TESTO INTEGRALE CON NOTE E BIBLIOGRAFIA
1. L’evoluzione del rischio sul lavoro generato dall’AI, il caso della logistica.
Quali possono essere gli impatti dell’intelligenza artificiale (AI) sulla sicurezza e il benessere dei lavoratori e delle lavoratrici?
L’innovazione tecnologica e, più nello specifico, l’adozione di soluzioni di AI per progettare ambienti di lavoro genera riduzione dei rischi sul lavoro, aumenti, oppure trasformazioni delle loro tipologie?
Proviamo a dare una risposta ai quesiti ricorrendo a un esempio concreto e, per farlo, prendiamo a riferimento un settore economico in grande espansione in termini di fatturato, di manodopera e, di conseguenza, interessato da importanti innovazioni tecnologiche tra le quali certamente quelle riconducibili alla AI: il settore della logistica.
Un settore di cui è facilmente immaginabile il disegno organizzativo di una azienda tradizionale, utile da mettere a confronto con i modelli più avanzati governati dall’AI, in modo da sviluppare le necessarie considerazioni sugli impatti che quest’ultima genera sui temi della sicurezza del lavoro.
Si provi a immaginare, quindi, un tradizionale impianto di gestione logistica, un magazzino di grandi dimensioni (o grandissime, nei casi di player maggiori) nei quali operano lavoratrici e lavoratori con macchinari che si muovono all’interno di una classica architettura composta da lunghi corridoi con alte scaffalature.
Si tratta della descrizione di un ambiente di lavoro classico, connotato da rischi altrettanto noti e riconducibili al tema della cosiddetta movimentazione dei carichi. Un grande classico in tema di sicurezza.
In un ambiente come questo i rischi del lavoratore sono principalmente identificabili nell'essere investito da un macchinario in movimento (a esempio un carrello elevatore, il cosiddetto “muletto”), dell'essere colpito da un oggetto che cade da uno scaffale, del cadere dall'alto.
Queste tre tipologie di infortunio professionale sono tutt'oggi quelle che descrivono la più importante numerosità degli incidenti gravi o mortali sul lavoro e costituiscono tutt'oggi la fenomenologia più diffusa di grave infortunistica.
Ovviamente anche i modelli della logistica tradizionale hanno conosciuto innovazioni tecnologiche finalizzate ad automatizzare parte del processo e, in tal modo, ridurre parzialmente i rischi appena descritti.
Tuttavia, lo scenario che si osserva nei più avanzati sistemi di logistica governati con modelli di AI è rivoluzionato nel disegno del processo lavorativo. In queste aziende l’organizzazione del lavoro è profondamente revisionata e non sono le persone a spostarsi per “andare a prendere” una merce nel magazzino, ma è il sistema robotizzato a movimentare i beni, riducendo al massimo la mobilità delle persone.
Spiegato con una sintesi finanche eccessiva, negli stabilimenti logistici a più elevata robotizzazione, gli operatori non entrano in quello che avremmo definito “magazzino”. In questo spazio agiscono esclusivamente i robot (con l’eccezione di pochissimi tecnici che si occupano del funzionamento degli stessi robot e non delle merci). Gli operatori tradizionali stazionano intorno all’area di movimentazione delle macchine, posizionati su vere e proprie “porte” affacciate sull’area automatizzata. Con una frequenza governata dall’algoritmo di AI, piccole scaffalature posizionate sui robot moventi si affacciano alla porta del lavoratore. Quest’ultimo estrae dallo scaffale un pacco e lo posiziona su un carrello che lo trasporta all’automezzo che lo porterà in consegna al cliente destinatario.
Ferma restando l’estrema semplificazione descrittiva del processo, quello che rileva è la condizione di questo addetto alla nuova logistica: un lavoratore che non si muove nell’impianto alla ricerca della merce e che la movimenta esponendosi ai rischi che abbiamo inizialmente descritto, ma di un addetto che opera in posizione fissa, svolgendo un compito altamente routinario a ridotto rischio per l’incolumità fisica.
