testo integrale con note e bibliografia
1. Premessa.
La diffusione delle piattaforme digitali e il conseguente sviluppo della c.d. gig economy hanno condotto sia la dottrina che la giurisprudenza ad interrogarsi sulla natura del rapporto di lavoro – e delle relative tutele – di quella nuova categoria di lavoratori – i c.d. riders o ciclofattorini - le cui modalità di svolgimento della prestazione lavorativa si collocano a cavallo delle tradizionali categorie della subordinazione e dell’autonomia.
Il tema non è nuovo se si considera che, già tra gli anni ’80 e ’90, si era sviluppata una nota querelle giurisprudenziale – della quale mi sono occupato personalmente - attorno alla qualificazione giuridica della prestazione lavorativa dei c.d. pony express o moto-messaggeri1.
Similmente agli odierni riders, oggetto della prestazione dei pony express era la consegna e il ritiro di plichi per conto di una agenzia - con la quale i lavoratori comunicavano attraverso una radio ricetrasmittente – a fronte del pagamento di un compenso fisso per ogni consegna effettuata.
A differenza del lavoratore subordinato, i moto-messaggeri non erano tenuti a presentarsi ogni giorno al lavoro, potendo anche rifiutare le singole prestazioni loro richieste. Attraverso la radio ricetrasmittente, fornita loro dall’agenzia, essi potevano decidere se prenotarsi (o meno) per effettuare la consegna, la quale veniva assegnata a colui che si era candidato per primo.
Nei primi anni ’90, la Suprema Corte ha riconosciuto la natura autonoma della prestazione lavorativa dei moto-messaggeri, affermando il principio per il quale qualsiasi attività umana può essere prestata nell’ambito di un rapporto di lavoro autonomo ovvero subordinato2.
La libertà attribuita ai pony express di rendere e interrompere la prestazione lavorativa, senza alcun l’assoggettamento ad ordini precisi nell’esecuzione del servizio (a partire dall’itinerario da percorrere per effettuare la consegna), era considerata incompatibile con l’art. 2094 cod. civ.: norma che, da una parte, impone al lavoratore subordinato l’obbligo di mettere a disposizione dell’Impresa, per un predeterminato lasso di tempo, le proprie energie lavorative e, dall’altra parte, attribuisce al datore di lavoro il potere di etero-direzione dell’attività del dipendente.
A distanza di oltre 20 anni, dapprima, il Tribunale di Torino3 e, poco dopo, quello Milano4 – con motivazioni in parte sovrapponibili – hanno riconosciuto la natura autonoma della prestazione dei riders in ragione dell’incompatibilità della subordinazione con la loro libertà di determinare tempi e quantità della propria prestazione lavorativa.
In particolare, il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 1853/2018, ha altresì escluso l’applicazione della disciplina dell’“etero-organizzazione” di cui all’art. 2 del D.Lgs. 81/2015, giudicando che l’organizzazione dei tempi di lavoro del ciclofattorino non potesse essere desunta dalla richiesta, rivolta dal committente al lavoratore, di effettuare la consegna nel minor tempo possibile.
L’indirizzo di tali sentenze, lungi dal rappresentare l’approdo definitivo della questione, è stato successivamente superato dalla Suprema Corte, la quale, nella sentenza n. 1663/2020, ha giudicato che le modalità con le quali è svolta l’attività dei ciclofattorini – pur non potendosi considerare di natura subordinata – manifestasse comunque l’esercizio, da parte della piattaforma digitale, di un potere “etero-organizzativo” riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 2 del D.Lgs. 81/20155: qualcosa di meno, rispetto all’etero-direzione, ma sufficiente a ricadere nella fattispecie normativa che riconduce alla subordinazione anche i collaboratori coordinati e continuativi la cui attività è, per l’appunto, etero- organizzata.
Sulla base di tale premessa, la Suprema Corte ha riconosciuto ai riders il diritto a un compenso fisso, determinato in base alle previsioni del CCNL per i dipendenti della logistica e trasporto merci6.
Alla predetta pronuncia della Corte di Cassazione, è seguito un ampio contenzioso sulla natura subordinata o etero-organizzata della prestazione lavorativa dei riders che non sembra essere ancora giunto ad un approdo definitivo.
