020 l’Autorità europea del lavoro (AEL) ha sostenuto la prima ispezione concertata come previsto dall’art. 8 del Regolamento 2019/1149/UE, indagando su società di costruzioni in Belgio, Lituania e Portogallo. Per quanto riguarda il caso portoghese risulta, dalle informazioni fornite dal Service d’information e de recherche sociale belga, che, all’esito di un confronto tra i dati delle autorità di Belgio e Portogallo, è emersa - sulla base di documenti A1 respinti dal Portogallo - l’esistenza di lavoro sommerso di lavoratori portoghesi a Bruxelles. Contemporaneamente, si è svolta un’azione ispettiva in Portogallo presso la sede dell’impresa di invio. Il caso lituano, per contro, si concentra sul distacco di cittadini di paesi terzi attraverso la Lituania in Belgio, con evidenza di problematiche inerenti il rispetto della retribuzione e delle condizioni di lavoro, ed il sospetto di essere al cospetto di una “letterbox company”.
Il personale dell’Autorità, nel concreto, si è unito agli Ispettori del lavoro nazionali. Questa azione concertata rappresenta un punto di svolta nelle ispezioni sul lavoro in tutta Europa. Nel comunicato stampa l’Autorità evidenzia, al riguardo, che “Gli ispettori hanno testato strumenti e procedure condivise sviluppate con l’Autorità europea del lavoro, inaugurando così una nuova linea d’azione nella lotta al lavoro sommerso. Nel contesto di un mercato del lavoro europeo sempre più interconnesso, è fondamentale che i paesi dell’UE siano uniti nell’affrontare questa sfida comune” .
È particolarmente rilevante la circostanza che la prima ispezione sostenuta dall’Autorità si sia concentrata sul settore delle costruzioni, particolarmente colpito da lavoro sommerso, catene di subappalti e “letter-box company”. Secondo i dati del 2017, il settore delle costruzioni rappresenta quasi il 20% di tutto il lavoro non dichiarato che si realizza nell’Unione europea.
L’Autorità europea, insediatasi nell’ottobre 2019 a Bratislava, come Agenzia operativa decentrata, mostra di avere un ruolo molto ambizioso nel rafforzamento del mercato europeo, fortemente collegato alla necessità di far meglio rispettare le regole europee in materia di mobilità dei lavoratori, tenuto conto delle difficoltà incontrate a livello nazionale per rilevare, prevenire e lottare contro i casi di abuso e di frode, che si verificano in particolare nell’ambito del distacco di manodopera.
È noto che i compiti di vigilanza sulle imprese distaccanti sono generalmente complicati, soprattutto a causa della carenza di notizie sufficienti a disposizione delle Autorità ispettive degli Stati di destinazione del distacco, in assenza dei quali risulta estremamente complesso accertare se il prestatore di servizi, nello Stato di stabilimento, ha una sua capacità produttiva o è solo una impresa fittizia .
È ampiamente evidenziata in letteratura la problematica del ricorso a soggetti giuridici discutibili, operanti in un contesto transfrontaliero, che abusano della libera circolazione dei servizi, sfruttando l’assenza di sanzioni efficaci per la violazione delle regole, anche considerato che la “frode sociale” non è ancora considerata un illecito che giustifichi una sanzione a livello europeo . La libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi sono, come noto, terreno fertile per “allestimenti imprenditoriali artificiali”, in quanto forniscono ingresso illimitato al mercato del lavoro degli Stati membri dell’Unione .
Il regolamento istitutivo dell’Autorità europea del lavoro introduce due tipologie di ispezioni che l’Autorità può coordinare e sostenere: le ispezioni concertate e quelle congiunte.
Le ispezioni concertate sono quelle effettuate simultaneamente in due o più Stati membri riguardanti casi correlati, mentre le ispezioni congiunte sono effettuate in uno Stato membro con la partecipazione delle autorità nazionali di uno o più Stati membri e, ove opportuno, con il sostegno del personale dell’Autorità.
Il regolamento, all’art. 8, par. 3 (coerente con il considerando 18), mantiene fermo il principio del pieno rispetto della sovranità nazionale e prevede che “le ispezioni concertate o congiunte sono subordinate all’accordo preliminare di tutti gli Stati membri partecipanti”, come previsto anche al paragrafo 1.