In questi stabilimenti a elevata automatizzazione non sono più visibili, infatti, i tradizionali corridoi di alti scaffali nei quali le merci sono immagazzinate. Una parte rilevante della movimentazione delle merci avviene in uno spazio segregato e inaccessibile alla grande parte dei lavoratori e delle lavoratrici.
Cosa racconta, dunque, questa trasformazione della logistica?
Che l’innovazione tecnologica – in particolar modo quella legata alla transizione digitale e alla AI - risolve il tema della sicurezza in modo definitivo?
Non è possibile rispondere esclusivamente in un solo modo alla domanda.
Quello che emerge a una analisi più approfondita è un processo di innovazione tecnologica che trasforma i rischi, certamente riducendo in modo molto significativo quelli più tradizionali, ovvero gli infortuni violenti ad alto rischio per la sicurezza fisica del lavoratore. Tuttavia, questi ambienti lavorativi mettono in evidenza l'emergere di un fenomeno che certamente non è nuovo per tipologia, ma che aumenta per intensità e diffusione: la traslazione dal rischio fisico a quello psicosociale.
Si tratta di un vero e proprio paradosso: lavoratori che operano in posizioni fisse, isolate le une dalle altre, compiendo gesti altamente ripetitivi per un tempo prolungato, sono protetti dagli incidenti immaginabili in condizione di movimento e interferenza con la compresenza di altri addetti, e tuttavia sono esposti a un diverso rischio, che è di natura psicologica e afferisce al tema dello stress lavoro correlato.
L’esempio della logistica è esemplare della dinamica di trasformazione dei rischi sul lavoro generato dall'utilizzo progressivo e crescente dell'intelligenza artificiale nei luoghi di lavoro. Non si tratta di una dinamica nuova nella qualità, ma certamente nella quantità: nella manifattura la trasformazione della fabbrica in industria robotizzata ha già conosciuto fenomeni analoghi di miglioramento delle condizioni fisiche del lavoro accompagnate da una crescente standardizzazione, controllabilità e ripetitività del gesto professionale, ancora una volta a detrimento delle condizioni psicofisiche della persona. Quindi si tratta di un fenomeno già osservato che si espone a una accelerazione del processo, nel presupposto che la diffusione dell’AI nel sistema economico avverrà con una capillarità e una accessibilità da parte degli operatori economici superiore di quella già conosciuta al momento della robotizzazione delle fabbriche.
Il fenomeno che abbiamo esemplificato utilizzando il riferimento a uno stabilimento di servizi di logistica, rende con sufficiente chiarezza un processo di ben più ampia portata quando si discute dell'impatto della transizione digitale sul mondo del lavoro. L'esponenziale crescita dei rischi di natura psicosociale è sottolineata in numerose analisi e indagini che affrontano la trasformazione digitale del lavoro.
2. Lo spazio degli obiettivi di benessere e sicurezza del lavoro nella progettazione di modelli AI.
Partendo dall’ultima costatazione ci si deve allora porre un secondo quesito: il processo di progressiva riduzione degli infortuni fisici tradizionali, compensato da un crescente numero di patologie di burn out professionale (in sintesi: meno infortuni gravi o gravissimi a fronte di un consistente aumento di patologie psicosociali) è l’inevitabile derivata che possiamo ricavare dal prossimo decennio di trasformazioni digitali del lavoro?
Se torniamo al caso preso in esame, viene in evidenza come la nuova “rivoluzione industriale” che sta trasformando la logistica veda come principale obiettivo dell’introduzione di AI nell’ottimizzazione del processo logistico attraverso l’utilizzo di dati e algoritmi (minima permanenza della merce in magazzino, massima predittività dei vettori di trasporto ecc.) allo scopo di migliorare la prestazione economica del settore.
Il miglioramento dello standard di incidentalità del lavoro è una conseguenza di questo primo obiettivo, come ne è conseguenza l’esposizione a una più intensa forma di stress lavoro correlato.
