TESTO INTEGRALE CON NOTE E BIBLIOGRAFIA
1. Tra esigenze di cura e di protezione della salute: la tutela dei lavorato-ri (e dei soggetti) fragili nel contesto dell’emergenza epidemiologica.
L'emergenza epidemiologica determinata dal diffondersi del virus SARS-CoV-2, causa del coronavirus disease 2019, malattia meglio nota con l'acronimo di COVID-19, ha posto delle sfide inedite alla nostra società, sfide che, peral-tro, non possono ancora dirsi vinte. La recente recrudescenza del virus, che non accenna ad arrestarsi, ci ha infatti definitivamente fatto comprendere, laddove ve ne fosse stato davvero bisogno, che dovremmo abituarci a convi-vere con la pandemia ed i suoi tragici effetti ancora a lungo . A questi devono poi aggiungersi le inedite ed energiche azioni intraprese dal legislatore allo scopo di far fronte ad un virus altamente infettivo e alla necessità di dover in-terrompere la catena di contagio, azioni che, inevitabilmente, hanno stravolto la quotidianità, nonché – per quanto ci riguarda – la tradizionale organizza-zione del lavoro all’interno di imprese e pubbliche amministrazioni.
Peraltro, nonostante il virus possa colpire indistintamente chiunque a pre-scindere dal ceto, dal sesso, dalla razza e da altre condizioni personali, è evi-dente come il dilagare dell’epidemia e le misure adottate allo scopo di fron-teggiarla possano mettere in situazioni di particolare svantaggio alcune cate-gorie di soggetti, tra i quali non possono non annoverarsi i lavoratori “fragi-li”, ovvero quei lavoratori la cui salute, in ragione dell’età, di una malattia (cronica) o di un handicap pregressi, rischi di essere irrimediabilmente com-promessa dal virus . Così, benché non sia certo stata l’unica categoria ad aver risentito in maniera particolare dei tragici effetti della pandemia, in questa se-de ci si concentrerà unicamente sulle tutele predisposte nei confronti dei la-voratori fragili, nonché – seppur incidentalmente – dei soggetti che, pur non rivestendo la qualità di lavoratore dipendente, debbano comunque conside-rarsi fragili . È infatti convinzione di chi scrive che, nel contesto de quo, le esi-genze di cura ed assistenza, di conciliazione vita-lavoro e di protezione della salute e della sicurezza di questa eterogena categoria di soggetti (e dei loro familiari lavoratori) siano meritevoli di una particolare e costante attenzione .
Ciò detto, in via del tutto preliminare, si avverte l'esigenza di precisare che il quadro giuridico che ci si accinge a descrivere, lungi dall'essersi ormai con-solidato, sia al contrario in continuo divenire e ben lontano dal trovare una definitiva sistematizzazione. Pertanto, le considerazioni che verranno svolte non potranno che avere come limite quello del quadro normativo vigente al momento in cui si scrive, circostanza che, comunque, non sminuisce il valore della ricostruzione che ci si appresta ad offrire, dovendosi riflettere sullo sta-tus di questa eterogenea categoria di lavoratori non solo de iure condito, ma al-tresì de iure condendo.
2. L’estensione dei permessi retribuiti di cui all’art. 33, c. 3, l. n. 104/1992.
Tra le prime misure riguardanti i soggetti fragili adottate nel contesto dell’emergenza epidemiologica si annovera l’estensione dei permessi retribuiti per l’assistenza ai disabili gravi di cui all’art. 33, c. 3, l. 5 febbraio 1992, n. 104 .
Infatti, allo scopo di incrementare il numero di permessi, il legislatore è in-tervenuto dapprima con l’art. 24, c. 1, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in l. 24 aprile 2020, n. 27, e poi con l’art. 73, c. 1, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito in l. 17 luglio 2020, n. 77. Così, se in un primo momento il numero di permessi di cui all’art. 33, c. 3, l. n. 104/1992 veniva incrementato «di ulte-riori complessive dodici giornate usufruibili nei mesi di marzo e aprile 2020» (art. 24, c. 1, d.l. n. 17/2020), in un secondo momento il beneficio de quo ve-niva esteso in proporzione identica anche ai mesi di maggio e giugno 2020 . Ratio dell’intervento, evidentemente, quello di consentire ai lavoratori familia-ri di questi soggetti di assentarsi dal lavoro per un numero di giorni superiore a quello normalmente consentito, sì da garantire loro cure ed assistenza ade-guate al mutato contesto.
In virtù del rinvio operato dall’art. 33, c. 6, l. n. 104/1992 al comma 3 della medesima disposizione, la misura in commento è da ritenersi operante anche nei confronti dei lavoratori che siano loro stessi in condizioni di disabilità grave, i quali, ai sensi del predetto art. 33, c. 6, possono avvalersi dei permes-si di cui all’art. 33, c. 3, in alternativa a quelli di cui al precedente comma 2 . Tanto chiarito, resta da dire che, nel caso dei lavoratori disabili gravi, l’incremento nel numero di permessi retribuiti a disposizione non risponde tanto all’esigenza di soddisfare bisogni di cura o di conciliazione vita-lavoro, bensì alla necessità di tutelare la salute e la sicurezza di soggetti che, in ragio-ne della loro disabilità, sono particolarmente esposti al rischio contagio, con-tagio che – verosimilmente – può verificarsi proprio nel luogo di lavoro.