In assenza del previo consenso di uno Stato partecipante, dunque, l’ispezione può aver luogo solamente con la partecipazione degli Stati volontari. Questo rischia, evidentemente, di privare l’ispezione di gran parte della sua utilità, soprattutto se il soggetto datoriale sospetto di operare abusivamente ha sede nello Stato membro non partecipante, considerato, in particolare, che “gli Stati membri che decidano di non partecipare mantengono riservate le informazioni in merito a tale ispezione”.
La creazione dell’Autorità europea, dunque, pur rendendo possibili ispezioni congiunte, incardinate a livello europeo, mostra evidenti tratti di debolezza . Resta comunque da sottolineare “l’impronta diplomatica” dell’azione dell’Autorità, atteso quanto previsto dai paragrafi 3 e 4 dell’art. 8 del Regolamento .
La materia ispettiva è centrale, e si collega al compito, assegnato all’Autorità, di valutare i rischi e svolgere analisi per quanto concerne la mobilità dei lavoratori e il coordinamento della sicurezza sociale sul territorio dell’Unione.
Anche in questo caso l’Autorità opera “in cooperazione con gli Stati membri e, se del caso, le parti sociali”.
La valutazione del rischio e la funzione di analisi sono un tassello essenziale del processo di individuazione delle misure di prevenzione più appropriate nella prospettiva della lotta al lavoro non dichiarato; l’art. 10 del regolamento prevede che “la valutazione del rischio e l’attività di analisi dovrebbero trattare questioni quali gli squilibri del mercato del lavoro, le sfide che interessano il settore e i problemi ricorrenti” anche “nei settori della frode, dello sfruttamento, della discriminazione, della previsione dei fabbisogni formativi e della salute e sicurezza sul luogo di lavoro”.
Il regolamento istitutivo dell’Autorità, nella prospettiva della valutazione del rischio, sottolinea diffusamente la funzione di sostegno all’attività di analisi del rischio prevista, in chiave ispettiva, dall’art. 10 della direttiva 2014/67/UE, a mente della quale le ispezioni in materia di rispetto della direttiva distacchi si basano principalmente su una valutazione dei rischi da parte delle autorità competenti che può identificare i settori di attività in cui nel loro territorio si concentra la presenza di lavoratori distaccati per la prestazione di servizi (si vedano in particolare i considerando 18 e 20 del regolamento 2019/1149/UE).
Il paragrafo 3 dell’art. 10 del regolamento 2019/1149 prevede, poi, che, ultimata la valutazione del rischio o qualsiasi altro tipo di attività di analisi, “l’Autorità comunica le sue conclusioni alla Commissione, nonché direttamente agli Stati membri interessati, indicando possibili misure per ovviare alle carenze individuate”.
Le missioni dell’AEL, in ogni caso, e in sintesi, sono quattro: facilitare la cooperazione amministrativa tra le Autorità nazionali, offrire un centro di esperienza e formazione alle Autorità nazionali competenti, lottare contro gli abusi e sostenere le attività di controllo congiunto, fornire un contenitore unico ai cittadini e alle imprese per l’accesso alle informazioni relative alla libera circolazione dei lavoratori e dei servizi.
Sullo sfondo rileva anche il tema della lotta al dumping sociale : l’obiettivo di base è quello di garantire che tutte le regole dell’UE in materia di mobilità dei lavoratori siano messe in opera in maniera giusta, semplice ed efficace. L’Autorità rafforza la lotta contro il dumping sociale praticato in Europa, inserendosi nel solco della riforma della direttiva sul distacco di personale nell’ambito della prestazione di servizi intra-UE.
Ulteriore aspetto di interesse, che segna l’intimo rapporto tra il regolamento istitutivo dell’Autorità europea del lavoro e il pilastro sociale , è dato dal principio secondo cui “le attività dell’Autorità dovrebbero riguardare le persone soggette al diritto dell’Unione nell’ambito di applicazione del […] regolamento, quali lavoratori dipendenti e autonomi e persone in cerca di occupazione” (considerando 13).
Questo passaggio è direttamente collegato alla definizione di lavoratore data dalla direttiva 2019/1152/UE, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea, nel cui art. 1, par. 2, si fa riferimento “a tutti i lavoratori nell’Unione che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quali definiti dal diritto, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro, tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia” .
