testo integrale con note e bibliografia

Intanto ringrazio il Dipartimento di Scienze sociali ed economiche dell’Università Sapienza e in modo particolare la professoressa Lucia Valente. Inoltre sono contento di aver ritrovato Pietro Ichino dopo tanti anni e, ovviamente, ringrazio tutti gli altri docenti. Io provo a rimanere su una domanda in modo da evitare diciamo sovrapposizioni. Questa sessione ha uno scopo ben preciso: verificare quale impatto l’intelligenza artificiale può avere sulle relazioni industriali e quindi vorrei rimanere su questo punto. Innanzitutto cosa sono le relazioni industriali? Lo dico a me stesso: sono soggetti, con responsabilità diverse, che si relazionano tra loro. Quindi uno strumento così dirompente può sostituire le relazioni? Io questa cosa la vedo veramente complicata, complicatissima. La vedo complicata perché le relazioni non sono un fatto statico, non sono un fatto scientifico, le relazioni dipendono da tanti elementi come il contesto, il sistema industriale e in modo particolare le persone. Le persone determinano le differenze tra un sistema di relazione e un altro. Il contesto sociale può migliorare o peggiorare, può essere inclusivo, può essere conflittuale, insomma le relazioni industriale sono un qualcosa di non codificato e codificabile. Faccio alcuni esempi: i metalmeccanici nella storia hanno avuto momenti di grande rilevanza sociale, sono stati in grado di determinare condizioni sociali migliori per i lavoratori. Si dice spesso ‘i metalmeccanici fanno la storia’, non perché siamo più bravi ma per un insieme di cose come la struttura industriale, la tipologia di lavoratori in settori complicati come siderurgia, auto, elettrodomestici e così via. Ma c’è stato anche un periodo in cui i metalmeccanici sono spariti dalla scena, anche per ragioni voglio dire di responsabilità interna, divisioni tra le organizzazioni e rotture all’interno del sindacato confederale. Arriviamo agli ultimi anni e inserisco l’elemento che siamo discutendo, il sindacato dei metalmeccanici, cioè noi, insieme a Federmeccanica e Assistal, che sono le associazioni più rappresentative delle aziende, abbiamo trovato un modo di relazionarci che ha sconcertato un po’ tutti. Parlo del sistema partecipativo a cui si faceva riferimento, questo sistema di relazione ha prodotto dei cambiamenti molto evoluti dal punto di vista del coinvolgimento dei lavoratori nella vita delle aziende. Il rapporto tra azienda e sindacato è quasi irriconoscibile ai più. Basti pensare che, in passato, ogni volta che si concludeva un contratto ci volevano minimo 100 ore di sciopero. Noi nel 2021 lo abbiamo concluso senza ore di sciopero. Come è possibile? Vuol dire che sono peggiori i contratti che abbiamo fatto? Al contrario! Si è investito nel fattore umano, nelle professionalità dei lavoratori pagandoli meglio; abbiamo istituito il più importante ente di previdenza complementare come Cometa e quello di assistenza sanitaria con mètaSalute. Nell’ultimo contratto abbiamo stabilito una clausola di salvaguardia che recupera l’inflazione: a fronte di una conclusione contrattuale di 112 € in un triennio, i lavoratori ne avranno 300 €, e questo non si è mai verificato nella storia contrattuale. Non voglio spiegare qui le ragioni o addentrarmi nella piattaforma che stiamo preparando per il prossimo rinnovo, ma l’abbiamo fatta noi e l’abbiamo fatta bene. Abbiamo tenuto in considerazione la sofferenza delle persone, abbiamo tenuto in considerazione quali sono le nuove professionalità, abbiamo considerato per esempio anche la riduzione dell’orario di lavoro come elemento indispensabile per rendere questo lavoro attrattivo. La nostra piattaforma stata approvata dal 98% dei lavoratori.
L’algoritmo si può inserire all’interno di queste relazioni? La risposta è no.
Dico di no, perché la soggettività delle persone, la conoscenza, la forza di lottare l’algoritmo non ce l’ha. Così come credo che non può sapere in che direzione va la società.
Io penso che sia importante che siamo ancora noi a indicare che tipo di società vogliamo, e noi vogliamo una società dove le parti sociali continuino ad avere una loro funzione, vogliamo una società inclusiva a una società dove che garantisca la dignità del lavoro, la dignità della vita, il rispetto per le persone. Se noi sappiamo fare tutto questo, l’algoritmo non serve assolutamente a nulla.
Per concludere, io penso che noi come sindacato abbiamo una responsabilità maggiore che è quella di fare in modo che le aziende non utilizzino l’intelligenza artificiale seguendo la pura logica del profitto, perché se esasperano questo concetto non avremo la società inclusiva di cui parlavo prima. L’automazione si è inserita all’interno del processo produttivo da molti anni, quando avevo 18 anni e lavoravo in fabbrica l’automazione era considerata pericolosa perché significava riduzione di organici riduzione, di personale. Poi abbiamo imparato che dietro la macchina c’è sempre l’essere umano, con le sue capacità e con le sue competenze. Quindi io non voglio essere così radicale nel dire che rifiuto l’intelligenza artificiale, ma dobbiamo controllarla e gestirla bene. Servono aziende e persone illuminate, come tanti anni fa Olivetti, piuttosto che freddi algoritmi.

Questo sito utilizza cookie necessari al funzionamento e per migliorarne la fruizione.
Proseguendo nella navigazione acconsenti all’uso dei cookie.