testo integrale con note e bibliografia
direttiva lavoro su piattaforme 11-11-2024
1. Introduzione
“dlin… dlin…”: nella poesia “La bicicletta” Giovanni Pascoli con l’onomatopea suggerisce, evocandola, la presenza di una bicicletta che, pur richiamata nel titolo, non viene mai nominata nel testo.
Qualcosa che c’è, dunque, ma di cui non si parla esplicitamente, un po’ come la “subordinazione”, nella ormai annosa e mai definitamente risolta vicenda dei rider.
Del resto, la ricerca della soluzione al problema della qualificazione del rapporto di lavoro subordinato latamente inteso, con tutte le conseguenze sottese all’applicazione della relativa tutela, ha da sempre caratterizzato il diritto del lavoro e impegnato gli interpreti nella ricerca dei suoi indici qualificatori.
A tale proposito, si ritengono degne di nota le parole di Roberto Pessi che, nella prefazione al suo studio sulla “fattispecie lavoro subordinato”, così scriveva: “Molte sono le ragioni che mi hanno spinto ad accingermi a questo lavoro: anzitutto, il fascino, discreto ma irresistibile, che per ogni cultore del diritto del lavoro ha sempre esercitato lo studio di quello che è il nucleo originale della materia stessa ed il fondamento della sua esistenza; in secondo luogo, la constatazione di come l’esperienza giudiziaria continui a segnalare l’esistenza di un perdurante, marcato, stato di incertezza proprio in relazione alla individuazione dei criteri idonei a configurare la fattispecie del lavoro subordinato, distinguendola dalle fattispecie contigue e confinanti.” .
Negli ultimi anni, in un mercato del lavoro sempre più caratterizzato dai processi di innovazione tecnologica e informatica che hanno condotto alla trasformazione delle modalità di lavoro, nonché alla evanescenza delle figure lavorative tipiche e alla smaterializzazione degli spazi di lavoro, la questione della qualificazione del rapporto di lavoro dei rider è stata ripetutamente portata all’attenzione di tutti i soggetti che operano nel sistema lavoristico italiano, con “la tendenza a favorire una soluzione squisitamente giudiziale… in un contesto socio-politico quasi unanimemente improntato a considerare le decisioni giudiziali uno strumento di equità sociale” .
In questo scenario, si inserisce oggi la Direttiva europea relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro mediante piattaforme digitali proposta nel 2021 , approvata dal Parlamento europeo ad aprile 2024 , adottata dal Consiglio europeo ad ottobre 2024 e di prossima pubblicazione, che lascerà spazio agli Stati membri, ivi inclusa l’Italia, per il suo recepimento.
2. Una ricognizione degli argomenti affrontati nel testo della Direttiva europea di prossima pubblicazione
Per comprendere appieno lo spirito della Direttiva relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro mediante piattaforme digitali di prossima pubblicazione appare utile analizzare la stessa alla luce dei suoi “considerando” che, organizzativamente, precedono il testo delle norme e che, da un punto di vista logico-sistematico, ne spiegano compiutamente l’origine e la finalità .
Come ivi rilevato, sebbene esista già un corpus di strumenti giuridici che stabilisce “norme minime” e “garanzie generali” in materia di condizioni di lavoro e diritti dei lavoratori in tutta l'Unione , il lavoro mediante piattaforme digitali, in continua e rapida evoluzione, richiede oggi ulteriori “misure specifiche”, essendo caratterizzato da nuovi modelli imprenditoriali e nuove forme di occupazione che talvolta sfuggono ai sistemi di protezione esistenti.
Il lavoro mediante piattaforme digitali, come oggi lo conosciamo, è svolto da persone fisiche tramite l’infrastruttura digitale delle piattaforme che forniscono un servizio ai clienti su richiesta, una tantum o ripetuta, degli stessi; esso riguarda una vasta gamma di ambiti ed è caratterizzato da un alto livello di eterogeneità in termini di tipologie di piattaforme, di settori interessati e di attività svolte, nonché di profili delle persone che svolgono tale attività.
Attraverso gli algoritmi e l’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati – che trattano i dati personali dei lavoratori e prendono provvedimenti che incidono sulle condizioni di lavoro degli stessi, in modo spesso intrusivo, in mancanza di spiegazioni e senza supervisione umana – le piattaforme organizzano, in misura minore o maggiore, a seconda del proprio modello di business, l’esecuzione del lavoro e rendono labili i confini tra lavoro subordinato e autonomo, anche con il rischio della compromissione dei diritti e delle libertà delle persone, le quali difficilmente hanno accesso alle informazioni necessarie che le riguardano e, quindi, reale libertà di scelta nella gestione del rapporto.
Per tale motivo, gli Stati membri dovrebbero disporre di procedure adeguate e uniformi per prevenire e affrontare le problematiche emerse in tale settore all’esito delle cause promosse nel territorio europeo, ossia il persistere di una classificazione errata della situazione occupazionale e la mancanza di un sistema di informazione sistematico e trasparente.
