testo integrale con note e bibliografia
L’accertamento concluso nel marzo 2021 da Ispettorato del Lavoro di Milano, funzionari di vigilanza INPS e INAIL e Carabinieri-Nucleo Ispettorato del Lavoro, nei confronti delle principali piattaforme di food delivery italiano è nato dalla volontà dei servizi ispettivi di indagare nuove modalità di espletamento della prestazione lavorativa, con l’intervento organizzativo di algoritmi informatici.
Una delle riflessioni più significative a conclusione dell’attività è stata riaffermare il fondamentale ruolo del diritto del lavoro, quale strumento e parametro di tutela dei lavoratori, in un momento storico in cui gli impulsi dati dall’economia digitale stanno disegnando una nuova fisionomia della relazione lavorativa.
Gli ispettori hanno esaminato, ognuno per il proprio ambito di competenza, le varie ipotesi di violazioni di norme nella configurazione del rapporto giuridico tra i ciclo-fattorini (cc.dd. riders) e le società titolari delle piattaforme elettroniche, che hanno gestito in concreto i rapporti di lavoro:
• Il Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro ha esaminato le ipotesi di reato connesse alle violazioni di norme del testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (d. lgs. 81/08):
• I funzionari di Vigilanza INPS e INAIL hanno valutato se e quanto le società di food delivery abbiano evaso e/o eluso contributi e premi assicurativi, utilizzando le piattaforme informatiche;
• Gli ispettori del lavoro hanno definito la natura giuridica del rapporto che lega i riders alle società datrici di lavoro.
La ricostruzione dei fatti
L’attività di food delivery viene svolta avvalendosi dei riders coordinati da una piattaforma digitale, alla quale questi devono registrarsi con un proprio account. La piattaforma gestisce e dirige la prestazione, dal momento in cui viene effettuato l’ordine a tutte le fasi successive: ritiro presso l’esercente, consegna all’utente finale, pagamento. La piattaforma digitale non è uno spazio fisico, bensì virtuale, in cui avviene uno scambio di beni e servizi. In linea con gli orientamenti giurisprudenziali comunitari (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 20/12/2017, C-434/15) e italiani (Tribunale di Torino, sez. spec. Impresa, 01/03/2017, n. 1553), è pacificamente accettato che la gestione digitale di tale attività si qualifichi come attività di impresa. Ne discende che i riders sono inseriti in una organizzazione imprenditoriale riconducibile alla società proprietaria della piattaforma.
Il passaggio successivo operato dall’organo ispettivo è stato qualificare il rapporto giuridico tra la piattaforma digitale e chi prestava la propria opera. In concreto, l’aspirante rider accedeva alla piattaforma, compilava un formulario (allegando documenti) e inviava la propria candidatura. Valutata la disponibilità, al futuro rider veniva inviata una proposta di contratto a ritenuta d’acconto (o a partita iva, specificatamente al superamento della cifra di 5.000 euro di compensi). Firmato virtualmente il contratto, il riders riceveva presso una sede fisica l’attrezzatura necessaria per svolgere il lavoro: zaino/box, porta cellulare, power-bank, ecc. Per le società di food delivery, il rapporto giuridico rientrava nell’alveo dell’art. 2222 c.c.
Il tipo di contratto, le relative clausole seriali e standardizzate, le condizioni economiche erano stabilite unilateralmente dalla piattaforma; nessuna negoziazione era permessa, non essendoci alcuna forma di interazione “umana”, ma solo virtuale. Il compenso consisteva in un cottimo variabile in base alla città, al percorso, ai tempi di attesa.
Il perno dell’intera attività è l’app scaricabile sullo smartphone del riders, che genera una utenza per accedere alla piattaforma. L’app geolocalizza il rider durante il lavoro (sistema del log-in e log-out) e utilizza un algoritmo che, in considerazione del luogo dell’attività di consegna, stabilisce in maniera diversificata e in base all’orario, il numero dei riders adeguato a garantire i servizi logistici. Ciascun rider deve prenotare la fascia oraria (slot) in cui di fatto si pone a disposizione della piattaforma. Una volta prenotato lo slot, il rider si posiziona in un’area confermando la volontà di effettuare le consegne che, una volta ricevute, sarà libero di accettare o rifiutare. Nella “proposta di consegna” saranno indicati la distanza totale (genericamente il punto di ritiro e di consegna), il corrispettivo e le modalità di pagamento. In caso di accettazione, il ciclo-fattorino raggiunge il punto di ritiro e procede alla consegna, confermando tutte le azioni sulla app. Gli ispettori hanno appurato, dalle numerosissime dichiarazioni acquisite, che viene data precedenza nella selezione degli slot ai rider che hanno ottenuto una valutazione più alta e un miglior giudizio in termini di produttività e affidabilità rispetto ad altri. Una volta che tutte le disponibilità di un determinato slot sono state assegnate dall’algoritmo che gestisce l'app, i restanti rider non potranno più accedere agli slot con maggiore domanda di consegne, riducendo così le loro opportunità di lavoro e guadagno.
