Testo integrale con note e bibliografia
1. Il lavoro agile nella gestione della fase emergenziale.
Il Protocollo nazionale sottoscritto dalle Parti sociali nel dicembre del 2021, all’esito del confronto promosso dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, richiama, all’articolo 3, il diritto del lavoratore agile alla disconnessione, affrontando un tema che ha assunto nei lunghi mesi della pandemia e del lavoro agile “emergenziale” una crescente rilevanza, in ragione della massiva diffusione di tale modalità di lavoro e della significativa incidenza che ha avuto sugli equilibri personali e familiari di milioni di lavoratrici e lavoratori, tanto nel settore pubblico che in quello privato.
Fin dai primi provvedimenti emergenziali adottati dal Governo per contenere la pandemia da SARS-CoV-2 e poi nello stesso “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” sottoscritto dalle Parti sociali il 14 marzo 2020 (e successivamente aggiornato il 6 aprile 2021), il lavoro agile è stato individuato come la modalità preferita di svolgimento della prestazione lavorativa, nell’ottica di favorire quanto più possibile il distanziamento fisico e ridurre in tal modo il rischio di contagio.
La pandemia, dunque, ha d’un tratto imposto di svuotare - per quanto possibile - i tradizionali luoghi di lavoro, riversando altrove la gran parte dei lavoratori che hanno dovuto imparare a conciliare la vita lavorativa con quella privata e familiare.
Durante le fasi di elaborazione e di progressiva condivisione del Protocollo nazionale adottato dalle Parti sociali, il confronto sulla disconnessione si è sviluppato principalmente sulla base di due fattori.
In primo luogo, la previsione contenuta all’articolo 19 della legge n. 81 del 2017, che - nell’introdurre nel nostro ordinamento la disciplina del lavoro agile - ha espressamente sancito per il lavoratore il diritto alla disconnessione, demandando tuttavia all’accordo individuale la definizione concreta e puntuale delle modalità attuative di tale principio.
Un secondo elemento, di maggiore novità, è quello introdotto dal legislatore nel pieno della fase emergenziale, con il decreto-legge 13 marzo 2021, n. 30, che, con la legge di conversione, ha sostanzialmente ribadito all’articolo 2, comma 1-ter, il diritto alla disconnessione per il lavoratore che svolge la propria attività in modalità agile.
Si tratta di una disposizione che, nella prima parte, riprende sostanzialmente il principio già sancito nella legge n. 81/2017, richiamando in particolare il rispetto di eventuali accordi intervenuti tra le parti. Mentre il secondo periodo del comma 1-ter aggiunge al quadro regolatorio un riferimento esplicito alla tutela dei tempi di riposo e della salute del lavoratore.
La stessa disposizione, inoltre, mette al riparo il lavoratore che intende esercitare il diritto alla disconnessione da eventuali conseguenze sfavorevoli, sia sul piano del regolare svolgimento del rapporto di lavoro che dei relativi trattamenti retributivi.
Il legislatore ha voluto, in tal modo, rispondere alle preoccupazioni che si sono manifestate, da più parti, in relazione ai potenziali effetti distorsivi prodotti dal dilagante ricorso al lavoro agile durante la fase emergenziale, con particolare riferimento al rischio, per il lavoratore, di restare vittima di una “trappola da connessione”.
Peraltro, il dibattito sull’argomento aveva già, in più occasioni, messo in dubbio la reale utilità della disposizione contenuta all’articolo 19 della legge n. 81/2017, in quanto ritenuta priva di strumenti idonei a garantirne l’effettiva applicabilità e garantire concreta ed efficace tutela del lavoratore.
La previsione introdotta con il decreto-legge n. 30/2021 risponde dunque a tali rilievi, laddove espressamente stabilisce che l’esercizio del diritto alla disconnessione lascia indenne il lavoratore dalle più comuni conseguenze che possono riguardare la prosecuzione del rapporto di lavoro o la relativa retribuzione.
