testo integrale con note e bibliografia
La Proposta di Direttiva sul lavoro su piattaforme
La Proposta di Regolamento su Intelligenza Artificiale
Premessa
Da alcuni anni il tema della tutela dei lavoratori soggetti all´algorithmic management è oggetto di una complessa attività di elaborazione da parte delle competenti istituzioni europee. Attività che recentemente ha segnato due importanti passaggi: il 9 dicembre è stato raggiunto un accordo politico fra Consiglio e Parlamento Europeo su un testo legislativo finalizzato a disciplinare l´uso dell´intelligenza artificiale; il successivo 13 dicembre, sempre fra Consiglio e Parlamento Europeo è stato raggiunto un accordo preventivo sulla proposta di direttiva finalizzata al miglioramento delle condizioni di lavoro dei lavoratori addetti alle piattaforme digitali. Nonostante l’assenza, in entrambi i casi, di un testo definitivo, che sarà disponibile, all´esito della complessa procedura di approvazione, solo fra alcuni mesi, appare di grande interesse procedere a una prima analisi dei principi generali, sui quali sono stati raggiunti gli accordi sopra ricordati, al fine di delineare i tratti salienti del sistema di tutele che il legislatore europeo si appresta a realizzare.
Il contesto socio – economico. Information Technology (IT) e mondo del lavoro
Come è noto, da alcuni anni il mondo del lavoro è in profonda evoluzione, in particolare sotto il profilo organizzativo e gestionale, grazie alla tecnologia digitale.
Tale tecnologia da alcuni anni ma, ancora più velocemente negli ultimi mesi a causa dello sviluppo impetuoso dell´intelligenza artificiale, sta determinando imponenti e radicali trasformazioni nel mondo del lavoro arrivando a mettere in crisi i tradizionali istituti del diritto del lavoro quali, in particolare, quello della subordinazione.
Va incidentalmente precisato che i suddetti cambiamenti non riguardano solo il mondo del lavoro, attesa la capacità delle tecnologie digitali di incidere in modo profondo su tutta la struttura sociale. Basta guardare l'impatto sulla vita quotidiana determinato dai c.d. social media ovvero l'incidenza profonda sulle nostre abitudini degli strumenti informatici più diffusi come gli smartphone.
Ma in che modo le tecnologie digitali incidono sull'assetto produttivo e sull'organizzazione del lavoro?
Come è noto, il modello industriale tradizionale è basato su aziende grandi e integrate in senso verticale, che utilizzano una forza lavoro tendenzialmente stabile.
Organizzazione verticale significa che l'azienda trasforma un semilavorato in un prodotto finito e lo distribuisce agli acquirenti. Quindi tutte le principali fasi della lavorazione sono eseguite all'interno dell'azienda e l'economia di scala è determinata dal coordinamento e dall'organizzazione dell'attività produttiva. In questo contesto è evidente che una forza lavoro stabile e preparata, e cioè specializzata rispetto alla produzione aziendale, costituisce un vantaggio economico per l'azienda che ne aumenta la competitività.
La cosiddetta Information Technology, che opera – vale la pena di ricordarlo – in un mondo prevalentemente globalizzato, sta modificando profondamente questo modello organizzativo in quanto favorisce un´organizzazione orizzontale della produzione che utilizza una molteplicità di operatori sparsi in tutto il mondo.
L´impresa diventa leggera in quanto si concentra sul nucleo della propria produzione specialistica affidando a soggetti terzi la produzione di tutto ciò che è estraneo e complementare. Fenomeno reso possibile dal fatto che la tecnologia digitale rende estremamente facile offrire sul mercato ad altre imprese o, sempre più frequentemente, a singoli lavoratori, il compito di fornire, dietro corrispettivo, una prestazione singola e tendenzialmente semplice.
Ne risulta un accrescimento di relazioni temporanee con altre aziende o con singoli individui, temporaneità che è imposta dall'evoluzione del mercato globale e dalla necessità di rimanere competitivi nell´ambito di esso.
Ne deriva che il fenomeno del c.d. outsourcing, inteso come affidamento a soggetti terzi di compiti che in precedenza venivano svolti in ambito aziendale, trova una sempre maggiore diffusione.
