testo integrale con note e bibliografia
Ancora una volta in un arco temporale di poco meno di un mese lo strumento della precettazione, che trova il suo fondamento normativo negli artt. 7 e 8 della l.146/1990, è tornato ad avere “vita nuova”. I prodromi di una possibile rivitalizzazione dello strumento si erano avuti peraltro durante la stagione estiva quando il Ministero dei Trasporti era tornato ad invocare l’istituto della precettazione in contrapposizione ad alcuni scioperi posti in un periodo difficile, quale quello estivo, e, dando seguito ad alcune dichiarazioni mediatiche, aveva fatto ricorso all’ordinanza di precettazione. Un copione che si è ripetuto in questi ultimi giorni con due interventi del Ministero dei Trasporti su altrettante proclamazioni di sciopero.
E’ d’obbligo allora riportare la riflessione, forse negli ultimi anni poco presente negli studi della dottrina, anche su questo strumento giuridico che rappresenta, comunque, una parte di un sistema complesso nel quale, al fine di raggiungere quel contemperamento del diritto costituzionale allo sciopero con gli altri diritti della persona costituzionalmente tutelati, si intrecciano attori, fonti di disciplina e procedure che operano su piani e livelli diversi. Un inquadramento che appare tanto più necessario qualora si intenda collocare nell’alveo della normativa anche le recenti ordinanze del novembre 2023.
L’intervento del potere pubblico all’interno del conflitto sindacale prima della l. 146/1990.
E’ noto come prima dell’entrata in vigore della 1. n. 146/90 l’intervento del potere pubblico all’interno del conflitto sindacale trovava la sua legittimazione in due disposizioni normative che attribuivano al prefetto il potere di adottare, nei casi di urgenza o grave necessità pubblica, i provvedimenti indispensabili per la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica . Tali provvedimenti, propri della più ampia categoria concettuale delle c.d. «ordinanze libere», erano accomunati, in primo luogo, dalla mancata predeterminazione ad opera della legge del loro contenuto - essendo questo rimesso alla scelta discrezionale dell’organo agente secondo quanto richiesto dalle circostanze; in secondo luogo, dalla mancata descrizione delle circostanze legittimanti, a loro volta, non previste da specifiche disposizioni di legge . E’ evidente, come l’utilizzazione di tali provvedimenti, in ipotesi di sciopero, sia stata aspramente criticata dalla dottrina, soprattutto, in considerazione dell’ampia discrezionalità riservata all’organo precettante. I dubbi di costituzionalità delle disposizioni di legge se applicate al contesto del conflitto sindacale sebbene portati all’attenzione della Corte Costituzionale non hanno trovato accoglimento venendo piuttosto “difesa” dalla Corte l’utilizzabilità sia dell’art. 2 t.u.p.s. del 1931, n. 773 sia dell’art. 20 r.d. 3 marzo 1934 n. 383 anche nell’ambito del conflitto e dello sciopero. Secondo la Corte, infatti, l’art. 20 del T.U. della legge comunale e provinciale “non ha alcun necessario riferimento al diritto di sciopero, l'esercizio del quale può semplicemente rappresentare talora (…) una delle svariatissime situazioni suscettibili di dare occasione all'adozione di un'ordinanza contingibile ed urgente nelle materie (…) indicate” : I limiti apposti all’esercizio del diritto di sciopero, pertanto, possono derivare dall’applicazione dell’art. 20 del T.U. comunale e provinciale del 1934 che, espressamente, indica fra i motivi legittimanti l’ordinanza la tutela della sanità e che, quindi, ha come fondamento l’art. 32 della Costituzione sia dall’applicazione dell’art. 2 del T.U. di P.S., laddove richiamando i motivi di sicurezza, fa riferimento ai diritti costituzionali all’integrità fisica ed alla incolumità delle persone.
La precettazione quale strumento autonomo inserito nella l. 146/1990.