Proseguendo, deve precisarsi come il beneficio di cui all’art. 24, c. 1, d.l. n. 18/2020, ai sensi dei successivi commi 2 e 2-bis, sia riconosciuto al personale sanitario e al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, della Polizia penitenziaria e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco solo compatibilmente con le esigenze organizzative dell’ente di appartenenza. In questi settori il be-neficio in discorso non può quindi essere trattato alla stregua di un diritto po-testativo come negli altri, essendone la fruizione condizionata – per ovvie ra-gioni – a preminenti esigenze di interesse pubblico. Trattasi, con tutta eviden-za, di un non facile bilanciamento tra diritti ed interessi costituzionalmente rilevanti, da un lato del singolo, dall’altro della collettività .
Infine, non resta che segnalare come il beneficio di cui all’art. 24, c. 1, d.l. n. 18/2020 non sia stato rinnovato, decisione forse assunta a fronte della si-tuazione epidemiologica dei mesi di maggio e giugno 2020 e del conseguente allentamento di alcune delle principali misure restrittive adottate dal legislato-re per contenere il dilagare dell’epidemia. La fine del lockdown e l’allentamento delle misure restrittive, peraltro, non si sono tradotti in un ripristino pieno ed immediato dei servizi di cura ed assistenza rivolti ai soggetti con handicap grave , né hanno diminuito i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori in condizioni di disabilità grave, sicché il mancato rinnovo del beneficio in di-scorso non può trovare alcuna giustificazione nelle predette circostanze, le quali potevano tuttalpiù fornire una valida ragione per provvedere ad una ri-modulazione del numero di permessi aggiuntivi.
3. L’esenzione dal servizio dei lavoratori fragili.
La prima misura specificatamente dedicata alla generalità dei lavoratori fragili e che ha in qualche modo fatto emergere tale nuova ed eterogenea ca-tegoria di soggetti, ricomprendente al suo interno anche i prestatori di lavoro con handicap grave, è costituita dall’art. 26, c. 2, d.l. n. 18/2020, norma che ha introdotto l’istituto dell’esenzione dal servizio .
Tale istituto – il cui termine finale di efficacia, inizialmente fissato al 30 aprile, è stato prorogato al 31 luglio 2020 dall’art. 74, c. 1, lett. a), d.l. n. 34/2020 – consente ai lavoratori dipendenti pubblici e privati affetti da handi-cap grave, nonché ai «lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivan-te da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgi-mento di relative terapie salvavita» di astenersi dal lavoro, per il periodo «pre-scritto dalle competenti autorità sanitarie, nonché dal medico di assistenza primaria […], sulla base documentata del riconoscimento di disabilità o delle certificazioni dei competenti organi medico-legali», periodo che, oltretutto, viene equiparato a ricovero ospedaliero . La ratio della disposizione, con tutta evidenza, va rintracciata anche in questo caso nella necessità di salvaguardare quei soggetti la cui salute, a causa di una condizione di fragilità, potrebbe es-sere irrimediabilmente pregiudicata dal virus e dai suoi effetti, ai quali, infatti, risultano maggiormente esposti rispetto alla generalità dei lavoratori.
Non si spiega, allora, il mancato rinnovo di tale misura, la quale, infatti, non figura tra quelle prorogate sino al 31 dicembre 2020 dal d.l. 30 luglio 2020, n. 83, convertito in l. 25 settembre 2020, n. 124. Accortosi della “svi-sta”, il legislatore è intervenuto mediante l’art. 26, c. 1-bis, d.l. 14 agosto 2020, n. 104, convertito in l. 13 ottobre 2020, n. 126, disposizione che, riscri-vendo daccapo l’art. 26, c. 2, d.l. n. 18/2020 senza peraltro apportarvi modi-fiche sostanziali, ha esteso alla data del 15 ottobre 2020 la possibilità di otte-nere l’esenzione dal servizio su provvedimento dell’autorità sanitaria. Tanto chiarito, l’errore non può comunque dirsi sanato del tutto: da un lato, perché si è venuto a creare un vuoto di tutela, un periodo scoperto nel corso del quale non è stato possibile richiedere l’esenzione dal servizio; dall’altro, a causa della limitatezza della proroga stessa.
Per il periodo successivo, infatti, il legislatore ha previsto nei confronti dei lavoratori fragili di cui all’art. 26, c. 2, d.l. n. 18/2020 una diversa e più scarna tutela, ovvero il ricorso, peraltro solo “di norma”, al lavoro agile. Ne conse-gue che, per il periodo successivo al 15 ottobre 2020, il lavoratore fragile che non possa essere adibito allo svolgimento delle proprie mansioni in modalità agili ai sensi dell’art. 26, c. 2-bis, d.l. n. 18/2020 non potrà più richiedere l’esenzione dal servizio con equiparazione del periodo di assenza a quello di ricovero ospedaliero, potendo tuttalpiù essere collocato – ove possibile – in malattia con decorso del periodo di comporto, in cassa integrazione guadagni oppure in aspettativa non retribuita , circostanza che lascia esterrefatti se sol si considera che i rischi per la salute e la sicurezza di questi soggetti non sono affatto mutati .