È, quindi, necessario – si dice – che l’Unione, adoperandosi sulla base dei principi che la muovono , al fine di inquadrare adeguatamente lo sviluppo del lavoro mediante piattaforme digitali in modo sostenibile, intervenga in ottemperanza al principio di sussidiarietà e di proporzionalità sancito dall'articolo 5 TUE e stabilisca “prescrizioni minime comuni” per tutti i lavoratori delle piattaforme digitali operanti negli Stati membri – ivi inclusi i rider – volte a perseguire il miglioramento delle condizioni di lavoro e la protezione dei dati personali ; ciò, per migliorare la certezza del diritto e garantire condizioni di parità, al fine di consentire l’esercizio dei diritti da parte delle persone interessate, nonché la prevenzione della concorrenza sleale tra le piattaforme che operano sul mercato di riferimento; detti obiettivi – si dice ancora – appaiono indissolubilmente legati e devono, pertanto, essere perseguiti contemporaneamente, senza che l’uno possa definirsi secondario rispetto all'altro.
2.1. Lo scopo della Direttiva
Lo scopo che la Direttiva si prefigge – così come enunciato nel suo Capo I – è quello di migliorare le condizioni di lavoro e la protezione dei dati personali nel “lavoro mediante piattaforme digitali” , attraverso l’introduzione di misure volte a facilitare la corretta determinazione della situazione occupazionale delle “persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali” , nonché promuovendo la trasparenza, l’equità, la supervisione umana, la sicurezza e la responsabilità nella gestione algoritmica del lavoro, anche in situazioni transfrontaliere, dovendosi la stessa applicare alle “piattaforme di lavoro digitali” che organizzano il lavoro svolto nell'Unione, a prescindere dal luogo di stabilimento e dal diritto altrimenti applicabile.
Con tale finalità, dunque – si dice – la Direttiva stabilisce “diritti minimi” che si applicano all’interno dell’Unione al “lavoratore delle piattaforme digitali”, il quale viene definito come qualsiasi persona che svolge un lavoro mediante piattaforme digitali e che ha, o si ritiene che abbia, sulla base di una valutazione dei fatti, un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quali definiti dal diritto, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore negli Stati membri, tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia .
Ciò posto, la Direttiva lascia, in ogni caso, impregiudicata la prerogativa degli Stati membri di introdurre e mantenere disposizioni più favorevoli, nonché di conservare i diritti acquisiti a norma del quadro giuridico vigente, non potendo l’attuazione della stessa in alcun modo essere utilizzata per ridurre i diritti esistenti o costituire un motivo valido per ridurre il livello generale di protezione nei singoli Stati.
In questo contesto – si aggiunge – va rispettata l’autonomia delle parti sociali e viene riconosciuta l’importanza dell’informazione e della consultazione dei rappresentanti dei lavoratori, siccome fondamentali per promuovere un dialogo sociale efficace.
2.2. La presunzione legale
La Direttiva – al suo Capo II – introduce una “presunzione legale” in forza della quale si presume, appunto, che il rapporto contrattuale tra una piattaforma di lavoro digitale e una persona che svolge un lavoro mediante tale piattaforma sia un rapporto di lavoro subordinato quando si riscontrano fatti che indicano un potere di controllo o direzione, conformemente al diritto nazionale, ai contratti collettivi o alle prassi in vigore negli Stati membri, tenuto conto della giurisprudenza della Corte di giustizia, spettando alla piattaforma confutare detta presunzione e dimostrare il contrario.
La Direttiva assegna, quindi, agli Stati membri il compito di stabilire un quadro di misure di sostegno al fine di garantire l’efficace attuazione e il rispetto della detta presunzione legale – che deve sostanziarsi in una agevolazione procedurale a vantaggio dei lavoratori o dei loro rappresentanti, senza avere l’effetto di aumentare l’onere degli obblighi a carico degli stessi – quali, tra le altre, l’elaborazione di raccomandazioni concrete e pratiche e di procedure adeguate, nonché la previsione di controlli e di ispezioni efficaci e di formazione adeguata, in linea con il diritto e le prassi nazionali.
A tale riguardo – si dice – nel caso del lavoro mediante piattaforme digitali – ove le condizioni contrattuali sono spesso stabilite unilateralmente da una parte soltanto del rapporto – appare particolarmente pertinente il principio del “primato dei fatti” secondo cui la determinazione dell’esistenza di un rapporto di lavoro deve basarsi principalmente sulla effettiva esecuzione del lavoro, compresa la sua retribuzione, e non sulla sola descrizione che ne danno le parti, conformemente alla Raccomandazione sul rapporto di lavoro dell’OIL n. 198 del 2006.
Ai fini di certezza del diritto, la presunzione legale non dovrebbe avere effetti giuridici retroattivi, applicandosi decorsi 2 anni dalla data di entrata in vigore della Direttiva, anche ai rapporti contrattuali instaurati prima di tale data ma ancora in corso.
2.3. La gestione e la trasparenza delle informazioni
Il trattamento dei dati personali da parte di una piattaforma di lavoro digitale mediante sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati può pacificamente presentare un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone fisiche e, per tale motivo – al suo Capo III – la Direttiva, con disposizioni precise e dettagliate, dapprima limita detto trattamento e poi impone necessarie modalità di informazione, stabilendo norme e prevedendo garanzie più specifiche rispetto a quanto già previsto dal Regolamento (UE) 2016/679.