Nel 1990, nel declinare la complessa disciplina relativa all'esercizio del diritto di sciopero nel settore dei servizi pubblici essenziali, il legislatore ha completamente rivisto la normativa esistente, formulando delle disposizioni “speciali” applicabili solo agli scioperi che si svolgono in questo settore. Fin dal contesto normativo inziale venivano, pertanto, definiti in maniera compiuta i presupposti che avrebbero potuto dare luogo all’avvio del procedimento nonché la procedura temporale e sostanziale per l’emanazione dell’ordinanza di precettazione nella quale il rispetto degli obblighi di consultazione e confronto fungevano già di per sé da vincolo per l’autorità precettante. Nella sua formulazione originaria, pertanto, l’art. 8 della l. 146/1990 prevedeva che il Governo potesse attivare il procedimento di precettazione solo in ipotesi di un fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente garantiti a causa del mancato funzionamento dei servizi di preminente interesse generale, conseguente alle modalità dell’astensione collettiva dal lavoro.
La precettazione, quindi, veniva fin da subito pensata come uno strumento attivabile in via eccezionale e residua nei casi in cui lo sciopero non fosse stato contenuto nell’alveo delle disposizioni di legge, rappresentando, pertanto, l’ultima rete di protezione dei diritti costituzionali della persona. Una finalità che veniva garantita attenuando la discrezionalità propria della precedente disciplina nonché richiedendo che il pregiudizio al quale i diritti della persona costituzionalmente tutelati sarebbero andati incontro, in assenza dell’intervento del Governo, avrebbe dovuto essere ‘grave e imminente’. Ai fini dell’attivazione dell’ordinanza, quindi, non solo la paventata compromissione del servizio non avrebbe potuto essere di lieve entità ma che il pericolo della compromissione, seppur potenziale, avrebbe dovuto essere prossimo al verificarsi. La possibilità per l’Autorità amministrativa di emanare l’ordinanza di precettazione, peraltro, veniva subordinata dalla legge non soltanto alla ricorrenza di un presupposto sostanziale ma anche all’esistenza di un presupposto formale consistente nell’espletamento di una particolare procedura. Un aspetto quest’ultimo che, oltre ad assolvere una funzione garantistica, rimarcava in modo netto la configurazione dell’ordinanza di precettazione in termini di estrema ratio. Secondo l’articolo 8, comma 1, della legge 146/1990, infatti, l’Autorità competente, rilevata l’esistenza del pregiudizio ai diritti della persona costituzionalmente tutelati doveva invitare le parti a desistere dai comportamenti determinanti la situazione di pericolo proponendo un tentativo di conciliazione da esaurirsi nel più breve tempo possibile. Qualora il tentativo di conciliazione avesse avuto esito negativo l’autorità precettante avrebbe dovuto invitare le parti ad attenersi alla proposta della Commissione, eventualmente formulata ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lettera a) della l. 146/1990. Solo il mancato rispetto all’invito ad attenersi alla proposta della Commissione, nella permanenza della situazione di pericolo, dava la possibilità all’Autorità, dopo ulteriori consultazioni, ad intervenire coattivamente per garantire un adeguato livello di funzionamento del servizio .
La precettazione nella sua configurazione attuale.
La nuova formulazione dell’art. 8 della l. 146/1990 ad opera della l. 83/2000 in relazione al presupposto sostanziale della precettazione non dispone nulla di diverso da quanto previsto originariamente: è sempre l’esistenza di un fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona “di cui all’articolo 1, comma 1” insito nella sospensione dei “sevizi pubblici di cui all’articolo 1” ciò che legittima l’esercizio del potere di precettazione. Se il richiamo all’art. 1 della legge – assente nella versione precedente - evita possibili sconfinamenti dell’istituto in campi nei quali l’essenzialità del servizio non vi sia, altre espressioni inserite nel nuovo testo vanno in una direzione contraria aumentando invece la discrezionalità dell’interlocutore. Risulta in grado di cagionare il pregiudizio, infatti, non solo e non più l’interruzione completa del servizio ma anche una semplice “alterazione” dello stesso collegata all’esercizio del diritto di sciopero ma anche a forme di astensione collettiva dal lavoro di lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori. Lo stesso utilizzo del verbo al condizionale - ‘potrebbe essere causato’ in luogo dell’avverbio ‘a causa’ - depone a favore di un allargamento dei margini di discrezionalità dell’Autorità precettante in ordine alla valutazione della potenzialità del danno. In ogni caso, il fatto che si continui a far riferimento all’esistenza di un “fondato pericolo” impone comunque all’Autorità precettante di motivare compiutamente la propria valutazione sulla probabilità e potenzialità del verificarsi del danno in un contesto in cui la legalità dell’ordinanza è soggetta comunque al controllo giurisdizionale. A questo segnale di allargamento se ne contrappongono altri che, se collocati nel contesto