La situazione può dirsi solo in parte mutata a seguito dell’approvazione della legge di bilancio per l’anno 2021, provvedimento attraverso il quale il le-gislatore ha inteso ripristinare l’operatività dell’istituto dell’esenzione dal ser-vizio per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 ed il 28 febbraio del me-desimo anno (art. 1, c. 481, l. 30 dicembre 2020, n. 178). Infatti, per quanto apprezzabile, il ripensamento in extremis del legislatore non vale a cancellare né il ritardo, né il vuoto di tutela venutosi a creare nei mesi precedenti. Ele-menti – questi ultimi – che, oltretutto, sono in qualche modo propri anche del d.l. 22 marzo 2021, n. 41 – ancora in attesa di conversione in legge nel momento in cui si scrive – il quale, sebbene abbia esteso sino al 30 giugno 2021 la possibilità di ottenere l’esenzione dal servizio, peraltro limitatamente all’ipotesi in cui la prestazione lavorativa non possa essere resa in modalità agile ai sensi dell’art. 26, c. 2-bis, d.l. n. 18/2020 , è infatti intervenuto ben oltre la data del 28 febbraio 2021. Non può considerarsi un’esimente il fatto che, mediante l’art. 15, c. 3, d.l. n. 41/2021, il legislatore si sia premurato di disporre l’efficacia retroattiva – a partire dal 1° marzo 2021 – dell’art. 26, c. 2, d.l. n. 18/2020 così come modificato dallo stesso d.l. n. 41/2021, circostanza che infatti non vale a cancellare del tutto i disagi patiti dai lavoratori fragili nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e l’entrata in vigore del d.l. n. 41/2021, al quale – se non altro – va almeno riconosciuto il merito di aver fi-nalmente chiarito che «i periodi di assenza dal servizio [disposti ai sensi dell’art. 26, c. 2, d.l. n. 18/2020] non sono computabili ai fini del periodo di comporto» (art. 15, c. 1, lett. a), d.l. n. 41/2021), effetto che la sola equipara-zione a ricovero ospedaliero non era di per sé idonea a garantire.
4. La sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti al rischio contagio.
Altra misura predisposta nei confronti della generalità dei lavoratori fragili è la cosiddetta sorveglianza sanitaria eccezionale, istituto regolato dall’art. 83, c. 1, d.l. n. 34/2020 ed in base al quale «per garantire lo svolgimento in sicu-rezza delle attività produttive e commerciali in relazione al rischio di contagio da virus SARS-CoV-2, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza per rischio sanitario […], i datori di lavoro pubblici e privati assicurano la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti a ri-schio di contagio, in ragione dell'età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, anche da patologia COVID-19, o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbi-lità che possono caratterizzare una maggiore rischiosità». Trattasi, come emerge nitidamente da una prima lettura della disposizione, di una sorve-glianza sanitaria speciale e transitoria, nell’ambito della quale il controllo sani-tario non è focalizzato tanto sul rischio proveniente dalle mansioni svolte dal prestatore, quanto piuttosto su di una personale condizione di fragilità del singolo lavoratore . Qualora, a seguito del controllo sanitario, le cui modalità attuative sono invero piuttosto incerte , il lavoratore dovesse risultare inido-neo alle mansioni, l’art. 83, c. 3, si preoccupa di precisare che tale condizione «non può in ogni caso giustificare il recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro» , circostanza che può invece motivare l’adozione dei provvedimen-ti di cui all’art. 42 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81. A questo proposito, traspare un mancato coordinamento con l’istituto dell’esenzione dal servizio, in quanto solo l’astensione dal lavoro disposta ai sensi dell’art. 26, c. 2, d.l. n. 18/2020 è equiparata a ricovero ospedaliero e non è computata nel periodo di compor-to, il che – evidentemente – crea un vuoto di tutela . Da ultimo, si osservi come l’art. 90, c. 1, secondo periodo, d.l. n. 34/2020 abbia creato un collega-mento diretto tra sorveglianza sanitaria eccezionale, condizioni di fragilità e diritto allo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agili .
In merito alle finalità della norma in esame, è chiaro come l’intento della medesima sia quello di assicurare alla salute e alla sicurezza dei lavoratori fra-gili una particolare e adeguata protezione, motivo per cui la scelta di non in-cluderla tra le disposizioni la cui efficacia è stata prorogata al 31 dicembre 2020 dal d.l. n. 83/2020 lascia perplessi . Tale circostanza, ad ogni modo, non ha certo lasciato privi di tutele i lavoratori fragili, essendo in ogni caso il datore di lavoro tenuto a tutelare la loro salute e la loro sicurezza ai sensi dell’art. 2087 c.c. e delle prescrizioni contenute all’interno del d.lgs. n. 81/2008. Del resto, riprova ne sono, da un lato, le indicazioni operative rela-tive alla sorveglianza sanitaria cui debbono essere sottoposti i lavoratori fragi-li fornite dalla Circolare interministeriale 4 settembre 2020, n. 13 – che, in-fatti, riconduce la tutela dei lavoratori fragili nell’ambito della sorveglianza sanitaria “ordinaria” di cui all’art. 41 d.lgs. n. 81/2008 – e, dall’altro, le dispo-sizioni contenute all’interno del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavo-ro fra il Governo e le parti sociali del 14 marzo 2020, integrato il 24 aprile 2020 e da ultimo aggiornato in data 6 aprile 2021 . In particolare, stando alla ver-sione del Protocollo aggiornata al 24 aprile 2020, il medico competente ha il compito di «segnala[re] all'azienda situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti», sì da consentirle di «provvede[re] alla loro tutela nel rispetto della privacy» . Il Protocollo, sempre nella versione ag-giornata al 24 aprile 2020, suggerisce inoltre che il medico competente «sia coinvolto […] per le identificazioni dei soggetti con particolari situazioni di fragilità» e raccomanda che «la sorveglianza sanitaria ponga particolare atten-zione ai soggetti fragili anche in relazione all’età» . Cionondimeno, resta il fatto che la sorveglianza sanitaria eccezionale di cui all’art. 83, c. 1, d.l. n. 34/2020 – al pari delle misure sopra illustrate – rappresentasse un quid pluris rispetto alla normativa pregressa. Riprova ne è il fatto che lo stesso legislato-re, tornando sui propri passi, abbia deciso di inserire l’art. 83 d.l. n. 34/2020 nell’elenco delle disposizioni la cui efficacia è stata prorogata sino al termine dello stato di emergenza, e comunque non oltre il 30 aprile 2021, dal combi-nato disposto dell’art. 19, c. 1, d.l. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito in l. 26 febbraio 2021, n. 21, e dall’Allegato 1, n. 13, del medesimo decreto.