Lo sviluppo della c.d. GIG economy
Questa premessa serve a introdurre il tema della cosiddetta GIG economy e, in particolare, il problema della tutela del lavoro gestito da piattaforme informatiche (come quello dei riders) che è al centro del crescente dibattito che attualmente si svolge in Italia e in Europa.
Dibattito crescente non solo per le problematiche giuridiche che esso involve ma perché coinvolge fette sempre più rilevanti di popolazione lavorativa ed acquisisce un ruolo sempre più importante nella quantificazione del prodotto interno lordo dei singoli Paesi.
Secondo la definizione del Cambridge Dictionary la GIG economy individua una struttura di lavoro nella quale singoli individui svolgono in via assolutamente temporanea singoli lavori o pezzi di lavoro e vengono retribuiti separatamente per ogni prestazione effettuata. Non a caso il termine originale GIG era usato negli Stati Uniti per individuare l'incarico per una serata conferito a un suonatore di jazz per suonare in un club. Di fatto attualmente la GIG economy raccoglie nel suo ambito e nella sua definizione gli esempi più importanti di lavoro basato e gestito da piattaforme informatiche.
Il perno su cui ruota la GIG economy è, quindi, la piattaforma informatica caratterizzata dal fatto che essa si avvale, per la sua operatività, di un software che può essere gestito direttamente dal committente, ed è quello che accade più frequentemente almeno in Italia, ovvero che può risolversi semplicemente in un sistema di intermediazione che mette in contatto un numero più o meno indefinito di committenti con un numero più o meno indefinito di prestatori di lavoro.
Il lavoro gestito da una piattaforma informatica può assumere le forme più varie che giustificano in alcuni casi il riconoscimento degli estremi della subordinazione, in altri casi di quelli del lavoro autonomo ed in altri ancora, che sono statisticamente i più frequenti, non sono chiaramente riconducibili ad alcuna delle suddette categorie, quanto meno secondo la nozione tradizionale di esse, atteso che, per le loro caratteristiche essenziali, si collocano in una area intermedia.
Il fenomeno dei riders, che ricade certamente nell´ambito della GIG economy e che ha impegnato in modo particolarmente profondo la dottrina e la giurisprudenza sia in Italia che all´estero, costituisce la dimostrazione più evidente di quanto sopra affermato.
I riders o, secondo l´espressione usata da alcuni, ciclofattorini, sono lavoratori che, dotati di un proprio mezzo di locomozione e di uno smartphone, provvedono alla consegna di merci al singolo consumatore su incarico di uno o più committenti sulla base di un coordinamento fornito da una piattaforma informatica.
La caratteristica principale del lavoro dei riders consiste nel fatto che viene offerta al lavoratore un certo grado di autonomia nello scegliere quando lavorare e per chi lavorare e, quindi, decidere autonomamente il proprio tempo di lavoro. Secondo i promotori di questa tipologia di lavoro la GIG economy consente al lavoratore di essere il boss di se stesso.
In realtà la GIG economy può determinare, e molto spesso determina, per i prestatori di lavoro, svantaggi molto rilevanti quali: minore guadagno e comunque non prevedibilità del suo ammontare; disparità di trattamento; isolamento rispetto agli altri lavoratori; minore potere contrattuale.
Altri problemi di grande rilievo sono dati dalla mancanza di privacy atteso che, di fatto, il controllo sull'attività dei lavoratori, consentito dalle nuove tecnologie, può essere estremamente pervasivo. Si pensi alla geolocalizzazione consentita dallo smartphone. Essa rende possibile, nel caso del rider, di monitorare costantemente e in tempo reale, fra l´altro, il numero di consegne effettuato, la velocità di spostamento e il percorso effettuato.
Il monitoraggio consentito dalla tecnologia pone a rischio non soltanto la privacy ma può giocare un ruolo importante nella gestione del rapporto.