L’app agisce secondo parametri di assoluta efficienza: mostra ai riders quali sono i luoghi migliori per acquisire le consegne (zone in cui si concentrano ristoranti e fast food), consente ai riders di adeguare la prestazione lavorativa in tempo reale in base agli ordini, incoraggia il rispetto dei tempi di consegna, indica i percorsi migliori da seguire. Il compenso viene determinato dal rispetto dei suddetti parametri di efficienza.
La piattaforma impone una procedimentalizzazione della prestazione scandendone fasi, luoghi e tempi. Su tutto questo impera il sistema del ranking. In base alle recensioni di ristoratori e clienti, nonché al rispetto di turni prenotati e disponibilità a effettuare turni di lavoro (il tutto gestito dall’app), viene attribuito un ranking a ogni rider. Un ranking migliore consente di avere una priorità di scelta dei turni di lavoro maggiormente proficui (es. 19.30-22.30); l’algoritmo, al contrario, penalizza chi riporta giudizi negativi sul proprio operato. Su questo gli ispettori del lavoro di Milano hanno affermato: “si tratta in sostanza di una forma organizzativa dalla quale deriva, nei confronti dei riders che non rispettano il modello lavorativo e di performance imposto dalla società, una retrocessione nelle gerarchie di scelta degli slots o dei luoghi in cui stazionare in attesa degli ordini”.
Le conseguenze nella qualificazione del rapporto giuridico tra società e riders
La ricostruzione del modus operandi delle piattaforme informatiche di food delivery va considerata alla luce della novella legislativa apportata all’art. 2 del d. lgs. 81/2015 dal D.L. 101/2019 (conv. L. 128/2019), in base al quale si qualifica come lavoro etero-organizzato non più quello svolto in maniera “esclusivamente” personale, ma “prevalentemente” personale. Inoltre, la novella menziona esplicitamente le piattaforme digitali. L’art. 2 recita. “A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali”. In concreto, l’etero-organizzazione si riscontra in tutti i casi in cui il committente stabilisce le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa. E l’art. 2 si applica anche se “le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali”.
Gli ispettori sono giunti alle seguenti conclusioni:
• Lo scambio sinallagmatico dedotto nel rapporto giuridico tra rider e società/piattaforma si basa su una prestazione lavorativa prevalentemente personale.
• La prestazione svolta ha natura continuativa. La continuità, letta anche alla luce dell’art. 409 c.p.c., si configura in quella prestazione funzionale al soddisfacimento di un interesse durevole del committente. Conferma di ciò viene offerta dalla prassi dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, il quale ha stabilito nella circolare n. 7 del 30/10/2020: “il requisito della continuità va… riconosciuto tutte le volte in cui la disponibilità del collaboratore sia funzionale alla soddisfazione di un interesse della committenza – ancorché non prestabilito ma costante in un arco temporale obiettivamente di rilievo – e tutte le volte in cui la stessa disponibilità si sia effettivamente concretata in una prestazione apprezzabile e significativa… Ogni qual volta la ripetizione di una medesima prestazione lavorativa sia oggetto o presupposto del contratto … va pertanto escluso il carattere della occasionalità”. Nel caso di specie, il carattere della continuità è in re ipsa, laddove nel contratto si prevede la reiterata e funzionale messa a disposizione di energie lavorative sulle quali il committente possa fare affidamento per l’organizzazione produttiva della propria attività di impresa. Il tutto “efficientato” dall’algoritmo che funziona se e solo se può contare sull’utilizzo delle prestazioni lavorative dell’insieme dei riders di cui la piattaforma dispone.
