Testo integrale con tabelle e note

Delibera Regione Lombardia n. XI/164

INTESA per la realizzazione di interventi urgenti a contrasto del fenomeno infortunistico e per la tutela della Salute e Sicurezza negli ambienti di lavoro tra Regione Lombardia e Le Segreterie Regionali di CGIL, CISL, UIL

Decreto Regione Lombardia  N. 18954 Del 20/12/2019

Il 2021 ha segnato un progresso nella lotta alla pandemia da Covid-19 con una parziale ripresa delle attività produttive accompagnate nei primi mesi dell’anno da un aumento del fenomeno degli infortuni sui luoghi di lavoro. Ad una valutazione sommaria la ripresa dell’attività si accompagna all’aumento degli eventi infortunistici, ma non possiamo fermarci alla superficie del fenomeno.

L’analisi dei dati è sempre complessa e richiede qualche cautela poiché le fonti (Inail sul livello nazionale e regionale, ATS sul livello regionale lombardo) hanno diverse modalità di acquisizione del dato.

I dati su base nazionale mostrano nell’arco temporale 2013 – 2017 un calo complessivo degli infortuni, compresi quelli con esito mortale, attestandosi a 650000 infortuni e oltre 1100 morti su base annuale. Quindi la riduzione, seppur lieve, non si può interpretare come un miglioramento complessivo di un paese che vuole ascriversi alla civiltà del lavoro.

anno

infortuni

mortali

MP

2017

641084 di cui in itinere 101039

1112

58029

2016

641597 di cui in itinere 98242

1142

60248

2015

637231 di cui in itinere 95514

1301

58914

2014

663630 di cui in itinere 96322

1178

57370

2013

695008 di cui in itinere 99297

1254

51822

       

Per contro, Regione Lombardia, che interpreta la sua dinamica economica come uno dei “4 motori d’Europa”[1] attesta, nel contesto nazionale, un dato complessivamente in aumento nel dato infortunistico mortale negli ultimi anni. La stessa afferma che “sulla base dei dati presenti nel Registro regionale alimentato dalle segnalazioni che i Servizi PSAL inseriscono nel Sistema Informativo della Prevenzione Person@ - Ma.P.I. - l'aumento di infortuni mortali sul lavoro, misurato sul periodo gennaio/settembre, è stato di +75% anno 2014 vs anno 2019 e di +51% anno 2018 vs anno 2019”.

Gli infortuni nei luoghi di lavoro non sono mai solo numeri. Ogni infortunio mortale corrisponde ad una vita persa, ad un lavoratore che non rivedrà più il domani e i suoi cari. Condizione che produce dolore e senso di smarrimento in chi è costretto a vivere l’evento luttuoso in modo inaspettato e violento. E spesse volte anche il corpo del familiare che vive l’episodio nefasto ne subisce conseguenze talvolta fatali, anche se in modo non immediato. La violenza improvvisa è sopraffacente, è tale che opprime il senso dell’umanità e il valore stesso dell’essere umano, che quando è posto nella responsabilità di imprenditori con scarsa cultura del lavoro assume la stessa valenza di un ingranaggio nel processo produttivo.

La CGIL, da sempre impegnata su questo fronte si è posta il tema di come affrontare la questione in modo risolutivo e raggiungere l’obiettivo infortuni zero, anche se per ottenere la giusta attenzione delle istituzioni si è reso necessario nel 2018 nel 2019 e poi ancora nel 2021 chiamare lavoratici e lavoratori a manifestazioni, talvolta anche spontanee.

Sebbene siano attivi luoghi istituzionali di confronto con Regione Lombardia e con l’Assessorato al Welfare, a partire dalla cabina di regia e dal Comitato regionale di coordinamento ex art. 7, D.Lgs 81/2008, non registriamo scelte politiche rilevanti e l’individuazione di adeguate risorse per il sistema istituzionale deputato ai controlli o per azioni incisive.

Per circostanziare queste valutazioni, faremo un breve excursus di quanto accaduto negli ultimi anni.

