testo integrale con note e bibliografia
Il Focus di “Lavoro Diritti Europa” sul tema dei rider, voluto e promosso dal direttore della Rivista, consente di affrontare – con il contributo di autorevoli esponenti del mondo accademico, della magistratura e dell’avvocatura del giuslavorismo italiano – la prospettiva del mondo del lavoro allargato, dei “nuovi lavori” (De Luca Tamajo, 1988), né subordinati e né autonomi, né tantomeno relativi alla zona grigia della cosiddetta “parasubordinazione” (Perulli, 2017).
Si è sviluppata da tempo l’elaborazione delle tesi del lavoro “senza aggettivi”, “sans phrase”, (D’Antona, 1998), secondo un quadro anche comparato del “droit de l’activité, qu’elle soit” (Lyon-Caen, 1990), con un “lavoro senza aggettivi”, che individua una “famiglia” di rapporti di lavoro derivanti da una soglia minima di autonomia negoziale, quale contenitore di una pluralità di figure contrattuali con un catalogo diversificato di tutele.
Una prospettiva ancora più attuale in considerazione che le nuove tecnologie e i nuovi modelli produttivi costituiscono, ormai, l’epicentro del fenomeno comunemente denominato “Industria 4.0”, che ha assunto, da tempo, una vera e propria centralità nel dibattito economico e sociale, nonché politico di molti paesi, con le conseguenze sul terreno della nuova organizzazione dei modi di produrre, basata sulla digitalizzazione (Garofalo, 2017).
A fronte di questo veloce processo di cambiamento e di organizzare le prestazioni, il diritto del lavoro è chiamato ad una impegnativa sfida di innovarsi, oltre le tradizionali funzioni e confini in termini protettivi, oltre che nel loro impatto con le strutture regolative del mercato economico e con le nuove forme di sfruttamento del lavoro.
In questo scenario evolutivo sono maturate le legittime istanze in favore di un nuovo e più inclusivo ordinamento del lavoro, con un sistema di protezione più leggero ma universale, tale da ricomprendere la subordinazione quanto il nuovo lavoro autonomo economicamente dipendente.
Il dibattito dottrinale, di conseguenza, da tempo si è sviluppato sulla inidoneità della tradizionale nozione di subordinazione di distinguersi, per talune fattispecie, da quella del lavoro autonomo, con la conseguente esigenza di una revisione metodologica di tale distinzione quale criterio di attribuzione degli apparati di tutela.
E di conseguenza, al nuovo e frammentato catalogo dei lavori, si è illustrata l’esigenza di una estensione della tutela a tutte le forme di lavoro svolto in forma personale e duratura, prospettando anche una modifica dell’assetto della sistematica del diritto del lavoro, prevedendo una parte generale ed una seconda parte relativa ai diversi tipi di contratto di lavoro, in considerazione che la frontiera relativamente invalicabile che separava il lavoro autonomo da quello subordinato, è diventata permeabile e ciò comporta, oggi più che mai, la comparsa di varianti qualitative e quantitative, nelle varie modalità di prestazione del lavoro.
L’esigenza del superamento della rigida dualità tra autonomia, connotata invero da diverse forme, e subordinazione, quale dato immanente di una frattura tra norma e realtà sociale, con le relative conseguenze sul terreno assiologico, non è stata colta dal legislatore nazionale, proponendo, invece, notevoli incertezze interpretative derivanti dell’art. 2, co.1, del d.lgvo n. 81 del 2015, mentre la stessa contrattazione collettiva appare in ritardo.
E’ stata la giurisprudenza a svolgere una funzione – come spesso è accaduto nel passato – di supplenza (Carinci, 2020), a partire, proprio dal tema delle tutele per i rider, con la paradigmatica sentenza della S.C. n. 1663 del 24 gennaio 2020 (AA.VV. 2020) e pregevoli arresti giurisprudenziali (Di Leo, 2023).
L’auspicio è che il legislatore approvi uno Statuto del lavoro, per garantire la tutela costituzionalmente prevista ex art. 35 del “lavoro in tutte le sue forme e applicazioni” (Perulli-Treu, 2022), anche in ordine all’attuale assetto dei diritti sindacali (Persiani, 2012), attraverso una diversa tecnica di qualificazione, con un collegamento diretto al valore del lavoro nella nostra Carta fondamentale, a prescindere dal tipo contrattuale, per fornire garanzie sociali universalistiche al lavoro, oltre la paratia della subordinazione (Martello, 2022).