5. Lavoro agile e condizioni di fragilità.
La misura sulla quale il legislatore ha investito di più per tutelare la salute e le esigenze di cura e di conciliazione vita-lavoro dei lavoratori fragili è la stessa sulla quale ha puntato maggiormente per gestire la riconfigurazione degli spazi e dei tempi di lavoro nelle imprese e nelle pubbliche amministra-zioni: il lavoro agile.
Com’è ben noto, infatti, fin dalla comparsa dei primi focolai di contagio sul territorio nazionale, il legislatore ha inteso promuovere e semplificare il ricor-so all'istituto di cui al Capo II l. 22 maggio 2017, n. 81 quale presidio preven-zionistico nei luoghi di lavoro e per la salvaguardia della salute pubblica . Così, per tutta la durata dello stato di emergenza, allo scopo di contenere e contrastare la diffusione del virus, alcune delle regole e dei principi propri del lavoro agile hanno conosciuto e conoscono tuttora deroghe ed eccezioni di natura temporanea. Peraltro, in questa sede non interessa tanto illustrare la legislazione attraverso la quale il legislatore ha inteso promuovere e semplifi-care il ricorso al lavoro agile , quanto piuttosto dar conto delle disposizioni in materia di lavoro agile specificatamente dedicate ai lavoratori fragili.
Ai nostri scopi, dunque, è sufficiente ricordare che, ai sensi dell’art. 90, c. 4, d.l. n. 34/2020, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologi-ca da COVID-19, «la modalità di lavoro agile [...] può essere applicata dai da-tori di lavoro privati a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti» . Analogamente, anche le pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 87, c. 1, lett. b), d.l. n. 18/2020, «prescindono dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81» . Con riguardo agli effetti di tali disposizioni, pare evidente che quello principale – tanto nel settore dell'impiego privato, quanto in quello del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni – consista nell’aver consentito ai datori di lavoro di porre unilateralmente in smart working i propri dipendenti, determinandone l’an, il quantum e il quomodo.
Tanto chiarito, volendo vedere più nel dettaglio le disposizioni relative al “lavoro agile dell’emergenza” specificatamente dedicate ai lavoratori fragili, conviene prendere le mosse dall'art. 39 d.l. n. 18/2020, disposizione la cui ef-ficacia è stata da ultimo prorogata sino al 31 dicembre 2020 dal combinato disposto dell'art. 1, c. 3, e dell'allegato 1, n. 14, d.l. n. 83/2020. Ebbene, anzi-tutto, viene in rilievo l'art. 39, c. 1, ai sensi del quale, «fino alla cessazione del-lo stato di emergenza epidemiologica da COVlD-19, i lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con di-sabilità nelle condizioni di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agi-le [...], a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione».
Si osservi poi l'art. 39, c. 2, disposizione secondo la quale «ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell'accoglimento delle istanze di svolgi-mento delle prestazioni lavorative in modalità agile» e che – a differenza di quella di cui al comma precedente – non sembrerebbe scontare un'efficacia limitata al perdurare dello stato di emergenza, al quale del resto non fa alcun riferimento . Si è quindi di fronte ad una misura “strutturale” e, più preci-samente, ad un “diritto di precedenza” che va ad aggiungersi alle altre circo-stanze meritevoli di “priorità” già riconosciute dall'art. 18, c. 3-bis, l. n. 81/2017 . Eppure, a questo proposito, non può farsi a meno di rilevare come la disposizione di cui all'art. 39, c. 2, sconti una certa mancanza di coordina-mento proprio con l'art. 18, c. 3-bis. Non si capisce, infatti, perché – anziché intervenire con una disposizione ad hoc – il legislatore non abbia scelto di mo-dificare direttamente l'art. 18, c. 3-bis, ampliando il novero di situazioni meri-tevoli di “priorità”. Ad uno sguardo più attento, tuttavia, ci si accorgerà che se il diritto di cui all'art. 18, c. 3-bis, l. n. 81/2017 trova applicazione tanto nel pubblico quanto nel privato, quello di cui all'art. 39, c. 2, d.l. n. 18/2020 risul-ta invece esigibile solo nel secondo. La scelta di intervenire con una disposi-zione ad hoc, dunque, non sarebbe il frutto di una svista dovuta alla fretta le-gata all'emergenza, bensì il mezzo attraverso il quale escludere – in maniera consapevole ed arbitraria – i lavoratori pubblici dalla possibilità di beneficiare della misura in discorso.