Inizialmente soprattutto la letteratura americana, ma successivamente anche la dottrina europea, hanno messo in evidenza i pericoli derivanti dal cosiddetto management by algorithm e cioè la gestione del rapporto basato sull´algoritmo. Gestione che può essere fonte di discriminazione e che quindi può entrare in conflitto con diritti fondamentali del lavoratore sotto vari profili. In particolare, come è stato confermato anche dalle verifiche operate in sede processuale dai vari giudici, anche italiani, che si sono occupati della materia, l'accesso del prestatore di lavoro al complesso delle offerte del committente, e quindi alle proposte di consegna offerte al rider può essere basata su un modello, gestito interamente da algoritmi, che penalizza il lavoratore i cui comportamenti non corrispondono esattamente ai parametri utilizzati dall´algoritmo che gestisce la piattaforma; di fatto al prestatore di lavoro viene assegnato un punteggio (il cosiddetto parametro di eccellenza o ranking) che non è altro che il risultato del profilo che viene realizzato dall'algoritmo nel monitorare l'attività del rider.
In alcuni casi, inoltre, la cessazione del rapporto di lavoro è stata operata semplicemente mediante una semplice disconnessione. Ricordo l'attenta analisi operata da un giudice di Palermo che, all'esito dell'istruttoria effettuata, ha ritenuto questo tipo di disconnessione come una sorta di licenziamento orale e, quindi, nullo.
Cresce, a livello mondiale, anche a causa della crescente rilevanza del fenomeno del lavoro su piattaforma anche dal punto di vista economico e sociale, la consapevolezza della necessità di intervenire per trovare una regolazione adeguata a questa nuova forma di lavoro, regolazione che tuttavia tenga conto delle caratteristiche specifiche di esso.
Ed infatti, mentre la struttura tradizionale delle tutele nel mondo del lavoro è sempre stata concentrata principalmente sul lavoro subordinato, appare ora necessario creare un nuovo quadro di tutele che sia adeguato alle caratteristiche dei rapporti lavorativi nascenti dalle tecnologie digitali e che tenga specificamente conto delle particolari caratteristiche di tali sistemi.
Lavoro su piattaforme digitali e Unione Europea
La suddetta consapevolezza è maturata, in particolare, nell´Unione Europea, in concomitanza con la crescente importanza del fenomeno del lavoro gestito da piattaforme digitali.
In un contesto nel quale la pandemia da Covid 19 ha evidenziato, da un lato, l´importanza della tipologia di servizi forniti dalle piattaforme, e, dall´altro, una situazione di grande vulnerabilità dei lavoratori addetti, è stata sempre più avvertita l´esigenza di eliminare le carenze più significative in tema di diritti sociali e di diritti collegati alla prestazione di lavoro.
In questa ottica, alla fine di febbraio 2021, la Commissione dell´Unione Europea ha promosso, fra gli Stati membri, una consultazione generale sul tema del miglioramento delle condizioni di lavoro per coloro che svolgono la loro attività per il tramite delle piattaforme digitali. La Commissione ha pertanto invitato i rappresentanti delle parti sociali a fornire indicazioni sull´impostazione e sui contenuti di una futura legislazione a livello europeo.
L´ottica da cui si è mossa la Commissione è quella di sviluppare al massimo le potenzialità di accrescimento delle occasioni di lavoro derivanti dall´utilizzazione delle tecnologie digitali garantendo, al contempo, dignità, rispetto e protezione per i prestatori di lavoro.
Nel dicembre 2021, all´esito della suddetta consultazione, la Commissione europea ha proposto un pacchetto di misure finalizzate a migliorare le condizioni di lavoro dei lavoratori su piattaforma digitale e a garantire la crescita sostenibile del lavoro digitale nell'ambito dell'Unione Europea.
Il suddetto pacchetto di misure prevede, in particolare, una proposta di direttiva avente ad oggetto il miglioramento delle condizioni di lavoro su piattaforma.
Per completezza espositiva deve essere sottolineato che l´iniziativa della Commissione europea del 2021 nasce in un contesto nel quale esistevano già norme europee applicabili anche per la tutela dei lavoratori su piattaforma e quindi soggetti alla gestione del rapporto tramite algoritmo.
Mi riferisco in primo luogo al Regolamento europeo n. 2016/679 del 27 aprile 2016 sul trattamento dei dati personali2.
Mi riferisco altresì alla Direttiva 2019/1152 del 20 giugno 2019 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea. Direttiva ispirata dalla consapevolezza della crescente flessibilizzazione del mercato del lavoro e dell`imponente aumento delle forme di lavoro non tradizionali.
La proposta di direttiva del dicembre 2021 si occupa in primo luogo del problema di attribuire la corretta qualifica di lavoratore autonomo o subordinato al lavoratore su piattaforma in relazione alle concrete situazioni di lavoro applicate nei suoi confronti.