2. L’evoluzione delle tutele dei riders nell’alveo del lavoro etero- organizzato.
All’introduzione del regime normativo speciale di cui al D.L. n. 101/20197, è seguita la sottoscrizione, il 15 settembre 2020, del CCNL per la disciplina dell'attività di consegna di beni per conto altrui, svolta da lavoratori autonomi - c.d. “CCNL Rider” - da parte di Assodelivery - l'associazione che allora rappresentava il 95% delle società operanti nel settore - e di Ugl Rider, contro il parere delle tre principali confederazioni sindacali, che infatti non lo hanno firmato.
Nelle intenzioni delle parti firmatarie del predetto CCNL, quello del rider era un rapporto di lavoro che, in sostanziale continuità con l’insegnamento giurisprudenziale dei pony express e dei primi orientamenti della giurisprudenza di merito, doveva essere ricondotto nell’alveo del lavoro autonomo8, in ragione della libertà accordata al lavoratore di accettare o meno la chiamata della piattaforma digitale.
Senonché, la validità del predetto contratto collettivo è stata, dapprima, messa in discussione dalla nota del Ministero del Lavoro del 17 settembre 2020 - con particolare riguardo alle previsioni di cui agli artt. 10 e 119 - ed è, successivamente, diventata il casus belli dal quale è divampato il contenzioso promosso dalle OO.SS. nella forma dei procedimenti d’urgenza per condotta antisindacale ex art. 28 St. Lav.. Peraltro, in relazione a quel CCNL si poneva lo spinoso tema della mancanza di rappresentatività dell’unico sindacato che lo ha sottoscritto.
A fronte, da una parte, dei rilievi sollevati dal Ministero del Lavoro e, dall’altra parte, dell’assenza di alcun indirizzo da parte del Legislatore, è stata la giurisprudenza a dover sopperire alle lacune normative e, soprattutto, all’assenza di un preciso indirizzo di politica legislativa, stabilendo se la categoria dei riders, ancorché in regime di etero- organizzazione, potesse o meno essere destinataria di tutele collettive.
Inizialmente, la giurisprudenza di merito ha ritenuto che
l’applicazione del rimedio di urgenza di cui all’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori fosse preclusa ai ciclofattorini, le cui modalità di svolgimento della prestazione di lavoro presentassero le caratteristiche dell’etero- organizzazione.
Con decreto del 9 febbraio 2021, il Tribunale di Firenze ha negato la sussistenza della legittimazione attiva delle organizzazioni sindacali dei riders di promuovere un procedimento di urgenza ai sensi dell’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori10.
Nel ragionamento del decreto che ha deciso la fase sommaria, per un verso, l’espressione “datore di lavoro” - prevista dal tenore letterale dell’art. 28 - limiterebbe l’ambito di applicazione della tutela antisindacale unicamente ai rapporti di lavoro riconducibili nell’ambito della subordinazione strictu sensu considerata.
Per altro verso, anche un’interpretazione letterale e teleologica del primo e del secondo comma dell’art. 2 del D.Lgs. 81/2015 precluderebbe, secondo il decreto, la legittimazione attiva delle organizzazioni sindacali, dal momento che l'estensione del regime della subordinazione riguarderebbe esclusivamente la disciplina sostanziale relativa al trattamento economico dei rapporti individuali di lavoro subordinato. Resterebbe, invece, esclusa la tutela processuale di cui all’art. 2811 dello Statuto dei Lavoratori.
Tale pronuncia è stata successivamente riformata dalla sentenza del Tribunale di Firenze n. 781 del 24 novembre 2021, resa in fase di opposizione.
In senso diametralmente opposto a quanto statuito nella fase sommaria, la sentenza del Tribunale di Firenze ha ritenuto invece, per un verso, che la natura eminentemente processuale dell’art. 28 della L. n. 300/1970 fosse priva di alcun appiglio normativo e, per altro verso, che i diritti previsti dallo Statuto dei Lavoratori siano ricompresi – ed anzi costituiscano parte integrante - delle tutele proprie della subordinazione riconosciute anche ai lavoratori che svolgono la propria prestazione lavorativa in regime di etero-organizzazione13.
Secondo la sentenza della fase di opposizione, il concetto di “datore di lavoro” di cui al tenore letterale dell’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori non potrebbe che essere interpretato diacronicamente, sino a ricomprendere anche la figura del committente che organizza la prestazione lavorativa dei propri collaboratori.
