testo integrale con note e bibliografia
1. La tutela della contrattazione collettiva dei lavoratori autonomi offerta dalla giurisprudenza della Corte di giustizia attraverso la de-finizione in senso restrittivo dell’ambito oggettivo di applicazione degli artt. 101 e ss. TFUE
Nel settembre 2022 la Commissione europea ha adottato gli “Orientamenti sull'applicazione del diritto della concorrenza dell'Unione agli accordi collettivi concernenti le condizioni di lavoro dei lavoratori autonomi individuali” (2022/C 374/02). Questo documento è l’atto conclusivo di una lunga attività istruttoria commissionata dalla Direzio-ne generale Concorrenza in merito alle condizioni dei lavoratori auto-nomi nel mercato dell’Unione, alla normativa e alle prassi dei Paesi membri riguardo alla liceità e alle condizioni della contrattazione collet-tiva di questi, nonché agli effetti attuali e potenziali, ove si legittimasse a livello europeo tale contrattazione e si addivenisse a una diffusione della stessa, sia sui corrispettivi dei lavoratori autonomi sia sui prezzi dei ser-vizi per i consumatori finali.
Il quadro emerso da tale indagine è di una profonda e variegata diffe-renziazione di situazioni fattuali e normative tra i Paesi membri. Persino la disciplina nazionale della contrattazione collettiva dei lavoratori auto-nomi è risultata ampiamente diversa: l’ordinamento polacco prevede espressamente il diritto di contrattazione collettiva dei lavoratori auto-nomi privi di dipendenti; alcuni ordinamenti nazionali vietano questo di-ritto anche a detta tipologia di lavoratori autonomi (Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Un-gheria, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Romania, Slovacchia); altri ordinamenti consentono di negoziare collettivamente le condizioni di lavoro ai lavoratori autonomi che si trovano in situazioni di dipen-denza economica (Germania, Portogallo, Slovenia, Spagna, Svezia); altri ancora riconoscono questo diritto soltanto per alcuni settori e per speci-fiche tipologie di lavoratori autonomi, per lo più ai platform workers (Au-stria, Francia, Grecia, Italia); infine vi sono ordinamenti nazionali in cui o si prevede specificatamente che detta contrattazione sia esentata dal rispetto della disciplina antitrust o comunque l’autorità nazionale ha adottato delle linee interpretative che legittimano tale esenzione (rispet-tivamente Irlanda e Paesi Bassi).
La complessità di questo quadro complessivo ha indotto la Com-missione a comprimere le proprie ambizioni e ad accantonare sin da su-bito l’obiettivo di addivenire a una proposta di direttiva o piuttosto di un regolamento in deroga alle previsioni dell’art. 101 TFUE da sotto-porre all’approvazione del Consiglio. La Commissione ha invece pru-denzialmente preferito una soluzione soft di carattere interpretativo, adottando delle guidelines circa le modalità con cui la stessa intende ap-plicare la disciplina della concorrenza alla contrattazione collettiva dei lavoratori autonomi.
L’iniziativa della Commissione ha preso le mosse dal vivace dibattito suscitato dalla sentenza della Corte di Giustizia FNV Kunsten che ha parzialmente sottratto la contrattazione collettiva dei lavoratori auto-nomi al giogo della disciplina della concorrenza , affermando che “… il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che la disposizione di un con-tratto collettivo di lavoro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, contenente tariffe minime per i prestatori autonomi di servizi, affiliati a una delle organizzazioni di lavoratori parti del contratto, che svolgono per un datore di lavoro, in forza di un contratto d’opera, la stessa attività dei lavoratori subordinati di tale datore di lavoro, esula dall’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE solo qualora tali prestatori siano «falsi autonomi», ossia prestatori che si trovano in una situazione paragonabile a quella di detti lavoratori”.
