TESTO INTEGRALE CON NOTE E BIBLIOGRAFIA

1. Introduzione
L’attività lavorativa dei c.d. riders ha rappresentato negli ultimi anni un terreno di ampio confronto in ambito giuslavoristico, che ha coinvolto non solo dottrina e giurisprudenza, ma anche il legislatore, intervenuto a dettare una disciplina specificamente riferita ai “lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore […] attraverso piattaforme anche digitali” .
Il tema, da un lato, si connette a realtà socio-economiche e a terreni di indagine pressoché inediti sino ad un decennio fa (tra gli altri, il lavoro tramite piattaforma digitale, l’utilizzo di modelli algoritmici e il ricorso a sistemi di intelligenza artificiale nell’organizzazione del lavoro); dall’altro, esso si confronta criticamente con categorie dogmatiche fondamentali e fattispecie consolidate del diritto del lavoro, quali quelle di lavoro autonomo e di lavoro subordinato.
Il profilo qualificatorio è quello che, sino ad ora, ha maggiormente impegnato i giudici investiti del contenzioso - invero non vastissimo a confronto dell’ampia diffusione dell’attività lavorativa in esame – relativo al rapporto di lavoro dei riders.
Alla definizione di tale profilo si correla lo statuto protettivo applicabile a questa figura di lavoratore: l’accertamento della natura subordinata del rapporto ex art. 2094 c.c. ha come conseguenza la diretta ed integrale applicazione della disciplina della subordinazione; il carattere etero-organizzato della prestazione comporta l’applicazione dell'apparato protettivo del lavoro subordinato per il tramite dell’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015 (fatto salvo il potere di deroga rimesso alla contrattazione collettiva dall’art. 2, comma 2); infine, in caso di attività di lavoro autonomo priva dei caratteri della etero-organizzazione, si applicano i livelli minimi di tutela fissati dalla disciplina residuale di cui agli artt. 47 bis e ss. d.lgs. n. 81/2015.
L’inquadramento giuridico della fattispecie, tuttavia, non esaurisce il tema dell’individuazione delle tutele applicabili, la cui soluzione impone di misurarsi con ulteriori complesse questioni interpretative, in particolare per quanto attiene all’estensione della disciplina della subordinazione ex art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015.
Sull’esame di alcune di dette questioni, che appaiono di particolare rilevanza sul piano pratico-applicativo, si concentrerà – senza alcuna pretesa di esaustività - il presente scritto.

2. L’estensione delle tutele del lavoro subordinato ex art. 2 d.lgs. n. 81/2015: i principi enunciati dalla Corte di Cassazione
Va brevemente premesso che, sul piano della qualificazione giuridica dei rapporti di lavoro dei riders, gli approdi della giurisprudenza di merito (che scontano, com’è naturale, la varietà delle allegazioni in fatto e dei compendi probatori acquisiti nei diversi giudizi in ordine al concreto atteggiarsi dei rapporti) restituiscono un quadro composito: in estrema sintesi, accanto a pronunce che escludono la natura subordinata del rapporto di lavoro instaurato tra il rider e la piattaforma digitale, come pure il suo inquadramento come collaborazione etero-organizzata ex art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015, altre sentenze qualificano il rapporto in esame come rapporto di lavoro subordinato ex art. 2094 c.c., mentre un ulteriore indirizzo ritiene che esso sia da ricondurre allo schema del lavoro etero-organizzato ex art. 2, comma 1, cit. .
La Corte di Cassazione, con la notissima sentenza n. 1663/2020, ha condiviso la pronuncia della Corte d’appello di Torino, oggetto di impugnazione, in punto di inquadramento del rapporto di lavoro dei riders della piattaforma Foodora nello schema del lavoro etero-organizzato ex art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015.
La Suprema Corte si è, invece, discostata dall’impostazione della sentenza d’appello nella parte in cui questa aveva inteso ascrivere la fattispecie litigiosa ad un “tertium genus, intermedio tra autonomia e subordinazione, con la conseguente esigenza di selezionare la disciplina applicabile” .
