testo integrale con note e bibliografia
1 Organizzazioni rappresentative
La prestazione svolta dai lavoratori che utilizzano l’intermediazione delle piattaforme digitali è connotata da aspetti che ostacolano la possibilità di una loro incontestabile ricomprensione all’interno della subordinazione piuttosto che dell’autonomia.
In Italia, come in Francia, gli interventi legislativi non hanno mai preso una solida posizione rispetto al loro status, ma lasciano aperte diverse possibilità in relazione al caso concreto e la giurisprudenza più volte è intervenuta riqualificando il rapporto di lavoro fittiziamente – a sua detta – considerato autonomo dietro al quale si celava, invece, la prestazione di lavoro subordinato . In generale, comunque, si registra una preferenza per l’inquadramento della categoria nell’alveo dell’autonomia. Tale classificazione, tuttavia, non rappresenta un ostacolo nell’immaginare di organizzare per loro un dialogo sociale, meccanismo storicamente legato alla figura del lavoratore subordinato.
È interessante notare come in Francia il legislatore sia intervenuto per chiarire quali organismi si debbano far carico di questa attività, ossia, quali siano i criteri per etichettare le organizzazioni come rappresentative dei lavoratori autonomi delle piattaforme digitali. Nel Code du travail all’art. L. 2121-1 C.t. si prevedono sette criteri per misurare la rappresentatività delle organizzazioni rispetto ai lavoratori subordinati. Essi sono: il rispetto dei valori repubblicani; l’indipendenza; la trasparenza finanziaria; l’anzianità minima di un anno nel settore di riferimento; la percentuale almeno dell’8% dei voti raccolti alle elezioni per misurare la rappresentatività nel settore, la cd. audience syndicale; l’influenza esercitata nel campo; il numero di aderenti e i contributi. A questi indici il legislatore si è rifatto, con i necessari adattamenti, per misurare la rappresentatività delle organizzazioni nel settore dei lavoratori autonomi in questione.
Invece, in Italia si riscontra da parte del legislatore un modus operandi strategicamente prudente di fronte a parti sociali piuttosto aggressive. Per quanto riguarda i criteri di rappresentatività necessari all’assunzione della qualità di attore ai tavoli della contrattazione collettiva, le stesse parti sociali hanno disposto nell’Accordo Interconfederale del 2011, per quanto riguarda il lavoro subordinato, che si faccia riferimento alla combinazione, effettuata dal Cnel , del dato formale del numero di iscritti – la cd. “rappresentatività associativa” – e della quantità di voti raccolti alle elezioni delle RSU – la cd. “rappresentatività eletta” –, criterio ribadito poi dal T.U. sulla Rappresentanza del 2014 . L’indice minimo di rappresentatività viene fissato al 5% . Coloro che supereranno questa soglia saranno attori della negoziazione nazionale. Entrambi i criteri possono considerarsi rispettare il principio di democrazia sindacale, dando rilevanza a quelle che sono le preferenze espresse dai lavoratori, tratto che accomuna i due Paesi. Anche la giurisprudenza ha avuto un ruolo cardine nella fissazione di tali criteri: da ultima la Corte Costituzionale nella sentenza n. 231 del 2013 ha dato rilevanza alla partecipazione dell’organizzazione alla contrattazione collettiva , oltre ad un consistente numero di aderenti tra i lavoratori del settore interessato, la sua diffusione geografica e una diretta implicazione in conflitti o scioperi . Nulla si dice, però, in merito al lavoro autonomo.
1.1 Lo spirito di iniziativa italiano
In Italia, restando sempre connessi alle piattaforme online, proprio via internet gli operatori hanno iniziato ad aggregarsi spontaneamente ed auto-organizzarsi al fine di comunicare e confrontarsi sulle tematiche sociali, dando così vita a sindacati informali, “ossia organizzazioni dei lavoratori nate al di fuori degli spazi sindacali tradizionali articolate su base cittadina” . L’informalità dell’organizzazione si ricollega, inoltre, al mancato riconoscimento della natura subordinata della prestazione alla quale fa da pendant l’esclusione dei lavoratori dall’accesso alla rappresentanza ordinaria , ma non solo: essi sono nati anche in risposta all’inerzia dei sindacati tradizionali . Le più conosciute tra queste organizzazioni di ciclofattorini che compongono il “sindacalismo di strada” sono Riders Union Bologna (RUB), Roma, Firenze, Deliverance Milano – “che dal primo maggio 2020 si è fatta promotrice della costituzione della rete nazionale “Rider X i Diritti”, un coordinamento nazionale in cui si sono riunite tutte le esperienze sindacali dei riders attivi nei territori” – e Deliverance Project Torino. Ciascuna delle Unions agisce secondo dei propri schemi.
RUB, sindacato informale nato nell’ottobre del 2017, per potersi affermare ha dovuto affrontare diverse sfide: in questo settore il turnover è molto elevato e spesso le prestazioni vengono svolte da ragazzi giovani che percepiscono il loro incarico come un impiego temporaneo e, di conseguenza, non hanno interesse ad impegnarsi e farsi portatori di rivendicazioni; dall’altro lato si collocano, invece, coloro per i quali questo rapporto rappresenta la base del loro sostentamento quotidiano e, impauriti da ritorsioni da parte della piattaforma nel caso di una loro mobilitazione, facevano un passo indietro ; un ulteriore ostacolo era dato dall’assenza di un luogo fisico di scambio tra i lavoratori nel quale questi, confrontandosi, avrebbero potuto prendere coscienza della loro situazione svantaggiata . RUB ha, a tal fine, previsto delle ciclofficine in cui i riders potevano recarsi per riparare i loro mezzi; ha, inoltre, predisposto rifugi dove attendere la richiesta dello svolgimento della prestazione, specialmente nelle giornate dalle temperature più basse, e disseminato punti informativi nei quali fare anche proselitismo.