Nel 2018, a seguito di una serie di drammatici infortuni mortali si è arrivati alla definizione della delibera n.XI/164 del 29 maggio 2018 (ALLEGATO 1), che assegnava le risorse derivanti dalle sanzioni comminate dalle ATS al reclutamento di Tecnici della Prevenzione destinati alla vigilanza del fenomeno infortunistico. Corre l’obbligo di ricordare che tale previsione è di carattere legislativo, prevista dall’art.13, comma 6 del D. Lgs 81/08, pertanto si è trattato di applicare quanto già previsto dalla legislazione corrente.

Se la Giunta regionale si limita agli stanziamenti derivati dai proventi delle sanzioni comminate alle imprese, allora siamo molto lontani dai temi della responsabilità attribuita alle Regioni e lontanissimi da un vero sistema di prevenzione. Da parte dello Stato dovrebbe esserci l’intervento dell’INL (Ispettorato Nazione del Lavoro) che però non riesce a decollare, facendo di fatto venire a mancare la necessaria vigilanza, che di per sé non sarebbe sufficiente ad evitare tutta l’emergenza infortunistica, ma (come dicono studi di settore) potrebbe essere ridotta almeno del 30%.  

Ma la lotta al fenomeno infortunistico necessita di chiari indirizzi politici, non il mero adempimento di quanto già previsto dalla legge.

Riportiamo sinteticamente il prospetto delle acquisizioni di tecnici della prevenzione in capo alle singole ATS nel territorio lombardo, come previste dalla DGR n.XI/164 del 29 maggio 2018.

Le Agenzie di Tutela della Salute sono di recente istituzione in Lombardia quindi il raffronto sui dati degli organici è possibile solo dal 2016, anche se il riferimento agli “operatori equivalenti in servizio al 2016”, sempre dall’analisi dei documenti di Regione Lombardia mostra una drastica riduzione degli stessi, a causa del pensionamento del personale o della destinazione ad altra mansione. SI può stimare complessivamente un organico di circa 700 unità contro le 1100 che si rendono necessarie.

E’ importante sottolineare che sono necessari mix professionali specifici, dal Medico del Lavoro al Tecnico della Prevenzione, oltre a competenze specifiche fra cui chimici, fisici, ingegneri.

Rimarchiamo anche un elemento ovvio per le organizzazioni sindacali ma che evidentemente per vincoli economici e ancora una volta per la mancanza di determinazione politica non viene recepito

Il turn-over non si può realizzare senza il dovuto passaggio di consegne e di competenze fra le figure, quindi assumere nuove risorse, magari che hanno appena concluso il ciclo di studi, senza il dovuto affiancamento con i professionisti a fine carriera è uno spreco di competenze che non ci possiamo permettere. Non solo nel campo della sicurezza del lavoro.

Quindi la programmazione, di fatto non sufficiente o quasi assente nei dipartimenti di prevenzione in Lombardia è un elemento chiave per il processo di prevenzione.

Ancora nel 2019, sempre a seguito di una ulteriore serie di drammatici eventi con esito mortale e sempre a seguito di manifestazioni sindacali uniate CGIL CISL e UIL, sollecitando l’intervento del Presidente si è ottenuto un accordo con le OOSS e un impegno alla destinazione delle risorse derivanti sempre dalle sanzioni erogate dagli Enti di Vigilanza (ALLEGATO 2).

L’intesa è poi stata recepita con la delibera n. XI/2464 DEL 18 novembre 2019 “Interventi urgenti a contrasto del fenomeno infortunistico”. (ALLEGATO 3).

Quindi nell’ambito di un accordo fra le parti, abbiamo ottenuto  l’impegno, ulteriore rispetto al 2018, delle istituzioni alla realizzazione di interventi urgenti a contrasto del fenomeno infortunistico e per la tutela della Salute e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro.

Schema di riferimento dell’intesa

Presentiamo brevemente i punti qualificanti del protocollo che possono costituire un utile riferimento anche per gli sviluppi futuri.

Uno dei punti fondamentali dell’intesa fra Regione Lombardia e organizzazioni sindacali è il rafforzamento dei servizi ispettivi, assegnato agli PSAL delle ATS, in coerenza con la previsione della precedente delibera del 2018.