In particolare – si dice – sin dall’inizio della procedura di assunzione o di selezione, le piattaforme di lavoro digitali non trattano dati personali dei lavoratori relativi allo stato emotivo o psicologico e alle conversazioni private, compresi gli scambi con i colleghi e i loro rappresentanti, per prevedere l’esercizio di diritti fondamentali, inclusi il diritto di associazione, il diritto di negoziazione e di azioni collettive o il diritto all'informazione e alla consultazione, nonché per desumere l’origine razziale o etnica, lo status di migrante, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, la disabilità, lo stato di salute, comprese le malattie croniche o la sieropositività, lo stato emotivo o psicologico, l’adesione a un sindacato, la vita sessuale o l’orientamento sessuale di una persona; e ancora, non trattano i dati biometrici dei lavoratori per stabilirne l’identità confrontandoli con i dati biometrici di persone memorizzati in una banca dati; e, infine, non raccolgono dati personali quando i lavoratori non stanno svolgendo un lavoro o non si stanno offrendo per svolgerlo.
Per lo stesso motivo, gli Stati membri impongono alle piattaforme di informare i lavoratori in merito all’uso di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati in forma trasparente, intelligibile e facilmente accessibile, utilizzando un linguaggio semplice e chiaro, con un documento scritto, anche in formato elettronico; dette informazioni – si dice – potranno essere “concise”, ma su richiesta dei lavoratori – i quali hanno diritto alla portabilità dei dati – dovranno essere “complete” e “dettagliate”.
Nello specifico, la Direttiva dettaglia la tipologia delle informazioni che le piattaforme devono fornire ai lavoratori, distinte per i sistemi di monitoraggio e decisionali, quali, tra le altre: (a) il fatto che tali sistemi siano in uso o in fase di introduzione; (b) le categorie di dati/azioni monitorate/supervisionate/valutate e delle decisioni prese con riferimenti ai parametri utilizzati; (c) l’obiettivo perseguito e le modalità del suo conseguimento; (d) i destinatari dei dati personali trattati e l'eventuale loro trasmissione/trasferimento; (e) i motivi alla base delle decisioni in merito alla situazione contrattuale, ivi inclusa quelle con effetti pregiudizievoli tra cui quelle di limitare/sospendere/chiudere l’account del lavoratore o di non retribuire il lavoro svolto dallo stesso.
Gli Stati membri provvedono, dunque, affinché le piattaforme: (a) sorveglino ed effettuino regolarmente (in ogni caso, ogni due anni) una valutazione dell’impatto delle decisioni prese/sostenute dai sistemi con la garanzia di risorse umane sufficienti, anche con specifico riferimento ai possibili rischi di infortuni sul lavoro, siano essi psicosociali o ergonomici; (b) non utilizzino sistemi che mettano indebitamente sotto pressione i lavoratori o comunque a rischio la loro sicurezza e la loro salute, fisica e mentale, anche per quanto riguarda violenza e molestie; (c) adottino le misure necessarie ad eliminare qualsivoglia discriminazione; (d) prevedano che qualsiasi decisione di limitare/sospendere/chiudere il rapporto contrattuale o l’account di un lavoratore, così come qualsiasi altra decisione di pregiudizio equivalente, sia presa da un essere umano; (e) diano ai lavoratori la possibilità di rivolgersi a una persona fisica, in possesso delle necessarie competenze, designata per discutere e chiarire i fatti, le circostanze e i motivi delle decisioni pregiudizievoli nei loro confronti; (f) adottino le misure necessarie, compresa, se del caso, una modifica del sistema decisionale automatizzato o la cessazione del suo utilizzo, al fine di evitare decisioni pregiudizievoli per i lavoratori in futuro; (g) valutino se le garanzie predisposte siano adeguate ai rischi individuati in considerazione delle caratteristiche specifiche dell'ambiente di lavoro e introducano adeguate misure di prevenzione e protezione, compresi canali di segnalazione efficaci.
Del pari, gli Stati membri provvedono affinché le persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali abbiano il diritto: (a) di ottenere, senza indebito ritardo, una spiegazione dalla piattaforma in merito a qualsiasi decisione presa/sostenuta dal sistema; (b) di chiedere alla piattaforma di riesaminare la decisione e, se del caso, di rettificarla senza ritardo e, laddove non possibile, di ricevere un adeguato risarcimento del danno subito.
La Direttiva – al suo Capo IV – stabilisce che gli Stati membri impongono alle piattaforme di dichiarare e mettere a disposizione delle autorità competenti e dei rappresentanti dei lavoratori le informazioni riguardanti il numero di lavoratori, disaggregato per livello di attività e situazione occupazionale o contrattuale, i termini e le condizioni generali stabiliti dalla piattaforma applicabili a tali rapporti contrattuali, nonché la durata media dell'attività, il numero medio settimanale di ore di lavoro e il reddito medio derivante dall'attività dei lavoratori interessati.
In tale contesto – si dice – è importante garantire che, nella definizione o nella attuazione delle modalità pratiche di informazione e consultazione, i datori di lavoro e i rappresentanti dei lavoratori operino in uno spirito di cooperazione, nel rispetto dei loro diritti e obblighi reciproci, tenendo conto degli interessi sia dell'impresa che dei lavoratori.