Ad avviso del giudice di legittimità, con l’introduzione dell’art. 2 d.lgs. n. 81/2015 il legislatore ha adottato un’ottica “sia di prevenzione sia "rimediale"” : nell’ottica di prevenzione ha selezionato taluni elementi ritenuti sintomatici ed idonei a svelare possibili fenomeni elusivi delle tutele previste per i lavoratori; nell’ottica rimediale ha stabilito che, in ogni caso, quando l'etero-organizzazione, accompagnata dalla personalità e dalla continuità della prestazione, è marcata al punto da rendere il collaboratore comparabile ad un lavoratore dipendente, “si impone una protezione equivalente e, quindi, il rimedio dell'applicazione integrale della disciplina del lavoro subordinato”.
La pronuncia richiamata (che a tutt’oggi costituisce il punto di approdo della giurisprudenza di legittimità sull’interpretazione dell’art. 2 d.lgs. n. 81/2015) sembra perciò escludere che la norma consenta, e tanto meno imponga, un’estensione selettiva della disciplina della subordinazione alle collaborazioni etero-organizzate: con riguardo a tale tipologia di rapporti – argomenta la sentenza - deve trovare applicazione integrale lo statuto protettivo del lavoro subordinato, anche alla luce del fatto che “la norma non contiene alcun criterio idoneo a selezionare la disciplina applicabile, che non potrebbe essere affidata ex post alla variabile interpretazione dei singoli giudici” .
Nondimeno - chiosa il Supremo Collegio - “non possono escludersi situazioni in cui l’applicazione integrale della disciplina della subordinazione sia ontologicamente incompatibile con le fattispecie da regolare, che per definizione non sono comprese nell’ambito dell’art. 2094 c.c.” .
I passaggi argomentativi da ultimo richiamati rappresentano uno snodo fondamentale nel percorso ricostruttivo delle tutele applicabili ai riders.
A seguito delle modifiche apportate all’art. 2 d.lgs. n. 81/2015 dalla legge n. 128/2019, infatti, risulta semplificato l'inquadramento dell’attività di detti lavoratori nella cornice dell’etero-organizzazione (in cui la piattaforma digitale fornisce l’indispensabile infrastruttura produttiva e determina le modalità di esecuzione della prestazione) e di ciò è riflesso l’incremento, nella giurisprudenza di merito, delle pronunce che si inseriscono in tale filone.
Pertanto, ben può dirsi che dalle diverse opzioni interpretative adottate in relazione all'art. 2 d.lgs. n. 81/2015 (in particolare su quale sia esattamente la portata estensiva della disciplina del lavoro subordinato ai sensi di tale norma) discendono, sia pure in via indiretta, significativi effetti sul concreto regime di tutela dei riders.

3. L’applicazione della disciplina della subordinazione alle collaborazioni etero-organizzate: la compatibilità è il vero criterio guida?
Una parte della dottrina ha rilevato un profilo di contraddittorietà nell’argomentazione della sentenza esaminata laddove, da un lato, la Cassazione sancisce l’applicazione integrale ai collaboratori etero-organizzati dello statuto protettivo del lavoro subordinato e, dall’altro, evoca (senza indicarle) possibili ipotesi di incompatibilità ontologica tra la disciplina della subordinazione e le fattispecie riconducibili all’alveo delle collaborazioni etero-organizzate .
Secondo altra prospettiva, l’interprete dovrebbe selezionare la disciplina applicabile ai lavoratori etero-organizzati sulla base di un’attenta indagine del dato normativo, così da dare contenuto all’affermazione del legislatore secondo cui alle collaborazioni etero-organizzate “si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato” .
A questa posizione si contrappone quella di chi osserva che il riferimento, contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione, a rapporti ontologicamente incompatibili con la disciplina del lavoro subordinato costituisce un “obiter dictum” che non consente un’applicazione parziale e selettiva della disciplina del lavoro subordinato ai rapporti per definizione riconducibili all'art. 2, comma 1, d.l.gs. n. 81/2015 .