generale della riforma del 2000, sembrano spingere per una diversa direzione interpretativa in considerazione del ruolo, assolutamente innovativo, che la l. 83/2000 attribuisce alla Commissione di garanzia. La previsione di un coinvolgimento diretto della Commissione di garanzia chiamata a dare avvio alla procedura e la contestuale attribuzione all’organo di Governo, invece, di un potere di iniziativa autonomo “residuo” attivabile nei soli casi di necessità e urgenza ma pur sempre previa informativa alla Commissione, così come la previsione del potere della Commissione di garanzia di suggerire il contenuto dell’ordinanza, consente di ritenere che l’intervento di segnalazione di avvio della procedura ad opera della Commissione sia stato pensato come un filtro neutro sull’esercizio del potere di precettare . In quest’ottica, pertanto, l’indubbio allargamento delle maglie in relazione ai presupposti che legittimano l’avvio della procedura consente di essere rivalutato proprio e a partire dal coinvolgimento della Commissione nel potere di segnalazione dell’avvio della procedura. Al contempo, tuttavia, la mancata indicazione di ulteriori aggettivi nell’individuazione dei presupposti della necessità e della urgenza che portano a ravvisare le ragioni del provvedimento rendono necessario stabilire quale sia la necessità e l’urgenza presupposta all’azione della Commissione e quale quella, invece, presupposta all’azione dell’Autorità governativa. Nella misura in cui i requisiti di necessità e urgenza non connotano solo una delle due ipotesi di intervento ma contraddistinguono tutto il procedimento di precettazione occorre differenziarli. In assenza di tale differenziazione, infatti, il ruolo della Commissione e dell’Autorità di governo sarebbero del tutto interscambiabili con evidente contrasto del procedimento rispetto al dettato normativo e con conseguente illegittimità della procedura. Se la legge, infatti, attribuisce poteri diversi a questi due soggetti all’interno di uno stesso procedimento quale quello di precettazione appunto, ciò significa che i presupposti su cui si fonda il potere di uno debbano essere diversi da quelli dell’altro sebbene entrambi trovino collocazione nell’unico insieme fattuale della necessità ed urgenza. Una possibile e ragionevole interpretazione sembra quella che porta a ritenere che il presupposto per l’intervento autonomo dei rappresentanti del Governo trovi evidenza in situazioni di necessità e urgenza più cogenti rispetto a quelle che di per sé legittimano l’avvio della procedura a seguito della segnalazione della Commissione. Nella prassi, tuttavia, non sembra che la ripartizione di ruoli delineata dal legislatore sia rispettata, dando ragione a chi, già prima dell’approvazione della novella, paventava una sovrapposizione di piani e competenze che avrebbe potuto porre in discussione “la separazione tra valutazioni della Commissione e responsabilità politica dell’autorità precettante”. Il contenuto delle ordinanze di precettazione mostra, infatti, non pochi casi nei quali i rapporti fra le due autorità appare invertito nel senso che l’autorità precettante si muove iure proprio al di fuori della ricorrenza dei presupposti per l’esercizio dei poteri ad essa attribuiti ovvero, addirittura, in contrasto con la Commissione quando anche a fronte di una delibera di liceità della proclamazione da parte della Commissione di garanzia la precettazione avviene ugualmente sul solo impulso dell’autorità politica. Se è vero che l’autorità precettante non debba essere assolutamente vincolata al rispetto delle segnalazioni della Commissione pena la perdita della posizione di terzietà della Commissione stessa è pur vero che per discostarsi dalle considerazioni tecniche della Commissione occorrerà avere una motivazione forte . Sempre la Commissione poi viene individuata come il soggetto dotato anche di specifici poteri propositivi in merito al contenuto dell’ordinanza. Nella delibera con la quale la Commissione segnala la ricorrenza dei presupposti di legge che legittimano il ricorso alla procedura di precettazione, infatti, può anche indicare le misure ritenute adeguate al fine di evitare la concretizzazione del pericolo del pregiudizio grave ai diritti degli utenti. Tale disposto normativo si raccorda con il contenuto dell’art. 13, comma 1, lettera f) della legge nel quale, infatti, si dispone che la Commissione può formulare all’Autorità competente anche proposte in ordine alle misure da adottare con l’ordinanza di cui all’art. 8 . Tale proposta sul contenuto finale dell’ordinanza può anche essere formulata in un momento successivo alla segnalazione e, quindi, a procedimento iniziato, come necessariamente accadrà quando l’autorità precettante riterrà opportuno avviare di sua iniziativa il procedimento, prescindendo dalla segnalazione della Commissione. Anche in questo caso, la proposta, ove formulata, non è, e non potrebbe essere diversamente, ritenuta vincolante per l’Autorità precettante che, secondo il disposto dell’articolo 8, comma 2, della l. 146/1990 è tenuta solo a tenerne conto: ben potrà, quindi, discostarsene seppur fornendone le motivazioni.
