testo integrale con note e bibliografia
1. - Gli effetti economici dell’art.1284, comma 4, c.c.
L’art.1284, inserito nella sezione sulle obbligazioni in generale – alcune specie di obbligazioni – obbligazioni pecuniarie del codice civile, sotto la rubrica saggio degli interessi, ai primi tre commi dispone che 1. Il saggio degli interessi legali è determinato in misura … - 2. Allo stesso saggio si computano gli interessi convenzionali, se le parti non ne hanno determinato la misura. – 3. Gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale.
Il saggio degli interessi legali, fissato al 5% nel testo originario del c.c., veniva poi portato al 10%, al 5%, al 2,5%, al 3,5%, al 3%, al 2,5%, al 3%, all’1%, all’1,5%, al 2,5%, all’1%, allo 0,5%, allo 0,2%, allo 0,1%, allo 0,3%, allo 0,8%, allo 0,05%, allo 0,01%, all’1,25%, al 5% e attualmente, a decorrere dal 1.1.24, al 2,5%.
Se dunque prendiamo, per esempio, un credito di € 100.000 al 1.1.14, alla data, poniamo, del 20.5.24, gli interessi legali ammontano a € 10.173,70.
L’art.1224 c.c., inserito nel capo sull’inadempimento delle obbligazioni del titolo sulle obbligazioni in generale, sotto la rubrica danni nelle obbligazioni pecuniarie aggiunge che 1. Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura. – 2. Al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l'ulteriore risarcimento. Questo non è dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi moratori.
Con riguardo ai crediti di lavoro in particolare, l’art.429, comma 3, c.p.c. dispone che il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione del valore del suo credito, condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto.
L’art.150 disp. att. c.p.c. aggiunge che, ai fini del calcolo di cui all’art.429, ultimo comma, del codice, il giudice applicherà l’indice dei prezzi calcolato dall’Istat per la scala mobile per i lavoratori dell’industria.
Con l’art.22, comma 36, della L.724/94 era stato previsto che, una volta calcolati gli interessi legali sui crediti di natura retributiva, pensionistica e assistenziale, fosse possibile la quota di rivalutazione monetaria soltanto se la stessa eccedeva l’importo degli interessi, escludendo il cumulo fra i due istituti.
La sentenza n.459/00 della Corte costituzionale ha però dichiarato illegittima la norma, nella parte in cui non riconosce la cumulabilità fra interessi e rivalutazione monetaria nei rapporti di lavoro privato.
Resta dunque il divieto di cumulo tra interessi legali e rivalutazione monetaria solo per i crediti di natura pensionistica e assistenziale vantati verso gli enti gestori di previdenza obbligatoria, già previsto per i crediti di tale natura anche dall’art.16, comma 6, della L.412/91, in conseguenza del quale sulle somme erogate è dovuto unicamente il maggior importo tra interessi legali e rivalutazione monetaria (per tutte, Cass. 19824/13).
Il D.L. 132/14, rubricato misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile, al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalla lunga durata dei processi civili e di scoraggiare le condotte meramente dilatorie, ha aggiunto all’art.1284 c.c. i commi 4 e 5, che così dispongono: 4. Se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. – 5. La disposizione del quarto comma si applica anche all'atto con cui si promuove il procedimento arbitrale.
Attualmente, la relativa misura ammonta all’8% annuo.
Se dunque prendiamo, per riprendere l’esempio precedente, un credito di € 100.000 al 1.1.14, alla data, poniamo, del 20.5.24, gli interessi legali ammontano non più a soli € 10.173,70, ma a € 83.112,33.
E si tratta di questioni che riguardano ogni genere di obbligazioni: che, come tali, interessano l’attività giuridica di tutti, avvocati e giudici, dal giudice di pace che si deve occupare di una rata scaduta di spese condominiali, al collegio arbitrale che deve dirimere una controversia complessa di diritto bancario o societario, alle circa ventimila cause di lavoro introdotte ogni anno in primo grado già solo nella Lombardia.
2. - Le due Sezioni Unite del maggio 2024.