Oltretutto, il primo comma dell’art. 2 del D.Lgs. 81/2015, non prevedendo alcuna differenziazione di tutele per il collaboratore etero- organizzato rispetto al lavoratore subordinato, gli garantirebbe una “protezione equivalente”.
Sulla base di tali principi, la predetta sentenza n. 781/2021 ha, per la prima volta, giudicato antisindacale l’omessa attivazione, da parte del committente, della procedura di consultazione e informazione sindacale prevista dal contratto collettivo CCNL applicato al personale dipendente (art. 6 del CCNL Terziario).
Il Tribunale ha ritenuto violata la norma pattizia de qua che, in combinato disposto con il D.Lgs. 25/2007, imporrebbe al datore di lavoro l’obbligo di informare le OO.SS. circa eventuali cambiamenti che dovessero impattare nell’organizzazione dell’Impresa.
Inoltre, il Tribunale fiorentino ha rilevato la violazione della disciplina dei licenziamenti collettivi, a fronte dell’assenza di alcuna attività di informazione e confronto sindacale secondo il disposto della disciplina legale (L. n. 223/1991). La piattaforma digitale aveva inviato a circa 8.000 ciclofattorini una missiva con la quale comunicava la risoluzione del loro rapporto di lavoro, a meno che fossero state accettate le condizioni del nuovo contratto di collaborazione parametrato alle previsioni del sopra citato CCNL Riders.
Il Tribunale ha giudicato che fosse ragionevole estendere la disciplina limitativa dei licenziamenti anche ai lavoratori etero-organizzati, tenuto della nozione estensiva di matrice comunitaria di “worker” alla quale la Direttiva 98/59 del Consiglio del 20 luglio 1998 riconduce l’applicazione delle tutele procedurali dei licenziamenti collettivi. Per worker si intende, nel diritto U.E., qualsivoglia lavoratore che, per un certo periodo di tempo, metta a disposizione di un altro soggetto le proprie energie lavorative a fronte della corresponsione di una retribuzione.
L’allargamento delle tutele del rapporto di lavoro subordinato all’etero-organizzazione ha vissuto un ulteriore evoluzione con la sentenza del Tribunale di Milano del 19 ottobre 2023 n. 323714, ove, a fronte della riconducibilità della prestazione lavorativa dei riders, nell’ambito delle collaborazioni etero-organizzate, è stato affermato altresì l’assoggettamento della piattaforma digitale agli obblighi previdenziali propri del lavoro subordinato.
L'obbligo del versamento contributivo anche per i collaboratori etero-organizzati nella medesima misura prevista per i lavoratori subordinati, ha ulteriormente escluso, in maniera assai significativa, qualsivoglia distinzione, nel regime delle tutele applicabili, tra la figura del dipendente subordinato e del lavoratore etero-organizzato.
3. Segue. L’orientamento giurisprudenziale che riconosce la
natura subordinata dei riders.
Accanto al predetto indirizzo giurisprudenziale che colloca il rapporto di lavoro dei ciclofattorini nell’ambito della disciplina dell’etero- organizzazione, si è formato un diverso orientamento che – superando il principio espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 1663/2020
- ha ricondotto la prestazione lavorativa dei riders sic et simpliciter nell’ambito della subordinazione tout court, evitando le complicazioni interpretative collegate alla fattispecie di cui all’art. 2 D.Lgs. 81/201515.
La natura subordinata della prestazione lavorativa dei ciclofattorini è stata, per la prima volta, affermata dal Tribunale di Palermo, nella sentenza n. 3570 del 24 novembre 202016, alla quale hanno fatto seguito la In dottrina è stato osservato come le predette sentenze del Tribunale di Palermo, Torino e Milano abbiano superato, senza contraddirlo espressamente, l’insegnamento di Cass. n. 1663 del 24 gennaio del 2020 che – pur avendo dichiarato i ciclofattorini collaboratori etero-organizzati ex art. 2 d.lgs. 81/2015 – aveva però allo stesso tempo invitato i giudici di merito ad esaminare attentamente le modalità effettive di svolgimento del rapporto. Ciò anche in considerazione del fatto che, nel giudizio sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione, non era stata nemmeno proposta la domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto. Si veda, sul punto,
A. INGRAO, Riders: un altro passo verso la subordinazione, Labour & Law Issues 8 (1), R59-R71.
In senso critico sulla riconducibilità della prestazione lavorativa dei riders nella subordinazione, si veda G. SANTORO-PASSARELLI, Il lavoro mediante piattaforme digitali e la vicenda processuale dei riders, DRI, 2021, pp. 111 e ss..