Ciò significa che, qualora le condizioni di lavoro effettivamente sussistenti ed accertate integrino la fattispecie della subordinazione, il lavoratore ha diritto di godere dei diritti e delle garanzie proprie dello status di lavoratore subordinato. Status che comporta in particolare: il diritto a una retribuzione minima; a un orario di lavoro predeterminato; allo svolgimento di attività sindacale; alle ferie retribuite; alla protezione nel caso di infortunio sul lavoro o malattia; alla tutela nel caso di disoccupazione o di invalidità permanente; alla pensione di vecchiaia.
Il contenuto più rilevante della proposta è tuttavia costituito dalla previsione di una serie di norme, applicabili a tutti i lavoratori su piattaforma, e quindi anche a quelli che, per le effettive caratteristiche del rapporto, non rientrano nel paradigma della subordinazione, finalizzate a predisporre, anche a favore di questi ultimi, una soglia di tutele minime considerate irrinunciabili.
La rilevanza di quest´ultima parte della proposta è data principalmente dall´ampiezza della platea di lavoratori ai quali essa si applica, buona parte dei quali non sono lavoratori subordinati. Ed infatti, secondo le stime della Commissione, al momento in cui è stata varata la proposta (anno 2021) i lavoratori impegnati con piattaforme informatiche ammontavano a circa 28 milioni (destinati a diventare 45 milioni nell´anno 2025) e di questi (solo) 5,5 milioni meritavano, in relazione alle caratteristiche effettive del loro rapporto con la piattaforma, di essere inquadrati come lavoratori subordinati. Quindi le tutele previste dalla proposta si riferiscono in particolare agli oltre 22 milioni di lavoratori non classificabili come subordinati.
La proposta della Commissione è stata oggetto di un lungo negoziato con il Consiglio europeo conclusosi nel giugno 2023 con un accordo denominato “Council´s general approach” contenente una nuova versione della proposta. Su tale testo è iniziato un negoziato con il Parlamento Europeo che si è concluso con l´accordo preliminare del dicembre 2023 sui contenuti della proposta.
Poiché, tuttavia, neanche dopo il suddetto accordo il complesso procedimento di approvazione può dirsi concluso, atteso che manca un testo ufficiale definitivo, è allo stato possibile solo una ricognizione dei principi e delle linee generali della futura Direttiva europea.
Contenuti principali della futura Direttiva
In base alla documentazione disponibile può affermarsi che la filosofia generale della proposta come riformulata nel giugno 2023 (General approach) è stata sostanzialmente rispettata ed il negoziato per la definitiva approvazione della Direttiva ha così compiuto un importante passo in avanti.
Come è stato sottolineato nel documento di accompagnamento allegato al citato General approach, la disciplina prevista nella bozza di Direttiva rappresenta la prima proposta di normazione, a livello europeo, relativo all´uso dell´intelligenza artificiale in materia di lavoro e, in quanto tale, può rappresentare un modello per una disciplina futura destinata ad una applicazione più ampia.
Come prima accennato, il primo punto riguarda il problema di attribuire la corretta qualifica di lavoratore autonomo o subordinato al lavoratore su piattaforma in relazione alle concrete situazioni di lavoro applicate nei suoi confronti.
La soluzione proposta è basata sulla introduzione di una presunzione legale di esistenza di un rapporto di lavoro subordinato che scatta allorché, all`esito di una verifica in concreto delle effettive modalità di svolgimento del rapporto lavorativo (e quindi a prescindere dalla qualificazione del rapporto formalmente attribuita), siano soddisfatti almeno due dei cinque criteri di seguito elencati:
la piattaforma digitale determina i limiti massimi della retribuzione che il prestatore di lavoro può ricevere;
la piattaforma digitale controlla la prestazione del lavoratore utilizzando anche mezzi digitali;
la piattaforma esercita il controllo sulla distribuzione o allocazione dei singoli compiti (tasks) assegnati al prestatore di lavoro;
la piattaforma esercita il controllo sulle condizioni di lavoro e limita la libertà del prestatore nella scelta dell´orario di lavoro;
la piattaforma limita la libertà del prestatore di organizzare il proprio lavoro e impone il rispetto di regole concernenti il modo di presentarsi all´utente (appearance) e il comportamento da tenere nei suoi confronti (conduct).