Nello specifico si prevede la “attuazione e monitoraggio del rafforzamento organizzativo e funzionale dei Servizi Prevenzione, Sicurezza Ambienti di Lavoro (PSAL) dei Dipartimenti di Igiene e Prevenzione Sanitaria delle ATS che si sostanzia in assunzioni a tempo indeterminato, calcolato per il periodo 2016-2019, avendo a riferimento gli operatori equivalenti in servizio nel 2016, e attraverso l'utilizzo dei proventi delle sanzioni (ex D.Lgs 758/1994, art. 13 D.Lgs 81/2008), nel rispetto della vigente norma, a tempo determinato fissato in 36 mesi”.

Poiché, come sarà argomentato nel seguito, la prevenzione efficace non si esaurisce nella azione ispettiva, seppur importante, nella stessa intesa sono individuati altri punti qualificanti per le organizzazioni sindacali.

Nell’ottica della qualificazione professionale dei soggetti che saranno coinvolti nei servizi ispettivi  e nella individuazione dei Piani Mirati della Prevenzione, si è previsto di “individuare, attraverso l'Accordo coi Rettori delle Università che offrono il corso di laurea in Tecniche della Prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro (Università degli studi di Milano, Brescia e Pavia), un "core curriculum" che, in continuità con i percorsi attivati, consenta di integrare, ovvero ulteriormente sviluppare, moduli tecnici, funzionali a veicolare conoscenze/competenze tecnico scientifiche (principalmente in ambito ingegneristico e chimico) legate all'attività ispettiva propria dei Servizi Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (PSAL) delle ATS”. Alla data odierna il gruppo di lavoro che favorisce il raccordo fra Rettori è alle fasi inziali.

Specificatamente per il settore edile e per la cantieristica, settori con peculiarità operativa, soggetti a specifica legislazione, nonché a un elevato tasso infortunistico, anche legato al tema del subappalto si è convenuto, sempre nell’intesa in oggetto, di “realizzare, con l'Ispettorato Interregionale del Lavoro, un Report consuntivo annuale dell'attività di vigilanza, utile all'analisi congiunta gli interventi svolti nei cantieri edili ed alla successiva definizione della programmazione dei controlli in edilizia”. Questo punto è in fase di reportistica che viene presentata nelle riunioni di Comitato regionale di coordinamento (ex art. 7, D.Lgs 81/08).

Nell’ottica di rafforzamento dei servizi ispettivi, assegnato agli PSAL delle ATS, uno dei punti dell’intesa era la “costituzione di una task force all'interno del Comitato regionale di coordinamento (ex art. 7, D.Lgs 81/08) coordinato dalla DG Welfare, con il ruolo di definizione e monitoraggio delle attività di controllo e, in particolare, quelle esplicate attraverso i Piani Mirati di Prevenzione, definiti con dgr XI/164/2018”, anche al fine di definire gli standard, sia di risorse umane che di risorse materiali e strumentali, dei servizi stessi. Recentemente, con decreto n.8031 del 11 giugno 2021, la direzione generale welfare di regione Lombardia ha costituito il gruppo di lavoro.

Non solo, ma la effettiva sicurezza dei luoghi di lavoro si realizza anche attraverso la “cultura diffusa su questi temi, che richiedono una formazione trasversale a tutti i processi formativi. Per questa ragione si è otteuito di definire uno specifico Accordo con l'Ufficio Scolastico Regionale e con INAIL Lombardia, volto all'inserimento della competenza SSL nei Percorsi per le Competenze Trasversali e per l'Orientamento (PCTO), a vantaggio degli studenti più prossimi al mondo del lavoro, e negli istituti scolastici di primo grado.

Ultimo punto dell’intesa è “l’aggiornamento del Repertorio regionale degli Organismi Paritetici (ex Circolare Regionale del 17 settembre 2012, n 7, pubblicata su BURL 38 Serie Ordinaria - Giovedì 20 settembre 2012) con il contributo delle parti sociali per offrire alle aziende un riferimento certo nell'individuazione dei soggetti di cui all'art. 51 del D.Lgs 81/2008”. Questo è un punto determinante per garantire che la formazione, di cui si è parlato anche in relazione alla diffusione della “cultura della sicurezza”, sia effettiva ed efficiente, rivolta specificatamente alla mansione o lavorazione pericolosa che svolgono lavoratrici e lavoratori, evitando quindi la semplice attestazione di formazione, che troppo spesso si esaurisce al solo certificato. Ancora una volta il si tratta di affermare che la sicurezza sul lavoro non può ridursi a mero adempimento burocratico.