L’opinione che pare prevalere tra gli interpreti è che la scelta del legislatore sia nel senso dell’integrale estensione della disciplina protettiva del lavoro subordinato alle collaborazioni etero-organizzate (con le sole eccezioni consentite dall’art. 2, comma 2) e che le ipotesi di ontologica incompatibilità tra la disciplina della subordinazione e le fattispecie in esame siano propriamente da circoscrivere alla parte di disciplina relativa ai poteri di direzione e conformazione della prestazione che sono propri del datore di lavoro, poiché — ove si accertasse l'esercizio in concreto di siffatti poteri — si ricadrebbe direttamente nell'orbita applicativa dell'art. 2094 c.c., fuoriuscendosi da quella dell'art. 2, comma 1 .
L’incompatibilità riguarderebbe pertanto, esemplificativamente, la disciplina avente ad oggetto l'esercizio dei poteri di conformazione in materia di mutamento di mansioni o del luogo di esecuzione della prestazione ex art. 2103 c.c., dei poteri di controllo e disciplinari.
E’ stato osservato che in queste ipotesi, anziché di incompatibilità, si potrebbe parlare più radicalmente di totale estraneità della disciplina alle collaborazioni etero-organizzate, in quanto il committente, non essendo titolare dei predetti poteri, non ha alcun titolo per esercitarli nei confronti del collaboratore, il quale, conseguentemente, non ha alcun interesse a fruire della protezione stabilita rispetto ad essi .
La soluzione interpretativa suesposta appare condivisibile, perché conforme sia al dato testuale della norma (che estende alle collaborazioni etero-organizzate l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato senza prevedere alcuna limitazione e senza ricorrere alla formula dell'art. 2239 c.c., secondo cui le disposizioni che regolano il lavoro subordinato si applicano ai rapporti non inerenti all'esercizio dell'impresa solo “in quanto compatibili” ), sia ai canoni dell’interpretazione teleologica e sistematica.
Da un lato, infatti, va ribadito come l’art. 2, comma 1, si proponga, in chiave antielusiva e protettiva, di innalzare il livello di tutela di alcuni collaboratori (i collaboratori etero-organizzati) che, per le modalità di esecuzione delle prestazioni, evidenziano una contiguità con le prestazioni rese in forma subordinata: il perseguimento delle due finalità (di prevenzione e rimediale) comporta che le fattispecie siano assoggettate in toto allo statuto protettivo della subordinazione, nel senso sopra chiarito.
Per altro verso, come evidenziato anche dalla Corte di Cassazione nella pronuncia esaminata, la disposizione in parola costituisce una norma di disciplina, che non individua un tipo contrattuale intermedio tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, ma prevede l’estensione della disciplina del lavoro subordinato al rapporto di collaborazione etero-organizzata (che mantiene la sua natura autonoma), sicché l’interprete non è chiamato a selezionare la disciplina regolativa applicabile in base al criterio della combinazione tra le discipline dei due tipi normativi.

4. Ricadute applicative sull’attività lavorativa dei riders - questioni aperte
Poste tali premesse, la concreta applicazione degli istituti che compongono lo statuto protettivo del lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione etero-organizzata dei riders evidenzia alcuni profili problematici, che hanno dato luogo a diverse – e talvolta antitetiche – soluzioni interpretative.
4.1. I trattamenti economici e normativi
Un primo punto che può ritenersi consolidato (pur con alcuni distinguo) è quello secondo cui ai rapporti di collaborazione etero-organizzata intercorrenti tra i riders e le piattaforme digitali si applica la disciplina legale del lavoro subordinato per quanto attiene ai trattamenti economici e normativi.
Sono, pertanto, applicabili gli istituti retributivi di fonte legale (a titolo di esempio il trattamento di fine rapporto) e, quanto ai trattamenti normativi, esemplificativamente il diritto alle ferie, la normativa in tema di salute e sicurezza sul lavoro, la normativa antidiscriminatoria, la normativa in materia di contratto a tempo determinato e di somministrazione di lavoro.