Questo significa che la progettazione degli interventi di digitalizzazione e utilizzo dell’AI non sono primariamente mirati al miglioramento della condizione lavorativa, ma a quella dei risultati economici, dai quali scaturiscono effetti sulle condizioni di lavoro che possono essere positive (riduzione degli infortuni tradizionali) o negative (aumento delle condizioni di burn out).
Si tratta di un modello di innovazione industriale di matrice statunitense (il principale player dell’AI e della logistica è una delle più note corporation mondiali) baricentrato principalmente sul risultato economico che il continente europeo cerca di integrare con una propria originalità che punta a fondare la quinta rivoluzione industriale su un diverso equilibrio tra obiettivi di crescita economica e tutela dei valori ambientali e umani.
È la filosofia umanocentrica di Industria 5.0, «la strategia europea che va oltre l’efficienza e la produttività come unici obiettivi e rafforza il ruolo e il contributo dell’industria alla società e mette il benessere del lavoratore al centro del processo produttivo e utilizza le nuove tecnologie per garantire prosperità oltre l’occupazione e la crescita, rispettando i limiti produttivi del pianeta» .
Tale enunciazione delle istituzioni comunitarie, seppure di valore ampiamente programmatico, consente di evidenziare il diverso approccio culturale che vuole imprimere il modello europeo allo sviluppo industriale del prossimo decennio. Naturalmente la concreta attuazione di questo principio che intende fondare una strategia di sviluppo industriale e sociale intorno al valore della persona e del lavoratore deve essere misurata nella sua reale concretezza. Se andiamo a valutare le garanzie introdotte nel recente regolamento europeo in materia di AI si può apprezzare lo sforzo che il regolatore comunitario esercita per impedire che l'innovazione tecnologica venga utilizzata con finalità discriminatorie, oppure che tali effetti possano essere scaturire anche in assenza di una precipua intenzionalità, ma come mero effetto collaterale dell'innovazione.
Questa scelta è di grandissimo rilievo, perché pone l'attenzione su quella che, per l'appunto, possiamo chiamare “intenzionalità” del progetto di utilizzo di tecnologie AI, partendo dal presupposto teorico che queste posseggano una pervasività e una potenziale capacità di impatto sulla qualità e la sicurezza del lavoro da non poter essere valutate e gestite solo in fase di misurazione delle loro conseguenze. Diviene quindi importante la valutazione ex ante del progetto di trasformazione del lavoro operato attraverso l’AI, con una analisi dei rischi effettuata esercitando la dovuta trasparenza sugli obiettivi espliciti del committente e dei progettisti, e consentendo anche di intercettare eventuali intenzionalità non esplicitate. I cosiddetti bias dei progetti di intelligenza artificiale .
Questo approccio punta ad affrontare già in fase di progettazione del modello funzionale e organizzativo dell'azienda l'impatto della tecnologia sulla persona, mitigandolo nella sua esponenzialità, ovvero consentendo di progettare fattori compensativi del rischio preso in esame.
Per quanto importante, questo approccio alla relazione tra sicurezza, benessere e intelligenza artificiale rimane circoscritto a uno schema difensivo, di analisi e mitigazione dei rischi. Figlio di un corretto presupposto sull'utilizzo sempre più penetrante dell'AI negli assetti organizzativi dell’impresa (perché investe la sua stessa architettura funzionale, la progettazione della forza lavoro necessaria, la sua composizione, l’organizzazione dei tempi di lavoro e la dislocazione nello spazio, per arrivare anche alla sua selezione). Di conseguenza la regolazione europea cerca di ridurne i potenziali effetti nocivi di tale penetrazione dell’AI.
È un approccio fondato che, tuttavia, si limita a una iniziativa di riduzione del danno, mentre nella riflessione sulle possibilità che l'AI possa generare miglioramenti dei servizi e delle politiche, occorrerebbe compiere un passo ulteriore per domandarsi: quali servizi per il benessere e la sicurezza possono essere realizzati attraverso l’AI?