2. Un breve excursus sull’iter normativo: com’è nata l’Autorità europea del lavoro?
“Dobbiamo fare in modo che all’applicazione equa, semplice ed efficace delle norme dell’UE sulla mobilità dei lavoratori provveda un organo europeo di ispezione e controllo. È assurdo avere un’autorità bancaria che sovrintende alle norme bancarie, ma non un’autorità del lavoro comune, garante dell’equità nel nostro mercato unico. La creeremo noi questa autorità” . In questi termini si esprimeva il Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, nel 2017.
Già nel 2017, infatti, i dati relativi alla mobilità dei lavoratori sul territorio europeo apparivano piuttosto rilevanti; basti pensare che oltre 17 milioni di cittadini risiedevano o lavoravano in uno Stato membro diverso dal proprio paese di cittadinanza e che i distacchi – nel periodo compreso tra il 2010 e il 2016 – avevano registrato un incremento del 68% .
In un simile contesto, pertanto, ben si comprendeva l’interesse di Juncker al tema della mobilità dei lavoratori sul territorio dell’Unione Europea e dei sistemi di sicurezza sociale.
Così, in tempi record (il 13 marzo 2018) la Commissione Europea sottoponeva all’attenzione del Parlamento Europeo una proposta di Regolamento per l’istituzione dell’Autorità Europea del lavoro, sulla quale pare opportuno soffermarsi prima di analizzare il provvedimento finale, ovvero il Regolamento UE 2019/1149, emanato il 20 giugno 2019.
Tale proposta è suddivisa in sei capi, dedicati rispettivamente ai principi, ai compiti dell’Autorità, alla sua organizzazione, alla formazione e alla struttura del bilancio, al personale e alle disposizioni finali.
È sufficiente una rapida lettura della relazione accompagnatoria alla proposta per comprendere il principale obiettivo che la Commissione intendeva perseguire con l’istituzione dell’Autorità, ovvero la realizzazione di un’equa mobilità dei lavoratori nel mercato interno; i lavoratori c.d. “mobili”, infatti, sono considerati una categoria particolarmente vulnerabile, esposta a possibili abusi e al rischio di essere impiegati a condizioni lavorative ingiuste.
La Commissione ha scelto come atto giuridico il Regolamento, in quanto strumento normativo idoneo ad assicurare una certezza giuridica sufficiente, ma anche necessaria, ai fini dell’istituzione dell’Autorità.
Oltre al generale obiettivo relativo al perseguimento dell’equa mobilità, l’istituzione dell’Autorità Europea del lavoro, in base allo schema iniziale della proposta di Regolamento, è finalizzata allo svolgimento di tre precise funzioni.
Innanzitutto, l’Autorità si propone di rendere più agevole per tutti gli individui (lavoratori e datori di lavoro) l’accesso alle informazioni sulla mobilità dei lavoratori e sul coordinamento della sicurezza sociale, nonché ai servizi pertinenti.
Il secondo ruolo dell’Autorità consiste nel rafforzare la cooperazione tra le autorità degli Stati membri per una corretta applicazione della normativa europea sulla mobilità dei lavoratori; a tal fine, l’Autorità coordina e facilita ispezioni concertate e congiunte.
Infine, l’Autorità è pensata anche per offrire un’attività di mediazione qualora sorgano delle controversie tra gli Stati membri sulle tematiche oggetto del Regolamento.
La valutazione d’impatto allegata alla proposta legislativa precisa che le sopra esposte funzioni dell’Autorità dovrebbero, in prospettiva, essere vantaggiose per tutti i soggetti coinvolti nelle tematiche affrontate dal Regolamento: non solo per gli individui, meno esposti al rischio di frodi e di abusi, ma anche per le imprese, avvantaggiate da una concorrenza più leale e da una maggiore certezza normativa, e per le autorità nazionali, che potranno cooperare tra loro più agevolmente.
Occorre sin d’ora ricordare che, come precisato dalla stessa Commissione nella relazione introduttiva alla proposta, i destinatari dei benefici, apportati tramite l’istituzione dell’Autorità, non sono solamente i lavoratori dipendenti, ma anche i lavoratori autonomi e tutte le persone fisiche, cittadine dell’Unione Europea o di paesi terzi che risiedono legalmente nell’Unione Europea, ove si trovino in una situazione transfrontaliera.