All’azione di questi sindacati informali, si aggiunge quella dei sindacati tradizionali, tra cui Ugl Rider. Quest’ultimo è nato dall’adesione di Anar – Associazione Nazionale Autonoma dei Riders – all’Ugl. Anar difende sia il meccanismo retributivo dei fattorini attraverso il pagamento a cottimo sia l’inquadramento all’interno dello statuto autonomo del loro rapporto con le piattaforme . È proprio su questi due aspetti che si differenzia dalle federazioni della logistica di Cgil, Cisl e Uil, le quali si sono altrettanto impegnate per farsi portatrici dei diritti dei ciclofattorini rivendicandone, a differenza dell’Ugl, la loro ricomprensione nell’alveo della subordinazione.
1.2 La timidezza francese
Se il panorama italiano restituisce l’immagine di una pluralità di attori del mercato consapevoli e dotati di un forte spirito di iniziativa, lo stesso non può dirsi nel caso francese. Il legislatore, molto presente e decisivo in questo Paese, nel 2019 è intervenuto tramite la l. 1428 nel cui art. 48 ha autorizzato il Governo a fissare, tramite ordinanza, le modalità di rappresentanza dei lavoratori autonomi che ricorrono alle piattaforme numeriche per l’esercizio della loro prestazione . Questi, stante l’incertezza del loro status, sono stati ritenuti meritevoli di tutele da conquistare nel dialogo e nella rivendicazione dei loro diritti presso le piattaforme. Il Governo coglie l’opportunità e nel 2021 adotta l’ordinanza n. 484 “relative aux modalités de représentation des travailleurs indépendants recourant pour leur activité aux plateformes et aux conditions d’exercice de cette représentation”. Il testo in questione si pone in continuità con il cd. rapport Frouin che contiene una serie di proposte volte al miglioramento delle condizioni dei lavoratori delle piattaforme . A questa prima ordinanza se ne è aggiunta un’altra, la n. 492 del 2022, “renforçant l’autonomie des travailleurs indépendants des plateformes de mobilité, portant organisation du dialogue social de secteur et complétant les missions de l’Autorité des relations sociales des plateformes d’emploi”, intervenuta a seguito della legge n. 139 del 7 febbraio 2022 che ha ratificato l’ordinanza precedente del 2021 e ha statuito che entro 9 mesi dalla sua promulgazione il Governo fosse autorizzato ad adottare misure finalizzate al completamento delle regole di organizzazione del dialogo sociale nell’ambito delle piattaforme . L’ordinanza del 2022 risponde esattamente all’appello del legislatore e, in vista delle elezioni fissate a maggio dello stesso anno, si premura di chiarire le regole della negoziazione e i temi della negoziazione obbligatoria. Inoltre, introduce previsioni volte a rafforzare l’autonomia dei lavoratori nell’esercizio dell’attività come il miglioramento delle modalità con cui questi vengono informati sulla proposta della prestazione da svolgere: in particolare, a seguito della comunicazione della destinazione, viene accordato loro un termine ragionevole per decidere se accettare o meno l’incarico e vengono anche lasciati liberi di decidere l’itinerario da percorrere. Gli unici due settori a cui si applica la normativa introdotta dalle ordinanze sono, come in Italia, i fattorini che effettuano consegne con l’utilizzo di una bicicletta, uno scooter o un veicolo a tre ruote, i cd. riders, ma non solo: a questi si aggiungono anche gli autisti di una vettura per il trasporto di persone, i chauffeurs VTC . Si prevede che, per quanto riguarda le organizzazioni idonee a rappresentare questi lavoratori, esse siano i sindacati professionali che abbiano ad oggetto lo studio e la difesa degli interessi materiali e morali, individuali e collettivi, delle persone menzionate nel loro statuto e le loro unioni ; a queste si aggiungono le associazioni costituite in conformità alle disposizioni della legge 1 luglio 1901 relative al contratto di associazione allorché la rappresentanza di questi lavoratori e la negoziazione delle convenzioni e degli accordi a questi applicabili rientri nel loro oggetto sociale . La rappresentatività di queste viene misurata tramite i sette indici previsti dall’art. L. 2121-1 C.t., pur con i necessari adattamenti: L’art. 2 dell’ordinanza del 2021 prevede le seguenti deroghe: la condizione di anzianità normalmente è di due anni, in questo caso è di uno, ma può essere anche di soli sei mesi per le prime due misurazioni della percentuale di voti raccolti; inoltre, al primo scrutinio può essere accettata anche la percentuale del 5% per riconoscere la rappresentatività dell’organizzazione. Per quanto riguarda la trasparenza finanziaria, questa è presunta per le organizzazioni create prima del 31 dicembre 2021 . L’audience viene misurata ogni quattro anni e come valori utilizzati a questo fine vengono tenuti in considerazione, “nella misura del 30%, il numero dei lavoratori delle piattaforme che aderiscono all’organizzazione candidata rispetto al totale dei lavoratori dell’insieme delle piattaforme aderenti alle altre organizzazioni candidate per quel settore e, nella misura del 70%, l’ammontare dei ricavi generati dalle piattaforme che aderiscono alla data organizzazione candidata rispetto al totale dei ricavi generati dalle piattaforme aderenti all’insieme delle altre candidate nel settore” ex art. L. 7343-22 C.t..