• Seppure non esistano dei vincoli specifici alla prestazione lavorativa, la stessa è pesantemente condizionata dal funzionamento dell’app, tanto da sfociare in una gestione unilaterale dell’esecuzione della prestazione lavorativa. L’opera dei riders deve necessariamente conformarsi all’operatività dell’algoritmo che organizza anche tempi e modi di lavoro, grazie al sistema di slot e ranking. Soprattutto il sistema del ranking condiziona il lavoro del rider, obbligandolo a standard e modalità organizzative che limitano fortissimamente la libertà di effettuazione della prestazione. Da tutto ciò discende l’etero-organizzazione contestata alle società di food delivery.
L’applicazione dell’art. 2 D. Lgs. 81/2015 ai riders.
Una volta riqualificati i riders da lavoratori autonomi ex art. 2222 c.c., a collaboratori ex art. 2 d. lgs. 81/2015, ne è discesa l’applicazione all’intera platea dei lavoratori delle disposizioni in materia di salute e sicurezza (d. lgs. 81/08), tempi di lavoro (d. lgs. 66/2003), nonché quelle sulla retribuzione, inquadramento contrattuale e quelle previdenziali.
Non essendo presente alcun CCNL stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale , gli ispettori hanno applicato il CCNL logistica e trasporto merci.
L’etero-organizzazione, ovvero, per converso, il pieno inserimento dei ciclo-fattorini all’interno della struttura organizzativa del committente, ha comportato l’applicazione dell’insieme di norme poste a tutela della salute e sicurezza di lavoratori, secondo le previsioni del d. lgs. 81/08. Quindi la valutazione dei rischi (art. 29 in combinato disposto con art. 17 e art. 271), le visite mediche e la fornitura dei dispositivi di protezione individuale (art. 18), la formazione dei lavoratori (art. 37), l’informazione sui rischi (art. 36), la formazione specifica per l’utilizzo di attrezzature da lavoro (art. 73), le attrezzature da lavoro (art. 71).
Ha altresì comportato la quantificazione dei contributi dovuti dalle società, il cui ammontare (a 8 cifre) è oggetto di un contenzioso tutt’ora pendente.
Gli ispettori meneghini hanno poi utilizzato l’istituto della “disposizione” , disciplinato dal novellato art. 14 del D. Lgs. 124/04 ordinando alle società di
- “fornire a detti lavoratori tutte le informazioni utili al fine di garantire la piena conoscenza dei propri diritti e doveri e le nuove fattispecie giuridiche applicabili al rapporto di lavoro intercorso od intercorrente con la Società ispezionata, in particolare per quanto attiene alla retribuzione, all’inquadramento, all’orario di lavoro, ai riposi, alle ferie, e alle tutele previdenziali ed assicurative”;
- “provvedere a corrispondere (…) per tutto il periodo lavorato da ciascuno di essi, in relazione alle mansioni effettivamente svolte così per come accertate, le retribuzioni previste per il V livello del Contratto collettivo nazionale della logistica e del trasporto merci, tenuto conto delle somme già erogate”.
La (op)posizione delle società di food delivery
Accertata la violazione di precetti del d. lgs. 81/08, i carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro hanno proceduto ad impartire alcune prescrizioni, ai sensi dell’art. 20 del d. lgs. 758/94, con riferimento alle fattispecie penali elencate in precedenza.
Le società hanno posto in essere, all’indomani di dette prescrizioni, uno sforzo imprenditoriale di assoluto rilievo, rivedendo i propri modelli organizzativi e soprattutto offrendo ai collaboratori quelle tutele che non erano state garantite in precedenza, in termini di formazione, informazione, valutazione dei rischi, dispositivi di protezione individuale ecc. Preme specificare che trattasi di tutele che il datore di lavoro è tenuto a garantire a tutti i lavoratori, per come definiti dall’art. 2 d. lgs. 81/2008. Si è giunti a tale conclusione a seguito di alcuni incontri presso l’Ispettorato del Lavoro di Milano, dove i legali delle società di food delivery hanno manifestato la volontà di definire “linee guida” che, se rispettate, potessero garantire agli interessati la definizione del procedimento ai sensi dell’art. 24 d.lgs. n. 758/94 (estinzione dei reati).
Per quanto concerne il corretto inquadramento dei riders, prima ancora di proporre ricorso al giudice del lavoro, tutte le quattro società interessate dagli accertamenti hanno presentato ricorso, ex art. 17 d. lgs. 124/04, al Comitato per i rapporti di lavoro presso l’Ispettorato Interregionale del Lavoro di Milano. che nel mese di maggio 2021 ha respinto tutti i ricorsi amministrativi, confermando in toto i verbali.