Il punto controverso è se il nuovo comma 4 dell’art.1284 c.c. sia di applicazione automatica e generalizzata, determinando soltanto la misura degli interessi legali, e non anche una nuova categoria di interessi, ulteriore e diversa rispetto agli interessi moratori, convenzionali e legali, oppure se la sua applicazione richieda alle parti e al giudice, o al collegio arbitrale, chiamato a decidere la controversia particolari formalità.
S’è dunque posta la questione a) se in tema di esecuzione forzata - anche solo minacciata - fondata su titolo esecutivo giudiziale, ove il giudice della cognizione abbia omesso di indicare la specie degli interessi al cui pagamento ha condannato il debitore, limitandosi alla loro generica qualificazione in termini di "interessi legali" o "di legge", ed eventualmente indicandone la decorrenza da data anteriore alla proposizione della domanda, si debbano ritenere liquidati soltanto gli interessi di cui all'art. 1284 primo comma c.c., o - a partire dalla data di proposizione della domanda - possano ritenersi liquidati quelli di cui al quarto comma del predetto articolo.
b) con riguardo ai crediti di lavoro in particolare, se l’art. 429, comma 3, c.p.c. - nella parte in cui stabilisce che alla condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro debbano aggiungersi «gli interessi nella misura legale», oltre che il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito - costituisca norma speciale rispetto all'art. 1284, comma 4, c.c., da ritenersi, dunque, inapplicabile in caso di crediti di lavoro, oppure se, al contrario, il citato art. 429 c.p.c. contenga un rinvio all'art. 1284 c.c. nella sua interezza, tale da includere anche il quarto comma e così, "gli interessi legali maggiorati" (o "super-interessi") a far data dalla domanda giudiziale.
Con riguardo alla prima questione, sulla misura degli interessi legali per il periodo successivo alla domanda giudiziale per tutte le obbligazioni in generale, Cass. SS.UU. 7.5.24, n.12449, in sede di rinvio pregiudiziale ai sensi del nuovo art.363 bis c.p.c., ha dichiarato che, ove il giudice disponga il pagamento degli «interessi legali» senza alcuna specificazione, deve intendersi che la misura degli interessi, decorrenti dopo la proposizione della domanda giudiziale, corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, cod. civ. se manca nel titolo esecutivo giudiziale, anche sulla base di quanto risultante dalla sola motivazione, lo specifico accertamento della spettanza degli interessi, per il periodo successivo alla proposizione della domanda, secondo il saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
Con riguardo alla seconda questione, relativa ai crediti di lavoro del lavoratore in particolare, Cass. SS.UU. 13.5.24, n.12974, decisa all’esito della stessa udienza, con il medesimo collegio giudicante e il medesimo relatore, ha dichiarato inammissibile il rinvio pregiudiziale, poiché, facendo riferimento alla precedente, alla luce di tale principio di diritto, che interpreta la portata del titolo esecutivo giudiziale, là dove, come nel caso di specie, si limiti a disporre il pagamento degli interessi senza alcuna specificazione, nel senso della spettanza degli interessi legali nella misura di cui al primo comma dell’art. 1284, la risoluzione della questione di diritto posta non ha rilievo ai fini della definizione del giudizio. Qualsiasi possa essere il decisum sulla questione, il riferimento agli interessi nel caso di specie va inteso nei limiti del citato primo comma, in forza del richiamato principio di diritto.
Vediamo perché.
Cass. SS.UU. 12449/24, su tutte le obbligazioni in generale, al capitolo 3 della motivazione ritiene che il quarto comma dell’art. 1284 non integra un mero effetto legale della fattispecie … ma rinvia ad una fattispecie … integrata da ulteriori presupposti, suscettibili di autonoma valutazione rispetto al mero apprezzamento della spettanza degli interessi nella misura legale.
Con la domanda giudiziale insorge una controversia ed è parte di questa controversia anche la spettanza, dopo la domanda giudiziale, del saggio degli interessi legali previsto …
… l’obbligazione … dedotta in giudizio, e destinata ad entrare nel titolo esecutivo … deve essere oggetto di specifico accertamento da parte del giudice della cognizione …
Vi è poi da accertare se vi sia una (valida ed efficace) determinazione contrattuale della misura degli interessi …
Ulteriore profilo meritevole di accertamento potrebbe essere quello dell’identificazione della domanda giudiziale, quale momento rilevante per la decorrenza degli interessi legali in discorso.