Per misurare l’audience syndicale il governo prevede che venga organizzata un’elezione nazionale in un unico turno in cui il diritto di voto è esercitabile elettronicamente. I lavoratori, in questo modo, voteranno – rectius: hanno votato – per un’organizzazione che, in seguito, affiderà il mandato della rappresentanza ad un numero di soggetti determinato tramite decreto . L’ordinanza del 2021 introduce anche un’autorità amministrativa ad hoc, denominata Autorité des relations des plateformes d’emploi (ARPE), incaricata della regolamentazione delle relazioni sociali tra le piattaforme e i lavoratori autonomi. Essa è posta sotto la supervisione del Ministero del Lavoro e dei Trasporti . Le missioni di cui viene onerata sono: l’organizzazione delle elezioni nazionali dei rappresentanti dei lavoratori autonomi dei predetti due settori ; il finanziamento della formazione e dell’indennizzo da corrispondere ai rappresentanti; la protezione di questi contro le discriminazioni; l’accompagnamento e lo sviluppo del dialogo sociale; l’osservazione dell’attività delle piattaforme . Quest’autorità amministrativa si pone, quindi, come un arbitro che assicura la buona tenuta del gioco, ossia di tutto il processo di negoziazione tra le parti, dagli albori del riconoscimento della rappresentatività degli attori sino alla fase finale di conclusione del contratto.
2 La negoziazione di settore: i tentativi italiani e i primi passi francesi
Se, quindi, in Francia del fermento che ha portato ai negoziati un ruolo fondamentale è da riconoscere al legislatore che, fissando minuziosamente le indicazioni da seguire, ha fatto in modo che il quadro risultante dal dialogo fosse ordinato e non vi fossero più negoziazioni parallele su uno stesso tema che puntano a risultati diversi e si fingono sordi l’uno rispetto all’altro. Lo stesso non può dirsi per il caso italiano. Ci si riferisce qui al ruolo delle Unions, al CCNL Rider e alle tre Confederazioni che rifiutano un compromesso e sono critici gli uni rispetto agli altri per quanto riguarda il riconoscimento della rappresentatività necessaria alla conclusione di un CCNL.
2.1 RUB e la Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano
Nell’ambito della mobilitazione delle Unions, un ruolo importante si è detto essere stato svolto dai moderni mezzi di comunicazione quali chat di social media per agevolare lo scambio tra i lavoratori che, proprio attraverso il servizio di messagistica, si accordarono per scioperare per la prima volta il 13 novembre 2017 a Bologna a causa di una nevicata ingente che ostacolava la circolazione stradale e impediva, di conseguenza, l’espletamento in sicurezza della prestazione . Infatti, tra le questioni più urgenti di cui i ciclofattorini si facevano – rectius: fanno – portatori c’erano proprio gli infortuni sul lavoro, vista l’assenza di un’assicurazione che li coprisse . A questo primo sciopero ne seguì un altro, il 23 febbraio 2018 che ebbe come effetto una reazione molto dura delle piattaforme che introdussero modalità di funzionamento che peggioravano la situazione . Da ciò emerse, quindi, un atteggiamento non collaborativo delle committenti che si dimostravano chiuse rispetto alla possibilità di negoziare con i lavoratori accordi volti al miglioramento delle loro condizioni e al soddisfacimento delle loro rivendicazioni. Di questo se ne rese conto anche la stessa RUB che decise, allora, di cambiare strategia: bisognava puntare sull’opinione pubblica per arrivare ad influenzare le istituzioni statali. Iniziarono così manifestazioni nelle piazze in giornate significative a cui si accompagnò la diffusione di informazioni sui social network. A maggio del 2018, a seguito di alcune lettere inviate al sindaco della città di Bologna, si arrivò alla “Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano” , la quale rappresenta “il primo accordo territoriale metropolitano europeo sulla gig economy” e “nasce dall’ascolto delle rivendicazioni dei riders e dal percorso che ha coinvolto il Consiglio comunale e la Giunta per stendere una prima bozza di negoziazione con le piattaforme e con le organizzazioni sindacali” . Con questa sono state diverse le conquiste ottenute, tra cui: considerevoli incrementi salariali agganciati al CCNL della Logistica; indennità in caso di svolgimento della prestazione in condizioni particolari; la non discriminazione per ragioni politiche o sindacali; la disconnessione solo per giusta causa; l’assicurazione contro gli infortuni; il diritto al conflitto; il diritto alla disconnessione e la concessione di 10 ore annue retribuite per prendere parte alle assemblee sindacali. La Carta ha però omesso di pronunciarsi sulla natura giuridica del rapporto tra il rider e la piattaforma. L’art. 9 del testo rubricato “libertà di organizzazione sindacale” al co. 1 prevede che: “Tutti i lavoratori e collaboratori di piattaforme digitali godono del diritto di costituire e aderire ad un’organizzazione sindacale”. L’accordo di Bologna venne sottoscritto anche dalle tre Confederazioni – Cgil, Cisl e Uil – ma, per quanto riguarda il lato delle piattaforme, unicamente start-up locali italiane vi aderirono. Tuttavia, affinché i vantaggi introdotti potessero davvero fare la differenza, sarebbe stato necessario che a sottoscriverla fossero soprattutto le grandi multinazionali, colossi del settore, che impiegavano il maggior numero di fattorini. Ma tutti questi sforzi non furono comunque vani: RUB riuscì nel suo intendo di attirare l’attenzione della politica e, in particolare, dell’allora Ministro del Lavoro Luigi Di Maio che inizialmente propose di affrontare la questione in via legislativa inquadrando i riders come subordinati. Tuttavia, a questa proposta seguì una dura reazione delle piattaforme , di conseguenza il Ministro decise allora di invertire la rotta e incoraggiare la negoziazione tra le parti sociali del settore. Nel giugno del 2018 si aprirono le trattative e, nel corso di queste, nacque Assodelivery, un’associazione formale datoriale. Le trattative in questione non portarono, però, ad alcun risultato così il governo tornò sulla linea di partenza ed intervenne con il d.l. 101/2019.
