testo integrale con note e bibliografia
Il dibattito nasce dall’emanazione della Direttiva UE 2022/2041, pubblicata il 25.10.2022 sulla GU dell’Unione Europea, che intende perseguire lo scopo di garantire che i lavoratori nell’Unione Europea siano adeguatamente retribuiti, per assicurare condizioni di vita e di lavoro adeguate, nell’ambito più generale degli obiettivi fissati dall’Agenda 2030.
Tali scopi sono comuni sia a sistemi basati su un salario minimo legale, definito per legge, sia a quelli basati sulla contrattazione collettiva; la Direttiva, nello specifico, mira a promuovere innanzitutto la contrattazione collettiva sui salari in tutti gli Stati membri.
All’interno della Direttiva è indicato che, qualora il tasso di copertura della contrattazione collettiva sia inferiore a una soglia del 80%, ogni Stato membro debba prevedere un quadro di condizioni favorevoli alla contrattazione collettiva per legge, a seguito della consultazione delle parti sociali o mediante un accordo con queste ultime. In alternativa, lo Stato membro potrà arrivare ad una definizione di salario minimo legale.
Gli Stati membri possono, poi, prevedere anche un meccanismo di adeguamento automatico dell’indicizzazione dei salari minimi legali in coerenza con il diritto e le prassi internazionali.
È importante precisare che la Direttiva non intende armonizzare il livello dei salari minimi nell’Unione né istituire un meccanismo uniforme per la determinazione dei salari minimi.
In Italia, il tema dei livelli minimi retributivi è indissolubilmente legato al principio, fissato
dall’art. 36 della Costituzione, di retribuzione proporzionata e dignitosa.
Lo scenario in cui la Direttiva si inserisce è quello di un sistema economico e produttivo caratterizzato da bassa crescita delle retribuzioni, di produttività e di PIL; a ciò si aggiunge il tasso elevato di inflazione degli anni 2021 e 2022, che ha eroso significativamente il potere di acquisto delle famiglie.
Tutto ciò premesso, si vedrà come l’Italia presenta un tasso di copertura dei rapporti di lavoro da parte della contrattazione collettiva superiore alla soglia minima fissata dalla Direttiva (80%): secondo i dati forniti da CNEL, sarebbero circa 13,4 milioni i lavoratori dipendenti di aziende private coperti da contratti collettivi, per una incidenza sul totale degli occupati che si attesta attorno al 96,9%.
La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, nell’elaborato del 13 luglio 2023, ha esaminato lo scenario retributivo italiano, mettendo a confronto 63 contratti collettivi, individuati tra i più rappresentativi, e la proposta di legge del 2023, che fissava a 9 euro la soglia del salario minimo legale.
Lo studio ha esaminato questi 63 CCNL, indicando per ciascuno il minimo retributivo previsto per il livello di inquadramento più basso, al quale sono stati sommati i ratei di mensilità aggiuntive
(13ma mensilità e, laddove esistente, 14ma mensilità), nonché la quota di Trattamento di Fine Rapporto, che costituisce retribuzione differita. La scelta operata da parte della Fondazione Studi consente quindi di mettere a confronto CCNL con impianti retributivi diversi, includendo nei parametri di calcolo anche l’incidenza del TFR: è chiaro che i dati ottenuti dovranno necessariamente essere interpretati alla luce delle modalità di calcolo.
Il risultato dell’analisi ha mostrato come 39 dei 63 CCNL presi a riferimento presentano limiti retributivi superiori alla soglia di 9 euro, mentre solo 22 sarebbero al di sotto di tale soglia; questi ultimi mostrerebbero livelli retributivi compresi tra 8 e 9 euro orari, mentre solo 4 CCNL mostrerebbero livelli retributivi inferiori a 8 euro orari.
L’Istat, nel 2023, ha stimato in 3 milioni i lavoratori con retribuzioni minime inferiori a 9 euro.