2.4. L’efficacia della tutela
La Direttiva – al suo Capo V – stabilisce che gli Stati membri proteggono i lavoratori delle piattaforme digitali da qualsiasi trattamento sfavorevole e da qualsiasi conseguenza pregiudizievole da parte della piattaforma; in particolare, provvedono affinché i lavoratori – compresi quelli il cui rapporto è cessato – abbiano accesso a una risoluzione delle controversie tempestiva, efficace e imparziale, adottando i provvedimenti necessari che vietino il licenziamento, la risoluzione del contratto o l’adozione di misure equivalenti nei confronti dei lavoratori che abbiano esercitato i diritti previsti dalla Direttiva.
A tale proposito – si dice – i lavoratori che ritengano di aver subito dei provvedimenti pregiudizievoli per il solo fatto di aver esercitato i diritti previsti dalla Direttiva potranno chiedere alla piattaforma i motivi e la piattaforma dovrà fornirli, per iscritto, senza indebito ritardo.
Nello stesso senso, gli Stati membri sono responsabili del controllo e della garanzia dell’applicazione della Direttiva e stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione, che devono essere effettive, dissuasive e proporzionate alla natura, alla gravità e alla durata della violazione commessa dall'impresa, nonché al numero di lavoratori interessati e provvedono, in tema di accesso alle prove, affinché gli organi giurisdizionali nazionali o le autorità competenti possano ordinare alla piattaforma di divulgare qualsiasi prova che rientri nel suo controllo laddove ritenuta pertinente ai fini del procedimento.
3. Lo stato dell’arte in Italia: un breve excursus delle principali decisioni giurisprudenziali alla luce della disciplina di riferimento oggi esistente
Nelle more della pubblicazione della Direttiva, tenuto conto dei numerosi commenti intervenuti negli ultimi anni in argomento, sia consentito a chi scrive, senza alcuna pretesa di esaustività, ma in un’ottica di dovuta ricostruzione sistematica, di procedere ad un breve excursus delle principali decisioni della giurisprudenza italiana in tema di lavoro dei rider alla luce della disciplina di riferimento oggi esistente.
Quel che pare emergere è come i giudicanti, attraverso l’esame effettuato, di volta in volta, sul singolo caso sottoposto alla loro attenzione, ne abbiano analizzato la natura, riconducendo alla stessa la relativa disciplina applicabile, superando poi, nel tempo, l’urgenza definitoria del rapporto (relativamente alla differenza tra autonomia/eterorganizzazione/subordinazione) a favore della più necessaria attualità della tutela applicabile a prescindere dalla qualificazione (con attenzione a tematiche quali quelle della rappresentatività sindacale, della discriminazione, della privacy, della sicurezza, della contribuzione e della condotta antisindacale).
Tale excursus viene riportato in tabella, per ragioni di chiarezza e sinteticità, con indicazione (a) degli estremi della decisione in ordine cronologico, (b) dei principali argomenti affrontati e (c) dei principi di diritto espressi in alcuni significativi passaggi nel testo.
1 Tribunale Torino sez. lav., 07/05/2018, n. 778 Autonomia
- Nel rapporto di lavoro intercorso, i rider non avevano l’obbligo di effettuare la prestazione e la piattaforma non aveva l’obbligo di riceverla, caratteristica di per sé determinante per escludere la subordinazione: se il datore di lavoro non può pretendere lo svolgimento della prestazione, non può neppure esercitare il potere direttivo e organizzativo (le esigenze di coordinamento dettate dalla necessità di rispetto dei tempi di consegna non possono essere confuse con un controllo).
- L’art. 2 del D.lgs. n. 81/2015, così come è stata formulato, viene ad avere un ambito di applicazione più ristretto di quello dell’art. 2094 c.c. e non è applicabile nel caso di specie, in quanto presuppone che il lavoratore sia pur sempre sottoposto al potere direttivo e organizzativo del datore.
2 Tribunale Milano sez. lav., 10/09/2018, n. 1853 Autonomia
- Dal quadro fattuale emerge che, nei limiti degli slot messi a disposizione dalla piattaforma, il rider era libero di decidere se e quando lavorare: un fattore essenziale dell’autonomia organizzativa e, dunque, un elemento incompatibile con il vincolo della subordinazione; del resto, non si ravvisa la soggezione del prestatore a ordini puntuali e direttive specifiche, nonché al penetrante potere di controllo e sanzionatorio della società.
- Non può essere applicata la disciplina del lavoro subordinato neppure in forza dell’art. 2 del D.lgs. n. 81/2015, poiché la scelta fondamentale in ordine ai tempi di lavoro e di riposo era rimessa all’autonomia del rider.