L’esigenza di cognizione dei presupposti applicativi della misura degli interessi previsti dal quarto comma dell’art. 1284 comporta che il titolo esecutivo giudiziale contenga l’accertamento di spettanza degli interessi legali nella misura indicata.
Dal punto di vista del giudice dell’esecuzione, la mera previsione, nel dispositivo e/o nella motivazione del titolo esecutivo, degli “interessi legali” è inidonea ad integrare il detto accertamento …
Se il titolo esecutivo è silente, il creditore non può conseguire in sede di esecuzione forzata il pagamento degli interessi maggiorati, stante il divieto per il giudice dell’esecuzione di integrare il titolo, ma deve affidarsi al rimedio impugnatorio.
In sostanza, su chi agisce in giudizio viene posto l’onere di specificare nella domanda di voler richiedere gli interessi legali non soltanto ai sensi dell’art.1284, comma 1, c.c., ma anche ai sensi dell’art.1284, comma 4, c.c., e sul giudice della cognizione, a propria volta, viene posto l’onere di disporre espressamente che la misura degli interessi legali debba avvenire anche ai sensi dell’art.1284, comma 4 c.c., senza limitarsi a disporre la debenza solo e semplicemente degli interessi legali.
3. - I precedenti di Cassazione.
La questione in realtà non era nuova nella giurisprudenza di Cassazione, nonostante fosse stato attivato il meccanismo di rinvio pregiudiziale.
Cass. 943/21, al punto 7 della motivazione, aveva dichiarato che la formula della norma è chiara nel predeterminare tanto la misura quanto la decorrenza degli interessi legali, nell'ipotesi in cui il credito - che nel caso in esame trova la sua fonte in un contratto stipulato tra le parti - venga riconosciuto da una sentenza a seguito di un giudizio anche arbitrale, senza che occorra una specifica domanda e senza necessità di apposita precisazione del loro saggio in sentenza (Cass. 14911/19, 8289/19, 28409/18).
Cass. 23846/23, al contrario, aveva dichiarato che, se il titolo esecutivo giudiziale non specifica la natura degli interessi legali liquidati, in sede di esecuzione forzata occorre necessariamente far riferimento al tasso ex art. 1284, comma 1, c.c., restando esclusa l'applicabilità dell'art. 1284, comma 4, c.c.
Limitandosi tuttavia, al punto 4.1 della motivazione, a richiamare Cass. 22457/17, che a propria volta aveva escluso l’applicabilità automatica dell’art.1284, comma 4, ritenendo, contraddittoriamente, che l'applicazione di una qualsiasi delle varie ipotesi di interessi legali, diversi da quelli previsti dal citato art.1284 c.c., presuppone l'avvenuto accertamento degli elementi costitutivi della relativa fattispecie speciale, che può essere contestato solo attraverso l'impugnazione della decisione di merito, non essendo questa suscettibile di integrazione o correzione in sede esecutiva: come se il comma 4 non facesse parte dello stesso art.1284, e dunque rientrasse tra ipotesi di interessi diversi da quelli previsti dal citato art.1284 c.c.
Cass. 61/23 (in Foro it. 2023-3-I-784), come motivazione assai più approfondita, aveva rilevato invece che 2. Ritiene il Collegio che la disposizione di cui all'art. 1284 c.c., comma 4, individui il tasso legale degli interessi, in linea generale, per tutte le obbligazioni pecuniarie (salvo diverso accordo delle parti e salva diversa espressa previsione di legge), per il periodo successivo all'inizio del processo avente ad oggetto il relativo credito, fino al momento del pagamento.
Depone nel senso indicato, in primo luogo, la sua stessa ratio. L'art. 1284 c.c., comma 4, è stato introdotto al fine di contenere gli effetti negativi della durata dei processi civili, riducendo il vantaggio, per il debitore convenuto in giudizio, derivante dalla lunga durata del processo, attraverso la previsione di un tasso di interesse più elevato di quello ordinario, dal momento della pendenza della lite: si tratta evidentemente di una disposizione (lato sensu "deflattiva" del contenzioso), che ha lo scopo di scoraggiare l'inadempimento e rendere svantaggioso il ricorso ad inutile litigiosità, scopo che prescinde dalla natura dell'obbligazione dedotta in giudizio e che si pone in identici termini per le obbligazioni derivanti da rapporti contrattuali come per tutte le altre.