Deve ritenersi applicabile anche la disciplina dell’orario di lavoro contenuta nel d.lgs. 8 aprile 2003 n. 66, in particolare per quanto attiene alla nozione di orario di lavoro , alla durata massima dei tempi di lavoro, alla disciplina dei riposi, delle pause e del lavoro notturno, salve esclusioni e deroghe sancite dall’art. 17 del medesimo decreto legislativo, con particolare riguardo all’ipotesi, prevista dal comma 5, dei lavoratori la cui durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata o predeterminata “o può essere determinata dai lavoratori stessi”.
Infatti, una caratteristica abitualmente riscontrata nell’attività lavorativa dei riders è quella dell’assenza di un obbligo in senso stretto di lavorare: il rider può scegliere se e quando lavorare nell’ambito degli slot messi a disposizione dalla piattaforma, sicché, entro questi limiti, l’orario di lavoro può ritenersi da lui stesso determinato.
Proprio in ragione della caratteristica evidenziata dell’attività lavorativa in esame, sono stati espressi dubbi circa la compatibilità con essa dell’art. 10, comma 1, d.lgs. n. 81/2015, che sanziona la mancata prova in ordine alla stipulazione a tempo parziale del contratto di lavoro con la declaratoria di sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno. Ciò in ragione dell’ampia autonomia di cui gode il collaboratore nella fase genetica del rapporto, ossia nella scelta se prestare o meno la propria opera e con quale durata: tale autonomia verrebbe meno qualora si dichiarasse la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno ai sensi della norma anzidetta, in quanto il collaboratore sarebbe tenuto a rendere la prestazione secondo le disposizioni vincolanti del datore di lavoro per l’ordinario orario settimanale .
Per altro verso, nondimeno, l’estensione ex lege della disciplina lavoristica, senza alcuna specificazione, potrebbe indurre a richiamare non solo le misure di tutela, ma anche gli obblighi connessi al vincolo di subordinazione , tanto più ove l’applicazione di detta disciplina avvenga su istanza del lavoratore, come accade nella maggioranza dei casi e come espressamente dispone l’art. 10, comma 1, d.lgs. n 81/2015 (“su domanda del lavoratore”).
Ove si adotti questa seconda prospettiva, considerata anche la finalità rimediale ed antielusiva della norma, non vi dovrebbero essere ostacoli ad estendere al rider, in presenza di una domanda in tal senso e con effetto dall’accertamento giudiziale, la disciplina del rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno quanto ai trattamenti economici e normativi spettanti .
Oltre alla disciplina legale, devono ritenersi applicabili ai riders etero-organizzati anche i trattamenti economici e normativi stabiliti dai contratti collettivi che il preponente (ossia la piattaforma) applica al proprio personale dipendente, fermo il potere del giudice – ove non risulti applicato alcun contratto collettivo - di determinare il trattamento economico proporzionato e sufficiente ex art. 36 Cost., anche mediante il rinvio parametrico alla retribuzione tabellare prevista dal CCNL corrispondente all’attività svolta dal preponente o, in mancanza, da altro contratto che regoli attività affini e prestazioni lavorative analoghe.
Anche in quest’ambito una questione problematica - connessa alla frequente variabilità dell’impegno lavorativo dei riders e all’assenza, in capo a questi ultimi, dell’obbligo di rendere la prestazione - è se, mancando una pattuizione di orario part-time, il trattamento retributivo previsto dal CCNL debba essere riconosciuto sulla base dell’orario normale stabilito dall’autonomia collettiva (indipendentemente dalle prestazioni concretamente rese) o se, al contrario, il trattamento economico competa solo per i giorni e le ore di lavoro effettivamente prestato , oppure ancora se, oltre al tempo impiegato per effettuare le consegne, debba valorizzarsi anche l’arco temporale di disponibilità tra una consegna e l’altra, in quanto parte integrante del modello organizzativo del preponente .