L’ambito di applicazione individuato nella proposta, peraltro, è stato poi confermato dal considerando n. 13 del Regolamento definitivamente approvato, che fa espresso riferimento a “lavoratori dipendenti e autonomi e persone in cerca di occupazione”, tra i quali rientrerebbero “sia i cittadini dell’Unione sia quelli di paesi terzi che risiedono legalmente nell’Unione, quali i lavoratori distaccati, i lavoratori trasferiti all’interno di una stessa società o i residenti di lungo periodo, come anche i loro familiari, conformemente al diritto dell’Unione che ne disciplina la mobilità sul territorio dell’Unione”.
La proposta legislativa formulata dalla Commissione è stata approvata in prima lettura dal Parlamento Europeo il 16 aprile 2019.
La struttura di base del Regolamento e le funzioni originariamente attribuite all’Autorità Europea del lavoro sono rimaste pressoché inalterate.
Il Parlamento, tuttavia, ha inserito un ulteriore obiettivo da perseguire, ovvero quello di sostenere la cooperazione tra gli Stati membri nella lotta al lavoro non dichiarato (art. 2, par. I, lett. d), Reg. 2019/1149/UE); a tal fine, è predisposta una piattaforma (già istituita con la Decisione 2016/344), composta da un rappresentante nominato da ciascuno Stato membro, da un rappresentante della Commissione e da un massimo di quattro rappresentanti delle organizzazioni intersettoriali delle parti sociali a livello di Unione.
Il Regolamento è stato approvato definitivamente con votazione del 13 giugno 2019, entrando successivamente in vigore il 12 luglio 2019; l’Autorità Europea del lavoro, poi, ha iniziato ad operare concretamente a decorrere dal 31 luglio 2019.
3. La base giuridica del Regolamento UE 2019/1149
Inizialmente, la Commissione aveva individuato la base giuridica per la costituzione dell’Autorità in diversi articoli del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, ovverosia, nello specifico, negli articoli 46, 48, 53, paragrafo I, 62 e 91; tali disposizioni concernono diverse tematiche, tra cui la libera circolazione dei lavoratori, il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, lo svolgimento di attività da parte dei lavoratori autonomi, la libera prestazione di servizi ed i trasporti.
A seguito dell’approvazione definitiva del Regolamento, tuttavia, la base giuridica inizialmente individuata dalla Commissione nella relazione accompagnatoria della proposta ha subito, per così dire, una “semplificazione”, essendo infatti indicati nel testo attuale soltanto gli articoli 46 e 48 TFUE (si veda il Servizio giuridico del Consiglio, avis juridique, 26 settembre 2018, doc. 12004/18).
Ebbene, al fine perseguire il generale obiettivo dell’equa mobilità dei lavoratori, il Regolamento 2019/1149/UE, con l’istituzione dell’Autorità europea del lavoro, intende da un lato contribuire alla libera circolazione dei lavoratori ai sensi dell’articolo 46 TFUE; sul punto, come meglio si vedrà in seguito, pare fondamentale il ruolo dell’Autorità di gestione dell’ufficio di coordinamento dei servizi europei per l’impiego (EURES).
D’altra parte, l’Autorità intende agevolare anche la libera circolazione dei lavoratori autonomi e dei lavoratori migranti cittadini di stati terzi, nonché dei loro familiari, in conformità con quanto previsto dall’articolo 48 TFUE.
4. Le funzioni dell’Autorità Europea del lavoro
Le funzioni attribuite all’Autorità Europea del lavoro possono ricondursi a quattro ambiti di operatività: la mobilità transfrontaliera dei lavoratori, le ispezioni congiunte e concertate, la lotta al lavoro sommerso e la mediazione tra gli Stati membri.
Iniziando dalla prima funzione citata, si rileva che il perseguimento di un’equa mobilità dei lavoratori si realizza innanzitutto attraverso un maggiore scambio di informazioni sulla mobilità dei lavoratori; l’Autorità, infatti, si propone di migliorare la disponibilità, la qualità e l’accessibilità delle informazioni sui diritti e gli obblighi derivanti dalla normativa europea sulla mobilità, che devono essere fornite agli individui, ai datori di lavoro e alle organizzazioni delle parti sociali (art. 5 Reg. 2019/1149/UE) .
A tal fine, il programma di lavoro dell’Autorità per l’anno 2020 ha definito cosa debba fare in concreto l’Autorità stessa per raggiungere al meglio l’obiettivo prefissato.