Nel medesimo senso depongono, inoltre, sia la circostanza che si tratta di una disposizione inserita nell'art. 1284 c.c., intitolato "saggio degli interessi", cioè nell'articolo del codice civile che disciplina in linea generale, per tutte le obbligazioni, il tasso legale degli interessi, sia il rilievo che tale articolo non contiene alcuna espressa limitazione di applicabilità delle sue disposizioni a solo alcune categorie di obbligazioni.
Sia la lettera, sia la ragione giuridica dell’intervento normativo depongono pertanto nel senso della applicabilità automatica del saggio previsto dal comma 4 per il periodo successivo alla domanda giudiziale, diversamente da quanto dichiarato ora dalle Sezioni Unite.
4. - Le requisitorie del Pubblico Ministero.
L’art.363 bis c.p.c., aggiunto al codice di rito dal D.lgs. 149/22, dispone che, nel caso di rinvio pregiudiziale, la Corte di cassazione, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia in pubblica udienza, con la requisitoria scritta del pubblico ministero.
La requisitoria relativa alla prima questione, sull’applicabilità dell’art.1284 comma 4 a ogni obbligazione in generale per il periodo successivo alla domanda giudiziale, si può sintetizzare come segue: l’art. 1284 c.c. detta una disposizione … collocata nel capo del codice civile che reca la disciplina generale delle obbligazioni pecuniarie. Non pare, pertanto, che sussistano ragioni per ritenere che il predetto quarto comma enunci una disposizione eccezionale avente un ambito applicativo circoscritto tale per cui essa potrebbe essere invocata solo in relazione ad alcune obbligazioni pecuniarie e non a tutte…
Né può indurre a diversa conclusione il fatto che la disposizione che si sta esaminando rinvii al tasso di interesse applicabile alle transazioni commerciali. A ben vedere, infatti, il legislatore si è limitato a trapiantare nel codice civile il tasso di interesse previsto dal d.lgs. n. 231 del 2002 … i lavori preparatori alla legge n. 162 del 2014 (che ha convertito il decreto legge n. 132 del 2014) … non contengono alcuno spunto che possa accreditare l’eventuale lettura restrittiva della norma in esame.
L’art. 1284 c.c. risponde, secondo la communis opinio, condivisa da Cass. n. 61 del 2023, a una ratio deflattiva del contenzioso … elevando i costi indiretti del processo, è finalizzato a scoraggiare le controversie onde centrare l’obiettivo di deflazionare il contenzioso garantendo, per quanto possibile, la più ampia e tempestiva tutela al creditore.
Non vi è … alcun valido motivo per sostenere che gli interessi processuali a connotazione punitiva introdotti per scoraggiare un indiscriminato accesso alla giustizia che, come noto, è risorsa limitata, possano essere applicati solo in relazione ad obbligazioni pecuniarie di fonte contrattuale e non anche ad obbligazioni pecuniarie di fonte extracontrattuale.
Muovendo da quanto precede … - detti interessi legali devono presumersi liquidati al tasso previsto dall’art. 1284, comma 1, c.c. sino all’avvio del processo; - i medesimi interessi devono presumersi liquidati al tasso previsto dall’art. 1284, comma 4, c.c. dall’avvio del processo al dì del pagamento, salvo diverso accordo e ad eccezione che il credito pecuniario non fosse preesistente alla domanda giudiziale ma sia sorto per effetto della sentenza.