3 Corte appello Torino sez. lav., 04/02/2019, n. 26 Eterorganizzazione (“terzo genere”)
- Nel caso di specie, le modalità di esecuzione della prestazione erano indubbiamente organizzate dal committente quanto ai tempi e ai luoghi di lavoro e viene, dunque, fatto salvo l’assetto negoziale stabilito dalle parti in sede di stipulazione del contratto, ossia il lavoro autonomo, con l’estensione delle tutele previste per il lavoro subordinato ai sensi dell’art. 2 del D.lgs. n. 81/2015; detto articolo individua un “terzo genere”, che si pone tra la subordinazione ex art. 20194 c.c. e la collaborazione ex art. 409, co. 3, c.c., per garantire una maggiore tutela alle nuove fattispecie di lavoro che si stanno sviluppando a seguito della introduzione e della evoluzione delle tecnologie.
4 Cassazione civile sez. lav., 24/01/2020, n. 1663 Eterorganizzazione (“norma di disciplina”)
- Le prestazioni dei rider sono riconducibili alle collaborazioni di cui all’art. 2 del D.lgs. n. 81/2015 in forza del quale, al verificarsi delle caratteristiche delle collaborazioni ivi individuate, la legge ricollega imperativamente l'applicazione delle norme della subordinazione: si tratta di una “norma di disciplina” che non crea una nuova fattispecie e che si spiega in una ottica di “prevenzione” e “rimediale”.
- Tale “scelta di politica legislativa”, volta ad assicurare ai prestatori ritenuti in condizione di “debolezza” economica, operanti in una “zona grigia” tra autonomia e subordinazione, una tutela omogenea, si inserisce in una serie di interventi normativi con i quali il legislatore ha cercato di far fronte alle profonde e veloci trasformazioni conosciute negli ultimi decenni nel mondo del lavoro per effetto delle innovazioni tecnologiche che hanno inciso profondamente sui tradizionali rapporti economici.
- In una prospettiva così delimitata, non ha decisivo senso interrogarsi sul se tali forme di collaborazione siano collocabili nel campo della subordinazione ovvero dell'autonomia, perché ciò che conta è che per esse, “in una terra di mezzo dai confini labili”, l'ordinamento ha statuito espressamente l'applicazione delle norme sul lavoro subordinato.
- Ciò posto, non possono escludersi situazioni in cui: (a) l’applicazione integrale della disciplina della subordinazione sia ontologicamente incompatibile con le fattispecie da regolare; (b) all’opposto, a fronte di specifica domanda della parte interessata, sia accertata, in concreto, la sussistenza di una vera e propria subordinazione, tenuto conto delle modalità effettive di svolgimento del rapporto.
5 Tribunale Palermo sez. lav., 24/11/2020, n. 3570 Subordinazione e licenziamento orale
- Nel caso di specie, al di là dell'apparente e dichiarata in contratto libertà del rider di scegliere i tempi di lavoro e se rendere o meno la prestazione, l'organizzazione del lavoro operata in modo esclusivo dalla piattaforma digitale si traduce, in sostanza, oltre che nell'integrazione del presupposto della etero-organizzazione, anche nella messa a disposizione del lavoratore delle energie lavorative per consistenti periodi temporali (peraltro non retribuiti) e nell'esercizio da parte della società di poteri di direzione e controllo, oltre che di natura latamente disciplinare, che costituiscono elementi costitutivi della fattispecie del lavoro subordinato ex art. 2094 c.c..
- Vengono riconosciute al rider le mansioni di ciclofattorino di cui al VI livello del CCNL terziario applicato dalla convenuta ai propri dipendenti; il definitivo distacco dell'account del lavoratore si qualifica come licenziamento orale e, come tale, è inefficace.
6 Tribunale Bologna sez. lav., 31/12/2020 Discriminazione indiretta
- Il sistema di accesso alle fasce di prenotazione delle sessioni di lavoro della piattaforma, basato sui due parametri della affidabilità e della partecipazione, nel trattare nello stesso modo chi non partecipa alla sessione prenotata per futili motivi e chi non partecipa perché sta scioperando (o perché malato, portatore di handicap, ecc.) realizza in concreto una “discriminazione indiretta”.
- Alla luce della recente evoluzione legislativa e giurisprudenziale non pare oggi potersi dubitare della necessità di estendere ai rider l'intera disciplina della subordinazione a prescindere dal nomen iuris attribuito dalle parti al contratto.
- Ogni ulteriore approfondimento sul punto e sulla vexata quaestio della qualificazione del rapporto in termini di subordinazione o autonomia appare del tutto superfluo ove si consideri che esiste l’art. 47-quinquies D.lgs. 81/2015, il quale dispone espressamente che ai lavoratori autonomi delle piattaforme si applicano la disciplina antidiscriminatoria e quella a tutela della libertà e dignità del lavoratore previste per i lavoratori subordinati; inoltre, il D.lgs. n. 216/2003 sulla parità di trattamento prevede espressamente che la disciplina antidiscriminatoria si applica a tutti i lavoratori, sia autonomi che subordinati; va, poi, rammentata l’agevolazione probatoria prevista dall’art. 28, co. 4, del D.lgs. n. 150/2011 nelle controversie in materia di discriminazione.
- Viene accertata la legittimazione attiva delle OO.SS.
7 Tribunale Firenze sez. lav., 09/02/2021 Autonomia
- Il rapporto di lavoro coi rider è autonomo in quanto neppure dalle allegazioni in fatto delle OO.SS. emerge l’obbligatorietà della prestazione, evincendosi viceversa che gli stessi fossero liberi di dare o meno la propria disponibilità per i vari slot offerti dalla piattaforma.