Ci si deve limitare a difendere le persone dalle sue eventuali ricadute negative oppure si può ritenere che questa stessa tecnologia offra opportunità di progettazione di soluzioni innovative per la sicurezza e il benessere dei lavoratori e delle lavoratrici?
In questa seconda prospettiva è possibile richiamare alcuni esempi di grande interesse, anche riferibili a iniziative in corso di sviluppo.
3. Dispositivi e soluzioni di sicurezza progettate con il ricorso all’AI: alcuni esempi.
Il primo di questi è figlio della collaborazione tra l'Istituto Italiano di tecnologia (IIT) e l'INAIL per la realizzazione del robot collaborativo Ergocab, capace di interagire con persone grazie a sistemi di AI che gli consentono di riconosce numerosi segni del comportamento umano.
In tal modo il robot può operare in ambienti lavorativi svolgendo le attività a maggiore indice di rischio. Proprio il settore della logistica, insieme a quello dei servizi sanitari, costituiscono al momento due avanzati laboratori di ricerca dove si progetta studia e indaga il rapporto tra questo robot ad avanzate capacità di relazione con l'operatore umano. Nel primo caso con uno studio volto alla riduzione del rischio muscoloscheletrico per sovraccarico biomeccanico causato al sollevamento di pesi da parte del lavoratore, nel secondo caso al rischio di contaminazione di agenti chimici dovuto all’utilizzo frequente di sostanze tossiche da parte dell’operatore sanitario.
Se questo esempio rimane ancora circoscritto al campo della ricerca avanzata, si può invece fare riferimento a innovazioni meno futuristiche e già in grado di migliorare robustamente la performance di servizi pubblici dedicati alla sicurezza, come quello della funzione ispettiva e di vigilanza in materia di sicurezza sul lavoro. Partendo proprio dall'enfasi che viene costantemente posta sull'importanza di un apparato di controllo dedicato alla sicurezza, si deve considerare necessario l'utilizzo di soluzioni di AI per massimizzare l'efficacia di tali controlli . Quello cui si vuol fare riferimento è la progettazione di modelli di AI che rendono possibile orientare il singolo intervento di verifica documentale o ispettiva su aziende o luoghi di lavoro classificati per priorità di controllo. Poiché i sistemi di AI analizzano basi di dati definendo regole di clusterizzazione, ovvero possono stratificare aziende per gruppi uniformi di rischio, è possibile individuare quelle che presentano “anomalie” rispetto al proprio cluster di riferimento. Un recente studio di fattibilità realizzato da INAIL in collaborazione con il Politecnico di Milano ha confermato l’efficacia di tale metodologia che consente di individuare aziende che per caratteristiche dimensionali, economiche, di dotazione professionale, di collocazione territoriale, di andamento infortunistico ecc., si posizionano al di fuori dal cluster di riferimento e, come tali, vanno a definire elenchi di priorità di controllo. Questo approccio consente dunque di impiegare con massima efficacia la forza ispettiva in dotazione delle amministrazioni, perché in grado di indirizzarla su specifiche aziende selezionate per un più elevato rischio di mancata conformità alle regole della sicurezza.
Per la realizzazione di questa tipologia di miglioramenti è necessario un presupposto di condivisione della grandissima quantità di informazioni amministrative detenute dalle amministrazioni che operano nel settore del lavoro. Sulla disponibilità nella condivisione dei dati è noto come il settore pubblico non vanti una tradizione di eccellenza. È pur vero che il potenziale trasformativo che l’AI può generare è tale da lasciar auspicare il superamento di tradizionali gelosie di apparati. Da questo punto di vista lascia sperare il progetto della nuova S.p.A “3i” istituita in attuazione di un obiettivo del PNRR. Dall’utilizzo integrato delle banche dati di INPS, INAIL e ISTAT è possibile estrarre importanti miglioramenti nel disegno di servizi per imprese e lavoratori, compresi ovviamente quelli legati al tema della sicurezza.