Come se già non bastasse, simili osservazioni possono farsi anche con ri-guardo all'art. 39, c. 2-bis, norma in base alla quale «le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 [del medesimo articolo 39] si applicano anche ai lavoratori im-munodepressi e ai familiari conviventi di persone immunodepresse» . Infatti, dato l'espresso richiamo alla disposizione di cui all'art. 39, c. 2, anche quella di cui al comma 2-bis avrà come difetto quello di scontare un'efficacia limitata ai soli lavoratori impiegati nel settore privato. Ne consegue che i lavoratori immunodepressi e i familiari conviventi di persone immunodepresse che pre-stano la loro attività alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni – a rigo-re – non potranno usufruire del “diritto di precedenza” di cui all'art. 39, c. 2, il che appare del tutto irragionevole. Infatti, specie a seguito delle modifiche apportate dall'art. 26, c. 1-quinquies, lett. b), d.l. n. 104/2020, la norma di cui all'art. 87, c. 1, d.l. n. 18/2020 – la cui formulazione originaria prevedeva che, per tutta la durata dell’emergenza, il lavoro agile fosse la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni – non è più idonea ad assicurare gli stessi diritti riconosciuti dall'art. 39, commi 2 e 2-bis, d.l. n. 18/2020, disposizioni che del resto riconoscono un “diritto di precedenza” di carattere permanente non solo ai lavoratori immunodepressi, ma anche ai loro familiari conviventi. Al contrario, la disposizione di cui all'art. 87, c. 1, d.l. n. 18/2020 non solo non riconosce alcun diritto e non esplica i propri effetti nei confronti dei familiari dei pubblici dipendenti, ma ha pure cessato di produrre i propri effetti anteriormente alla cessazione dello stato di emergenza, in quanto – ai sensi dell'art. 263, c. 1, d.l. n. 34/2020 – le pubbliche amministrazioni non sono più tenute ad applicare il lavoro agile ovunque sia possibile, bensì unicamente «al 50 per cento del personale impie-gato nelle attività che possono essere svolte in tale modalità», tanto che oggi – in base alla nuova formulazione dell’art. 87, c. 1 – lo smart working non rap-presenta altro che «una delle modalità ordinarie di svolgimento della presta-zione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni».
A queste disposizioni si è aggiunta più di recente anche quella di cui all'art. 21-ter d.l. n. 104/2020. La norma, che ricalca in qualche modo quella di cui al predetto art. 39, c. 1, d.l. n. 18/2020, prevede che «fino al 30 giugno 2021, i genitori lavoratori dipendenti privati che hanno almeno un figlio in condizioni di disabilità grave riconosciuta ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore non lavoratore e che l'attività lavorativa non richieda necessariamente la presenza fisica, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali, fermo restando il rispetto degli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81». Da segna-lare, ancora una volta, l'inspiegabile esclusione dei lavoratori pubblici dal di-ritto de quo, nonché l'abbandono del criterio della compatibilità tra mansioni e lavoro agile in favore di quello della non necessaria presenza fisica, criterio che sembra lasciare maggiore discrezionalità in capo al datore di lavoro. Quanto alle finalità, la disposizione in esame è chiaramente diretta a soddisfa-re le esigenze di cura ed assistenza di una specifica categoria di soggetti fragi-li, favorendo al contempo la conciliazione vita-lavoro dei genitori lavoratori che abbiano un figlio con handicap grave. Da ultimo, non si può non osservare come il diritto attribuito dall’art. 21-ter d.l. n. 104/2020 sia destinato ad ope-rare ben oltre la data del 30 aprile 2021, sicché – a meno di ulteriori proroghe del “lavoro agile semplificato” – sorgerà il problema di come conciliare il di-ritto allo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità smart con la vo-lontarietà propria dell'istituto di cui al Capo II l. n. 81/2017, il quale – all'art. 18, c. 1 – richiede oltretutto che le modalità di svolgimento della prestazione vadano definite d'accordo tra le parti, problema che si porrebbe altresì nell’ipotesi in cui i diritti di cui si sta discutendo divenissero “strutturali” .
Appartiene a questo complesso di disposizioni anche l'art. 90, c. 1, secon-do periodo, d.l. n. 34/2020, norma che così recita: «il […] diritto allo svolgi-mento delle prestazioni di lavoro in modalità agile è riconosciuto, sulla base delle valutazioni dei medici competenti, anche ai lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio da virus SARS-CoV-2, in ragione dell'età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da comor-bilità che possono caratterizzare una situazione di maggiore rischiosità accer-tata dal medico competente, nell'ambito della sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 83 del presente decreto, a condizione che tale modalità sia compa-tibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa». Il diritto riconosciuto dalla disposizione in commento non sembra fare alcuna differenza tra pubbli-co e privato e – al pari dei diritti di cui all'art. 39 d.l. n. 18/2020 – sembra ri-spondere alla necessità di tutelare la salute di soggetti considerati particolar-mente fragili ed esposti al rischio contagio. Da segnalare, peraltro, come il di-ritto in discorso – ai sensi del combinato disposto dell'art. 1, c. 3, e dell'alle-gato 1, n. 32, d.l. n. 83/2020 – sia stata prorogato solo sino al 31 dicembre 2020 e, dunque, allo stato attuale, non sia più esigibile.