È fondamentale comprendere e stabilire come valutare il livello retributivo previsto dalla Contrattazione Collettiva: un salario minimo imposto per legge, infatti, non terrebbe conto degli istituti contrattuali, peculiari di ciascun settore, che completano e migliorano il puro trattamento salariale. Con l’evoluzione dei sistemi economici e del diritto, il trattamento economico complessivo di un lavoratore dipendente non è costituito solamente dal minimo salariale orario, ma è un insieme di fattori che hanno essi stessi un valore economico, sebbene non generino un risvolto finanziario diretto nei confronti del lavoratore: basti pensare all’assistenza sanitaria integrativa prevista dai vari CCNL, al contributo aziendale in caso di adesione alla previdenza complementare dei fondi negoziali, ai piani di incentivazione e di welfare che possono essere previsti dalle contrattazioni di secondo livello; senza addentrarsi in raffronti più complicati quali i trattamenti economici in caso di malattia, ad esempio, o ad altri istituti contrattuali.
La sola statuizione di un livello minimo retributivo, poi, non avrebbe incidenza su altri fattori che determinano la “ricchezza” delle famiglie, e che portano quindi ad un salario complessivo non sufficiente ad un’esistenza libera e dignitosa, quali il ricorso a forme contrattuali atipiche, o all’utilizzo di contratti a tempo parziale, o a termine.
Secondo i dati Istat, quasi la metà dei dipendenti a bassa retribuzione è concentrata in tre specifici settori, quali: i servizi di alloggio e ristorazione; i servizi di supporto alle imprese (imprese di pulizia); i servizi alla persona (di cura, di intrattenimento, istruzione).
I dati del CNEL
Nel complesso, alla data del 31 dicembre 2023, risultano depositati al CNEL 1033 CCNL di cui 971 relativi al settore privato, 18 al settore pubblico e 44 accordi economici collettivi che riguardano alcune categorie di autonomi e parasubordinati.
Grazie ai flussi Uniemens e al codice CNEL dei contratti collettivi nazionali di lavoro è tuttavia possibile evidenziare come i 28 CCNL del settore privato con applicazione sopra i 100.000 dipendenti, pur rappresentando solo il 3,2% dei contratti depositati, coprano quasi 11 milioni di lavoratori, pari al 78,8% della forza lavoro dipendente tracciabile nei flussi Uniemens (esclusi agricoltura e lavoro domestico).
Estendendo l’osservazione dei dati Uniemens, emerge che 99 CCNL vengono applicati ad almeno 10.000 rapporti di lavoro, e che questi, da soli, disciplinano la quasi totalità dei rapporti di lavoro del settore privato: nella fattispecie, si tratta di 13.398.243 rapporti di lavoro, pari al 96,9% della forza lavoro del settore privato tracciata da Uniemens.
Si evidenzia in particolare che 645 CCNL (pari al 72,7% dei contatti depositati) si applicano a meno di 500 dipendenti e, in totale, coprono lo 0,3% dei rapporti di lavoro.
Quanto ai soggetti firmatari, va segnalato che dei 971 CCNL del settore privato depositati al CNEL alla data del 31 dicembre 2023:
- 210 CCNL sono sottoscritti da federazioni di categoria aderenti a Cgil, Cisl, Uil e sono applicati a un totale di 13.362.921 di lavoratori;
- 309 CCNL risultano sottoscritti da organizzazioni sindacali non rappresentate al CNEL e sono applicati solo a 49.561 lavoratori;
- i rimanenti CCNL da organizzazioni sindacali rappresentate al CNEL ma diverse da Cgil, Cisl, Uil.
Pertanto, il 96,5% dei lavoratori del settore privato è coperto da un CCNL sottoscritto da federazioni di categoria aderenti a Cgil, Cisl, Uil.
Dai dati sono esclusi i lavoratori del settore privato agricoltura e lavoro domestico e di cura, per mancanza di dati, dal momento che in tali settori non si utilizza il sistema Uniemens.
Tabella 1:
CCNL per i lavoratori dipendenti del settore privato depositati al Cnel entro il 31 dicembre 2023 rinnovati e non rinnovati per settore contrattuale - n° dipendenti (dato Uniemens media 2023)
Fonte: dati CNEL (archivio CCNL), INPS (dati Uniemens)
Tabella 2:
CCNL del settore privato depositati al CNEL al 31 dicembre 2023 per soglia dimensionale - n° dipendenti (dato Uniemens media 2023
Fonte: CNEL (archivio CCNL), INPS (dati Uniemens)
Nota 1: le ultime due colonne della tabella si riferiscono alla platea di lavoratori per i quali il datore di lavoro ha indicato il codice CCNL.
