testo integrale con note e bibliografia

Come insegnano i maestri, il diritto si struttura per fattispecie e discipline che mirano a realizzare valori e principi che in definitiva servono ad assicurare la convivenza civile.
Tutti prendono forma e si realizzano per il tramite delle parole del legislatore, dei giudici, dell’amministrazione e degli agenti negoziali che per questa via le dotano di un diverso grado di cogenza e di effettività.
Così spesso accade che quando nella società si diffonde una certa convinzione di matrice etica, questa faccia ingresso nell’ordinamento giuridico sotto forma di valore come da ultimo avvenuto con la nozione di decent work che, come meritoriamente approfondito nell’opera collettanea che oggi presentiamo, è stata di recente promossa dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro e dalle Nazioni Unite attraverso gli obiettivi dell’Agenda 2030 e che pur non essendo ancora diventata una fattispecie autonoma di effetti a livello di diritto positivo, nazionale e sovranazionale, in qualche modo ha già cominciato ad orientare l’azione di tutti gli attori del sistema giuridico alla ricerca di più efficaci tutele delle nuove forme di lavoro che stanno emergendo.
Come ci ricordano sotto diversi profili i contributi di Alessandro Boscati e Marco Biasi , il lavoro sta infatti cambiando e, in questi tempi di cambiamento, è emersa l’esigenza da più parti avvertita di garantire la più efficace tutela alla dignità del lavoratore, che assurge a nuovo valore di riferimento del mercato del lavoro globale.
Si tratta di istanze di tutela, di uguaglianza e di moralizzazione dei sistemi produttivi che sono state prontamente registrate dal legislatore europeo che, nel breve volgere di qualche anno, superando la storica ritrosia che ne aveva limitato gli interventi in materia sociale in favore delle libertà economiche, è intervenuto per garantire una più ampia ed efficace tutela contro il lavoro povero, come ci ricorda l’introduzione di Pietro Lambertucci sulle dimensioni giuridiche del lavoro povero.
In questa prospettiva, come emerge dai diversi contributi sulle politiche di contrasto a quello che Marina Brollo definisce l’“enigma” del lavoro povero, raccolti nella sezione coordinata da Carlo Zoli , si è già mossa l’Unione Europea attraverso i diversi interventi con cui, sulla scorta dei principi sanciti dal Pilastro europeo dei diritti sociali , è intervenuta per assicurare un maggiore equilibrio tra attività professionale e vita familiare, attraverso la direttiva (UE) 2019/1158 , o per rafforzare con la trasparenza retributiva la parità tra uomini e donne, con la direttiva (UE) 2023/970 , o ancora per garantire salari minimi adeguati nell’Unione europea, come prescritto dalla direttiva (UE) 2022/2041 che tenta di assicurare a tutti i lavoratori dell’Unione un salario minimo che sia in grado di dare risposta alle aspettative delle nuove generazioni e comunque arginare quel dumping salariale che mina sin dalle origini l’Europa come comune spazio di lavoro.
Si tratta di un innovativo cambio di paradigma che ha infine portato all’adozione di due recentissime direttive, la (UE) 2022/2464 c.d. Corporate Sustainability Reporting Directive e la (UE) 2024/1760 c.d. Corporate Sustainability Due Diligence Directive , con cui sono stati introdotti dettagliati obblighi di rendicontazione societaria su fattori anche di carattere sociale, quali pari opportunità, parità di genere, parità retributiva, formazione e sviluppo delle competenze, occupazione e inclusione dei lavoratori con disabilità, dialogo sociale, contrattazione collettiva e coinvolgimento dei lavoratori, equilibrio tra vita privata e ambiente di lavoro sano, rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali previsti dalla Carta Internazionale dei diritti umani, della Dichiarazione dell’ILO e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
D’altra parte la centralità della dignità del lavoro riguarda non solo la materia salariale, secondo quanto ricostruito da Alberto Pizzoferrato con riguardo anche agli appalti di servizi, ma a ben vedere ogni manifestazione del fenomeno lavorativo, tanto nel settore privato quanto in quello pubblico, come approfondito da Sandro Mainardi , e finanche le relazioni sindacali, come nel settore agroalimentare analizzato da Piera Campanella .
Si tratta di valori nuovi che contribuiscono alla costruzione di una nuova fattispecie di riferimento, il decent work, che riguarda i lavoratori subordinati così come gli autonomi, chiamati a conquistare nuove tutele dal basso per assicurarsi un lavoro dignitoso, che sia sicuro e sostenibile nel lungo periodo.
Ed è di tutta evidenza che il tema della tutela del lavoro dignitoso riguarda oramai anche il tessuto produttivo e le imprese, che non rappresentano più necessariamente il luogo del profitto, ma possono rivelarsi anche comunità organizzate in cui il potenziamento del welfare aziendale diviene strumento indispensabile per offrire una polizza sanitaria, un piano previdenziale, un supporto psicologico o anche del tempo per la cura personale e dei nostri cari.
In questi tempi di cambiamento la sfida è dunque dare concretezza alla nuova idea di lavoro che, mantenendo la dignità della persona che lavora al centro, inevitabilmente impone agli attori del sistema politico ed economico la promozione e tutela del decent work in un’economia globale che sia sostenibile e rispettosa dei diritti umani e del lavoro.
Ed è anche questa la ragione per la quale quest’opera collettanea si rivela un prezioso contributo all’approfondimento di una nuova direttiva di tutela che sicuramente orienterà il nostro lavoro nel corso dei prossimi anni.

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