In altra sede ho già argomentato come sia indebitamente riduttiva una lettura di questa sentenza che finisca per circoscrivere la patente di legittimità attribuita dalla Corte di giustizia soltanto alla contrattazione collettiva dei lavoratori autonomi falsamente qualificati tali, dissimulan-do cioè un rapporto contrattuale che in realtà si svolge nelle forme del lavoro subordinato. D’altronde una tale conclusione era già implicita nella sentenza Albany , che da tempo ha chiarito che la contrattazione collettiva dei lavoratori subordinati è esentata dalla disciplina a tutela della concorrenza a condizione che persegua l’obiettivo sociale della “… ricerca comune di misure volte a migliorare le condizioni di occupazione e di lavo-ro” .
Nella sentenza FNV Kunsten la Corte di giustizia ha invece inteso fa-re un passo ulteriore: estendere l’area di esenzione della contrattazione collettiva dall’ambito della disciplina della concorrenza dai lavoratori subordinati qualificati tali dalle legislazioni nazionali a tutti coloro che, seppur qualificati come lavoratori autonomi in quei contesti normativi, non possano tuttavia essere ricondotti alla nozione di “impresa” coniata dal diritto euro-unitario della concorrenza. La Corte di giustizia, infatti, in questa sentenza ha disegnato “per sottrazione” l’area di esenzione della contrattazione collettiva dalla disciplina della concorrenza, ricom-prendendovi ogni forma praticata da “lavoratori” senza ulteriori agget-tivazioni, e dunque anche falsamente o genuinamente qualificati come autonomi, a condizione che non rispondano ai caratteri dell’“impresa”, neppure individuale. Al riguardo la Corte ha significativamente precisa-to che “… un prestatore di servizi può perdere la qualità di operatore economico indipendente, e dunque d’impresa, qualora non determini in modo autonomo il pro-prio comportamento sul mercato, ma dipenda interamente dal suo committente, per il fatto che non sopporta nessuno dei rischi finanziari e commerciali derivanti dall’attività economica di quest’ultimo e agisce come ausiliario integrato nell’impresa di detto committente” .
Nella giurisprudenza della Corte di giustizia, dunque, si riscontra una perfetta identificazione tra la nozione di “lavoratore autonomo” genui-no e quella di “impresa” individuale. Secondo il consolidato orientamen-to dei giudici di Lussemburgo “nel contesto del diritto della concorrenza la qualifica di impresa si applica a qualsiasi entità che esercita un’attività economica, a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità di finanziamento” e “co-stituisce un'attività economica qualsiasi attività che consista nell'offrire beni o servi-zi su un determinato mercato” . In conformità a tale nozione, dunque, deve ritenersi “economica” ogni attività per cui sussista un mercato, attuale o solo potenziale, di domanda e offerta a titolo oneroso dei beni o dei servizi da produrre o da scambiare. La Corte di giustizia, tuttavia, ha sempre negato che il “lavoro” prestato personalmente da un individuo possa in quanto tale esser considerato un bene o un servizio commer-cializzato in detto mercato “rilevante” ai fini degli art. 101 e ss. TFUE laddove quel lavoratore si limiti a offrire in cambio di un corrispettivo le proprie prestazioni a un committente, che a sua volta se ne avvalga in seno alla propria organizzazione produttiva per realizzare un prodotto finale offerto a una potenziale pluralità di consumatori sul mercato, de-cidendone il prezzo e le condizioni di vendita .
2. - La diversa tecnica “rimediale” della Commissione UE attraver-so l’individuazione delle tipologie di lavoratori autonomi vulnerabi-li
Seppur, come anticipato, l’iniziativa della Commissione abbia preso le mosse proprio dalla sentenza FNV Kunsten, si è poi decisamente volta in altra direzione evitando con accuratezza di misurarsi con i complessi problemi definitori - per fattispecie - di “impresa individuale o persona-le” e di “mercato di beni e servizi” al fine di delimitare l’ambito di ap-plicazione degli artt. 101 e ss. TFUE. La Commissione ha invece prefe-rito pragmaticamente un approccio “rimediale”, di certo meno rigoroso sul piano sistematico, ma che potrebbe rilevarsi più efficace sul piano operativo della garanzia di strumenti di tutela collettiva in favore dei la-voratori autonomi in condizione di vulnerabilità.