In particolare, il programma predetto prevede l’istituzione di un gruppo di lavoro, comprensivo anche di esperti degli Stati membri e rappresentanti delle parti sociali, che analizzi tutte le fonti di informazione in materia di mobilità per i lavoratori e per i datori di lavoro sia a livello europeo sia a livello nazionale, individuando altresì le lacune di informazione e le eventuali incongruenze; il gruppo di lavoro, inoltre, deve consigliare l’Autorità su come supportare gli Stati membri nell’adempimento delle loro obbligazioni relative al miglioramento delle informazioni e dell’utilizzo dei siti web nazionali e discutere strategie nazionali ed europee per la divulgazione delle informazioni tra cittadini, lavoratori e datori di lavoro.
Oltre all’istituzione di un gruppo di lavoro, l’Autorità ha il compito di organizzare dei lavori preparatori per mappare le fonti di informazione e identificare le sfide e le esigenze di azione a livello europeo e nazionale; tale attività comprende lo sviluppo un’indagine delle parti interessate per individuare le fonti di informazione più utilizzate inerenti alla legislazione sulla mobilità dei lavoratori e l’avviamento di uno studio per valutare le possibili opzioni per migliorare l’accessibilità e la qualità dei siti web dell’Unione Europea in materia di mobilità, eventualmente accompagnato da ulteriori studi su piccola scala aventi ad oggetto i siti web nazionali.
All’esito delle discussioni nell’ambito del gruppo di lavoro, nonché delle indagini e degli studi effettuati, l’Autorità intraprende le azioni necessarie per implementare l’accessibilità alle informazioni nel sito web unico dell’Unione, eventualmente indicando anche dei collegamenti ai singoli siti web nazionali relativi alle regolamentazioni specifiche sul distacco e sulla mobilità dei lavoratori .
Per un continuo miglioramento del sistema informativo e per promuovere iniziative comuni sul tema della mobilità dei lavoratori, inoltre, l’Autorità si impegna ad organizzare periodicamente una serie di workshop rivolti a specifici gruppi di parti interessate.
Un ulteriore strumento finalizzato a perseguire l’equa mobilità dei lavoratori è il servizio europeo per l’impiego (EURES), le competenze di gestione del quale restano affidate alla Commissione, mentre l’Autorità avrà il compito di gestirne l’ufficio di coordinamento a decorrere da agosto 2021 (art. 6 Reg. 2019/1149/UE).
La rete europea EURES di servizi per l’occupazione, disciplinata dal Regolamento 2016/589/UE, è una rete di cooperazione volta a facilitare la libera circolazione dei lavoratori all’interno dei paesi dell’Unione Europea, oltre a Svizzera, Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Regno Unito.
La struttura della rete EURES è composta, da un lato, da circa mille consulenti che lavorano con persone in cerca di un’occupazione e con i datori di lavoro nei paesi partecipanti e, dall’altro lato, da un portale digitale che fornisce un servizio online relativo alle domande e alle offerte di posti di lavoro formulate dagli utenti registrati.
Le funzioni che svolgerà l’Autorità a partire dal 2021 in qualità di responsabile dell’ufficio di coordinamento EURES sono descritte dall’art. 8 del Regolamento 2016/589/UE e comprendono essenzialmente il compito di sviluppare un quadro coerente e di fornire attività di sostegno della rete EURES, di effettuare un’analisi della mobilità geografica e professionale che tenga conto delle diverse situazioni degli Stati membri e di sviluppare una struttura adeguata per la cooperazione e la corrispondenza delle offerte e delle domande di lavoro all’interno dell’Unione in tema di apprendistati e tirocini.
Da ultimo, sempre con riferimento al tema della mobilità dei lavoratori, l’Autorità Europea del lavoro può svolgere delle analisi e delle valutazioni dei rischi in cooperazione con gli Stati membri e, eventualmente, con le parti sociali, che possono riguardare, a titolo esemplificativo, gli squilibri del mercato del lavoro, le sfide che interessano il settore e i problemi ricorrenti (art. 10 Reg. UE 2019/1149).
Una volta eseguita l’attività di valutazione del rischio e/o di analisi, l’Autorità comunica le sue conclusioni alla Commissione e agli Stati membri interessati e indica le possibili misure per ovviare alle carenze individuate.
Il secondo ambito di operatività dell’Autorità Europea del lavoro riguarda il coordinamento ed il sostegno in materia di ispezioni concertate e congiunte (considerando n. 18 e 19 e artt. 8 e 9 Reg. UE 2019/1149).