La requisitoria relativa all’applicabilità dell’art.1284 comma 4 ai crediti di lavoro in particolare rileva ulteriormente che la Corte delle leggi ha individuato nella natura privilegiata (ex artt. 1, 3, comma 2, 4, 34, 36 Cost.) dei crediti dei lavoratori la ragione giustificativa della norma e la legittimità costituzionale della difformità di trattamento loro riservato rispetto ai crediti dei datori di lavoro (C. Cost. 2.6.1994, n. 207; C. Cost. 14.1.1977, n. 13). La Corte ha osservato che proprio tale natura privilegiata rende razionali le esigenze cui risponde l’art. 429 c.c. e, in particolare, il mantenimento inalterato del potere di acquisto dei beni in relazione al principio della giusta retribuzione, l’imposizione di un deterrente al ritardo nell’adempimento, nonché il riequilibrio delle posizioni economiche delle parti, permettendo al lavoratore di recuperare l’arricchimento conseguito dal datore di lavoro per effetto della svalutazione.
… se gli interessi dovessero essere computati anche dopo la proposizione della domanda ai sensi dell’art. 1284, comma 2, c.c. il lavoratore si troverebbe senz’altro a ricevere una tutela meno favorevole di quella che riceverebbe qualunque altro creditore di una somma di danaro … E ciò in aperta contraddizione rispetto alla ratio di maggior tutela insita nella previsione del comma 3 dell’art. 429 c.p.c.
Non vi è, dunque, alcuna ragione per limitare il richiamo operato dall’art. 429 agli “interessi nella misura legale” solo a quelli previsti dal comma 2 e non anche a quelli previsti dal comma 4.
Su entrambe le questioni sottoposte alle Sezioni Unite la posizione del Pubblico Ministero era pertanto radicalmente difforme.
Quanto ai crediti di lavoro in particolare, occorre inoltre rammentare la già citata sentenza n.459/00 della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittima la norma che aveva escluso la cumulabilità fra interessi e rivalutazione monetaria nei rapporti di lavoro privato.
5. - Osservazioni critiche.
Alla luce dei precedenti di Cassazione e delle requisitorie del Pubblico Ministero, la motivazione delle due Sezioni Unite in esame risulta peraltro abbastanza sorprendente, o quanto meno affrettata.
5.1 - La motivazione delle Sezioni Unite.
Quanto alla necessità che l’obbligazione … dedotta in giudizio, e destinata ad entrare nel titolo esecutivo … debba essere oggetto di specifico accertamento da parte del giudice della cognizione, la motivazione sembra confondere le obbligazioni di valuta, preesistenti alla domanda giudiziale o arbitrale e per le quali trova applicazione l’art.1284 c.c., e le obbligazioni di valore, liquidate con la sentenza o il lodo arbitrale.
Quanto alla necessità di accertare se vi sia una (valida ed efficace) determinazione contrattuale della misura degli interessi, va da sé che, ove siano pattuiti interessi moratori in misura diversa dagli interessi legali, debba trovare applicazione l’art.1224 c.c. sugli interessi moratori, e non l’art.1284 sugli interessi legali.
Quanto alla pretesa necessità di identificazione della domanda giudiziale, quale momento rilevante per la decorrenza degli interessi legali in discorso, la giurisprudenza s’è occupata già da tempo dell’individuazione del momento di pendenza delle liti nei casi controvertibili, quanto meno ai fini della litispendenza, ma nella maggior parte dei casi tale momento è individuato già dal legislatore.
Quanto alla pretesa necessità, se il titolo esecutivo è silente, di affidarsi al rimedio impugnatorio, occorrerà allora impugnare tutte le sentenze che dimenticano di menzionare specificamente il comma 4 dell’art.1284 c.c.?
E più in generale, invano si cercherà nel contesto della motivazione di entrambe le pronunce in esame traccia degli argomenti contenuti nelle requisitorie del pubblico ministero, il cui lavoro non è stato preso in considerazione, omettendo di confrontarvisi.
E ciò sia quanto alla collocazione sistematica della norma, sia quanto ai crediti di lavoro (che forse meritavano una menzione, quanto meno per inciso), sia, e a maggior ragione, quanto alla ragione giuridica della norma di strumento potente di disincentivo rispetto a manovre dilatorie nel processo sia di cognizione, sia di esecuzione.
5.2 - L’integrabilità del titolo esecutivo.
Sotto altro autonomo profilo, e quanto al preteso divieto per il giudice dell’esecuzione di integrare il titolo, la motivazione delle Sezioni Unite del 2024 mostra di ignorare, o quanto meno omette di considerare, le fondamentali Cass. SS.UU. 11066 e 11067/12 (in Foro it. 2012-11-I-3019 e Foro it. 2013-4-I-1282).