Nota 2: sono esclusi i settori contrattuali “agricoltura” e “lavoro domestico e di cura”
Tabella 3:
CCNL del settore privato depositati al 31 dicembre 2023 per sindacato firmatario rappresentato al CNEL e altri sindacati
Fonte: CNEL (archivio CCNL), INPS (Uniemens) – Le note sono parti integranti della tabella
Nota 1: la somma dei dati per ciascun sindacato è maggiore dei dati nelle righe dei totali, perché alcuni CCNL sono sottoscritti da diverse categorie sindacali che aderiscono a confederazioni diverse; i totali sono pertanto indicati al netto delle duplicazioni.
Nota 2: sono esclusi i settori contrattuali “agricoltura” e “lavoro domestico e di cura”
Il rapporto della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro del 13.07.2023
Per ciascun contratto collettivo è stato individuato il minimo retributivo previsto per il livello di inquadramento più basso e a questo sono stati sommati i ratei di mensilità aggiuntiva (13a mensilità ed eventuale 14a) nonché la quota di trattamento di fine rapporto.
La determinazione del valore orario si ottiene applicando il divisore orario contrattuale alla somma risultante dal calcolo predetto.
Dai risultati dell’analisi emerge che su 61 contratti selezionati (in due casi, relativi al lavoro in somministrazione, i contratti applicano i minimi retributivi delle società utilizzatrici, pertanto non sono stati calcolati) 39 presentano una retribuzione minima oraria superiore ai 9 euro, mentre 22 una retribuzione inferiore a tale soglia (vedasi Tabella 4).
Tuttavia, la maggioranza dei contratti (18 su 22) che prevede un minimo retributivo inferiore ai 9 euro si colloca su una “forchetta” compresa tra gli 8 e i 9 euro, mentre sono 4 i contratti collettivi (operai agricoli e florovivaisti, industria del vetro e delle lampade, addetti all’industria delle calzature e settore privato dell’industria armatoriale) che prevedono minimi retributivi inferiori agli 8 euro (tab. 5). Esistono poi contratti collettivi comparativamente più rappresentativi, come il CCNL Vigilanza Privata (vigenza 06/23- 05/26), che hanno minimi retributivi inferiori.
Di contro, 38 contratti prevedono soglie minime superiori ai 9 euro: di questi, 15 rientrano in una forchetta tra i 9 e i 10 euro, mentre 23 presentano minimi retributivi superiori ai 10 euro.
Tabella 4
Retribuzioni minime orarie (comprensive di quota TFR, 13ma e 14ma) previste dal CCNL
Cod. CNEL CCNL Retribuzione minima oraria
J241 Quadri direttivi e per il personale delle aree professionali dipendenti dalle imprese
creditizie, finanziarie e strumentali 16,2
J271 Quadri direttivi e per il personale delle aree professionali delle Banche di Credito
Cooperativo Casse Rurali ed Artigiane 13,2
B254 Industria dell'energia e del petrolio 12,8
J121 Personale dipendente non dirigente delle imprese di assicurazione 12,4
I100 Logistica, trasporto merci e spedizione (personale non dirigente) 12,1
A141 CCNL per i dipendenti dei Consorzi Agrari 11,1
A131 CCNL per i dipendenti dai consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario 11,0
C01A PMI settore metalmeccanico ed istallazione impianti 10,9
T011 Personale non medico della sanita privata 10,9
C016 Addetti delle aziende cooperative metalmeccaniche 10,8
C011 CCNL per i dipendenti dalle aziende metalmeccaniche e della installazione di impianti 10,8
IC35 Dipendenti da imprese esercenti autorimesse, noleggio auto con autista, locazione automezzi, noleggio motoscafi, posteggio e custodia autovettura su suolo pubblico e/o
privato, lavaggio automatico e non automatico, attività di soccorso stradale ... 10,8
E012 Industrie alimentari 10,7
E018 Piccola e media industria alimentare 10,5
B101 Industria conciaria e settori collegati 10,4
B018 CCNL Unionchimica Confapi per i lavoratori della piccola e media industria dei settori: chimica, concia e settori accorpati, plastica e gomma, abrasivi, ceramica e vetro 10,3
B122 Industria delle piastrelle e dei materiali refrattari (Ceramica) 10,3
F051 Imprese dei settori legno, sughero, mobile ed arredamento e boschivi e forestali 10,2
B011 Industria chimica, chimica-farmaceutica, fibre chimiche e settori abrasivi, lubrificanti e GPL
+ Settore Coibentazioni Termiche Acustiche 10,2
F011 CCNL lavoratori dipendenti delle imprese edili ed affini 10,2