La Commissione non è ricorsa alle categorie “manichee” proprie del diritto europeo della concorrenza utilizzate dalla Corte di giustizia, ma piuttosto a quelle “tipologiche” emerse nel dibattito giuslavoristico in tutti i Paesi membri sulle nuove forme di lavoro autonomo e sul tipo di tutela giuridica che queste reclamano, elevando a categoria qualificatoria il «lavoratore autonomo individuale» e, in particolare, “i lavoratori au-tonomi individuali paragonabili a lavoratori subordinati”. Questi, se-condo la nozione adottata dalla Commissione, sono quei lavoratori, che, pur non soddisfacendo le condizioni per essere considerati “falsi auto-nomi” secondo i criteri chiariti dalla Corte di giustizia nella sentenza FNV Kunsten, tuttavia: a) si trovano in una situazione di “dipendenza economica”, allorché, in media, almeno il 50 % del loro reddito da lavo-ro totale provenga da un’unica controparte, in un periodo di uno o due anni (punto 24), oppure b) lavorano «fianco a fianco» con lavoratori subordinati svolgendo mansioni identiche o simili (punto 26) , o ancora c) “lavorano tramite piattaforme di lavoro digitali”(punto 29) .
Anche laddove non ricorrano queste ipotesi di analogia con la condi-zione del lavoratore subordinato, la Commissione ritiene che la contrat-tazione collettiva dei lavoratori autonomi individuali possa comunque essere esentata dal rispetto della disciplina della concorrenza in due ul-teriori ipotesi di carattere residuale: a) nei casi in cui detta contrattazio-ne sia espressamente autorizzata dalla legislazione europea o anche da quella nazionale, ma a condizione che quest’ultima risulti perseguire l’obiettivo sociale di compensare lo squilibrio di potere contrattuale di alcune categorie di lavoratori autonomi individuali rispetto ai propri committenti (punto 36), oppure b) nel caso che detta contrattazione in-teressi lavoratori che intrattengono rapporti con una controparte o con controparti che dispongono di un certo livello di forza economica, e quindi di un determinato potere di acquisto, a fronte del quale potreb-bero avere un potere contrattuale insufficiente ad influire sulle proprie condizioni di lavoro (punto 33). Tale squilibrio contrattuale si presume qualora i lavoratori autonomi individuali negozino con una o più con-troparti che rappresentano l’intero settore o l’intera industria, oppure negozino con una controparte il cui fatturato totale annuo e/o il cui bi-lancio totale annuo supera i due milioni di euro o che si avvalga di al-meno 10 persone, oppure con più controparti che insieme superano una di queste soglie (punto 34).
3. - Luci e ombre del bilanciamento tra diritto della concorrenza e diritto della contrattazione collettiva proposto negli “Orientamen-ti” della Commissione
Emerge con evidenza dagli esempi indicati negli Orientamenti della Commissione (cfr. in particolare esempio n. 5) che l’esenzione dal ri-spetto della disciplina della concorrenza da parte della contrattazione collettiva dei lavoratori autonomi individuali, sia che questi si trovino in condizioni analoghe a quelle dei lavoratori subordinati sia che si trovino in condizioni di debolezza contrattuale, è autorizzata non in modo asso-luto, ma esclusivamente nei medesimi termini “relativi” dettati dalla sentenza Albany, e cioè a condizione che per la loro “natura” e il loro “oggetto” siano volte a migliorare il trattamento contrattuale applicato ai lavoratori . Rimangono invece soggetti alla disciplina della concor-renza tutti quegli accordi che, pur avendo come parti lavoratori auto-nomi individuali e/o loro associazioni di rappresentanza, disciplinino di-rettamente o indirettamente il prezzo o i termini di vendita di un bene o un servizio nel mercato dei consumatori finali.