2.2 Il CCNL Rider e le sue criticità in fatto di rappresentatività
A seguito dell’intervento legislativo del 2019 in Italia, il 15 settembre 2020, a pochi giorni dalla scadenza per introdurre contrattualmente una disciplina derogatoria alla legge, ai sensi dell’art. 47 quater co. 1 d.lgs. 81/2015, è stato sottoscritto a Roma il primo Contratto Collettivo Nazionale d’Europa che disciplina “l’attività di consegna di beni per conto altrui, svolta da lavoratori autonomi, c.d. rider” . L’articolo, infatti, recita così: “I contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale possono definire criteri di determinazione del compenso complessivo che tengano conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dell’organizzazione del committente”. La spinta per la conclusione di un negoziato si deve, quindi, alla “coazione indiretta” operata dal legislatore . L’accordo in questione si è concluso tra Assodelivery, associazione che raggruppa il 90% delle piattaforme del settore del food delivery, e il sindacato Ugl Rider. Quasi ossessivamente, il contratto sottolinea che i riders sono dei lavoratori autonomi a partire proprio dal titolo, ma i riferimenti a tale categoria giuridica sono disseminati lungo tutto il corpus. L’accordo contiene poi diverse previsioni tese al miglioramento delle condizioni a cui i fattorini devono sottostare per lo svolgimento dell’attività. In particolare, le due questioni più care dei ricavi e della sicurezza vengono così affrontate: per quanto riguarda l’aspetto retributivo, si prevede un compenso minimo di €10 all’ora e delle indennità integrative in caso si svolgimento della prestazione di notte, durante giorni festivi o con condizioni metereologiche avverse , inoltre, godranno di un premio di €600 ogni duemila consegne ; in tema di sicurezza sul lavoro, si sancisce che le dotazioni di strumenti quali indumenti che consentano la visibilità del fattorino o i caschi siano a carico delle piattaforme le quali periodicamente provvederanno a sostituirli e si prevedono anche coperture assicurative in caso di incidenti , anche ai danni di terzi . Gli artt. 4 e 29 rubricati, rispettivamente, “relazioni sindacali” e “diritti sindacali” hanno lo scopo di promuovere il dialogo sociale all’interno di questo settore, in particolare prevedendo che l’Ugl nomini 5 componenti della commissione paritetica, estendendo ai fattorini il diritto di associazione sindacale ex art. 39 Cost. e garantendo un numero di ore retribuite durante le quali i dirigenti sindacali designati possano svolgere i loro incarichi. Tuttavia, i dirigenti non vengono collettivamente eletti dai riders, come avviene per gli ordinari organi rappresentativi RSA e RSU, ma vengono designati dal sindacato stesso, riconsegnando un quadro rinnegatore della democrazia sindacale. Sicuramente, in tema di diritti sindacali accordati a questi lavoratori, il CCNL non risulta un compromesso soddisfacente.
Le critiche al contratto non hanno tardato ad arrivare da tutti i fronti in quanto la negoziazione del CCNL è avvenuta in parallelo all’attività delle Confederazioni e all’oscuro di queste e del Ministero del Lavoro.
Il Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro, Giuseppe Bronzini, ha indirizzato, a due giorni dalla sua stipula, la Comunicazione n. 29 ad Assodelivery attraverso la quale ha mosso varie obiezioni al CCNL che è stato etichettato come “contratto-pirata” . A questa ha fatto seguito la Circolare 17/2020 . Le questioni che qui interessa analizzare riguardano la rappresentatività delle parti sociali . Innanzitutto, si rimprovera l’assenza del criterio della “maggiore rappresentatività comparata” necessario alla stipula di un accordo che validamente possa derogare alla legge ex art. 47 quater co. 1 d.lgs. 81/2015 . Con “sindacato comparativamente più rappresentativo” si intende l’organizzazione che, nel raffronto con le altre, risulti davvero rappresentativa dei bisogni dei lavoratori che riunisce ed è un concetto che ricorre nel caso in cui il legislatore deleghi al CCNL specifiche funzioni – come in questo caso la possibilità di derogare alle previsioni legislative – e, visto il principio del pluralismo sindacale che vige in l’Italia, come anche in Francia, qualora vi siano più CCNL per una medesima categoria, si rende necessario trovare quello applicabile. Il criterio a cui ricorrere è, dunque, quello della “maggiore rappresentatività comprata”. Secondariamente il Ministero pone l’accento sulla formulazione letterale dell’art. 47 quater che, come si diceva, richiede che gli accordi siano stipulati “dalle organizzazioni sindacali” . La preposizione articolata è declinata al plurale, ma il CCNL Rider è stato negoziato solo da Assodelivery, per il lato datoriale, e da Ugl, per quanto concerne la rappresentanza dei fattorini. Del resto, aggiunge la Comunicazione, per verificare la “maggiore rappresentatività comparata” serve avere un termine di paragone e in questo quadro, dal momento che gli attori sono solo uno per ciascun soggetto, non è possibile fare confronti .
Anche i sindacati informali hanno etichettato come “pirata” l’accordo, e la rete nazionale Rider X i Diritti il 26 marzo 2021 ha organizzato il no delivery day. Dal lato delle piattaforme, invece, non tutte hanno salutato con favore l’adozione del contratto: Just Eat ha deciso di uscire da Assodelivery per adottare una linea d’intervento diversa: concludere un contratto aziendale nel quale assumere i riders come lavoratori subordinati, applicando loro il CCNL Logistica , integrato da due protocolli del 2018 e 2020 predisposti dalle federazioni della logistica di Cgil, Cisl e Uil in modo da renderlo aderente alla nuova categoria dei ciclofattorini. Tuttavia, tra le parti firmatarie di detti protocolli non si trovano nemmeno “le articolazioni delle grandi confederazioni che offrono assistenza anche ai lavoratori atipici ed autonomi” . Di conseguenza risulta ancora meno corretto applicare a questa nuova categoria di lavoratori un contratto che non sia stato costruito ad hoc per loro e, per di più, sia stato stipulato da organismi dei quali, non si dubita tanto della maggiore rappresentatività comprata, ma della “pura e semplice” rappresentatività.