Da ultimo, si segnala l'art. 26, c. 1-bis, d.l. n. 104/2020, il quale, aggiun-gendo un comma 2-bis all’art. 26 d.l. n. 18/2020, ha disposto che «a decorrere dal 16 ottobre e fino al 30 giugno 2021, i lavoratori fragili di cui al comma 2 svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraver-so l'adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svol-gimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto» . La disposizione, che pure ricalca quella di cui all’art. 90, c. 1, secondo perio-do, d.l. n. 34/2020 quanto a contenuti e finalità, se ne discosta perché non subordina il riconoscimento del beneficio in parola all’esito della sorveglianza sanitaria (eccezionale), lasciando purtuttavia qualche dubbio in ordine alle modalità di coordinamento tra le due disposizioni, dubbi che peraltro, vista la mancata proroga della misura di cui all’art. 90, c. 1, possono oramai ritenersi superati . Ad ogni modo, ciò che più balza all’occhio è l’utilizzo dell’espressione “di norma”, la quale – verosimilmente – complicherà non poco l’attuazione della disposizione in esame. Per il momento, è sufficiente osservare come non si tratti di un diritto assoluto, anche se la facoltà di adibi-re il lavoratore «a diversa mansione […] o [al]lo svolgimento di specifiche at-tività di formazione professionale anche da remoto» non sembri lasciare poi tanta discrezionalità in capo al datore di lavoro in ordine alla possibilità di ri-chiedere la presenza del lavoratore in azienda, concedendo espressamente la disposizione de qua diverse alternative pur di consentire a quest’ultimo di non recarsi sul luogo di lavoro. Si ricordi, oltretutto, che la misura testé illustrata è andata a sostituirsi – per il periodo compreso tra il 15 ottobre ed il 31 dicem-bre 2020 – alla possibilità di ottenere l’esenzione dal servizio, circostanza che induce ad interpretare quel “di norma” restrittivamente, coerentemente del resto con la finalità di tutela della salute e della sicurezza propria della dispo-sizione in commento . Tanto chiarito, non resta che segnalare come, al pari di quanto già osservato a proposito dell’istituto dell’esenzione dal servizio, anche l’efficacia del diritto de quo sia stata prorogata sino al 30 giugno 2021 dall’art. 15, c. 1, lett. b), d.l. n. 41/2021 con un certo ritardo, ritardo al quale il legislatore ha tentato di porre rimedio disponendo l’efficacia retroattiva del-la proroga stessa, la quale – infatti – trova applicazione a far data dal 1° mar-zo 2021.
Illustrato brevemente il quadro normativo , tornando per un momento al-la questione relativa all'efficacia nel tempo del disposto di cui all'art. 39, c. 1, d.l. n. 18/2020, non è da escludere che tale disposizione possa in qualche modo “sopravvivere” alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19. Pare infatti verosimile che, una volta terminato lo stato di emergenza, i lavoratori in condizioni di fragilità di cui all'art. 90, c. 1, secondo periodo, d.l. n. 34/2020 e di cui all'art. 26, c. 2-bis, d.l. n. 18/2020 o di disabi-lità grave di cui all'art. 39, c. 1, d.l. n. 18/2020 possano usufruire del “diritto di precedenza” di cui al successivo comma 2 del medesimo art. 39. Del resto, è assai comune che la condizione di disabilità grave di cui all'art. 3, c. 3, l. n. 104/1992 e le situazioni di fragilità di cui agli artt. 90, c. 1, secondo periodo, d.l. n. 34/2020 e 26, c. 2-bis, d.l. n. 18/2020 si manifestino in gravi e compro-vate patologie comportanti una riduzione della capacità lavorativa, cioè nel requisito d'accesso posto dall'art. 39, c. 2, d.l. n. 18/2020. Di tale diritto, ad ogni modo, non potrebbero servirsi i lavoratori del settore pubblico, non ri-compresi tra i soggetti beneficiari del diritto riconosciuto da quest'ultima di-sposizione. Inoltre, si tratta di un mero “diritto di precedenza”, non di un ve-ro e proprio diritto allo svolgimento della prestazione in modalità agili. Più incisiva ed efficace potrebbe allora rivelarsi la possibilità di ricondurre i diritti riconosciuti in capo ai lavoratori disabili gravi e a quelli in condizioni di fragi-lità alla nozione di accomodamento ragionevole cui hanno diritto i lavoratori disabili ai sensi e per gli effetti della normativa antidiscriminatoria di matrice comunitaria , purché – ovviamente – le condizioni personali di tali prestatori siano tali da integrare la nozione di handicap rilevante ai fini del diritto eurou-nitario, ovvero «una limitazione, risultante in particolare da menomazioni fisi-che, mentali o psichiche durature, che, in interazione con barriere di diversa natura, può ostacolare la piena ed effettiva partecipazione dell'interessato alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori» . Non pare invece che questo discorso possa essere esteso a quella parte dell'art. 39, c. 1, d.l. n. 18/2020 che riconosce ai lavoratori che abbiano nel proprio nucleo fa-miliare una persona con disabilità grave il diritto a svolgere la propria presta-zione di lavoro in modalità agili. Lo stesso dicasi con riguardo al diritto di cui all’art. 21-ter d.l. n. 104/2020. È infatti da escludersi in questo caso la possibi-lità di percorrere la via dell'accomodamento ragionevole , diritto del quale possono godere esclusivamente i lavoratori il cui handicap integri la nozione comunitaria di disabilità e non anche i lavoratori che abbiano all'interno del proprio nucleo familiare una persona con disabilità cui prestino assistenza, i cosiddetti caregivers . Peraltro, non può nemmeno escludersi che le disposi-zioni di cui si sta discutendo possano essere “stabilizzate” dallo stesso legisla-tore – magari nell'ambito dell'attuazione della dir. 2019/1158/UE relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i presta-tori di assistenza , oppure in sede di modifica della l. n. 81/2017 – assu-mendo, così, carattere permanente . Né, infine, va dimenticato il ruolo delle parti sociali, le quali – pur nel rispetto di quanto previsto dall’art. 18, c. 3-bis, l. n. 81/2017 – ben potrebbero riconoscere ai lavoratori fragili un “diritto di precedenza” o un vero e proprio diritto soggettivo al lavoro agile .