L´accordo raggiunto prevede che gli Stati membri possano aggiungere, in sede di disciplina nazionale, ulteriori criteri rispetto alla lista suddetta.
Alla piattaforma digitale è consentito contestare la suddetta presunzione legale, fermo restando che grava su di essa l´onere della prova di dimostrare l´insussistenza della subordinazione in base alla giurisprudenza del Paese membro e della Corte di Giustizia.
Il suddetto meccanismo è finalizzato, come esplicitamente affermato nell´introduzione al testo della proposta approvato dal Consiglio nel giugno 2023, a rendere più semplice la corretta qualificazione del rapporto. Ciò riduce i costi di contestazione giurisdizionale e quindi facilita la pianificazione dell´attività. Infatti, se non ricorrono almeno due dei suddetti criteri, il lavoratore può essere classificato come autonomo.
Come in precedenza evidenziato, un contenuto di grande rilievo della Direttiva sarà costituito dalle misure poste a tutela di tutti i prestatori di lavoro su piattaforma e, quindi, anche su quelli che non rientrano nel paradigma della subordinazione.
Il presupposto su cui si basa la definizione di tali misure è costituito dal rilievo che le piattaforme digitali utilizzano regolarmente l´algoritmo per la gestione delle risorse umane (Automated monitoring and decision-making systems). Ciò determina, per i prestatori di lavoro addetti alla piattaforma, il rischio concreto di mancanza di trasparenza su come vengono assunte le decisioni nei loro confronti e su come vengono utilizzati i loro dati personali.
Le nuove regole sono pertanto in primo luogo finalizzate a garantire un uso più trasparente dell´algoritmo che gestisce il rapporto di lavoro.
A tal fine la Direttiva prevede misure finalizzate a garantire al prestatore di lavoro informazioni adeguate sull´utilizzazione, da parte della piattaforma, di sistemi di monitoraggio automatizzato sulla sua attività lavorativa come pure sui sistemi di decisione gestiti interamente dall´algoritmo.
Parallelamente la Direttiva fa divieto alle piattaforme digitali di utilizzare, nella gestione automatizzata dei rapporti di lavoro, alcune categorie di dati personali quali:
dati concernenti lo stato emozionale o psicologico del lavoratore;
dati relativi a conversazioni private;
dati concernenti lo svolgimento attuale o anche solo potenziale di attività sindacale;
dati inerenti alle origini razziali o etniche del lavoratore, alla sua condizione di migrante, alle opinioni politiche, al credo religioso o alle sue condizioni di salute;
dati biometrici diversi da quelli utilizzati per identificazione.
Sempre a garanzia del prestatore di lavoro è previsto altresì che i sistemi di gestione algoritmica del rapporto siano sottoposti al monitoraggio di risorse umane (human oversight) adeguatamente preparate e qualificate. Tali risorse dovranno avere garanzie di protezione adeguata nei confronti di eventuali reazioni ostili alla loro attività.
Una specifica garanzia, costituita dalla supervisione operata da una risorsa umana, è altresì prevista per decisioni particolarmente gravi concernenti la posizione del prestatore di lavoro quali, ad esempio, la sospensione dell´account.
In proposito merita di essere ricordato che nel testo approvato dal Consiglio nel giugno 2023 (il già citato General approach) è previsto, in tema di controllo umano sulle decisioni assunte con procedure automatizzate gestite da algoritmi, il diritto per il prestatore di lavoro di ottenere dalla piattaforma stessa una spiegazione per ciascuna decisione idonea a incidere in modo significativo sulle sue condizioni di lavoro. In particolare la piattaforma deve fornire ai lavoratori l'accesso a un contatto con una persona da essa designata per discutere e chiarire fatti, circostanze e ragioni che hanno portato alla decisione. Inoltre, sempre secondo il testo della proposta approvato nel giugno 2023, la piattaforma è tenuta a fornire al prestatore di lavoro un documento scritto in cui vengono enunciate le ragioni di ogni decisione presa o sostenuta da un procedimento automatico che possa restringere, sospendere o chiudere l'account del lavoratore su piattaforma oppure ogni decisione che possa portare al rifiuto del pagamento della retribuzione per il lavoro già svolto e infine ogni decisione che incida sullo status del lavoratore. Corollario delle suddette previsioni è costituito dal diritto per il lavoratore che voglia contestare la spiegazione fornita nel documento scritto, ritenendo che essa incida negativamente sui suoi diritti, di chiedere alla piattaforma digitale di rivedere la decisione. In tal caso la piattaforma deve rispondere con un provvedimento motivato in tempi molto brevi e comunque non più tardi di una settimana dal ricevimento della richiesta.