2. Una riflessione collettiva e le sfide del futuro.
Il tema del diritto alla disconnessione, del suo effettivo esercizio da parte del lavoratore e delle necessarie tutele continua a rimanere centrale nel confronto sulle nuove forme in cui il lavoro può essere svolto al di fuori dell’impresa o dell’ufficio.
Si tratta, evidentemente, di una “riflessione collettiva” ancora in divenire, che certamente potrà giovarsi della significativa esperienza (per ampiezza e durata) acquisita nel corso della pandemia e che coinvolge, seppure da prospettive e con sensibilità diverse, i commentatori, le Parti sociali e il legislatore.
Oggetto del confronto è sostanzialmente l’individuazione degli strumenti e delle modalità concrete attraverso cui il modello organizzativo “fluido” che caratterizza il lavoro agile sia ugualmente in grado di assicurare, con la necessaria effettività, la tutela di diritti fondamentali del lavoratore, in particolare per quanto attiene ai limiti dell’orario di lavoro e, più in generale, alla salute e sicurezza.
L’esperienza di questi ultimi anni ci ha dimostrato che tale esigenza emerge con tutta la sua attualità tutte le volte in cui la prestazione lavorativa viene resa al di fuori degli schemi e dei contesti che tradizionalmente connotano il luogo di lavoro.
E infatti, l’aver spostato la prestazione di lavoro in ambienti diversi da quelli che abitualmente siamo abituati a considerare, costituisce uno degli elementi peculiari del lavoro agile: il regolatore – che sia il legislatore o l’autonomia collettiva – è chiamato ad occuparsi non dell’oggetto della prestazione lavorativa (che in molti casi rimane sostanzialmente invariato) quanto piuttosto del come e del dove essa viene resa dal lavoratore agile.
Ciò conduce alla necessità di ripensare i modelli organizzativi e i paradigmi finora utilizzati, con l’obiettivo di rendere le nuove modalità di lavoro pienamente funzionali ai rispettivi interessi del datore di lavoro e del lavoratore e, nel contempo, in grado di garantire l’effettiva tutela dei diritti fondamentali del lavoratore agile.
Con il Protocollo nazionale del dicembre 2021, le Parti sociali hanno convenuto, all’articolo 3, sulla necessità di richiamare le “disposizioni normative vigenti” in materia di disconnessione e di individuare, di volta in volta, la fascia di disconnessione nella quale il lavoratore non è tenuto ad erogare la prestazione lavorativa. E’ stato, inoltre, ribadito l’obbligo di adottare “specifiche misure tecniche e/o organizzative per garantire la fascia di disconnessione.”, in analogia al principio già affermato dalla legge n. 81/2017.
Nello spirito del Protocollo nazionale, che intende fornire linee di indirizzo per la futura contrattazione collettiva, si è preferito inserire una previsione di ampio respiro, da utilizzare tutte le volte in cui l’autonomia collettiva sarà chiamata a declinarne il principio in relazione alle esigenze dei diversi contesti produttivi e in coerenza con i modelli organizzativi di volta in volta adottati.
In tal senso, il Protocollo nazionale si muove lungo il percorso già a suo tempo indicato dal legislatore del 2017, ovvero di delegare all’autonomia sindacale il compito di individuare le soluzioni più adeguate alle singole situazioni.
3. Il ruolo della contrattazione nel settore privato e in quello pubblico.
Spetterà quindi alle Parti sociali il compito di accompagnare datori di lavoro e lavoratori lungo il percorso dell’articolazione del diritto alla disconnessione e della relativa tutela, avuto riguardo ai diversi contesti lavorativi e declinando per essi le modalità e gli strumenti più idonei a rendere effettivo tale istituto. Siamo in presenza di un “cantiere” in pieno fermento, nel quale l’autonomia collettiva è chiamata, ai diversi livelli in cui si svilupperà la contrattazione, a compiere scelte consapevoli e sostenibili, in grado di contemperare efficienza e produttività con il pieno rispetto delle tutele e dei diritti.