F015 Aziende artigiane del settore edilizia e affini 10,2
A051 CCNL per i dipendenti delle imprese che esercitano attività di contoterzismo in agricoltura 10,1
F018 CCNL per gli addetti alle piccole e medie industrie edili ed affini aderenti a CONFAPI
ANIEM 10,1
B371 Industrie della gomma, della plastica, dei pneumatici 10,0
C018 CCNL per i lavoratori addetti alla piccola e media industria metalmeccanica ed alla
installazione di impianti 9,9
C021 CCNL per gli addetti del settore orafo, argentiero e della gioielleria 9,8
H016 CCNL per i dipendenti da imprese della distribuzione cooperativa 9,7
H442 Dipendenti degli studi professionali 9,7
H011 Aziende del terziario della distribuzione e dei servizi 9,6
E023 CCNL per il personale comunque dipendente da aziende di panificazione anche per attività collaterali e complementari, nonché da negozi di vendita al minuto di pane, generi
alimentari e vari (Sett. panifici industriali) 9,4
H05Y Aziende dei settori Pubblici Esercizi, Ristorazione Collettiva e Commerciale e Turismo 9,4
H052 CCNL Turismo 9,4
A221 Operai e impiegati del settore zootecnico 9,4
E015 Aziende artigiane del settore alimentazione e panificazione 9,3
G016 CCNL Area Comunicazione 9,2
J153 CCNL per i dipendenti dalle agenzie di assicurazione in gestione libera 9,2
G022 Aziende esercenti l'industria della carta e cartone, della cellulosa, pasta legno, fibra vulcanizzata e presfibra e per le aziende cartotecniche e trasformatrici della carta e del
cartone 9,2
K411 Personale dipendente da imprese esercenti servizi di telecomunicazione 9,1
C030 CCNL Area Meccanica 9,0
F060 Aziende artigiane dell'area legno-lapidei 8,9
K531 Dipendenti di imprese e società esercenti servizi ambientali 8,9
I022 CCNL Autoferrotranvieri e Internavigatori (Mobilita - TPL) 8,9
G029 PMI della comunicazione, dell'informatica, dei servizi innovativi e della microimpresa 8,9
I810 CCNL dell’industri del trsporto aereo (sett. gestione aeroportuale) 8,9
T151 CCNL per le lavoratrici e i lavoratori delle cooperative del settore socio-sanitario
assistenziale-educativo e di inserimento lavorativo 8,8
D231;
D271 CCNL per i lavoratori dipendenti dalle aziende che producono addobbi e ornamenti natalizi,
giocattoli, giochi, modellismo, articoli di puericultura 8,8
G011 Aziende grafiche ed affini e delle aziende editoriali anche multimediali 8,8
D111 Industrie dei settori pelli e succedanei, produzione di ombrelli-ombrelloni (settore pelle) 8,8
K511 CCNL per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi
integrati/multiservizi 8,8
V751 CCNL Area Tessile Moda e Chimica Ceramica * da ripartire nei vari settori secondo l’ATECO
(sett. tessile abbigliamento) 8,7
D014 Industrie tessili e dell'abbigliamento 8,7
D018 CCNL per gli addetti alle piccole e medie industrie del settore tessile-abbigliamento-moda,
calzature, pelli e cuoio, penne, spazzole e pennelli, occhiali, giocattoli 8,6
T141 CCNL per il personale dipendente dai settori socio assistenziale, socio sanitario ed educativo
UNEBA 8,6
A016 Cooperative e Consorzi Agricoli 8,4
H515 Acconciatura, Estetica, Tricologia non curativa, Tatuaggio, Piercing e Centri Benessere 8,3
A021 Quadri e impiegati agricoli 8,2
K521 Dipendenti delle imprese artigiane esercenti servizi di pulizia, disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e sanificazione 8,1
D121 CCNL per i lavoratori addetti all'industria delle calzature 7,9
I391 Settore privato dell'industria armatoriale 7,6
B132 Industria del vetro e delle lampade 7,1
A011 Operai agricoli e florovivaisti 7,0
Fonte: Stime Fondazione Studi Consulenti del Lavoro
Tabella 5
elenco CCNL selezionati, criterio di rappresentatività, numero di aziende e lavoratori interessati
La risultanza delle rilevazioni determina che, dato un totale di 11.405.110 lavoratori interessati:
- al 34,75% viene applicato un CCNL che prevede un salario minimo superiore a 10 euro (3.963.415 lavoratori);
- al 47,14% viene applicato un CCNL che prevede un salario minimo compreso tra 9 e 10 euro (5.375.855 lavoratori);
- al 17,21% viene applicato un CCNL che prevede un salario minimo compreso tra 8 e 9 euro (1.963.201 lavoratori);
- al 0,9% viene applicato un CCNL che prevede un salario minimo inferiore a 8 euro (102.639 lavoratori).