Se è vero che ulteriori dettagli relativamente ai poteri di questi due soggetti avrebbero potuto apparire eccessivi alcuni interventi chiarificatori sarebbero stati auspicabili. Lasciare nel vuoto normativo l’ipotesi che la Commissione, informata dell’iniziativa dell’autorità governativa, possa ritenere non giustificata e necessaria l’attivazione del procedimento significa, infatti, consentire che il rapporto fra questi due soggetti sia governato nella delicata fase inziale solo da un assetto di equilibrio fra politica e autorità di garanzia; nella fase finale, invece, dal controllo dell’autorità giudiziaria che avvenendo a valle del conflitto e, quindi, lontano nel tempo appare privo di efficacia immediata.
I rapporti fra Autorità di Garanzia e Autorità di Governo.
Il punto dei rapporti fra Autorità di Garanzia e Autorità di governo assume, come dimostrato anche dagli ultimi interventi, un’importanza preponderante in quanto proprio da questo scaturisce la salvaguardia delle due diverse funzioni delle due Autorità, politica una e tecnica l’altra. Nel sistema della legge 146/90 e della riforma, infatti, Garanti e Autorità governative si muovono su piani sostanzialmente diversi: alla Commissione spetta la garanzia del rispetto delle regole poste dalle parti negli accordi e nei codici di autoregolamentazione, quindi la gestione ordinaria del conflitto; all’autorità precettante l’intervento autoritativo residuale, limitato, cioè, ai casi in cui dallo sciopero non scaturisce solo una situazione di disagio per gli utenti, provocata da un comportamento illegittimo degli scioperanti, ma dal pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona che ben potrebbe aversi anche nel caso in cui lo sciopero fosse legittimo. Appare, pertanto, ultimato il processo di separazione tra regole ‘fisiologiche’ e regole ‘d’emergenza’ del conflitto con l’attribuzione a queste ultime di un campo di intervento più limitato che dovrebbe rafforzare ancora maggiormente il ruolo svolto dalla precettazione di strumento d’intervento del tutto eccezionale.
La prassi del Ministero dei Trasporti
Dopo molto tempo durante il quale l’utilizzo del potere di precettazione era stato estremamente contenuto e limitato ai casi di particolare gravità sotto il profilo della urgenza e della necessità in questo ultimo scorcio di tempo lo strumento della precettazione sembra conoscere un nuovo e pressante utilizzo in particolare nel settore dei trasporti. D’altra parte è proprio nel settore dei trasporti che la frammentazione sindacale e i tavoli per il rinnovo dei contratti sono visibilità dello sciopero è particolarmente alta e le conseguenze dello stesso particolarmente impattanti. Una considerazione questa che non può essere addotta a motivo di interventi repressivi ma che potrebbe essere sentita dalle organizzazioni che operano in quel settore in termini di responsabilità nel succedersi degli atti di proclamazione.