Il Regolamento istitutivo dell’Autorità indica le caratteristiche che devono avere tali ispezioni rispetto alle quali l’Autorità ha essenzialmente un ruolo di sostegno concettuale, logistico e tecnico, specificando altresì che le ispezioni concertate e congiunte non dovrebbero sostituire né pregiudicare le competenze nazionali degli Stati membri.
Quanto all’iniziativa per lo svolgimento delle ispezioni, essa spetta esclusivamente agli Stati membri interessati ed è subordinata ad un loro accordo preliminare; inoltre, qualora i sindacati siano incaricati delle ispezioni a livello nazionale, le ispezioni concertate e congiunte dovrebbero essere effettuate solo con l’accordo e la cooperazione delle parti sociali pertinenti.
L’Autorità Europea del lavoro, pertanto, può tutt’al più suggerire l’effettuazione di un’ispezione concertata o congiunta, anche in base ai casi ad essa sottoposti dalle organizzazioni delle parti sociali nazionali, ma non ha un autonomo potere d’iniziativa.
Ad ogni modo, lo Stato membro interessato può anche decidere di non partecipare all’ispezione, che sarà dunque realizzata soltanto nell’ambito degli Stati partecipanti; in tale ipotesi, lo Stato membro interessato deve informare per iscritto l’Autorità e gli altri Stati partecipanti in merito ai motivi della sua decisione di non prendere parte all’attività ispettiva e, eventualmente, in merito alle misure che intende adottare per risolvere la questione, nonché ai risultati di tali misure una volta noti.
Sul piano operativo, le ispezioni concertate o congiunte devono essere svolte sulla base di un accordo stipulato dagli Stati partecipanti e dall’Autorità Europea, la quale predispone un modello di accordo che possa essere utilizzato a tal fine.
Come già anticipato, nel corso delle ispezioni l’Autorità può fornire attività di supporto ai funzionari ispettivi degli Stati membri in termini, ad esempio, di consulenza giuridica, ovvero di servizi di traduzione ed interpretazione; essa può inoltre assistere in qualità di osservatore alle ispezioni .
Entro sei mesi dal termine delle ispezioni, le autorità degli Stati membri partecipanti comunicano all’Autorità i risultati delle attività ispettive ad essi riferite, nonché i risultati generali dell’ispezione; peraltro, tutte le informazioni raccolte nel corso delle attività ispettive possono essere utilizzate come prove nei procedimenti giudiziari negli Stati membri interessati, in conformità con quanto previsto dal diritto nazionale.
Il già citato programma di lavoro dell’Autorità Europea per il 2020, prevede che quest’ultima organizzi un gruppo di lavoro sulle ispezioni composto da esperti nominati dal Consiglio di amministrazione, al fine di fornire pareri e sviluppare strumenti e procedure per lo svolgimento in concreto delle attività relative alle ispezioni.
Così, a titolo esemplificativo, il gruppo di lavoro ha il compito di elaborare il modello di accordo ai sensi dell’art. 9 del Regolamento 2019/1149/UE, nel quale venga anche stabilito il possibile ruolo dell’Autorità nel corso delle ispezioni; esso inoltre deve predisporre un manuale che fornisca una panoramica della legislazione sulle ispezioni vigente nei diversi Stati membri e dei modelli appropriati che possano essere utilizzati per riferire i risultati dell’ispezione all’Autorità.
L’Autorità Europea del lavoro, inoltre, si impegna ad organizzare delle attività di formazione e di apprendimento reciproco a cui possano partecipare i funzionari ispettivi degli Stati membri.
Come precisato dal considerando n. 46 del Regolamento istitutivo, la partecipazione dell’Autorità alle attività ispettive lascia impregiudicati le competenze, gli obblighi e le responsabilità degli Stati membri statuiti dalla Convenzione OIL sull’ispezione del lavoro nell’industria e nel commercio (Conv. OIL n. 81/1947).
Una funzione strettamente collegata all’attività ispettiva è quella relativa alla lotta al lavoro sommerso, attuata attraverso la piattaforma europea per il contrasto al lavoro non dichiarato , presieduta da un rappresentante dell’Autorità (art. 12 Reg. 2019/1149/UE); tale piattaforma, già istituita con Decisione 2016/344 del Parlamento Europeo e del Consiglio, sarà pertanto “attratta” nell’ambito dell’Autorità Europea del lavoro.