Che pure avevano superato, già dodici anni fa, tale vetusto principio, affermando l’esatto contrario, nel senso che Il giudice dell'esecuzione, nel caso di incertezze derivanti dal dispositivo e dalla motivazione circa l'esatta estensione dell'obbligo configurato nella sentenza, può procedere all'integrazione extratestuale, a condizione che i dati di riferimento siano stati acquisiti al processo in cui il titolo giudiziale si è formato.
5.3 - La lettera e la ragione giuridica della norma.
Sotto altro autonomo profilo, e sul piano letterale, l’art.1284 c.c. è inserito nella sezione I del capo VII, titolo I, libro IV del codice civile, dedicata alla disciplina delle obbligazioni pecuniarie in generale, non di una particolare categoria di obbligazioni pecuniarie.
La rubrica dell’art.1284 c.c. è: saggio degli interessi.
E il comma 4 c.c., come aggiunto dal D.L. 132/14, dispone che, se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
La norma, nel suo tenore letterale, riguarda dunque pur sempre ed egualmente quelli che chiama espressamente interessi legali, sia al comma 1, sia al comma 4.
E sul piano della ragione giuridica dell’intervento normativo (ratio legis), il comma 4 è stato introdotto dal D.L. 132/14, rubricato misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile, proprio al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalla lunga durata dei processi civili e di scoraggiare le condotte meramente dilatorie
Non a caso, la citata Cass. 61/23 aveva rilevato che l'art. 1284 c.c., comma 4, è stato introdotto al fine di contenere gli effetti negativi della durata dei processi civili, riducendo il vantaggio, per il debitore convenuto in giudizio, derivante dalla lunga durata del processo, attraverso la previsione di un tasso di interesse più elevato di quello ordinario, dal momento della pendenza della lite: … disposizione … che ha lo scopo di scoraggiare l'inadempimento e rendere svantaggioso il ricorso ad inutile litigiosità … che prescinde dalla natura dell'obbligazione dedotta in giudizio.
Il comma 4 dell’art.1284 c.c., pertanto, sia nel suo tenore letterale, sia nella sua collocazione sistematica, sia nella sua ragione giuridica, non introduce una terza categoria di interessi, aggiuntiva rispetto agli interessi moratori convenzionali di cui all’art.1224 c.c. e agli interessi legali di cui allo stesso art.1284 c.c.: si limita a determinare la misura di quelli che sono pur sempre gli interessi legali, per il periodo successivo alla domanda giudiziale o arbitrale.
Il che ne dovrebbe rendere automatica l’operatività, indipendentemente da una statuizione al riguardo del giudice della cognizione, che riguarda la debenza degli interessi legali, e non la loro misura.
5.4 - I crediti di lavoro in particolare.
E quanto ai crediti di lavoro in particolare, la questione della cumulabilità tra interessi legali ai sensi dell’art.1284, comma 4 c.c. e rivalutazione monetaria ai sensi dell’art.429 c.p.c. è rimasta assorbita dalla dichiarazione di inammissibilità della questione così come era stata proposta in quel caso di specie.
Il dibattito resta dunque quanto mai aperto anche con specifica considerazione dei crediti di lavoro: mentre i giudici di merito al riguardo stanno navigando, a quanto consta, nella più grande incertezza.
Ma come rilevato brillantemente dal Pubblico Ministero, negare l’applicabilità del comma 4 in questione ai crediti di lavoro porterebbe all’assurdo per cui il lavoratore si troverebbe a ricevere una tutela meno favorevole di quella che riceverebbe qualunque altro creditore di una somma di danaro … E ciò in aperta contraddizione rispetto alla ratio di maggior tutela insita nella previsione del comma 3 dell’art. 429 c.p.c.
5.5 - Le conseguenze applicative.
Ora, non è facile sapere, allo stato attuale, quanti avvocati abbiano già avuto cura di chiedere specificamente l’applicazione dell’art.1284, comma 4 c.c. nelle conclusioni dei propri atti di citazione e ricorsi.