Avverso le conclusioni ispettive è stato poi avviato un contenzioso giudiziario. Le contestazioni hanno riguardato, nel merito, i seguenti punti:
- Errata qualificazione dell’art. 2 d. lgs. 81/2015: in primo luogo, le società hanno lamentato una carenza di motivazione del verbale. Hanno poi sottolineato che l’opera del rider sarebbe meramente eventuale, non esistendo alcuna obbligazione continuativa di facere; infatti, alcuni riders, pur loggandosi, non hanno mai effettuato consegne, potendo peraltro lavorare per altri committenti. Inoltre, il riders è libero di accettare le consegna o di non eseguirla;
- Sempre con riferimento all’applicazione dell’art. 2 cit., viene contestato il concetto di etero-organizzazione: non ricorrerebbero gli estremi della etero-organizzazione, non essendovi indicazioni ai riders che travalichino gli ordinari confini di quelle ordinariamente fornite nel rapporto di lavoro autonomo dal committente in ordine al contenuto, agli obiettivi dell’incarico e agli standard quali/quantitativi delle prestazioni concordate;
- Gli ispettori hanno disposto, anche per prestazioni di carattere occasionale dei singoli corrieri, l'applicazione di un rapporto a tempo pieno di tipo subordinato, senza distinzioni. Ne discenderebbe un errato calcolo dei contributi, tenendo conto di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno per ogni lavoratore e non delle prestazioni di lavoro effettivo;
- Immotivata applicazione del CCNL Logistica.
La giurisprudenza di prime cure. L’applicazione dell’art. 2 D. Lgs. 81/2015.
Nell’ottobre 2023 il Tribunale di Milano ha pronunciato due sentenze (n. 3237 e n. 3239) che hanno confermato le principali conclusioni degli ispettori, soprattutto con riferimento all’applicazione dell’art. 2 alle collaborazioni tra le società di food delivery e i ciclofattorini. L’argomentare dei Giudici meneghini ha preso spunto dalla sentenza della Corte di Cassazione 1663/2020 relativa al corretto inquadramento dell’art. 2 in discussione. La Suprema Corte ha infatti statuito:
24. Il legislatore, d'un canto consapevole della complessità e varietà delle nuove forme di lavoro e della difficoltà di ricondurle ad unità tipologica, e, d'altro canto, conscio degli esiti talvolta incerti e variabili delle controversie qualificatorie ai sensi dell'art. 2094 cod. civ., si è limitato a valorizzare taluni indici fattuali ritenuti significativi (personalità, continuità, etero-organizzazione) e sufficienti a giustificare l'applicazione della disciplina dettata per il rapporto di lavoro subordinato, esonerando da ogni ulteriore indagine il giudice che ravvisi la concorrenza di tali elementi nella fattispecie concreta e senza che questi possa trarre, nell'apprezzamento di essi, un diverso convincimento nel giudizio qualificatorio di sintesi. 25. In una prospettiva così delimitata non ha decisivo senso interrogarsi sul se tali forme di collaborazione, così connotate e di volta in volta offerte dalla realtà economica in rapida e costante evoluzione, siano collocabili nel campo della subordinazione ovvero dell'autonomia, perché ciò che conta è che per esse, in una terra di mezzo dai confini labili, l'ordinamento ha statuito espressamente l'applicazione delle norme sul lavoro subordinato, disegnando una norma di disciplina. 26. Tanto si spiega in una ottica sia di prevenzione sia "rimediale". Nel primo senso il legislatore, onde scoraggiare l'abuso di schermi contrattuali che a ciò si potrebbero prestare, ha selezionato taluni elementi ritenuti sintomatici ed idonei a svelare possibili fenomeni elusivi delle tutele previste per i lavoratori. In ogni caso ha, poi, stabilito che quando l'etero-organizzazione, accompagnata dalla personalità e dalla continuità della prestazione, è marcata al punto da rendere il collaboratore comparabile ad un lavoratore dipendente, si impone una protezione equivalente e, quindi, il rimedio dell'applicazione integrale della disciplina del lavoro subordinato. (…) 39. Più semplicemente, al verificarsi delle caratteristiche delle collaborazioni individuate dall'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81 del 2015, la legge ricollega imperativamente l'applicazione della disciplina della subordinazione. Si tratta, come detto, di una norma di disciplina, che non crea una nuova fattispecie.