Tale ultima soluzione appare la più convincente, ove si debba determinare il trattamento economico spettante per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, poiché correla la retribuzione al tempo di messa a disposizione delle energie lavorative da parte del collaboratore, in conformità al principio di corrispettività delle prestazioni nell’ambito del rapporto di lavoro e alla nozione di orario di lavoro recepita dall’ordinamento, declinati tenendo conto dei tratti connotanti la specifica fattispecie.
4.2. La normativa previdenziale
Alquanto controversa è la questione dell’estensione alle collaborazioni etero-organizzate della disciplina previdenziale del lavoro subordinato.
L’opinione che esclude detta estensione fa leva, in sintesi, sia sul riferimento testuale dell’art. 2, comma 1, alla “disciplina del rapporto di lavoro subordinato” (che non comprenderebbe quella previdenziale, autonoma rispetto al rapporto di lavoro sottostante), sia sull’assunto dell'identità delle materie oggetto della regolazione di fonte legale e collettiva, secondo il congegno normativo delineato dall’art. 2, commi 1 e 2, d.lgs. n. 81/2015 .
L’opinione contraria ritiene, all’opposto, il dato letterale inequivoco nel senso di includere anche le tutele assicurative e previdenziali e sottolinea come la natura pubblicistica faccia sì che quelle regole non siano in alcun modo derogabili da parte dei contratti collettivi di cui all’art. 2, comma 2, d.lgs. n. 81/2015 . Inoltre, evidenzia che il trattamento previdenziale è strettamente connesso allo statuto protettivo del lavoratore e, quindi, alla ratio della sua estensione .
4.3 I licenziamenti
Ulteriore tema di notevole portata sul piano pratico-applicativo è quello dell’estensione alle collaborazioni etero-organizzate della disciplina dei licenziamenti.
Alla tesi di chi reputa che la disciplina in esame sia incompatibile con la natura autonoma delle collaborazioni etero-organizzate, in quanto il recesso per giusta causa o giustificato motivo soggettivo costituirebbe esercizio del potere disciplinare mentre il collaboratore etero-organizzato, in quanto lavoratore autonomo, non è assoggettato al potere disciplinare ma solo all’organizzazione del committente, si è obiettato che il potere di recesso è esplicitamente riconosciuto anche al committente nell’ambito del contratto di lavoro autonomo (come attestano gli artt. 2227 e 2237 c.c.), cosicché non potrebbe dubitarsi della compatibilità strutturale fra contratto di lavoro autonomo, anche caratterizzato da etero-organizzazione, e potere di licenziamento e non vi sarebbe, pertanto, alcuna ragione ostativa all’applicazione delle regole limitative dei licenziamenti proprie del lavoro subordinato anche al lavoro autonomo etero-organizzato, sia con riguardo alla disciplina dei divieti e dei vincoli causali, sia con riguardo ai regimi di tutela .
Questa seconda opzione appare da preferire per una pluralità di ragioni: la facoltà di recesso può subire vincoli e limitazioni anche nell’ambito del lavoro autonomo, sicché non sussiste alcuna incompatibilità ontologica tra i due istituti; i licenziamenti disciplinari non esauriscono le fattispecie di licenziamento individuale e sono del tutto estranei all’area dei licenziamenti collettivi, sicché non si vede ragione per escludere in toto l’applicazione della disciplina dei licenziamenti (individuali e collettivi) alle collaborazioni etero-organizzate; incompatibilità tra rapporto di lavoro autonomo e licenziamento disciplinare non equivale a non operatività dei limiti al potere di licenziare e delle relative tutele, ma significa che, come precedentemente evidenziato, a fronte dell’esercizio del potere disciplinare il rapporto di lavoro dovrà essere riqualificato come subordinato, con la conseguenza che quei limiti e quelle tutele troveranno applicazione in via diretta e non per il tramite dell’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015.
Sotto altro profilo, non si ravvisano ostacoli all’applicazione della disciplina dei licenziamenti in ragione del fatto che, come accennato, il rider che presta attività nell’ambito di una collaborazione etero-organizzata non ha generalmente un obbligo di lavorare, né di garantire la propria disponibilità continuativa a rispondere alle richieste del preponente.