Una responsabilità difficile da considerare se scissa dal contesto del settore. Anche dopo la fine dell’emergenza pandemica, infatti, le crisi internazionali che hanno contraddistinto questi ultimi tempi hanno senza dubbio condizionato l’andamento del conflitto. Una responsabilità, tuttavia, che non può nemmeno prescindere dal fatto che le conseguenze delle proclamazioni non si esauriscono all’interno di un luogo aziendale – come se fossero proclamate in un settore extra lege 146/1990 – ma determinano effetti su persone terze ossia su soggetti parimenti toccati dalle conseguenze sfavorevoli della congiuntura economica in atto. La notazione a carattere sociologico non può essere sottaciuta anche da chi voglia mantenere un approccio giuridico al tema. Non vi è dubbio, infatti, che gli scioperi proclamati risentano delle caratteristiche del settore e dei suoi interlocutori; non può essere sottaciuto, quindi, che gli scioperi proclamati nel settore dei trasporti abbiano un’incidenza altissima sul diritto alla mobilità sia in ragione della notevolissima quantità di persone che ne fruiscono sia in ragione delle caratteristiche del settore che, come rilevato, appare fortemente interconnesso con conseguenze diverse sull’utenza in ragione delle modalità di svolgimento dello sciopero – ad esempio concentrazione o meno delle azioni di sciopero . Non vi è dubbio alcuno, tuttavia, che l’emanazione di un’ordinanza di precettazione non possa far propria la difficile situazione delle persone coinvolte dagli effetti di una azione di sciopero facendo assurgere proprio questa osservazione ad argomento principale della motivazione che sorregge il potere dell’Autorità di governo che emani l’ordinanza. La legge è chiarissima, infatti, nel sottolineare che il presupposto dell’ordinanza di precettazione si deve riscontrare in una situazione fattuale presupposta di necessità e di urgenza della cui contezza deve essere dato ampio spazio nella motivazione dell’ordinanza stessa. Tali estremi motivazionali non paiono, invece, rinvenibili nell’ordinanza del Ministro dei Trasporti n. 196 T del 14 novembre 2023 emanata in relazione allo sciopero nazionale proclamato dalla CGIL e dalla UIL in riferimento a tutti i settori pubblici e privati. Il richiamo dell’ordinanza “al grado di interconnessione tra le varie tipologie di traffico su strada -ferrata”; al “trend positivo del turismo, che torna ad essere un settore trainante per la nostra economia che” vede “una forte intensificazione dei flussi turistici (…) prevalentemente nei weekend, in aggiunta alla persistenza degli spostamenti dei lavoratori pendolari”; alla ricaduta degli effetti dello sciopero “anche sul traffico veicolare con ripercussioni sulla sicurezza stradale e sulle emissioni ambientali” anche “tenuto conto della sua fissazione nell’ultimo giorno lavorativo della settimana, connotata da maggiori flussi di traffico” a ben vedere non consente di ritenere soddisfatti i requisiti della necessità ed urgenza ma rappresenta solo la realtà del contesto socio territoriale nel quale quello sciopero ovvero gli scioperi di quel settore si inseriscono. Il che porta ulteriormente ad escludere che la procedura potesse essere iniziata dall’Autorità precettante in autonomia. Come sopra evidenziato, infatti, i casi di intervento autonomo dell’autorità precettante richiedono un maggior rigore proprio ed anche nella valutazione dei presupposti fattuali non potendo trovare legittimazione in una generica necessità ed urgenza ma in una necessità ed urgenza qualificata. Una situazione quest’ultima che appare ancor più evidente nella successiva ordinanza del Ministro dei Trasporti n. 197 T del 24 novembre 2023 relativa ad uno sciopero dei trasporti indetto per il 27 novembre 2023. In questo caso, infatti, e sempre con riferimento al settore dei trasporti mentre la necessità ed urgenza trova una seppur labile concretezza nel richiamo nel testo dell’ordinanza alla garanzia della mobilità per quelle persone che si trovano nei territori colpiti dai recenti “fenomeni atmosferici” l’assenza di un qualsivoglia interessamento all’operato della Commissione di Garanzia e alle sue valutazioni – in questo caso non ve ne erano appunto - desta preoccupazione e lascia intuire come la politica anche in questo delicato settore proceda senza la giusta condivisione e ponderazione dei contenuti dei suoi atti amminstrativi.
Alcune osservazioni conclusive.
L’analisi dei vari settori nei quali la legge interviene consente di svolgere alcune considerazioni conclusive. In primo luogo, i dati raccolti dalla Commissione di Garanzia in relazione agli scioperi proclamati nei vari settori di applicazione della l. 146/1990 consente di osservare come la loro numerosità sia collegata a molte delle circostanze che ciclicamente si affacciano nel sistema delle relazioni sindacali. Un fattore di assoluto rilievo è rappresentato dal corretto iter temporale nel rinnovo dei contratti collettivi scaduti. Proprio il settore del Trasporto pubblico locale, infatti, la scadenza del contratto collettivo che ha visto le parti sociali impegnate in un serrato confronto sino a maggio 2022 può a ben ragione essere considerato di per sé un fattore destinato ad ampliare le situazioni di conflittualità che trovano voce e raccordo proprio nella proclamazione dello sciopero. Apprezzabili, pertanto, gli sforzi già messi in atto dalle stesse parti sociali in altri settori dei trasporti come quello ferroviario dove è stato siglato un Protocollo delle Relazioni industriali in cui le parti hanno stabilito che la “Rsu/Coordinamento Rsu può proclamare un’azione di sciopero, nel rispetto delle norme di attuazione della 146/90 e successive modificazioni, purché essa sia dichiarata congiuntamente ad una o più delle Organizzazioni Sindacali stipulanti il CCNL della Mobilità/Area contrattuale Attività Ferroviarie e/o il Contratto Aziendale di Trenord e la decisione sia assunta dalla maggioranza semplice del 50%+1 dei componenti la Rsu”.