Da ultima anche la giurisprudenza è intervenuta in materia con due pronunce che, attraverso percorsi distinti, arrivano alla medesima conclusione: la bocciatura del CCNL Rider. Il Tribunale di Firenze viene adito dai sindacati dei lavoratori atipici dopo che questi si videro imporre da parte della piattaforma Deliveroo l’adesione al contratto collettivo in questione, pena la cessazione della collaborazione. Ugl Rider venne dichiarato un sindacato di comodo e il CCNL un contratto pirata, di conseguenza alla piattaforma venne intimato di cessarne l’applicazione. Altra importante pronuncia viene restituita dal Tribunale di Bologna il quale giunge alle medesime conclusioni del decreto fiorentino dichiarando l’Ugl Rider non sufficientemente rappresentativa stante l’utilizzo della preposizione “dalle” che farebbe presuppore l’esigenza di più firmatarie e intimando a Deliveroo di non applicare il contratto collettivo. Il giudice sostiene che “non sembra che il sindacato Ugl Rider sia in possesso di tali requisiti” di rappresentatività. “Il giudice non precisa né i confini della “categoria” cui quel “sembra” si riferisce, né i termini della comparazione: non una parola né tanto meno un dato sulla rappresentatività della Ugl Rider, ma neppure su quella dei sindacati concorrenti” . Questa motivazione, insomma, lascia insoddisfatti in quanto non fornisce né una reale valutazione né una soluzione .
Ciò che si rimprovera al CCNL Rider è la sua impossibilità di derogare alla legge in quanto le parti stipulanti sarebbero carenti del requisito della “maggiore rappresentatività comparata” nella categoria. Tuttavia, Assodelivery rappresenta il 90% delle piattaforme e Ugl Rider non ha nulla da invidiare, in termini di numero di fattorini aderenti, alle federazioni delle tre Confederazioni. Ugl è, inoltre, un sindacato dotato della maggiore rappresentatività storica , firmatario di diversi accordi collettivi, anche con le tre Confederazioni e, in omaggio al pluralismo sindacale, non lo si può ridurre a sindacato giallo .
Vi è anche da aggiungere che nell’ordinamento italiano, a differenza di quello francese, non è presente una legge che con fermezza preveda al ricorrere di quali criteri un’organizzazione possa definirsi rappresentativa. Inoltre, le categorie lavorative vengono introdotte dal gioco delle parti che concludono contratti collettivi nazionali volti a regolarne i profili, e proprio al CCNL Rider si deve il merito di aver introdotto questa nuova categoria . Di conseguenza, solo una volta che più contratti saranno stati stipulati da diverse parti sociali, si potrà effettivamente verificare quali organismi siano rappresentativi.
2.3 L’apparentemente perfetto quadro francese
In Francia l’ordinanza del 2022 introduce nel codice del lavoro la sezione IV – del capitolo III che tratta del dialogo sociale del settore, del titolo IV dedicato ai lavoratori delle piattaforme, del libro III, della settima parte – consacrata all’“organisation du dialogue social et de la négociation de secteur” . Viene, così, introdotta la possibilità di concludere accordi collettivi di settore per regolare le condizioni di lavoro, la remunerazione, le modalità di esercizio della prestazione, la formazione professionale, le garanzie sociali e le condizioni di rottura delle relazioni commerciali tra i lavoratori e le piattaforme.
La spinta alla negoziazione in entrambi i Paesi deriva, quindi, dal legislatore: ma se in Francia questo appare chiaro dalla lettura delle norme di nuova introduzione, in Italia ciò è lasciato sottinteso e lo si evince indirettamente dalla previsione per cui in assenza di un CCNL si applicheranno le norme. In entrambi i Paesi l’intervento legislativo sembrava l’unica soluzione per arrivare ad un negoziato, tuttavia le ragioni sono diverse: in Francia il problema è il disinteresse degli attori sociali; in Italia sono i troppi contrasti insanabili tra le parti.
Le norme francesi precisano che l’accordo deve essere negoziato e concluso da una o più organizzazioni rappresentative dei lavoratori che siedono al tavolo assieme ad una o più organizzazioni professionali rappresentative delle piattaforme. Per essere validi, gli accordi devono essere firmati almeno da un’organizzazione professionale delle piattaforme e da una o più organizzazioni dei lavoratori che alle elezioni abbiano raccolto più del 30% dei voti espressi indipendentemente dal numero dei votanti e a condizione che non sia stata manifestata, verso l’accordo, l’opposizione di una o più organizzazioni dei lavoratori che alle elezioni abbiano ottenuto più della maggioranza dei voti . Una volta stipulato, l’accordo ha, secondo le previsioni, durata determinata o indeterminata. Qualora le parti nulla abbiano statuito, il legislatore ha previsto che questo resti in vigore per cinque anni . Si può notare come le disposizioni francesi, a differenza di quelle italiane, non lascino nulla al caso: il CCNL Rider è stato bocciato anche perché stipulato da un’unica associazione per parte, allorché la norma prevede che siano conclusi “dalle organizzazioni”, e non “da una o più”. Se in Italia si fosse dato spazio e attenzione ad una legiferazione più precisa, forse la sorte del CCNL sarebbe stata diversa.