E ciò sia in materia civile in generale, sia in materia di lavoro in particolare.
E non è dato di sapere quanti giudici e collegi arbitrali, a fronte della domanda formulata specificamente in tal senso, abbiano già avuto cura di includere la precisazione nei dispositivi e nelle motivazioni delle loro sentenze.
Inoltre, avvocato, se manca qualcosa, la appelli …
Certamente: ma con il rischio di rimettere in discussione anche il risultato favorevole ottenuto, a fronte di un’impugnazione incidentale.
E con la certezza di intasare ulteriormente le Corti d’appello.
E di intasare in maniera non prevedibile anche la stessa Corte di cassazione, ove l’omissione risalga al giudice d’appello: integrando un vizio di nullità della sentenza d’appello per omessa pronuncia, da censurare in sede di legittimità con un apposito ricorso ai sensi dell’art.360, comma 1, n.4 c.p.c.
6. - Le criticità del rinvio pregiudiziale.
Qualche osservazione, alla luce delle due pronunce delle Sezioni Unite in esame, richiede a questo punto anche il procedimento per rinvio pregiudiziale in Cassazione in generale.
Una buona notizia è l’art.363 bis c.p.c., nel caso di rinvio pregiudiziale, dispone che il principio di diritto enunciato dalla Corte è vincolante soltanto nel procedimento nell’ambito del quale è stata rimessa la questione, o in un nuovo processo nel quale è riproposta la domanda tra le stesse parti.
Pertanto, non vincola il giudice di merito di qualunque altro processo, che resta pur libero di decidere in modo difforme (motivatamente, s’intende), senza bisogno di un nuovo rinvio pregiudiziale.
Circostanza che degrada la pronuncia resa all’esito del rinvio pregiudiziale in Cassazione al rango di qualsiasi altra pronuncia di Cassazione, a sezione semplice o a sezioni unite che essa sia (salvo solo il carico di lavoro aggiuntivo che va a gravare sulla Suprema Corte).
Una notizia meno buona è nella dinamica dell’attuale processo per Cassazione.
Chi ha partecipato alle udienze che hanno portato alle due Sezioni Unite?
Dalle due sentenze risulta che alla pubblica udienza che ha portato a Cass. SS.UU. 12449/24 ha partecipato all’udienza il solo difensore della parte intimata.
Alla pubblica udienza che ha portato a Cass. SS.UU. 12974/24 ha partecipato all’udienza addirittura un sostituto del difensore della parte intimata.
In entrambi i casi, non ha partecipato alla pubblica udienza il difensore della parte più interessata alla decisione favorevole.
Il meccanismo di selezione tra pubblica udienza e camera di consiglio non su istanza di parte sembra dunque continuare a destare perplessità.
È pur vero che il processo civile telematico in Cassazione prevede specificamente, tra le tipologie degli atti che si possono depositare, l’istanza di trattazione in pubblica udienza.
Ma la Corte di cassazione, almeno sinora, non pare avere tenuto in gran conto le relative istanze di parte.
E ciò persino in materie nelle quali non constano precedenti di legittimità e involgenti rapporti tra diritto nazionale e diritto comunitario.
In troppi casi, così, nell’assetto attuale la pubblica udienza, al di fuori della sezione lavoro, va quasi deserta o, peggio, è solo l’occasione per un sostituto processuale per presentarsi a dire, come è capitato di sentire, signor presidente … consapevole del carico di lavoro che grava su questa Corte … e in ossequio al suo invito a essere brevi … (lunga pausa) … mi riporto. Quasi solo per far figurare il nome del sostituto d’udienza nella sentenza.
Mentre in vari casi, al contrario, dalla camera di consiglio il ricorso è stato rimesso, proprio per l’importanza della questione che ne costituiva oggetto, direttamente al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite (Cass. 29499/17 – Cass. 179/18 – Cass. 1465/18 – Cass. 3566/18 – Cass. 4382/18 – Cass. 10507/18), o è stata rimessa questione di legittimità costituzionale (Cass. 2440/18 – Cass. 6568/18), o è stato disposto persino rinvio pregiudiziale alla Corte di Lussemburgo (Cass. 19443/18).