- L’art. 28 St. Lav. è una norma di carattere esclusivamente processuale che si applica solo al lavoro subordinato ex art. 2094 c.c. e non si applica alle collaborazioni organizzate dal committente di cui all’art. 2 del D.lgs. n. 81/2015 o ai lavoratori autonomi di cui all’art. 47-bis del medesimo decreto.
8 Tribunale Bologna sez. lav., 30/06/2021 Eterorganizzazione e difetto di rappresentatività
- La prestazione dei rider rientra nel disposto dell’art. 2 del D.lgs. n. 81/2015: il CCNL sottoscritto da UGL-rider risulta stipulato da un soggetto carente del requisito della maggiore rappresentatività e, quindi, di valido potere negoziale ai fini dell’effetto derogatorio di cui agli artt. 2 e 47-quater del D.lgs. n. 81/2015.
- Viene accertato il carattere discriminatorio e antisindacale dei motivi del recesso dai rapporti di lavoro effettuato a mezzo e-mail.
9 Tribunale Torino sez. lav., 18/11/2021 Subordinazione
- Il paradigma dell'art. 2094 c.c. deve essere interpretato “in modo evolutivo” al fine di renderlo applicabile alle nuove modalità di svolgimento di attività lavorative consentite e rese possibili dall'evoluzione tecnologica che rende inevitabile un processo di “ammodernamento” della nozione di subordinazione.
- Nel caso di specie, al di là dell’apparente e dichiarata in contratto libertà dei rider di scegliere i tempi di lavoro e se rendere o meno la prestazione, l’organizzazione del lavoro era operata in modo esclusivo dalla piattaforma che funzionava in base a degli algoritmi, non resi noti, che perseguivano esclusivamente l’interesse della stessa allo svolgimento dell’attività di food delivery; la sospensione e il blocco dell’account decisi unilateralmente dalla piattaforma appaiono costituire delle vere e proprie sanzioni disciplinari atipiche.
- Viene riconosciuto il diritto a percepire la retribuzione diretta, indiretta e differita, nonché le competenze di fine rapporto, il trattamento di fine rapporto e l’indennità sostitutiva del rapporto con riferimento al VI livello del CCNL terziario.
10 Tribunale Firenze sez. lav., 24/11/2021, n. 781 Eterorganizzazione e condotta antisindacale
- Dalla documentazione versata in atti emerge con chiarezza che i rapporti di lavoro instaurati dalla società con i rider presentavano le caratteristiche tipiche delle collaborazioni eterorganizzate di cui all’art. 2 del D.lgs. n. 81/2015, che legittima l’azione delle OO.SS., la cui diffusione nazionale risulta in atti e non è contestata: sussiste la violazione degli obblighi di informazione e consultazione di cui alla L. n. 223/1991.
11 Tribunale Milano sez. lav., 20/04/2022, n. 1018 Subordinazione e inquadramento
- Nel caso di specie, deve affermarsi la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno: ai fini della qualificazione, è irrilevante la circostanza che il rider fosse libero o meno di accettare se svolgere la prestazione, non disponendo lo stesso di un concreto spazio di libertà decisionale, eroso dalla piattaforma tramite l’algoritmo.
- Il CCNL applicabile è quello applicato dalla società, ossia il CCNL terziario, con inquadramento al VI livello.
12
e
13 Tribunale Palermo sez. lav., 18/08/2022 e Tribunale Palermo sez. lav., 03/08/2022 Sicurezza sul lavoro
- A prescindere dalla qualificazione del rapporto di lavoro dei rider in termini di subordinazione ex art. 2094 c.c., eteroorganizzazione ex art. 2, D.lgs. n. 81/2015, o autonomia ex art. 47-bis ss., D.lgs. n. 81/2015, la società è tenuta all’applicazione integrale del D.lgs. n. 81/2008: da ciò deriva l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi, di fornire ai lavoratori una adeguata formazione e informazione in materia di sicurezza e di consegnare i dispositivi di protezione individuale contro le elevate temperature dei mesi estivi.
14 Tribunale Torino sez. lav., 15/11/2022 Subordinazione, inquadramento e differenze retributive
- Nel caso di specie, è rinvenibile la messa a disposizione del rider in favore della società e l’esercizio da parte di quest’ultima dei tre poteri caratterizzanti la subordinazione (direttivo, di controllo e disciplinare), il che rende irrilevante ogni altro aspetto astrattamente utilizzabile quale indice della subordinazione.
- Vista la profonda differenza tra il rapporto delineato nel contratto stipulato e il rapporto concretamente svoltosi per facta concludentia, la sottoscrizione del primo risulta irrilevante (dovendosi tenere conto del first day order ai fini dell’inizio dell’instaurazione del rapporto e del check-in e check-out, a prescindere dallo slot lavorato, ai fini dell’orario di lavoro e delle conseguenti differenze retributive).
- Il CCNL applicabile è quello applicato dalla società, ossia il CCNL terziario, con inquadramento al VI livello.