In definitiva, l’orientamento giurisprudenziale che riconosce la natura subordinata tout court dell’attività lavorativa dei riders e quello che ne riconduce, invece, la prestazione lavorativa nell’alveo dell’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 81/2015, seppur attraverso diverse vie interpretative, giungono alla medesima conclusione: l’applicazione indistinta delle medesime tutele individuali e collettive sia al dipendente subordinato sia al collaboratore etero-organizzato. La distinzione tra i due orientamenti sembra essere, perciò, più concettuale che sostanziale.
4. La problematica compatibilità dell'etero-organizzazione con la presunzione relativa di subordinazione prevista dalla Proposta di Direttiva approvata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio U.E..
Nel solco del riconoscimento della subordinazione dei riders sembra muoversi anche il Legislatore sovranazionale, il quale con la Proposta di Direttiva - dapprima, approvata dal Parlamento Europeo (il 24 aprile 2024) e, da ultimo, dal Consiglio Europeo - ha, per la prima volta, definito un complesso di regole che mirano a disciplinare il sistema di tutela dei lavoratori che operano per le piattaforme digitali21.
L’ambito applicativo dell’intervento normativo si estende ad ogni piattaforma digitale che organizza il lavoro nell'Unione Europea, indipendentemente dalla loro sede legale e/o dal diritto applicabile.
Il testo approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio U.E., oltre ad introdurre, in maniera innovativa, una serie di misure pensate per promuovere il dialogo tra le parti sociali e rafforzare le condizioni per l'azione sindacale22 anche dei lavoratori autonomi23, al primo comma dell’art. 5 ha previsto una presunzione di subordinazione per il lavoro svolto mediante piattaforme digitali.
Il rapporto di lavoro si presume di natura subordinata, al ricorrere di circostanze dalle quali si possa evincere l’esercizio del potere di controllo e di direzione della prestazione lavorativa da parte della piattaforma digitale, conformemente al diritto nazionale, ai contratti collettivi, alle prassi in vigore negli Stati membri, nonché alla giurisprudenza della Corte di Giustizia. Trattasi di presunzione relativa, in quanto viene espressamente fatta salva la possibilità per il committente di dimostrare l'assenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti.
La previsione da parte del Legislatore europeo di una presunzione di subordinazione, seppur relativa, riflette l’impostazione comunitaria ancorata alla tradizionale dicotomia lavoro autonomo versus lavoro subordinato, ormai superata dal nostro ordinamento. In ragione di ciò, il meccanismo presuntivo presenta difficoltà di coordinamento con la disciplina dell’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 81/2015.
In ossequio ad un’interpretazione teleologica, si potrebbe ritenere che l’obiettivo di allargare il regime di tutele dei lavoratori operanti per le piattaforme digitali che guida l’intervento normativo europeo sia già stato conseguito nel nostro ordinamento dall’art. 2 del D.Lgs. 81/2015, il quale comporta anche in assenza dei requisiti del controllo e della eterodirezione – richiesti dalla presunzione relativa di subordinazione - il riconoscimento delle tutele proprie della subordinazione.
Diversamente, si dovrebbe ritenere che il recepimento del peculiare meccanismo presuntivo previsto dalla Proposta di Direttiva U.E. richieda una sistematica revisione della disciplina dell’etero-organizzazione o, in maniera drastica, la sua abrogazione, con il conseguente ritorno all’impostazione anteriore all’intervento del Jobs Act.
5. Considerazioni conclusive.
Il sopradescritto quadro normativo e giurisprudenziale è tutt’altro che chiaro e univoco. È difficile immaginare quale sarà l’approdo definitivo della disciplina dell’etero-organizzazione, a partire dal settore dei ciclofattorini.