La piattaforma citata ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema del lavoro sommerso, ivi compreso il lavoro autonomo fittizio, e di incentivare la cooperazione tra gli Stati membri, agevolando lo scambio di informazioni e delle migliori prassi ed incoraggiando approcci innovativi ai fini di realizzare una cooperazione transfrontaliera più efficace .
Nell’ambito della piattaforma si distinguono i veri e propri componenti dagli osservatori, che possono assistere alle riunioni.
Tra i componenti figurano un rappresentante di alto livello nominato da ciascuno Stato membro, un rappresentante della Commissione ed un massimo di quattro rappresentanti delle organizzazioni intersettoriali a livello di Unione; diversamente, tra gli osservatori rientrano un massimo di quattordici rappresentanti delle organizzazioni delle parti sociali dei settori con un elevato tasso di lavoro non dichiarato, un rappresentante di Eurofound, un rappresentante dell’EU-OSHA e un rappresentante dell’OIL, un rappresentante di ciascun paese terzo aderente allo Spazio economico europeo.
L’ultima funzione attribuita all’Autorità Europea del lavoro dal Regolamento istitutivo è quella di svolgere un’attività di mediazione tra gli Stati membri, qualora questi non siano riusciti a risolvere una questione di applicazione del diritto dell’Unione in materia di mobilità o di sicurezza sociale ricorrendo a contatti diretti ed al dialogo (considerando n. 23 e art. 13 Reg. 2019/1149/UE).
L’oggetto della mediazione è costituito esclusivamente dalle controversie tra gli Stati membri; diversamente, gli individui e i datori di lavoro che incontrino difficoltà nell’esercizio dei loro diritti dovrebbero rivolgersi ai servizi nazionali e dell’Unione a ciò adibiti (quali, ad esempio, la rete SOLVIT); sono fatte salve, in ogni caso, le competenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Al pari delle ispezioni concertate e congiunte, anche la mediazione può essere attivata da una richiesta di uno o più Stati membri interessati e deve essere preceduta da un accordo dei medesimi Stati membri.
L’attività di mediazione di sviluppa in due fasi, di cui la prima si svolge tra gli Stati parti della controversia ed un mediatore e termina con un parere non vincolante adottato di comune accordo; l’Autorità Europea può partecipare in questa prima fase con funzioni consultive, insieme ad altri esperti degli Stati membri e della Commissione.
La seconda fase della procedura è meramente eventuale, in quanto viene avviata dall’Autorità solo nei casi in cui le parti non riescano a trovare un punto d’incontro, e si svolge dinanzi al Consiglio di mediazione dell’Autorità, sempre previo accordo degli Stati membri interessati; al termine di questa seconda fase, il Consiglio di mediazione, composto da esperti provenienti da Stati diversi da quelli parte della controversia, formula un parere non vincolante.
Ad ogni modo, la partecipazione degli Stati membri interessati ad entrambe le fasi della procedura è volontaria, potendo essi decidere di non prendere parte alla mediazione, previa comunicazione per iscritto agli altri Stati ed all’Autorità contenente i motivi della mancata partecipazione.
Le modalità concrete con cui si realizza la mediazione (come, ad esempio, le regole sulla nomina dei mediatori e sulle scadenze applicabili) sono determinate da un regolamento che è adottato dal Consiglio di amministrazione dell’Autorità.
La procedura di mediazione subisce una sospensione se, contestualmente, vengono avviati dei procedimenti giudiziari o, qualora la controversia coinvolga anche questioni di sicurezza sociale, se è richiesto dalla commissione amministrativa (di cui all’art. 74 Reg. 883/2004/CE), o da qualsiasi Stato membro parte della controversia; in questa seconda ipotesi, le questioni relative alla sicurezza sociale sono deferite alla predetta commissione, mentre la mediazione può proseguire con riferimento agli altri temi.
Secondo quanto previsto dal “nuovo” articolo 74-bis del Regolamento 883/2004/CE, introdotto appunto dal Regolamento istitutivo dell’Autorità europea del lavoro, l’Autorità e la commissione amministrativa stipulano un accordo di cooperazione al fine di evitare possibili duplicazioni nei casi di mediazione concernenti sia la materia della sicurezza sociale, sia quella del diritto del lavoro.
Gli Stati membri, entro tre mesi dall’adozione del parere non vincolante, devono comunicare all’Autorità i provvedimenti adottati per dare seguito al parere o, qualora non vi abbiano dato seguito, i motivi che li hanno spinti a non farlo .