15 Tribunale Bologna sez. lav., 12/01/2023 Eterorganizzazione e condotta antisindacale
- La riconducibilità dell’attività dei rider alle collaborazioni eterorganizzate di cui all’art. 2 del D.lgs. n. 81/2015 è sufficiente a legittimare l’utilizzo dello strumento processuale previsto dall’art. 28 St. Lav., senza doversi a tal fine indagare anche l’eventuale natura subordinata dei rapporti, comportando l’assoggettamento alla disciplina del rapporto subordinato, comprese le norme in materia di licenziamento.
- Risulta antisindacale la condotta della società che ha omesso nei confronti delle OO.SS. la comunicazione prevista dall’art. 4 della L. n. 223/1991 per le ipotesi di licenziamento collettivo.
16 Tribunale Palermo sez. lav., 31/03/2023 Eterorganizzazione e condotta antisindacale
- L’art. 2 del D.lgs. n. 81/2015 ha riconosciuto alle collaborazioni organizzate dal committente una protezione equivalente a quella dei lavoratori subordinati: l'espressione “datore di lavoro” utilizzata dall'art. 28 St. Lav. necessita, dunque, di essere interpretata alla luce dell’innovazione legislativa e la relativa tutela collettiva deve ritenersi applicabile anche ai rider.
- La legittimazione attiva a richiedere le informazioni di cui all’art. 1-bis del D.lgs. n. 152/1997 compete non soltanto al lavoratore ma anche alle OO.SS.; è antisindacale il diniego di fornire alle OO.SS. le informazioni relative all’utilizzo dei sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.
17 Corte appello Firenze sez. lav., 15/06/2023 Eterorganizzazione e condotta antisindacale
- La riconducibilità dell'attività dei rider alle collaborazioni etero-organizzate di cui all'art. 2, co. 1, del D.lgs. n. 81/2015 è sufficiente a legittimare la speciale azione ex art. 28 St. lav., atteso che tale categoria di collaboratori è destinataria di una protezione equivalente a quella dei lavoratori subordinati, con applicazione integrale della disciplina del lavoro subordinato, compresa la procedura prevista dalla L. n. 223/1991.
18 Tribunale Palermo sez. lav., 20/06/2023 Eterorganizzazione e condotta antisindacale
- I rapporti tra i rider e la società vanno qualificati – se non come lavoro subordinato – almeno come rapporti di collaborazione ex art. 2 del D.lgs. n. 81/2015; l’estensione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato non può che riguardare ogni profilo, sia di carattere sostanziale che processuale; l’art. 28 St. Lav. non è una norma meramente processuale in quanto individua beni giuridici di rilevanza costituzionale da tutelare e mira a reprime qualunque comportamento che leda detti beni.
- Accertato il requisito della maggiore rappresentatività comparativa, il perdurante rifiuto di comunicazione delle informazioni sui sistemi integralmente automatizzati utilizzati alle OO.SS. ai sensi dell’art. 1-bis del D.lgs. n. 152/1997 come modificato dal D.lgs. n. 104/2022 integra una condotta antisindacale della società.
19 Tribunale Milano sez. lav., 28/09/2023 Subordinazione e condotta antisindacale
- Le concrete modalità con le quali risulta essersi svolta l’attività lavorativa dei rider integrano i presupposti per il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato, senza necessità di elaborare una “novità categoriale”: se nel momento genetico del rapporto avevano la possibilità di decidere liberamente di obbligarsi allo svolgimento della prestazione, tuttavia non potevano organizzare tempi e modi della prestazione in maniera autonoma, in quanto l’algoritmo esercitava un controllo pervasivo sull’attività del singolo rider e penalizzava chi non si adeguava al “modello ideale”.
- Risulta antisindacale la condotta consistente nell’omesso espletamento delle procedure di informazione e consultazione previste dalla L. n. 223/1991.
20 Tribunale Milano sez. lav., 19/10/2023, n. 3237 Eterorganizzazione e contribuzione
- Il rapporto di lavoro dei rider è inquadrabile nella fattispecie del lavoro eterorganizzato di cui all'art. 2 del D.lgs. n. 81/2015, quindi agli stessi è applicabile integralmente la disciplina del lavoro subordinato, in quanto compatibile, e la piattaforma è titolare di una obbligazione di pagamento dei contributi INPS e dei premi INAIL con riguardo alla prestazione effettivamente svolta, da determinarsi misurando il tempo della stessa dal login fino al logout dalla piattaforma per ogni singolo giorno lavorativo.
- Il CCNL applicabile è quello della Logistica, con inquadramento al V livello.
21 Tribunale Palermo sez. lav., 17/11/2023 Discriminazione indiretta
multifattoriale
- Determina una discriminazione indiretta il modello organizzativo algoritmico che, mediante un sistema di valutazione della performance, che tiene conto del criterio delle c.d. “ore ad alta domanda”, avvantaggia i rider che risultano più disponibili, assidui e affidabili negli slot orari più richiesti dai clienti per le consegne e penalizza i rider che non si sono presentati nello slot prenotato (c.d. “no show”) senza tenere in considerazione la ragione dell'assenza (i.e. per condizioni personali, familiari, di età, di handicap o per motivi religiosi o per sciopero).