È stata introdotta nel Code du travail una norma che prevede di concludere almeno una volta all’anno un negoziato a livello di settore su una o più delle quattro tematiche previste dall’art. L. 7343-36 C.t. che vanno, quindi, a configurare la negoziazione obbligatoria. Esse sono: le modalità di determinazione dei reddito dei lavoratori, compreso il prezzo della loro prestazione di servizio; le condizioni di esercizio dell’attività professionale dei lavoratori, e soprattutto l’inquadramento del loro orario di lavoro, così come gli effetti degli algoritmi e dei cambiamenti che li colpiscono in relazione alle modalità di esecuzione delle prestazioni; la prevenzione dei rischi professionali ai quali i lavoratori possono essere esposti in ragione della loro attività così come i danni causati ai terzi; le modalità di sviluppo delle competenze professionali e di garanzia di carriere professionali. Vengono enumerati anche alcuni temi che possono fare l’oggetto di un’ulteriore negoziazione, definita come facoltativa, in modo tale da guidare le parti sociali nel dialogo, visto il loro scarso spirito d’iniziativa. Il codice ne cita tre all’art. L. 7343-37: le modalità di scambio di informazioni tra la piattaforma e i lavoratori concernenti l’organizzazione delle loro relazioni commerciali; le modalità di controllo da parte della piattaforma dell’attività del lavoratore autonomo e della realizzazione della prestazione che gli compete, le circostanze che possono condurre a una rottura delle relazioni commerciali tra la piattaforma e il lavoratore autonomo così come le garanzie di cui l’interessato beneficia in questo caso rispetto alle disposizioni dell’art. L. 442-1 del codice del commercio; le prestazioni di protezione sociale complementare che rientrano nel campo degli articoli L. 911-1 e L. 911-2 del codice della sicurezza sociale.
L’applicazione degli accordi collettivi di settore conclusi dalle organizzazioni diviene obbligatoria per tutti i firmatari e per i membri delle organizzazioni firmatarie . Per rendere obbligatori gli accordi per ogni piattaforma e per ogni lavoratore del settore interessato è necessario procedere alla loro omologazione . Di questa viene incaricata l’ARPE su domanda delle organizzazioni stesse . L’ordinanza del 2021 prevede che le elezioni si svolgano ogni quattro anni, ma per i primi due scrutini viene previsto che se ne effettui un primo entro il 31 dicembre 2022 e un secondo due anni dopo. A seguito di tali disposizioni, dalle ore 13 del 9 maggio alle ore 13 del 16 maggio 2022 i 123.557 lavoratori di questi due settori sono stati chiamati ad esercitare il loro diritto di voto in occasione delle elezioni per individuare quali, tra le 16 organizzazioni candidate, fossero quelle rappresentative dei loro interessi. Per quanto riguarda il settore del trasporto di persone tramite veicoli, l’organizzazione che ha raccolto il maggior numero di consensi è risultata essere Association des VTC de France (42,81%), mentre per coloro che effettuano consegne di beni in testa si è classificata Fédération nationale des autoentrepreneurs et micro-entrepreneurs (28,45%) . Inoltre, studi rivelano che, a differenza del caso italiano in cui tra i sindacati informali e quelli tradizionali c’è una reciproca sfiducia, in Francia tra loro vi è rispetto e collaborazione . Tuttavia, il tasso di partecipazione al voto che è stato registrato delude sicuramente coloro che si battono – più di quanto non facciano i diretti interessati – per dare rilievo ai bisogni di questi lavoratori . Nel primo settore l’affluenza è stata del 3,91%, mentre per i ciclofattorini dell’1,83% .
Il 18 ottobre 2022 le organizzazioni rappresentative delle piattaforme che si occupano del trasporto di persone e le organizzazioni rappresentative dei loro lavoratori autonomi si sono riunite per concludere un primo negoziato dai temi molto ampi. I soggetti abbordati sono tre dei quattro previsti dall’art. L. 7343-36 C.t., per i quali il legislatore richiede un accordo una volta all’anno su almeno una di dette tematiche. In questo caso le parti si sono concentrate sui ricavi generati dall’attività dei lavoratori, sulle loro condizioni di lavoro e sulla formazione che deve essere loro garantita.
Il 18 gennaio 2023 le organizzazioni rappresentative dei lavoratori autonomi e delle piattaforme del settore VTC hanno firmato il primo accordo che fissa il prezzo minimo della corsa a €7,65 netti. “Questa tariffa equivale ad un aumento del 27% del prezzo più basso finora praticato sul mercato” . Il 17 marzo è arrivata la sua tanto attesa omologazione da parte dell’ARPE che ha reso così l’accordo obbligatorio . Lo stesso 18 gennaio è stato concluso un altro accordo sempre in questo settore che ha previsto che ulteriori temi che saranno affrontati con priorità nel corso di quest’anno riguarderanno la disattivazione dei profili degli autisti e la trasparenza del funzionamento delle piattaforme .
2.4 Il fermento europeo
L’attuale Ministro del Lavoro francese, Olivier Dussopt, ha incoraggiato le parti ad agire rapidamente per la conclusione di questo agognato accordo previsto dalle due ordinanze per un motivo legato al quadro politico europeo. Infatti, la proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 dicembre 2021 “relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali” conteneva una presunzione di subordinazione per questi lavoratori al ricorrere di determinati indici . La Direttiva attualmente è in via di esaminazione e si stima che possa essere adottata in un breve periodo. Tuttavia, questa è stata modificata: la presunzione viene applicata solo “qualora una persona che svolge un lavoro mediante piattaforme digitali o un sindacato che agisce per conto o a sostegno di più persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali, in conformità della legislazione e delle prassi nazionali, contesta la rispettiva classificazione in un procedimento amministrativo o giudiziario” e le piattaforme possono contestarla adducendo gli elementi che si rendono necessari; gli indici di subordinazione al ricorrere dei quali operava la presunzione sono stati soppressi e sostituiti da altri che hanno lo scopo di guidare le piattaforme nella confutazione della subordinazione nei procedimenti predetti . Ad ogni modo, la Francia non sembra guardare con favore all’inquadramento dei lavoratori nella subordinazione, ragione per cui si chiede alle parti sociali uno sforzo in termini di rapidità ed efficacia nel prevedere una disciplina applicabile a questi che ne evidenzi le caratteristiche dell’autonomia e conferisca loro le dovute guarentigie .