Se quindi si potesse migliorare il contesto delle relazioni da questo miglioramento vi sarebbero effetti positivi in termini di diminuzione delle proclamazioni di sciopero ect. Scenario questo che nel contesto attuale pare difficile da raggiungere in tempi brevi. Si tratta allora di capire quali rimedi possa avere il sindacato i cui lavoratori siano stati raggiunti da una ordinanza di precettazione di dubbia legittimità. Il primo punto riguarda la possibile impugnazione dell’ordinanza di precettazione. Si tratta di una possibilità espressamente prevista dalla legge che all’art. 10 afferma che “i soggetti che promuovono lo sciopero (…) possono promuovere ricorso contro l'ordinanza prevista dall'articolo 8, comma 2, nel termine di sette giorni dalla sua comunicazione o, rispettivamente, dal giorno successivo a quello della sua affissione nei luoghi di lavoro, avanti al tribunale amministrativo regionale competente”. La proposizione dell’impugnazione che sarà volta a far dichiarare la nullità / annullabilità del provvedimento non determina, tuttavia, la sospensione dell’efficacia dell’ordinanza, sospensione che eventualmente potrà essere disposta dal Tribunale amministrativo nella prima udienza utile previa audizione dei soggetti interessati nel caso in cui sussistano “fondati motivi”. Fondati motivi che possono essere sicuramente ravvisati in tutti quei casi in cui sia stato pretermesso in tutto o in parte il procedimento che porta alla precettazione. L’accoglimento di un eventuale ricorso se ha il vantaggio indubbio di vanificare gli effetti dell’ordinanza e quindi di “liberare” eventuali lavoratori che non abbiano aderito al precetto non è certamente in grado di ripristinare la situazione ex ante. Proprio la valorizzazione di questa ultima considerazione consente di ritenere che la richiesta di dichiarazione di illegittimità del provvedimento possa essere accompagnata da una richiesta di risarcimento del danno che diventerebbe nei fatti una sorta di appendice dell’azione di annullamento. A prescindere dai necessari approfondimenti che il tema richiede e che non possono trovare spazio in questo contributo, si può constatare come sia assolutamente dominante in giurisprudenza la tesi che ammette la possibilità di un risarcimento per il singolo che sia stato danneggiato da un provvedimento illegittimo della p.a. di chiedere di essere risarcito nel dando sulla base della illegittimità di carattere sostanziale dell’atto quale indice presuntivo della colpa . Che questa sia una direzione percorribile lo si trae dalla lettura di una importante sentenza del tribunale nella quale si affronta il tema della legittimità di una misura di precettazione con la quale si erano obbligati dei funzionari parlamentari europei a prestare la loro attività a fronte di una loro dichiarazione di sciopero. Per il Tribunale il fatto che i ricorrenti fossero stati precettati per l’intera giornata in assenza di una qualsivoglia base giuridica che autorizzasse il Parlamento a disporre siffatte misure e, di conseguenza che il fatto che costoro non abbiano potuto, di conseguenza, esercitare il loro diritto di sciopero durante il periodo delle precettazioni ha determinato “un danno morale direttamente collegato all'illegittimità di cui è viziata la decisione del 2 luglio 2018”. Secondo i giudici “in tali circostanze, sarà compiuta un'equa valutazione del danno condannando il Parlamento a versare a ciascuna delle ricorrenti precettate mediante la decisione del 2 luglio 2018, ossia le sig.re Ba. Ca.-Ga., Cl. de Se., Ma. Co. Di. Ol., Ma. Pr., Ir. Se. e Be. Ti., la somma di EUR 500”.