Gli Orientamenti della Commissione, ciononostante, segnano uno scarto significativo rispetto alla posizione espressa dalla Corte di giusti-zia, anche da ultimo con la sentenza FNV Kunsten. La Commissione ha chiaramente abbandonato la logica sistemica regola-eccezione nel dise-gnare il rapporto intercorrente tra diritto della concorrenza e diritto alla contrattazione collettiva, che impone quale percorso ermeneutico obbli-gato – per giungere a legittimare la negoziazione collettiva dei lavoratori autonomi in merito all’entità del loro corrispettivo – quello di delimitare in senso restrittivo gli ambiti oggettivi e soggettivi di applicazione degli artt. 101 e ss. TFUE. Il par. 2 lett. a) dello stesso art. 101, infatti, nel dettare una presunzione assoluta di anticoncorrenzialità di ogni accordo collettivo tra operatori economici sul prezzo del servizio , finisce inevi-tabilmente per precludere la compatibilità con la disciplina della concor-renza di qualsivoglia contrattazione collettiva dei lavoratori autonomi che ricada nel suo ambito di applicazione e abbia ad oggetto la determi-nazione di un compenso minimo inderogabile individualmente, che è in-vece l’oggetto principe della contrattazione dei lavoratori subordinati.
La Commissione si è liberata di questo vincolo sistemico sposando con convinzione una ratio ricostruttiva del rapporto tra diritto della con-correnza e diritto alla contrattazione collettiva in termini sostanzialmen-te di bilanciamento tra valori fondanti. A conforto di questa opzione ermeneutica, che si fonda necessariamente sul presupposto della pari-ordinazione dei due diritti, la Commissione nelle premesse dei suoi Orientamenti passa significativamente in rassegna tutte le tappe evolu-tive percorse dall’ordinamento euro-unitario dopo la sentenza Albany. Non solo l’art. 3, par. 3, TUE stabilisce che l’Unione promuove «un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale», ma a questo si è poi aggiunto l’art. 9 TFUE che stabilisce che «nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione tiene conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un’adeguata protezione sociale, la lotta contro l’esclusione sociale e un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana» . A tal fine l’art. 152 TFUE riconosce l’importante ruolo del dialogo sociale e della contrattazione collettiva impegnando l’Unione a «facilitare il dia-logo tra le parti sociali, nel rispetto della loro autonomia» . Ma soprat-tutto il Trattato di Lisbona ha attribuito alla Carta dei diritti fondamen-tali dell’Unione europea vincolatività giuridica nei medesimi termini del-le altre disposizioni del Trattato e questa Carta, all’art. 28, ricompren-de tra i diritti fondamentali garantiti proprio il diritto di negoziazione e di azioni collettive .
È inevitabile che, quando per operare detto bilanciamento si debba ricorrere a categorie qualificatorie “generali” che si fondano su dati fat-tuali, quali la “prossimità” al lavoro subordinato, la “dipendenza eco-nomica” o ancor più lo “squilibrio di potere contrattuale”, si deve scon-tare un inevitabile tasso di soggettivismo valutativo del giudice e la con-seguente incerta prevedibilità dell’esito di tale valutazione applicata al caso concreto. Ma occorre tenere in considerazione che la soluzione in-terpretativa adottata dalla Commissione è forse il risultato più avanzato in termini di tutela del diritto della contrattazione collettiva dei lavora-tori autonomi cui la stessa potesse giungere facendo appello soltanto al-le sue attribuzioni “a normativa invariata”, e cioè senza coinvolgere il Consiglio e sottoporre a questo la proposta di adottare un atto norma-tivo.
Sin dalle prime battute della sua istruttoria la Commissione ha accan-tonato l’idea di richiedere al Consiglio di adottare un regolamento di de-roga per esentare la contrattazione collettiva dalla disciplina della con-correnza per perseguire finalità sociali, come invece sarebbe stato pos-sibile ai sensi dell’art. 103, par. 2, lett. c) TFUE. La debolezza della tipo-logia di atto prescelto è, dunque, il tallone di Achille dell’iniziativa della Commissione: gli orientamenti applicativi della disciplina della concor-renza sono vincolanti soltanto per la Commissione e non impegnano né il Consiglio, né la Corte di giustizia, né tantomeno le autorità nazionali antitrust ad adottare la medesima lettura degli artt. 101 e ss. TFUE proposta dalla Commissione. Rimane quindi il punto di interrogativo circa il se e la misura in cui detti orientamenti saranno in grado di con-vincere ed orientare nella medesima direzione le altre istituzioni europee e nazionali nell’esercizio dei loro poteri regolativi o giudiziali.