Restando all’interno del panorama comunitario, si segnala la comunicazione della Commissione contenente gli “orientamenti sull’applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione agli accordi collettivi concernenti le condizioni di lavoro dei lavoratori autonomi individuali”, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 30 settembre 2022 , nella quale si precisa che agli accordi conclusi tra lavoratori autonomi, che si trovano in una situazione assimilabile alla subordinazione, e le loro controparti non si applicherà l’art. 101 TFUE che “vieta gli accordi tra imprese che restringono la concorrenza all’interno del mercato interno” . L’articolo parla di “imprese” in senso ampio, ricomprendendo quindi “qualsiasi entità che esercita un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento. Pertanto, i lavoratori autonomi, anche se si tratta di persone che esercitano un’attività in proprio, sono, in linea di principio, imprese nel senso dell’art. 101 TFUE, dal momento che offrono i loro servizi dietro corrispettivo in un determinato mercato ed esercitano la loro attività come operatori economici indipendenti” . Per fugare ogni dubbio in merito all’applicazione di tale normativa anche al caso dei riders, l’istituzione europea esplicitamente menziona “l’economia delle piattaforme online” come campo in cui si sono sviluppate queste figure con un rapporto dall’ambiguo inquadramento. La Commissione fa di più: per chiarire ulteriormente come si dovranno applicare le linee guida, formula un esempio che vede come protagonisti proprio i riders .
3 Conclusioni
Il problema della rappresentatività è centrale: solo le organizzazioni che ne sono dotate possono efficacemente farsi carico delle istanze dei lavoratori ed essere attrici nel dialogo sociale.
In Francia il legislatore ha fissato degli indici misurabili e, quindi, obiettivamente affidabili, per decidere in modo imparziale se un’organizzazione sia rappresentativa o meno. I risultati delle elezioni di maggio indette ad hoc combinati con il possesso dei requisiti minimi, hanno dato come risultato le sigle rappresentative a cui è stata indiscutibilmente accordata la rappresentatività, certificata dall’Autorità amministrativa che si occupa del settore: l’ARPE. In Italia, purtroppo, il legislatore è un grande assente in materia di dialogo sociale, di conseguenza non stupisce che anche in tema di rappresentatività sia rimasto silente. Le pronunce della giurisprudenza hanno tentato negl’anni di colmare questa lacuna arrivando da ultime a prevedere che la rappresentatività sia rinvenibile quando l’organizzazione, geograficamente molto diffusa, che conta un considerevole numero di aderenti, abbia partecipato attivamente alle trattative per la conclusione di un contratto collettivo, a scioperi e conflitti. Il caso, però, che qui interessa risulta complicato stante la novità e la peculiarità della situazione. Infatti, se sono sempre state le parti sociali a guadagnarsi da sole i propri spazi, il fenomeno è relativamente troppo recente per, allo stato attuale, tirare le somme. Inoltre, i sindacati dei riders si sono sviluppati nelle città, e ogni città ha una propria Union, pur esistendo il coordinamento nazionale Riders X i Diritti. V’è anche da aggiungere che la nuova organizzazione Ugl Rider è stata tacciata di assenza di rappresentatività con delle motivazioni inconsistenti, mentre, in Francia, pur avendo riscontrato una percentuale di votanti nettamente inferiore rispetto al numero degli aventi diritto al voto, l’assenza della previsione di un quorum non ha impedito alla fine di etichettare come rappresentative le sigle vincitrici.
L’atteggiamento generale italiano è quindi, un vicendevole ostacolarsi delle parti che negoziano di nascosto e, pur dicendosi pronte a trovare un compromesso, in realtà ad oggi ancora non lo si è raggiunto. Infatti, a seguito della bocciatura del CCNL di Assodelivery, l’11 novembre 2020 l’allora Ministra del Lavoro Nunzia Catalfo ha convocato ai tavoli negoziali le parti, ma ad oggi ancora nulla è stato fatto . Al contrario in Francia sembra che davvero si sia intenzionati a negoziare per trovare un accordo volto a farsi carico degli interessi dei lavoratori, concluso da organizzazioni che li rappresentino. Ma prima di esprimere qualsiasi giudizio, è necessario attendere la conclusione dei negoziati.
L’esempio francese restituisce un panorama più armonioso e ordinato a cui guardare anche al fine di farsi ispirare. Infatti, è auspicabile un intervento legislativo in Italia che vada a chiarire quali siano i criteri al ricorrere dei quali venga riconosciuta la rappresentatività di un’organizzazione in un dato settore e che tenga conto delle peculiarità della categoria dei riders. Pensare di applicare a questi il CCNL Logistica, settore che, pur affine, è distinto da questi, non sembra una soluzione perfettamente soddisfacente, non solo in termini di contenuto dell’accordo, ma anche in termini di rappresentatività dei fattorini da parte di quelle sigle firmatarie. Oltre al fatto che si è visto come la stessa giurisprudenza talvolta abbia proteso per un aggancio di tale categoria al CCNL Terziario.