ANALISI DELL’APPLICAZIONE DELLA DELIBERA E PROBLEMI APERTI

Sebbene l’intesa raggiunta possa costituire un utile quadro di riferimento per affrontare la tematica infortunistica, a oltre due anni dalle delibere le assunzioni programmate sono ridotte a meno di una decina di figure professionali, i budget previsionali non spesi come risulta dai bilanci pubblicati dalle varie ATS. L’anno della pandemia giustifica solo parzialmente questa situazione.

Dobbiamo altrettanto ricordare che gli obiettivi minimi di ispezioni nei luoghi di lavoro, i LEA, definiti a livello nazionale sono pari al 5% del totale delle aziende presenti sul territorio.

Regione Lombardia afferma di sperarli, andare oltre il 6-7 % ma su oltre cinquecentomila imprese si arriva a circa 35000 verifiche annue, quindi per le imprese un’alta probabilità di non essere mai ispezionati.

D’altra parte se il fronte ispettivo è importante non può essere il cardine della prevenzione, il deterrente ispettivo e sanzionatorio non si può sostituisce al processo di valutazione del rischio che richiede la conoscenza, la formazione e  in primis l’assunzione di responsabilità in capo al datore di lavoro che trae profitto dalla prestazione d’opera delle lavoratrici e degli infortuni.

SI impone una riflessione sulle responsabilità morali e politiche. Farsi carico delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è solo un valore etico del lavoro, della dignità della persona? E’ compito solo del sindacato? Perché la politica e la società non se ne fanno carico in modo adeguato?

Si è reso necessario, da parte nostra, in contatto con le realtà produttive e le reali condizioni di lavoro analizzare le cause degli infortuni e individuare possibili soluzioni radicali.

Un primo aspetto da evidenziare è che le cause di infortunio sono note e ricorrenti, come le cadute dall’alto, nel settore edilizio ma non solo, l’urto con parti meccaniche in movimento, asfissia o intossicazione da sostanze chimiche o dalla assenza di ossigeno.  Il fatto che in presenza di cause note non si applichino le misure preventive previste dalla norma tecnica mostra la scarsa conoscenza del rischio, della sua percezione da parte della lavoratrice e del lavoratore a partire dal datore di lavoro.

Additare a semplice distrazione o peggio ancora fatalità la genesi di questi eventi non è solo una semplificazione del fenomeno o forse un tentativo di deresponsabilizzare dei veri colpevoli, è spesso una mancanza di rispetto alle vittime degli infortuni stessi. Se un lavoratore non percepisce il rischio, lo sottovaluta o non lo conosce non è forse mancata l’informazione e la formazione preventiva?

Un secondo aspetto rilevante è attribuire alla sicurezza sul lavoro e agli adempimenti legislativi previsti il semplice ruolo di “adempimenti burocratici”, non l’effettiva prevenzione del rischio connesso con l’attività lavorativa, ben lungi dal garantire la salute intesa come stato di completo benessere psicofisico non consistente nella sola assenza di una malattia.  E’ ancora una volta ledere la dignità delle donne e degli uomini che lavorano e che contribuiscono alla produttività del nostro paese.

Si tratta di dare attuazione all’art.2087 del codice civile, un caposaldo della nostra legislazione oltra alla costituzione: “L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

 

Questi aspetti, per noi strategici, sono stati recepiti nel protocollo di intesa del novembre 2019, ma siamo ancora in attesa della piena applicazione dello stesso, che continua ad essere un utile schema di riferimento, applicabile anche ad altri ambiti e territori.

Solo quando saremo in grado di assumere la determinazione e l’impegno che la produttività di questo paese si realizza pienamente solo attraverso la piena dignità del lavoro, la tutela delle condizioni di salubrità, forse solo allora, a infortuni zero, saremo un paese civile.

 

 

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