È pur vero che la pubblica udienza e la possibilità di partecipazione delle parti alla camera di consiglio sono state soppresse a causa dell’abitudine di alcune difese di intasare le udienze solo per ritornare e senza nuovi argomenti su orientamenti ormai consolidati.
Ma una tale prassi si può agevolmente stroncare sul piano delle spese processuali e dell’abuso del processo, senza impedire alle parti che abbiano realmente qualche rilievo da proporre di partecipare alle udienze.
Inoltre, quanto al nuovo procedimento per rinvio pregiudiziale in particolare, sarebbe utile valutare l’opportunità di temperare l’asperità del procedimento, soprattutto su questioni di diritto sostanziale e di portata generale come la misura degli interessi legali per tutte le obbligazioni in generale e per i crediti di lavoro in particolare, quanto meno con un meccanismo analogo a quello amici curiae, recentemente introdotto in Corte costituzionale.
Nel processo civile, l’art.105 cpc dispone che ciascuno può intervenire in un processo tra altre persone per far valere, in confronto di tutte le parti o di alcune di esse, un diritto relativo all'oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo. Può altresì intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando vi ha un proprio interesse.
Ma la Corte di cassazione, per il momento, è ferma nel dire che Nel giudizio di Cassazione, mancando un'espressa previsione normativa che consenta al terzo di prendervi parte con facoltà di esplicare difese, è inammissibile l'intervento di soggetti che non abbiano partecipato alle pregresse fasi di merito, fatta eccezione per il successore a titolo particolare nel diritto controverso (Cass. 34432/23 – Cass. 6834/24).
La Corte costituzionale pure non ha mai ammesso l’intervento nel giudizio di costituzionalità vero e proprio di parti diverse da quelle della causa nella quale è stata sollevata la questione in via incidentale, e ciò anche nel caso di enti esponenziali di interessi coinvolti nella questione di legittimità costituzionale.
Ma da qualche anno ammette l’intervento, c.d. amici curiae, di parti estranee al processo nel quale è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale, affinché possano fornire, sia pure solo in forma scritta e senza possibilità di partecipazione attiva all’udienza di discussione, un contributo di idee e di argomenti rilevanti ai fini della decisione.
Con tanto di pubblicazione in una apposita sezione sul sito istituzionale della Corte.
L’asperità del procedimento di rinvio pregiudiziale in Cassazione potrebbe dunque essere temperata, consentendo una qualche forma di partecipazione anche di parti estranee al singolo processo nel quale la questione pregiudiziale è stata sollevata, quanto meno per poter fornire un contributo di idee per sostenere le ragioni di alcuna delle parti.
Non c’è bisogno di inventare nulla di nuovo: basterebbe rendere pubbliche per tempo, per esempio, sul sito istituzionale della Corte, le ordinanze di rinvio pregiudiziale, e consentire alle parti di presentare, quanto meno, osservazioni scritte, proprio come consente la Corte costituzionale (purché, ovviamente, non facciano la fine delle requisitorie scritte del Pubblico Ministero sopra citate).
7. - Conclusioni.
In conclusione, le due recenti sentenze delle Sezioni Unite Cass. 7.5.24, n.12449, sulla misura degli interessi legali per il periodo successivo alla domanda giudiziale per tutte le obbligazioni in generale, e Cass. 13.5.24, n.12974, sul rapporto tra interessi legali successivi alla domanda giudiziale e rivalutazione monetaria con riguardo ai crediti di lavoro in particolare, non hanno risolto i problemi che sono stati posti in sede applicativa del comma 4 dell’art.1284 c.c., introdotto dal D.L. 132/14.
Con tutta probabilità, tali questioni, almeno per il momento, continueranno a riproporsi, sia in sede di merito, sia in sede di legittimità: quanto alle obbligazioni in generale, la motivazione che sorregge le Sezioni Unite si presta alle obiezioni che si sono esposte, traducendosi in una motivazione non abbastanza intrinsecamente convincente per assumere realmente forza di precedente.
Quanto ai crediti di lavoro in particolare, le argomentazioni brillanti del Pubblico Ministero sono rimaste assorbite dalla dichiarazione di inammissibilità del rinvio pregiudiziale.