Se è vero che tali modalità operative potrebbe indurre l’interprete “a negare la natura contrattualmente unitaria del fenomeno che verrebbe frammentato in una pluralità di contratti d’opera ad esecuzione istantanea (o quasi), che sorgerebbero ogni qualvolta il lavoratore aderisca alla proposta del committente e renda la prestazione” , è altresì vero che, come evidenziato da condivisa dottrina , il fatto che sia necessaria una richiesta del creditore specifica affinché la prestazione venga effettuata (richiesta che, nel caso del rider, può essere rifiutata) non incide sull’unitarietà della fattispecie negoziale: le richieste non sono proposte contrattuali, bensì richieste di esecuzione che si inseriscono in un unico contratto di durata.
In altri termini, ad ogni accettazione del rider di rendere la prestazione (attraverso la prenotazione degli slot prima e l’accettazione dell’ordine di consegna poi) non corrisponde l’instaurazione di un singolo rapporto di lavoro con la piattaforma che si esaurisce con l’esecuzione della consegna (così da ravvisare nella sequenza di proposte di ordine e relative accettazioni una sequenza di distinti rapporti di lavoro).
Attraverso la descritta sequenza, infatti, si dà esecuzione al programma negoziale che prevede il carattere continuativo della collaborazione, inteso come attitudine della stessa a protrarsi e reiterarsi nel tempo, pur essendo rimessa al rider la facoltà di scegliere se e quando lavorare .
In tale dimensione di durata della collaborazione si coglie la piena compatibilità tra i rapporti in esame e le tutele in materia di licenziamento, aventi ad oggetto sia la ricostituzione della funzionalità del rapporto, sia il risarcimento del danno per illegittima interruzione del rapporto in corso.
Ciò posto, nella concreta applicazione delle tutele di cui sopra un aspetto problematico può riguardare la determinazione della retribuzione da porre a base di calcolo dell’indennità risarcitoria (tanto ai sensi dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, quanto del d.lgs. n. 23/2015 o della legge n. 604/1966). In particolare, può chiedersi se essa vada parametrata alla retribuzione spettante, per le corrispondenti mansioni, ad un lavoratore subordinato a tempo pieno o se, considerata la durata variabile della prestazione (sostanzialmente su base volontaria del rider), tale parametro risulti inidoneo e a quali criteri occorra fare riferimento.
Richiamando quanto già osservato in tema di determinazione dei trattamenti economici, una possibile soluzione – coerente con le caratteristiche del rapporto, nonché con il principio di corrispettività delle prestazioni e con la nozione di orario di lavoro recepita dall’ordinamento – potrebbe ravvisarsi nell’ancorare la retribuzione-parametro all’ultima retribuzione mensile dovuta, calcolata sulla base del tempo durante il quale il rider ha offerto la prestazione ed è rimasto a disposizione (ossia, in linea generale e salvo adeguamenti legati alle modalità operative delle diverse piattaforme, per la durata degli slot prenotati e concretamente lavorati, dal momento del log in alla piattaforma al momento del log out).
Al di là della scelta del parametro retributivo (che potrebbe anche fare riferimento alla media dei compensi mensili percepiti), ciò che preme sottolineare è che la questione evidenziata, per quanto di non univoca soluzione, non mette in crisi la compatibilità tra tutele in tema di licenziamento e collaborazioni etero-organizzate dei riders, ma attiene unicamente alle modalità della loro concreta applicazione, in ragione delle specifiche caratteristiche del rapporto.
E in ciò può forse cogliersi anche un’ulteriore chiave di lettura del riferimento, da parte della Corte di Cassazione, a “situazioni” in cui l’applicazione integrale della disciplina della subordinazione può rivelarsi “ontologicamente incompatibile con la fattispecie da regolare”: la disciplina protettiva del lavoro subordinato si applica laddove esistano i presupposti e le condizioni fattuali per la sua applicazione in conformità alla tipologia di lavoro effettuato, senza che ciò faccia venir meno il principio dell’integrale estensione della disciplina del lavoro subordinato ai sensi dell’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015 .

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