La persona fisica destinataria della contestazione da parte del prestatore di lavoro ha il potere di annullare le decisioni automatiche ed è protetta da eventuali conseguenze sfavorevoli dovute all´esercizio di tali funzioni.
Parallelamente è previsto che l'esercizio, de da parte del prestatore di lavoro, di diritti previsti dalla direttiva non può essere ragione di licenziamento.
Allo stato, in assenza di un testo definitivo della Direttiva, non è dato sapere se e in che misura le suddette disposizioni saranno confermate. Personalmente ritengo che lo saranno in buona parte, anche perché le stesse sono sostanzialmente coerenti con norme già approvate come il già ricordato Regolamento sulla privacy e, ciò che più conta, con i principi affermati nella bozza di Regolamento c.d. AI Act sulla quale pure, come accennato in premessa, nel dicembre 2023 è stato raggiunto un accordo “politico” fra Consiglio e Parlamento Europeo.
Il ruolo dell´AI Act Agreement del dicembre 2023. Cenni
Neanche dell´accordo da ultimo citato, avente ad oggetto i contenuti di un futuro Regolamento finalizzato a disciplinare l´uso dell´intelligenza artificiale, è allo stato disponibile il testo finale; non è pertanto possibile fare valutazioni sui suoi contenuti concreti, valutazioni che comunque richiedono uno studio approfondito e meditato, tenuto conto della oggettiva complessità e difficoltà della materia.
Fin da ora è tuttavia possibile, sulla base della ricca documentazione disponibile preliminare all´accordo, fare qualche osservazione minima sul possibile impatto che la disciplina generale sull´intelligenza artificiale potrà avere sul mondo del lavoro e, in particolare, sul tema della tutela dei diritti dei lavoratori.
In termini generali deve ritenersi che la futura disciplina dell´AI, che sarà contenuta in un Regolamento UE, si porrà come normativa generale rispetto alla disciplina “speciale” contenuta nella futura Direttiva sulla tutela dei lavoratori addetti a piattaforme digitali.
Deve inoltre essere sottolineato che, secondo l´AI Act, anche nella versione approvata dal Consiglio nel novembre 2022, il mondo del lavoro è considerato, rispetto ai sistemi di intelligenza artificiale, un ambito sensibile, con la conseguenza che i suddetti sistemi, quando vengono usati in tale ambito, devono essere soggetti a restrizioni.
In sostanza il legislatore europeo mostra piena consapevolezza del potenziale impatto dell´Intelligenza artificiale sul mondo del lavoro e, in particolare, del rischio che tale impatto possa incidere sui diritti fondamentali dei prestatori di lavoro.
Tale consapevolezza emerge, in particolare, nel “Considerando” n. 36 contenuto nel già citato testo approvato nel novembre 2022 che considera ad alto rischio i sistemi di IA utilizzati per l'assunzione e la selezione di persone, per la gestione dei lavoratori (ad esempio, con riferimento a decisioni su promozioni e licenziamenti o in tema di assegnazione di compiti) e per l'accesso al lavoro autonomo, come pure per il monitoraggio o la valutazione di persone. Ed infatti tali sistemi possono avere un impatto negativo sui diritti dei prestatori di lavoro alla protezione dei dati e alla privacy e, in particolare, possono perpetuare modelli storici di discriminazione, ad esempio nei confronti delle donne, di determinate fasce d'età, di persone con disabilità o di determinate origini razziali o etniche o di orientamento sessuale.
In tale contesto, i rimedi fondamentali che l´AI act individua sono la garanzia di trasparenza e la supervisione umana sulle decisioni assunte dall´Intelligenza artificiale, e cioè esattamente, come si è sottolineato in precedenza, le misure adottate nella bozza di Direttiva sui lavoratori addetti alle piattaforme digitali.