Resta ancora da segnalare come la possibilità di invocare i diritti ricono-sciuti dalle summenzionate disposizioni – ad eccezione del diritto di cui all'art. 26, c. 2-bis, d.l. n. 18/2020 – sia subordinata alla condizione che le mansioni svolte dal lavoratore possano essere rese in modalità agili o, come dice il legislatore, «a condizione che tale modalità sia compatibile con le carat-teristiche della prestazione». Ad ogni modo, qualora ricorra una delle esigen-ze individuate dal legislatore e siano soddisfatte le ulteriori condizioni poste dall'art. 39, commi 1 e 2-bis, d.l. n. 18/2020 o – in alternativa – dall'art. 90, c. 1, secondo periodo, d.l. n. 34/2020 oppure dall’art. 21-ter d.l. n. 104/2020 (che però adotta il differente criterio della non necessaria presenza fisica nel luogo di lavoro), scatterà per il datore di lavoro l'obbligo di “concedere” il la-voro agile ai soggetti destinatari di tali disposizioni , avendo del resto la leg-ge riconosciuto loro un vero e proprio diritto soggettivo . Si segnala, tutta-via, come le disposizioni testé esaminate nulla dicano in merito alle modalità di svolgimento della prestazione di lavoro a distanza, le quali – presumibil-mente – stante la vigenza della normativa relativa al “lavoro agile dell'emer-genza”, saranno determinate dal datore di lavoro sia nel quantum che nel quo-modo anche qualora il lavoratore abbia un vero e proprio diritto allo smart wor-king , con l'unica precisazione che la regolamentazione eventualmente impo-sta dovrà in ogni caso essere funzionale al perseguimento delle finalità sottese a tali diritti.
Da ultimo, pare doveroso rammentare come su questa variegata normativa si sia formata la prima giurisprudenza in materia di lavoro agile, giurispru-denza sulla quale vale la pena svolgere almeno un paio di considerazioni, se non altro perché consente di cogliere quanto i diritti riconosciuti dalle dispo-sizioni testé illustrate possano costituire un bene giuridico di valore non indif-ferente per i prestatori di lavoro aventi particolari esigenze di cura, di conci-liazione vita-lavoro o di tutela della salute. Riprova ne è il fatto che ciascuna controversia relativa alla materia de qua sia stata instaurata ex art. 700 c.p.c., ovvero tramite procedimento d'urgenza. Rinviando ad altri contributi ogni eventuale approfondimento in merito alle vicende sottese agli arresti in di-scorso , vale allora almeno la pena di segnalare l'attenzione dedicata nei vari giudizi di merito alle “condizioni oggettive” richieste dalle suddette disposi-zioni per l'ottenimento del diritto oggetto del contendere, ovvero la verifica della compatibilità tra la modalità di lavoro agile e le caratteristiche della pre-stazione resa dal lavoratore. Accertata la sussistenza delle “condizioni sogget-tive”, infatti, l'analisi dei giudici di merito si è concentrata sulla verifica della ricorrenza di questo profilo “oggettivo”, giudizio nel quale la discrezionalità e l'apprezzamento del singolo giudice rivestono un peso determinante. Dubbi sorgono invece con riguardo alla portata delle modifiche organizzative impo-nibili dal giudice al datore di lavoro allo scopo di dare attuazione alle disposi-zioni che attribuiscono al lavoratore un diritto allo svolgimento della presta-zione lavorativa in modalità agili, stante infatti il limite imposto dall'art. 41, c. 1, Cost., limite che peraltro sembra in qualche modo superabile proprio alla luce della giurisprudenza in tema di accomodamenti ragionevoli .
6. Un’occasione per rivalutare il lavoro di cura ed assistenza e le esigen-ze di tutela dei lavoratori fragili.
Giunti a questo punto, è d’obbligo una riflessione di carattere generale sul-le misure sopra descritte. Valutate singolarmente, infatti, non possono dirci un granché sul complesso di tutele predisposto nei confronti dei lavoratori fragili. Considerate congiuntamente, al contrario, possano darci un’idea del livello di tutela assicurato agli stessi nel contesto dell’emergenza in corso.