Nell’inquadramento giuridico dei riders, la tendenza che sembra emergere è quella di una loro progressiva riconduzione nel regime della subordinazione, vuoi direttamente (considerandoli dipendenti di fatto) vuoi indirettamente attraverso l’applicazione della disciplina dell’etero- organizzazione (considerandoli collaboratori protetti come se fossero dipendenti), in controtendenza con le esigenze di flessibilità imposte dall’odierno mercato del lavoro.
Nell’attuale panorama normativo e giurisprudenziale, ci si potrebbe chiedere fino a che punto residui per le Imprese una effettiva utilità pratica della distinzione normativa tra etero-organizzazione e subordinazione.
Sarebbe auspicabile un intervento del Legislatore volto a discernere, in conformità ai principi della Carta Costituzionale, quali tutele individuali e collettive della subordinazione siano da ritenersi applicabili al lavoro etero-organizzato.
Ciò, da una parte, consentirebbe alle collaborazioni etero- organizzate di costituire per le Imprese una reale alternativa ai rapporti di lavoro dipendente.
Dall’altra parte, farebbe chiarezza – a beneficio della certezza del diritto e dei traffici giuridici – sulla portata applicativa dell’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 81/2015. Difatti, nell’attuale contesto, la possibile riqualificazione ex post dei rapporti di lavoro costituisce un pericoloso deterrente all’iniziativa dell’Impresa, a detrimento dell’occupazione nel settore, tenuto conto degli ingenti costi sopravvenuti che possono discendere dal riconoscimento giudiziario della natura subordinata o etero-organizzata delle prestazioni di lavoro.
Avrebbe anche senso introdurre uno “Statuto dei Lavori” (di cui tanto di discute) che individui un livello minimo di tutele estese sia ai dipendenti che ai collaboratori, e magari anche ai lavoratori autonomi, fermo restando che – in assenza degli indici di subordinazione – non sarebbero però invocabili da chiunque le tutele pensate, invece, strettamente per i lavoratori subordinati.
Ad ogni modo, ritengo che occorra, peraltro, rifuggire da un rigido appiattimento interpretativo ancorato a fumose e non univoche “etichette” normative.
L’interprete è tenuto a valutare, nel singolo caso concreto, la natura dei rapporti di lavoro, tenuto conto delle specificità di ciascuna organizzazione aziendale, anche alla luce della incessante evoluzione tecnologica.
Non sempre è giustificata la diffusa diffidenza per il lavoro autonomo. Ben può darsi che un rapporto di lavoro sia voluto ed eseguito dalle parti, senza i rigidi “paletti” della subordinazione (o dell’etero- organizzazione), con reciproco profitto per entrambe le parti contrattuali. Con la tecnologia che avanza sempre più velocemente, con il progressivo avvento dell’Intelligenza Artificiale e di software sempre più sofisticati che consentono di immaginare forme di lavoro “su misura” per il lavoratore - consentendogli di svolgere la prestazione lavorativa in equilibrio con le proprie esigenze personali – ritengo che vi siano tutte le premesse per sviluppare ed attuare quel tipo di lavoro che io preconizzai negli anni ‘90, quando pensavo all’Impresa del futuro, tutta basata sul
lavoro autonomo.
Si può ipotizzare una forma di lavoro autonomo o organizzato nell’ambito dell’Impresa, tutelato con un minimo retributivo inderogabile per legge rispettoso dell’art. 36 della nostra Carta Costituzionale.
La sfida coinvolge non solo le Imprese e la loro capacità di innovarsi in maniera sostenibile – adempiendo alla funzione sociale attribuita loro dal secondo alinea dell’art. 41 della Costituzione – ma coinvolge anche gli Avvocati e i Magistrati.
A seconda della rigidità con la quale si applicheranno gli strumenti normativi, a partire proprio dall’art. 2 del D.Lgs. 81/2015, potremo assistere ad una evoluzione virtuosa della gestione dei rapporti di lavoro che garantisca, per un verso, maggiore flessibilità operativa per l’Imprenditore e, per un altro verso, una miglior qualità delle condizioni di lavoro e dei compensi dei lavoratori. Oppure potrebbe verificarsi l’opposto: in un contesto in cui l’Intelligenza Artificiale avrà una parte importante nell’organizzazione del lavoro, le Imprese, esasperate dall’incertezza, saranno indotte ad evitare l’instaurazione di collaborazioni, limitandosi ad occupare pochi lavoratori dipendenti o a rinunciare a forme di business rischiose e potenzialmente problematiche.