Rapporti di lavoro
oltre 10 euro 34,75%
tra 9 e 10 euro 47,14%
tra 8 e 9 euro 17,21%
inferiore a 8 euro 0,90%
numerosità CCNL
oltre 10 euro 24
tra 9 e 10 euro 15
tra 8 e 9 euro 18
meno di 8 euro 4
Si tratta, è bene ricordarlo, di valori calcolati sul livello più bassi di inquadramento contrattuale previsto dai CCNL considerati, e quindi non al salario medio di inserimento dei lavoratori. Si consideri anche che in molti casi i CCNL prevedono automatismi di progressione di livello di inquadramento, trascorso un determinato periodo al livello minimo contrattuale.
Ricordiamo però, di contro, che mensilmente in busta paga, il dato calcolato dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro può tradursi in un salario/stipendio, minimo orario lordo, inferiore
del 16 / 24% del risultato ottenuto sopra esposto.
Possibili conseguenze dell’introduzione di un salario minimo legale
L’introduzione di un salario minimo legale, che non tenga conto dei differenti impianti dei CCNL, può facilmente portare a conseguenze e trattamenti differenti nei diversi settori merceologici, accentuando anche fenomeni di sperequazione già esistenti.
Tuttavia, è innegabile che una misura di questo tipo potrebbe avere un maggiore impatto nei settori in cui la contrattazione collettiva, al momento, prevede un salario di livello inferiore. Le conseguenze potrebbero essere molteplici, e non è nella mia competenza procedere con una analisi economica in tale direzione.
È però facilmente intuibile che un aumento del salario comporterebbe un aumento di reddito, che provocherebbe un innalzamento delle entrate fiscali per lo Stato; d’altro canto, un aumento del reddito potrebbe anche comportare una perdita totale o parziale di misure varie di sostegno al reddito, erogate centralmente o dalle amministrazioni locali.
Un aumento del salario e dei contributi determina certamente un aumento di costo per le imprese, che potrebbero trovarsi nell’impossibilità di sostenere il nuovo livello di spesa, con un riflesso negativo sull’occupazione (per non parlare di un probabile aumento dei fenomeni di irregolarità, specialmente nei settori già a forte incidenza di aree grigie).
Un aumento del salario comporterebbe, altresì, un aumento della spesa contributiva per i datori di lavoro, quindi un aumento delle entrate Inps; tuttavia, un aumento dei contributi comporterebbe anche un incremento della spesa pensionistica futura, considerato che larga parte dei lavoratori oggi attivi andrà in pensione con il sistema contributivo. Infine, un aumento del salario minimo comporterebbe anche un aumento della spesa per Naspi, che viene calcolata sulla media delle retribuzioni precedenti alla perdita del lavoro, e più in generale ad un aumento dei trattamenti salariali previsti dagli ammortizzatori sociali.
In sintesi, l’introduzione del salario minimo legale porterebbe con sé riflessi economici generali positivi, e al tempo stesso negativi.
Nel caso in cui, come è stato anche prospettato, si introducessero esoneri contributivi , quali ad esempio la decontribuzione delle quote di aumento salariale, ovvero altri strumenti atti a consentire alle aziende di sopportare il nuovo costo del lavoro, ecco che verrebbero meno gli effetti “positivi”, per le entrate dello Stato, di tale misura.
Il punto di vista del Consulente del Lavoro, quindi, alla luce dei dati esposti, non è di introdurre un salario minimo legale, ma più preferibilmente di incentivare la contrattazione collettiva, anche e soprattutto di secondo livello, e di incentivare il tempestivo rinnovo dei CCNL, specialmente quelli che risultano scaduti da tempo, al fine di adeguare le retribuzioni al potere di acquisto corrente.