Infine, è possibile richiamare come terzo esempio una gamma di soluzioni tecnologiche che, utilizzando a loro volta sistemi di AI, sono in grado di generare grandi miglioramenti alle infrastrutture della sicurezza. Si pensi settore della sensoristica applicata alla sicurezza delle infrastrutture, in grado di fornire segnali di allerta in tempo reale al manifestarsi di pericoli per gli utenti ed i lavoratori delle stesse. Un esempio di tutta evidenza facendo riferimento a rilevanti casi di cronaca come quello del ponte Morandi di Genova oppure al recente caso della centrale di Suviana in Emilia-Romagna.
4. AI e benessere psicosociale: un rischio del lavoro sottovalutato.
In conclusione, dopo aver utilizzato l’esempio della logistica per argomentare la progressiva traslazione dei rischi sul lavoro dai tradizionali fenomeni infortunistici a quelli di natura psicosociale, e dopo avere messo in sintetica rassegna alcune soluzioni che l’AI posso fornire come contributo alla sicurezza e benessere del lavoro, occorre segnalare un punto di debolezza della funzione istituzionale di salute e sicurezza.
Già nella condizione attuale, il servizio sanitario nazionale e il sistema di sorveglianza sanitaria disegnata dal testo unico del 2008 faticano ad intercettare grande parte dei casi di burn out professionale.
Anche osservando le denunce di malattia professionale registrate da INAIL si giunge alla stessa conclusione, ovvero quella di una significativa sottostima del fenomeno: sono poche centinaia le segnalazioni comunicate ogni anno. La dimensione reale del fenomeno non è facilmente definibile, ma di sicuro la sproporzione tra questi numeri e quelli che misurano il consumo di alcune tipologie di farmaco (antidepressivi, ansiolitici, antipsicotici) dimostrano che rimane una quota di fenomeno correlata a determinanti professionali che non emerge, non viene riconosciuta dalle figure preposte alla salute dei lavoratori e, probabilmente, nemmeno denunciata dagli stessi interessati, per ragioni diverse tra le quali, senz’altro, la percezione di uno stigma sociale e, comunque, la ridotta capacità di iniziativa che la stessa condizione di burn out determina.
Se quello che è stato fin qui detto riguardo gli impatti dell’AI sul lavoro è fondato, allora diventa ancora più necessaria una strategia per intercettare adeguatamente il fenomeno. Un vero e proprio piano di prevenzione mirato che potenzi gli strumenti dei responsabili della sicurezza aziendali nell’analisi del livello di stress lavoro correlato, di formazione della medicina del lavoro e della medicina legale per diagnosticare lo stato di salute psicologica dei lavoratori e delle lavoratrici.
A tale proposito, si può concludere mettendo il luce un ulteriore paradosso: nel fascicolo sanitario sono perfettamente registrati i consumi farmaceutici degli assistiti in Italia e, di conseguenza, è agevole stratificare la popolazione per tipologie di consumo (intervento che già è stato realizzato anche nel recente passato, si pensi a quella realizzata per le persone “fragili o croniche” affinché venissero convocate con priorità per la vaccinazione Covid), e quindi anche per quei consumi che possono indicare una condizione di stress. L’utilizzo di sistemi di AI avrebbe facile gioco nel verificare le correlazioni tra questi primi dati e quelli estraibili dal comportamento professionale del lavoratore, come le assenze per malattia, per fare un solo esempio. Sarebbe di grande interesse, sotto questo punto di vista, effettuare una indagine epidemiologica sperimentale su una popolazione professionale particolarmente esposta a condizioni di stress (si pensi ad alcune professioni oggetto di fenomeni di aggressione, come quelle sanitarie) e verificare la robustezza dell’ipotesi. Non aggiungo nulla sui rilevanti aspetti di tutela della riservatezza che questo approccio innesterebbe. Ma questo appartiene proprio al paradosso dell’AI, uno strumento dalle potenzialità tali da poter essere, allo stesso tempo, generatore di grandi squilibri e altrettante opportunità. Che mette in capo a tutti l’esigenza di una verifica costante dei rischi e della ricerca del più adeguato bilanciamento tra questi e le opportunità offerte.