- L’azione civile contro la discriminazione può essere esperita prescindendo dall’allegazione di concreti episodi di discriminazione, risultando sufficiente accertare l’effettiva e concreta potenzialità del carattere discriminatorio della condotta datoriale.
- Le OO.SS. hanno legittimazione attiva, siccome accertato il requisito della maggiore rappresentatività comparativa.
4. Considerazioni conclusive
Ad oggi, posto il quadro di riferimento come sopra delineato, anche alla luce della recente giurisprudenza richiamata, pare che il nostro ordinamento contenga diverse norme capaci di rendere possibile la tutela dei rider, laddove invocata.
Il recepimento della Direttiva europea di prossima pubblicazione avrà, in ogni caso, senz’altro il pregio di rendere possibile la predisposizione di una disciplina uniforme all’interno dell’Unione, compreso il riconoscimento della presunzione di subordinazione a favore dei lavoratori delle piattaforme digitali e, quindi, anche dei rider.
Del resto, il punctum pruriens della vicenda era ed è, infatti, rappresentato dalla qualificazione del rapporto di lavoro.
A tale riguardo, occorre tenere a mente come ogni controversia qualificatoria introdotta in giudizio sia influenzata, in modo decisivo, dai risultati dell’istruttoria espletata e dall’apprezzamento del materiale probatorio, nonché dal convincimento ingenerato nel giudicante circa la sufficienza degli elementi sintomatici riscontrati, tali da far ritenere provata l’una o l’altra fattispecie, con esiti talvolta difformi anche rispetto a prestazioni lavorative tipologicamente assimilabili.
Ciò che rileva è il concreto atteggiarsi del rapporto di lavoro e, quindi, l’effettiva modalità di svolgimento dello stesso, indipendentemente dalla qualificazione utilizzata dalle parti, in modo che possa applicarsi la tutela del lavoro subordinato ogni qualvolta l’autonomia sia meramente fittizia, ricordando come, in ogni caso, “Qualunque criterio si adotti per risolvere la questione della subordinazione, essa è e rimane empirica” .
Vero è che, a parere di parte della dottrina, in un mondo del lavoro sempre più caratterizzato da concrete “esigenze di tutela sociale”, la “summa divisio di barassiana memoria tra contratto di lavoro subordinato e autonomo” pare non rispondere più tangibilmente alla progressiva evoluzione delle diverse prestazioni lavorative così come oggi si articolano nel mercato di riferimento, tanto da affermare che – per il tema rider – l’art. 2 e gli artt. 47-bis e ss. del D.lgs. n. 81/2015 possono considerarsi un esempio della “funzione sostanzialmente rimediale della legge, al di fuori di ogni logica binaria” .
Quella stessa dottrina, nella medesima ottica, ha, così, evidenziato la necessità di “porre mano ad una «manutenzione straordinaria» del sistema, che, in applicazione dell’art. 35 Cost., ridefinisca l’assetto delle tutele in senso universalistico e modulare” , siccome la Repubblica deve proteggere il lavoro – “oggetto unitario” di tutela ed “estrinsecazione della personalità umana” – “in tutte le sue forme a applicazioni”, tenuto conto che il “lavoratore-persona” versa sempre in una condizione soggettiva di “inferiorità” nei confronti del datore/committente nell’ambito del “genere” contratto di lavoro, a prescindere dalla “fattispecie”.
Altra parte della dottrina evidenzia, però, come detta proposta della necessità di “estensione della tutela” appaia, per quanto “suggestiva” e “ben argomentata”, “come un ambizioso e complesso disegno di riforma piuttosto che come una fotografia del diritto positivo o delle sue linee tendenziali” , continuando la giurisprudenza ad individuare i destinatari delle tutele lavoristiche attraverso “connotati tecnico giuridici” classici, sia pure anche declinati nelle varie “sfumature” di etero-direzione e etero-organizzazione.
E allora, corre l’obbligo di segnalare anche il suggestivo “dubbio” avanzato da Franco Carinci il quale, affrontando il tema della subordinazione rispetto al lavoro tramite piattaforme digitali alla luce del recente “panorama legislativo” – evidenziandone problematiche ed incongruenze – si chiede – proponendo diverse tesi che egli stesso definisce potenzialmente “discutibili”, ma propedeutiche alla interpretazione giurisprudenziale – se “non sia meglio operare come si è fatto per il lavoro a domicilio, formulando una nozione di subordinazione in deroga a quella di cui all’art. 2094 Cod. Civ.” , siccome – come da lui stesso affermato in un altro contributo sullo specifico tema rider – “è pur vero che tale articolo, per quanto dilatato in lungo e in largo, non si presta affatto alla bisogna, in sé e per la normativa cui apre la porta” .
In questo contesto de iure condendo, potrebbe magari utilmente inserirsi una contrattazione collettiva i cui soggetti firmatari possano ritenersi dotati del necessario requisito della “maggiore rappresentatività comparativa”.
Ebbene, i rider fanno parte ormai da anni del vissuto cittadino quotidiano e sono una realtà con cui interpreti e legislatore dovrebbero fare definitivamente i conti: “A chi tocca pronunciare una parola di certezza, al Parlamento o alla Cassazione?” .