Pertanto, il Tribunale di Milano ha ritenuto che, pur volendo inserire la figura dei ciclofattorini nell’ambito del lavoro autonomo, in particolare nelle collaborazioni continuative previste dall’articolo 409 n. 3 cpc, risulta dirimente la differenza tra un coordinamento delle modalità organizzative stabilito consensualmente tra le parti e un'ingerenza unilaterale da parte del committente. Quest'ultima, affinché sia applicabile l'articolo 2 del decreto legislativo n. 81/15, viene imposta dall’esterno, configurando un lavoro eterodiretto dal committente.
Queste statuizioni hanno messo in luce, in un settore caratterizzato da molte ombre, che occorre osservare come il committente determina le modalità di lavoro e come il collaboratore si inserisce nel sistema aziendale: nel caso dei riders, l’autonomia del “collaboratore” si affievolisce sino a svanire e il sistema aziendale può esistere solo se il “collaboratore” è pienamente integrato nell’organizzazione.
All'interpretazione sistematica proposta, si deve aggiungere una prospettiva teleologica, poiché la ragione alla base della modifica dell'articolo 2 del d. lgs. n. 81/15 è stata l'esigenza di garantire una protezione più robusta a una categoria di lavoratori considerati, in qualche modo, assimilabili a quelli eterodiretti. La protezione non è solo lavoristica, ma anche previdenziale e di sicurezza sul lavoro.
Con riferimento al requisito della continuità nella collaborazione, il negozio giuridico proposto dalle società di food delivery è volto a disciplinare una molteplicità di prestazioni suscettibili di succedersi nel tempo, secondo la libera volontà del collaboratore, escludendo quindi prestazioni di natura sporadica. Anche nel caso in cui il lavoratore decidesse di non collegarsi affatto o di farlo solo sporadicamente all'applicazione, il contratto standard contempla e norma la possibilità di una serie di prestazioni continuative, così delineando una chiara vocazione alla continuità, nel senso che è destinato a regolare prestazioni protratte nel tempo. In altre parole, l’esecuzione e la ripetizione della prestazione lavorativa in questione rappresentano l’oggetto e il fondamento stesso del contratto.
L’evoluzione delle piattaforme informatiche
L’accertamento in discussione ha rappresentato un punto significativo non solo per il mondo dei riders, ma per l’utilizzo dei lavoratori tramite le piattaforme. Gli arresti giurisprudenziali del tribunale di Milano non hanno solo validato il lavoro degli ispettori, ma hanno soprattutto acceso un faro sull’importanza delle tutele da garantire ai lavoratori. In altri termini, hanno rimarcato la necessità di riaffermare “una immagine non alienata dell’uomo, contrapposta a quella deformata dalle leggi dure del mondo della produzione ”.
Il caso riders ha evidenziato che in questa fase storica i lavoratori che accettano certi lavori sono spesso soggetti in situazioni di bisogno, tanto che l’espressione “caporalato digitale”, risulta particolarmente azzeccata. In ottica futura, serve una presa di coscienza degli sviluppi mostruosi di questa tendenza (curiosamente rappresentati nella pellicola di Pif “E noi come str**** rimanemmo a guardare”, 2021), in maniera da indirizzare il Legislatore a una normazione con funzioni di arginamento. Accanto all’intervento normativo, compete alla giurisprudenza (il caso riders del Tribunale di Milano è emblematico in tal senso) quel costante processo di interpretazione evolutivo-correttiva che diviene il diritto vivente, con il recepimento da parte degli organi che devono applicarlo.
L’8 febbraio 2024 il Parlamento Europeo ha dato il via libero definitivo per la Direttiva che aumenta le garanzie dei ciclofattorini: gli Stati membri dovranno legiferare introducendo una presunzione di subordinazione in presenza di indicatori univoci dell’esistenza di un rapporto di lavoro, quale controllo e direzione. La European Labour Authority (ELA) ha tenuto un meeting il 7 e 8 ottobre 2024 con esperti di Ispettorati del Lavoro e Amministrazioni Finanziarie dei Paesi Membri per delineare best practice non solo sul contrasto al lavoro sommerso, ma anche – forse soprattutto – sulla lotta all’evasione ed elusione fiscale tramite piattaforme digitali.
Se le iniziative europee sono da salutare con assoluto favore, non mancano i segnali di allarme: nella quotidiana attività di controllo, gli ispettori del lavoro, come pure i funzionari dell’Amministrazione Finanziaria, si imbattono in nuove piattaforme informatiche che, certamente efficienti nei loro obiettivi organizzativi, sembrano trascurare l’esistenza di norme poste a tutela non solo dei lavoratori, ma anche di specifiche attività economiche, piuttosto che di professioni ordinistiche.