Fin dall’inizio della pandemia il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha favorito e ospitato il confronto tra le Parti sociali per individuare, in maniera condivisa, gli strumenti più efficaci per rispondere alle nuove sfide imposte dalla pandemia e dal lockdown.
I Protocolli che ne sono scaturiti, dapprima quelli sulle misure di prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 e sulla vaccinazione nei luoghi di lavoro e, più recentemente, quello sul lavoro agile testimoniano la particolare vitalità del dialogo sociale e la sua attitudine ad individuare con tempestività percorsi condivisi e soluzioni efficaci.
Anche la contrattazione collettiva del pubblico impiego, valorizzando l’esperienza maturata durante la pandemia, con l’Accordo sul rinnovo del CCNL del Comparto funzioni centrali del 5 gennaio 2022 ha regolato in maniera più puntuale il lavoro agile, inteso come una delle modalità con cui può essere svolto il lavoro a distanza.
Con particolare riferimento alla disconnessione, il recente Accordo riafferma tale diritto in caso di lavoro agile e prova a declinarne puntualmente il contenuto.
Si prevede, infatti, che nelle fasce orarie di disconnessione al lavoratore agile “non sono richiesti i contatti con i colleghi o con il dirigente per lo svolgimento della prestazione lavorativa, la lettura delle e-mail, la risposta alle telefonate e ai messaggi, l’accesso e la connessione al sistema informativo dell’Amministrazione.”.
Diversamente, il medesimo Accordo sembra non prevedere l’istituto della disconnessione per il lavoro da remoto, inteso come modalità di svolgimento della prestazione lavorativa attraverso la (mera) modificazione del luogo di adempimento della prestazione lavorativa rispetto alla “sede dell’ufficio al quale il dipendente è assegnato.”.
In questa ipotesi, infatti, il lavoratore è tenuto al rispetto degli stessi vincoli di orario previsti per il lavoro svolto presso la sede dell’ufficio, con il conseguente rispetto delle disposizioni in materia di orario di lavoro.
Si configura, quindi, una modalità di lavoro a distanza caratterizzata da minore flessibilità e “libertà organizzativa” da parte del lavoratore nello svolgimento della prestazione, che lo metterebbe nei fatti al riparo dal rischio di pericolose slabbrature dell’orario di lavoro. Da qui la mancata previsione del diritto alla disconnessione, ritenendo che in questo caso non sia necessario prevedere specifiche limitazioni all’orario di lavoro e forme di tutela della salute del lavoratore.
4. Quale evoluzione per il quadro normativo?
Mentre va in stampa questo breve contributo, è iniziata in Commissione XI della Camera dei deputati la discussione sul Testo unificato delle proposte di legge in materia di lavoro agile.
E’ l’occasione per avviare il confronto su un provvedimento che, nel fare sintesi delle diverse proposte di legge presentate, possa aggiornare e completare la disciplina del lavoro agile contenuta nella legge n. 81/2017, definendo in maniera più precisa anche il diritto alla disconnessione, inteso come “diritto di estraniarsi dallo spazio digitale e di interrompere la connessione” dalla strumentazione tecnologica e dalle piattaforme informatiche in uso, senza incorrere in “effetti negativi di natura disciplinare o decurtazioni retributive”.
Oltre che sulla legge n. 81 del 2017, il Testo unificato in discussione propone di intervenire anche sul decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (cd. Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), in particolare sull’articolo 29, comma 3, prevedendo che il datore di lavoro nell’effettuare la valutazione dei rischi tenga conto anche di quelli connessi ai modi della disconnessione e ai tempi di riposo del lavoratore.
Nell’attesa di poter seguire il confronto in sede parlamentare e la progressiva evoluzione del testo finora elaborato, un elemento di novità può già cogliersi nel riferimento esplicito alla tutela del lavoratore agile da sanzioni disciplinari, in caso di esercizio del diritto alla disconnessione. Un’affermazione certamente più esplicita rispetto all’assenza di “ripercussioni sul rapporto di lavoro” prevista dal decreto-legge n. 30/2021.