Ebbene, complessivamente considerate, le misure adottate dal legislatore, seppur non esenti da critiche, creano un corpus normativo che – tutto somma-to – può considerarsi idoneo a soddisfare – almeno in parte – le esigenze di cura ed assistenza e di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori fragili. Da un lato, l’esenzione dal servizio, dall’altro, qualora il lavoratore continui a prestare la propria opera: la sorveglianza sanitaria eccezionale, il lavoro agile e, per i (lavoratori) disabili gravi, i permessi aggiuntivi di cui all’art. 33, c. 3, l. n. 104/1992. Sennonché, tali misure non hanno sempre tro-vato contestuale applicazione, né la loro efficacia è stata sempre prorogata con la dovuta tempestività. Alcune di esse, come i permessi aggiuntivi di cui all’art. 33, c. 3, l. n. 104/1992, inoltre, hanno cessato di trovare applicazione ormai da tempo. La scelta di attenuare e diminuire le forme di tutela messe in campo per proteggere i lavoratori fragili a fronte di un affievolimento, peral-tro apparente, dell’emergenza epidemiologica lascia dunque basiti, sia perché le condizioni che avevano indotto il legislatore ad introdurle non sembrano affatto mutate, sia perché – anche una volta rientrata l’emergenza – tali sog-getti sembrano comunque destinati a patirne a lungo e più degli altri gli stra-scichi. Pertanto, dato l’attuale quadro epidemiologico, non può che auspicarsi un ripensamento del legislatore, sul quale grava altresì l’onere di dare al più presto ordine e coerenza alla confusa e magmatica produzione normativa re-lativa al diritto del lavoro dell’emergenza, oggi assai poco intellegibile.
Ciò detto, viene comunque spontaneo chiedersi se ed in quale misura que-sta ricca e variegata normativa emergenziale possa “sopravvivere” al contesto nel quale è maturata e che ne ha fondato l'adozione. In effetti, la normativa relativa all'emergenza epidemiologica da COVID-19 va esaminata non solo nella prospettiva delle tutele destinate ad operare nell'immediato, ma – in un’ottica di progressivo superamento dell’emergenza – anche in quella delle esperienze applicative che lasceranno un segno nel diritto e nell'organizzazio-ne del lavoro. Peraltro, almeno relativamente all’ambito de quo, il pronostico non è dei migliori. Se, infatti, molte delle misure illustrate hanno cessato già oggi, nel pieno dell’emergenza, di produrre i propri effetti, la speranza che possano essere “interiorizzate” dall’ordinamento sono davvero poche. Del re-sto, alcune di esse – si pensi in particolare alla sorveglianza sanitaria eccezio-nale e all’esenzione dal servizio – trovano la loro raison d’être proprio nello sta-to di emergenza epidemiologica, stato che è per definizione contingente . L’unica eccezione, allo stato attuale, sembra rappresentata da quella parte della normativa relativa al “lavoro agile dell’emergenza” che attribuisce ai la-voratori fragili un diritto più o meno assoluto allo svolgimento della presta-zione lavorativa in modalità agili, disposizioni la cui “stabilizzazione” è stret-tamente legata all’organizzazione del lavoro e – più precisamente – alla revi-sione dei modelli di organizzazione del lavoro, tema che a sua volta richiama il ruolo della contrattazione collettiva. In particolare, buone speranze di dive-nire strutturali le hanno i diritti attribuiti ai lavoratori che abbiano all’interno del proprio nucleo familiare una persona con handicap grave o che siano loro stessi disabili gravi, diritti infatti idonei a soddisfare esigenze di cura e di con-ciliazione vita-lavoro che si proiettano ben oltre l’orizzonte temporale della pandemia e la cui emersione non è certo imputabile a quest’ultima, la quale – infatti – si è tuttalpiù limitata a rendere macroscopiche situazioni di fragilità diffuse, ma sovente dimenticate. Da questo punto di vista, si impone altresì l’esigenza di una riflessione sistematica sul concetto stesso di fragilità, concet-to il cui utilizzo, infatti, non andrebbe circoscritto al contesto della pandemia – dovendosene tener conto, ad esempio, nella predisposizione di un ambiente di lavoro volto a promuovere la salute ed il benessere organizzativo secondo le migliori pratiche di diversity management – e che, oltretutto, si presenta co-me fortemente dinamico , potendo finanche essere accostato ad un altro e ben più noto concetto, quello di vulnerabilità .
In conclusione, a dispetto dei pronostici, non si può fare a meno di osser-vare come l’emergenza in corso rappresenti – tanto per il legislatore, quanto per le parti sociali , le quali, proprio nel contesto della pandemia, si sono re-se protagoniste di un inaspettato dinamismo in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, mettendo altresì in evidenza tutti i benefici che possono derivare da una gestione condivisa e partecipata delle tematiche rela-tive alla prevenzione e alla sicurezza nei luoghi di lavoro – un’immancabile occasione per valorizzare e dare adeguata protezione al lavoro di cura ed assi-stenza e alle esigenze di tutela dei lavoratori fragili: il primo ancora privo di un adeguamento riconoscimento giuridico (si pensi, ad esempio, alla figura del caregiver familiare) , le seconde troppo spesso trascurate o – peggio – sa-crificate di fronte ad altri interessi e ai costi che il loro soddisfacimento com-porta .