Ad ogni modo, tra tutti gli indici che si possono individuare, l’organizzazione di elezioni finalizzate a misurare le preferenze dei lavoratori sembra la scelta migliore, in quanto espressione della democrazia sindacale nel suo senso più pieno. L’ultima parola dovrebbe spettare, quindi, ai lavoratori stessi che, esprimendo le loro preferenze, faranno emergere con chiarezza quali organizzazioni effettivamente siano dotate di sufficiente rappresentatività e, di conseguenza, in grado di svolgere efficacemente il dialogo per portare a conoscenza delle piattaforme le esigenze dei lavoratori e rivendicare i loro diritti. La parola dei lavoratori non può, infatti, essere messa in discussione.
Certo, i risultati dello scrutinio francese sono piuttosto deludenti. Su questo fronte bisognerebbe sensibilizzare di più i lavoratori tramite azioni di proselitismo. C’è da sperare che l’accordo di settore da poco concluso, e quelli che seguiranno, risultino agli occhi dei lavoratori davvero soddisfacenti e possano rappresentare per loro una spinta verso la partecipazione e l’interessamento alle relazioni collettive che trovano la maggiore espressione nel dialogo sociale.
Questa situazione, comunque, non è altro che lo specchio delle due realtà: in Francia i sindacati tradizionali sono davvero disposti a collaborare con le nuove organizzazioni emerse recentemente per rispondere ai bisogni dei nuovi lavoratori; in Italia, invece, i primi fanno ostruzionismo pur di fronte all’evidenza di Unions formate dall’aggregarsi di riders medesimi che rivendicano i propri diritti al di fuori di logiche contaminate dalla politica .
La negoziazione nel settore delle consegne a domicilio e, limitatamente al caso francese, anche del trasporto di persone, è stata fortemente incoraggiata dal legislatore in entrambi i Paesi. Per cui le strategie legislative risultano andare nello stesso senso, ma per motivi diversi: in Francia la cosa non stupisce in quanto si riscontra il tradizionale modus operandi della norma che offre un sostegno imprescindibile alle parti e le guida nel dialogo sociale; a ciò si aggiunga anche il timore di essere anticipati dalla Direttiva europea in corso di approvazione che, stante la sua formulazione originaria, avrebbe dovuto avere come esito quello di inquadrare i riders nella subordinazione, scelta che non è salutata con favore da questo Paese. In Italia, invece, il Governo si è trovato costretto ad anticipare gli attori della negoziazione in quanto erano stati riscontrati importanti disaccordi che impedivano di pervenire spontaneamente alla conclusione di un contratto. Si è visto, quindi, come il legislatore abbia coartato le parti a concludere un negoziato, dietro la “minaccia” altrimenti dell’applicazione della disciplina legale. Osservando, però, le due previsioni normative in tema di contrattazione collettiva in Italia e accordi di settore in Francia, ciò che emerge è una normazione imprecisa nel primo caso a cui si contrappone un’estrema chiarezza nel secondo.
Ponendo a raffronto le tematiche affrontate dall’accordo di Assodelivery con quelle che le parti si impegnano a trattare in Francia, emerge quanto segue: le organizzazioni si concentreranno sulle questioni legate ai ricavi, alle condizioni di lavoro e alla formazione dei lavoratori, che si è visto essere tre dei quattro temi della negoziazione obbligatoria; anche nel CCNL tra le questioni più calde vi sono il reddito e il miglioramento delle condizioni lavorative. Il merito di aver stabilito le tematiche della negoziazione viene attribuito in Francia al legislatore, in Italia alle parti stesse, a conferma della carenza di spirito di iniziativa e autonomia francese, a cui si contrappone il modo di vivere le relazioni collettive dell’altro Stato.
Stanti, comunque, gli esiti fallimentari della contrattazione in Italia, una volta conclusi gli accordo di settore francesi, le parti italiane, vista la coincidenza degli interessi rispetto ai temi da trattare, potrebbero trovare utili spunti guardando al modello francese.
Negli ultimi due anni qualcosa si è mosso nel panorama comunitario per quanto riguarda la regolamentazione dei lavoratori delle piattaforme digitali. La manifestazione di interesse verso questi lavoratori a livello comunitario fa comprendere l’importanza della questione e conduce ad interrogarsi sulla possibilità di stipulare accordi internazionali.
Sono stati in particolare redatti due testi che si occupano della questione in maniera diversa: ci si riferisce alla citata proposta di Direttiva dell’8 dicembre 2021, che ha lo scopo di tutelare i lavoratori falsamente inquadrati come autonomi, e alle linee guida sull’applicazione del diritto della concorrenza agli accordi collettivi dei lavoratori autonomi, del 30 settembre 2022.
Ciò che emerge da tali previsioni è che, i lavoratori delle piattaforme saranno regolati da accordi collettivi efficaci solo qualora dimostrino effettivamente di non aver bisogno di essere ricondotti alla disciplina del lavoro subordinato per poter godere di diritti e tutele sufficienti. Di tali accordi collettivi, inoltre, non si dovrà temere la contrarietà rispetto alla disciplina comunitaria della concorrenza che vieta alle imprese – categoria che comprende i lavoratori autonomi – di concludere intese volte a fissare i prezzi delle prestazioni.
Le piattaforme molto spesso sono internazionali e quindi attive in diversi Paesi. Il funzionamento di una data applicazione e le conseguenti esigenze dei lavoratori sono le medesime per ogni Stato, a conferma di ciò si è osservato quali sono i temi più cari ai lavoratori che sono stati affrontati dalla negoziazione. Per questo motivo sarebbe auspicabile introdurre un coordinamento europeo delle organizzazioni rappresentative dei lavoratori delle piattaforme di ciascun settore al fine di divulgare delle linee guida che orientino gli attori nell’ambito della contrattazione nazionale a livello di settore.